La
mattina successiva fui svegliata da un
incessante ed irritante bussare alla porta che non accennava a
smettere. Al
contrario, la frequenza sembrava aumentare con il passare dei secondi
d’attesa.
“Allie, apri tu.”, mugolai sbadigliando,
mentre mi rigiravo pigramente nel letto.
Non ricevetti alcuna risposta. Probabilmente, nonostante
quel fastidioso rumore, la mia compagna di stanza non si era ancora
svegliata.
Svogliatamente diedi una veloce occhiata
all’orologio da polso che avevo lasciato sul comodino accanto
al letto: segnava
le sei.
Sospirai, pensando a chi potesse presentarsi
in camera nostra ad un orario simile, ma provai comunque ad ignorare
quell’incessante
tamburellare infilando la testa sotto il cuscino.
Non avevo alcuna voglia di alzarmi,
soprattutto dopo ciò che era accaduto la sera precedente.
Mi arresi solo quando i colpi si fecero più
intensi, prima che quell’individuo riuscisse ad abbattere la
porta.
Lentamente percorsi il breve tratto di stanza
che mi separava dall’ingresso, poi feci girare la chiave,
perennemente inserita
nella serratura, ed in un attimo la porta si spalancò,
così da far incrociare le
sue iridi verdi con le mie.
Harry era davanti a me. Aveva un’espressione
sconvolta e preoccupata sul volto. Il livido che avevo visto sul suo
viso era
ormai scomparso, ma ne notai un altro, seppur poco evidente,
all’altezza dello
zigomo. Aveva la mano sinistra poggiata sulla parete, come se
necessitasse di
un supporto per rimanere in piedi. Indossava dei jeans chiari, una
maglietta
stropicciata ed un giacca nera lasciata aperta. I suoi capelli erano
ancora più
disordinati del solito ed i suoi occhi suggerivano stanchezza e
mancanza di
sonno.
“Tutto bene? È successo qualcosa?”, gli
domandai in un sussurro, ancora spiazzata dal suo arrivo.
Lui accennò appena un sorriso e due fossette
si scavarono sulle sue guance, ma non rispose. Fece un passo in avanti
ed in un
attimo mi avvolse tra le sue braccia.
Era una stretta forte, energica, possessiva.
Il suo odore mi inondò le narici, i suoi ricci mi
accarezzavano la fronte, le
sue braccia circondavano completamente il mio busto. Esitai qualche
istante
prima di ricambiare l’abbraccio.
Chiusi gli occhi, lasciandomi cullare da
quella magnifica sensazione di completezza.
“Sono stato così in ansia per te,
stanotte.”,
confessò al mio orecchio facendomi rabbrividire.
A quelle parole intensificai maggiormente la
stretta e premetti il mio viso contro il suo petto, per sentirlo vicino.
“Quando Louis mi ha chiamato dicendomi che eri
sola, in mezzo alla strada, di notte…”,
iniziò con voce tremante, ma allo steso
tempo rancorosa, come se stesse accusando se stesso. “Ho
rischiato di
impazzire.”, ammise dopo qualche istante.
Solo in quel momento capii.
Capii che il mio cuore accelerava, che le
gambe tremavano, il respiro mi mancava, lo stomaco era in subbuglio. Il
suo
sguardo era capace di ipnotizzarmi, le sue parole di ammaliarmi, le sue
carezze
di mandarmi in estasi. Ero innamorata di Harry, dei suoi modi, della
sua
spavalderia che nascondeva la sua infinita dolcezza. Ero innamorata dei
suoi
ricci, delle sue fossette, dei suoi occhi verdi, del suo sorrisi
malizioso, dei
suoi odiosi tatuaggi e persino di quegli orribili cappelli di lana.
Capii che Harry
era davvero preoccupato per me, ogni volta, sempre, e probabilmente
aveva
sofferto per le parole che gli avevo riservato quando ci eravamo
incontrati a
casa di Louis.
“Mi dispiace.”, mi scusai contro il suo busto.
“L’importante è che ora tu stia
bene.”,
sentenziò tra i miei capelli.
Scossi il capo, liberandomi di poco dalla sua
presa, il necessario per far ricongiungere i nostri sguardi.
“Mi dispiace per quella mattina e mi dispiace
anche per averti chiesto di starmi lontana.”, spiegai.
Lui mi accarezzò dolcemente il viso con una
mano, mentre con l’altra mi teneva ancora stretta a
sé.
“A me dispiace di averti dato della puttana e
mi dispiace per Louis e per aver fatto quasi a botte con il tuo
ragazzo.”, si
scusò rammaricato.
Corrugai la fronte sulle ultime parole, non
avendo capito a cosa si stesse riferendo e lui sembrò
comprendere all’istante i
miei dubbi.
“Stanotte è venuto a cercarmi e se non fosse
stato per il ritorno di Louis probabilmente non ci saremmo limitati a
qualche
pugno.”, borbottò puntando gli occhi oltre le mie
spalle.
Con una mano sfiorai il suo livido,
comprendendo le ragioni che lo avevano causato.
Harry sussultò al mio tocco improvviso, ma lo
vidi rilassarsi poco dopo, mentre con le dita scendevo fino a
sfiorargli la
mascella. Lui intrappolò la mia mano tra la sua e la strinse
forte.
“Perché continui a scappare?”, mi chiese.
Esitai prima di rispondere alla sua domanda.
Harry mi fissava impaziente, bisognoso di conoscere quella risposta,
come se
essa nascondesse chissà quale importante verità.
“Ho avuto paura.”, ammisi. “E non
riuscivo ad
accettare ciò che avevo fatto e stavo facendo a
Niall.”, aggiunsi ricordando
quanto mi fossi sentita in colpa nei suoi confronti.
Lui annuì comprensivo, anche se non sembrò
soddisfatto delle mie parole.
“Te ne sei pentita?”, domandò dopo
qualche
istante di silenzio.
Quella volta non ebbi bisogno di neppure un
attimo per riflettere, conoscevo perfettamente la risposta.
“No.”, dichiarai con fermezza, sicura di
quell’unica sillaba, perdendomi nei suoi occhi verdi e
profondi. “E tu?”, gli
chiesi con un filo di voce, quasi temendo la sua risposta.
Ora che mi stavo esponendo tanto e per la
prima volta mi sentivo vulnerabile. L’amore era in grado di
renderti più forte,
più felice, ma allo stesso tempo ti rendeva debole e fragile
come cristallo o
come un ponte di sabbia. Capace di ridurti in brandelli con una sola
parola,
uno sguardo, un gesto, un’aspettativa tradita o una promessa
infranta.
Se per Harry quei baci, quelle parole, io non
avessero significato nulla, probabilmente il mio cuore si sarebbe
sgretolato in
mille piccoli pezzi che difficilmente sarei riuscita a riassemblare.
“Mai, neppure per un istante, neppure quando
ti ho vista con Niall.”, mormorò contro la mia
fronte, avvicinando le sue
labbra alla mia pelle.
Fui sollevata dalla franchezza della sua
frase, ma notai come le sua voce si fosse incrinata nel pronunciare il
nome del
suo amico.
Avevo fatto soffrire entrambi e mi sentivo
profondamente in colpa per ciò. Inoltre,
l’impossibilità di porre rimedio ai
miei errori non faceva altro che acuire i miei rimorsi.
“Mi dispiace anche per quello.”, aggiunsi, ma
lui rimase in silenzio.
Non mi aspettavo che mi perdonasse
all’istante, del resto nella posizione in cui ero non potevo
vantare alcun tipo
di pretesa. Speravo solo che il tempo l’avrebbe aiutato a
comprendere le mie
debolezze, così come io avevo intuito le ragioni delle sue.
“Hai…”, le parole gli morirono in gola
senza
che riuscisse a terminare quella frase, palesemente indeciso.
Era chiaro che volesse pormi un’altra domanda,
ma esitava. Lo guardai dolcemente, accennando un sorriso per invitarlo
a
continuare. Lui fece un respiro profondo, poi si decide a proseguire.
“Tu e Niall avete fatto sesso?”, chiese tutto
d’un fiato, trattenendo il fiato.
In quel momento era vulnerabile, esattamente
come me, ma insieme eravamo forti, capaci di superare le mie e le sue
debolezze. Scossi il capo in segno di diniego.
“Anche se avessi voluto, non ci sarei mai
riuscita.”, confessai senza attendere oltre, sapendo quanto
straziante potesse
essere il silenzio.
Lui tirò un sospiro di sollievo e le sue
labbra si piegarono in un ampio sorriso che mise in mostra le fossette
sulle
sue guance.
Esattamente come poco prima sentii
l’impellente esigenza di porgli la stessa domanda. Non volevo
che mi ritenesse
una ragazzina gelosa alle prese con la sua prima cotta, ma il mio cuore
ed il
mio cervello necessitavano di sapere con quali modalità
procedessero le
relazioni di Harry.
In passato non aveva avuto problemi nel
frequentare più donne contemporaneamente, ma da quando mi
erano giunte notizie
della sua rottura con Taylor non erano sopraggiunte altre ragazze.
Rimaneva,
tuttavia, l’incognita rappresentata da Caroline.
“Hai più visto Caroline?”, domandai con
un
filo di voce, percependo quella stesa sensazione che prima avevo solo
potuto
immaginare attraverso gli occhi di Harry.
“No, quella mattina è stata
l’ultima.”,
spiegò.
Era la prima volta che entrambi deponevamo le
asce e le armi da guerra. Era la prima volta che entrambi facevamo
completamente crollare le corazze che avevano avvolto le nostre anime
per un
tempo tanto lungo da farle quasi diventare una doppia pelle. Era la
prima volta
che decidevamo entrambi di essere completamente sinceri.
“E ce ne sono state altre?”, indagai ancora
scoprendo un nuovo aspetto di me.
Non ero brava nel gestire le relazioni, ero
del tutto inesperta in questo campo e, purtroppo, nessun libro per
quanto ben
scritto, accurato e approfondito avrebbe potuto sopperire alla mancanza
di
esperienza.
Harry sogghignò, forse divertito e compiaciuto
dalla mia gelosia.
“In verità circa un centinaio.”,
scherzò
smorzando la serietà del clima che si era creato.
Feci il broncio e gli tirai un leggero buffetto
dietro la nuca.
“Non sei affatto spiritoso.”, bofonchiai con
un’espressione di rimprovero.
“E va bene, confesso.”, mi concesse.
“Nessuna,
neppure per uno sguardo o un commento.”, sussurrò
mentre si avvicinava
pericolosamente al mio viso.
Sorrisi, sollevata da quella risposta, e lo
fissai con sguardo complice.
Non avevo più paura di tutti quei mille
brividi che continuavo a provare in sua presenza. Non mi spaventava il
vuoto
che si apriva nella mia mente quando i suoi occhi verdi imprigionavano
i miei o
il tremolio che scuoteva le mie ginocchia quando il suo respiro
sfiorava la mia
pelle, solleticandola.
Si fermò solo quando i nostri volti erano
talmente vicini da non riuscire a distinguerne i lineamenti.
“Sbaglio o dovevo starti lontano?”, mi
provocò
incurvando le labbra in un ghigno malizioso.
Un’ondata di calore proveniente dall’interno
colpì le mie guance, dando loro quell’imbarazzante
colorito.
Non ero ancora in grado di gestire una
situazione del genere, probabilmente non lo sarei mai stata. Harry era
capace
di scombussolarmi con poco, mentre io non potevo fare appiglio a nulla
per
procurare in lui le stesse reazioni che lui faceva scaturire in me.
Non ero sensuale, sfacciata, estroversa o
schietta, non sapevo stare a quel gioco di sottili provocazioni senza
sentirmi
a disagio.
La sua espressione si tramutò ben presto,
lasciando spazio ad un tenero sorriso.
“Adoro le tue guance rosse ed adoro la tua
timidezza. Adoro quando solo con uno sguardo riesci ad andare oltre le
apparenze ed adoro quando è sufficiente il tuo volto basito
per farmi
vacillare.”, mormorò sistemando una ciocca dei
miei capelli dietro l’orecchio.
“Adoro come tu non ti accorga dell’effetto che
mi fai.”, aggiunse sfiorando la mia guancia con le sue
labbra.
“E, per la cronaca, detesto come tu riesca a
farmi essere disgustosamente dolce e melenso.”,
ironizzò soffocando una risata.
Sorrisi anche io, poi le sue labbra premettero
sulle mie. Non attesi neppure un attimo prima di portare entrambe le
braccia
intorno al suo collo, percependo il bisogno di sentire la sua pelle a
contatto
con la mia.
Lentamente riscoprimmo i nostri sapori, assaporando
l’uno il gusto dell’altra. Non c’era
urgenza, fretta o smania. Entrambi avevamo
atteso, forse per troppo, questo momento per poterlo banalizzare in un
impeto
di passione. Con le dita accarezzai i suoi ricci, per poi scendere sul
suo viso
e seguire i lineamenti del suo volto. Harry aveva una mano ferma sul
mio
bacino, il suo tocco delicato mi teneva ben salda a lui, mentre
l’altra
scorreva adagio sulla mia schiena.
Ancora con estrema calma ci allontanammo di
poco, ansanti, ed i suoi occhi verdi e luccicanti si fissarono nei miei.
“Ti amo.”, confessò con il fiato corto e
le
labbra rosse.
M’immobilizzai all’istante, sorpresa dalla
disinvoltura con la quale aveva pronunciato quelle parole.
Harry si irrigidì, infastidito dal mio
silenzio. Forzai un sorriso, cercando di risolvere il caos che si era
scatenato
nella mia mente.
“Non dici nulla?”, domandò quasi con
tono
accusatorio assottigliando lo sguardo.
“Harry, io…”, provai, ma la mia voce
titubante
non convinse neppure me.
Ero innamorata di Harry, lo ero per davvero e
con tutta me stessa, ma in quel momento sentii come un blocco formarsi
all’altezza della gola che mi impediva di ricambiare quella
dichiarazione.
“Io…”, tentai ancora e nuovamente le
parole
morirono ancor prima di essere fuoriuscite dalle mia bocca.
Riscosse il capo, scrollando i ricci ed
aumentò le distanze tra i nostri corpi.
“Non aggiungere altro, credo di aver capito.”,
sentenziò con fare frustrato.
Sgranai gli occhi e scossi il capo in segno di
diniego.
“Assolutamente no! Non è come pensi!”,
esclamai
alzando il tono di voce.
Lui mi ignorò e diede una veloce occhiata alla
porta ancora aperta alle sue spalle. Il corridoio era ancora deserto e
silenzioso.
“Devo andare ora.”, esordì mentendo
spudoratamente.
“Andiamo Harry, dammi il tempo di spiegare. Io
ti…”, esordii, ma questa volta fu lui a mettermi a
tacere.
“Non dirlo, non ora. Non avrebbe senso.”,
m’interruppe.
Mi maledissi per non essere riuscita a
replicare immediatamente quelle due semplici parole. Mi aveva presa
alla
sprovvista ed io ne ero rimasta completamente spiazzata, tanto da non
riuscire
a proferir parola.
Lui si era sentito non corrisposto, rifiutato
ed ora probabilmente credeva fossi guidata da nuovi sensi di colpa.
“Ti chiamo io.”, mi salutò e senza
lasciarmi
il tempo di replicare andò via, chiudendo la porta alle sue
spalle.
Chiusi gli occhi ed indietreggiai fino a far
aderire la mia schiena al legno, poi mi lasciai cadere sul freddo
pavimento.
Chiusi le mani in due pugni e infilzai
energicamente le unghie nella pelle dei palmi, fino a farmi male,
mentre delle
prime lacrime scendevano sul mio viso.
Mi sentivo una sciocca per come ero riuscita a
far scappare via da me la cosa più bella che mi fosse mai
capitata: Harry.
“Lizzie, stasera gli sarà già
passata.”,
esordì Allie con voce rassicurante alzandosi dal letto.
Puntai il mio sguardo scettico su di lei.
“Mi sono svegliata quando eravate ancora alle
scuse.”, spiegò porgendomi una mano.
La afferrai e con l’altra mi asciugai le
guance.
“Eri scossa.”, mi rincuorò.
“Dopo tutto quello
che ti è capitato in quest’ultimo periodo
è normale essere confusi.”, aggiunse
per dare una spiegazione al mio comportamento.
“Ma io non sono confusa. Io so cosa provo.”,
controbattei con tono flebile.
Allie mi sorrise ed avvolse un braccio intorno
alle mie spalle.
“Allora devi solo aspettare il momento in cui
sarai pronta a dirglielo.”, disse. “Ed ora non
farti abbattere. La tua
chiacchierata mattutina è stata più lunga del
previsto, quindi sbrigati a
prepararti che stamattina abbiamo lezione.”,
trillò energicamente regalandomi
una buffa espressione.
“Forza, forza!”, mi incitò fingendosi di
buon
umore per risollevare il mio morale, ma in realtà sapevo
quanto anche lei
stesse soffrendo per via di Liam e Zayn.
In poco tempo ci preparammo, così ci dirigemmo
di buon ora verso la caffetteria del campus, pronte ad iniziare
un’altra
giornata.
Allie ordinò i due suoi soliti caffè necessari
per svegliarla dal profondo coma nel quale rischiava di cadere
puntualmente
ogni mattina durante le spiegazioni più noiose, mentre io
optai per un tè nero.
Allie aveva le gambe accavallate, un gomito
poggiato sul tavolo e con la mano destra reggeva la testa. I suoi occhi
faticavano a rimanere aperti. Io tenevo lo sguardo perso nel vuoto, il
capo
reclinato a sinistra e un’espressione triste ed angosciata
disegnata sul volto.
Nessuna delle due parlava.
“Ecco a voi ragazze!”, esclamò il
cameriere
appena giunse nuovamente da noi.
Con dei gesti fluidi sistemò le due tazzine di
caffè al centro, poi mi porse quella più grande,
infine sistemò un piccolo
piattino proprio davanti alla figura distratta di Allie.
Corrugai la fronte, non avendo capito di cosa
si trattasse, ma quel ragazzo fece spallucce senza fornirci alcuna
spiegazione,
poi si dileguò per tornare alle sue faccende.
La bionda parve notare lo strano contenuto
solo quando vagò con lo sguardo alla ricerca della sua
preziosa bevanda.
“Che cos’è?”, mi chiese
studiando quella che
sembrava essere una pila di post-it colorati a forma di cuore.
“Non lo so.”, risposi sincera, scrutando
attentamente quegli strani foglietti.
“C’è scritto qualcosa?”, le
domandai
sempre più curiosa di scoprire quale segreto nascondessero.
Allie li afferrò con un gesto deciso, poi
iniziò a girarseli nelle mani. Il retro era completamente
vuoto, esattamente
come il primo post-it.
“Sarà qualche stupido scherzo.”,
borbottò
indispettita.
Li sfogliò distrattamente ed il suo volto si
tramutò in un’inconfondibile espressione di
stupore. Con foga staccò il primo
foglietto, scoprendo delle parole scritte su uno sfondo giallo con una
calligrafia ordinata ed elegante.
Lesse il primo messaggio con voce tremante,
emozionata.
“Hello, hello. I know
it’s been a while but baby I got something that I wanna let
you know.”, iniziò
confusa.
“E poi?”, la esortai sorridendole.
“E poi è finito.”, mormorò
indecisa ed
insicura come mai l’avevo vista.
Ero abituata alla Allie grintosa e vitale,
testarda ed estroversa, non a quella sensibile e fragile.
“Vai a quello successivo, dai!”, la incitai
ancora, cercando di essere convincente.
Lei annuii, prese un respiro è staccò un altro
post-it, rivelandone uno rosa.
“You say to everybody
that you hate me. Conuldn’t
blame
you ‘cause I know I left you all alone.”, lesse
ancora mentre la sua voce
iniziava ad incrinarsi per l’emozione.
Erano parole di Liam e quella era una delle
ultime canzoni che avevano composto.
Con urgenza e fretta rimosse un altro post-it,
facendone emergere uno di colore verde.
“Now I’m back at your
door, you’re looking me unsure, I should have seen it
before.”, continuò per
poi andare avanti con un nuovo post-it arancione.
“You’re all I think
about, baby.”
Incurvò
le labbra in un sorriso, il suo volto era chiara
espressione di stupore, ma allo stesso tempo incertezza. Non
c’era quello
strano luccichio nei suoi occhi.
“Ti prego continua a leggere tu.”, mi
supplicò. “Io credo di non
farcela a continuare.”, spiegò mordendo forte tra
i denti il labbro inferiore.
Annuii comprensiva ed accettai il blocco di foglietti che mi aveva
appena allungato. Staccai quello che aveva già letto e
proseguii.
“I was so stupid for letting you go, but I know
you’re still the
one.”, declamai cercando di dare un tono a quelle
meravigliose parole.
“You might have moved on, but girl you
should know you’re still the one.”, proferii prima
di essere interrotta da un
suo sospiro.
“I know I’m saying too much, but I will
never give up. I was so stupid for letting you go, but I know
you’re still the
one.”, terminai la lettura di un’altro post-it
azzurro.
“Hello, hello. I’m really hoping you forgive
me.”, c’era scritto
sull’ennesimo foglietto verde.
“I keep talking begging, tell me what I wanna
hear.”continuai
passando ad uno di colore giallo.
“I remember all the times and all the words that we
said.”,
esclamai soffermandomi su quella frase che spiccava dallo sfondo rosa.
Allie era palesemente combattuta, chiusa in uno stato di apparente
quiete. Si arricciava una ciocca dei lunghi capelli, poi giocava con le
dita
delle mani, intrecciandole, ticchettava sul legno del tavolo, si
massaggiava il
volto, si copriva la bocca con una mando, cercando di concentrare la
sua
attenzione altrove, di distogliere lo sguardo da quella pila di
foglietti.
“I can’t get it out of my head.”,
ripresi.
“Because…”, cercai di allungare il suono
delle ultime lettere,
così da riuscire a rendere la punteggiatura che accompagnava
quell’unica parola
segnata su un post-it azzurro.
“Truly, madly, deeply I am”, lessi mentre un
sorriso spontaneo si
disegnava sulle mie labbra.
Allie cercò il mio sguardo, trattenendo il fiato mentre
aspettava
che le rivelassi il contenuto del successive biglietto.
“Foolishly, completely fallin’”, le
riferii.
“And somehow you caved all my walls in.”,
continuai sfogliando quello successivo.
“So baby, baby say you’ll always keep
me.”, dissi.
Allie mi guardava con aria sconcertata, impacciata. Alle sue
spalle intravidi Liam, ma lui mi fece cenno di proseguire,
probabilmente voleva
attendere la fine prima di rivelare la sua presenza alla mia amica.
Staccai un altro post-it e questa volta rimasi sorpresa
dall’unica
grande parola che si mostrava.
“Truly.”, lessi semplicemente.
“Madly.”, ripresi cercando di dare ad ogni avverbio
il giusto
spessore.
“Crazy.”, ridacchiai pensando a quanto quel termine
fosse
appropriato.
“Deeply.”, pronunciai facendo scorrere il dito sul
nuovo
biglietto.
“In love.”, sospirai osservando Allie che batteva
freneticamente
le ciglia.
“With you.”, aggiunsi andando avanti.
“In love with you.”, conclusi leggendo
l’ultimo post-it che era
stato scritto.
“Ti
amo.”, confessò Liam alle sue spalle che
nel frattempo ci aveva raggiunte.
Allie scattò in piedi, per poi voltarsi e sorprendersi
nel constatare che Liam fosse davvero lì. Le porse la rosa
rossa che teneva tra
le mani, esattamente come al loro primo appuntamento.
Lei la accettò di buon grado, sorridendogli.
“Grazie, grazie davvero Liam.”, iniziò.
Sorrise appena, con la testa china. Aveva
gradito quella sorpresa, avevo visto i suoi occhi tentennare, ma sapevo
quanto
ancora non fosse pronta a ricominciare tutto dall’inizio. Con
Liam era stato
come essere travolti da un uragano. Aveva provato in tutti i modi a
farsi
notare da lui, aveva lottato, aspettato, pazientato, sorvolato e
sofferto.
“Ti ringrazio, davvero, ma non posso
accettare.”, riprese riconsegnandogli l’unica e
grande rosa rossa. “Ho bisogno
di tempo, ho bisogno di far chiarezza.”, spiegò
inarcando lievemente le spalle.
Non era solo Liam ad arrecarle dolore, ma anche l’ormai
avvenuta perdita di
Zayn. Lo aveva sottovalutato sin dall’inizio, lo aveva dato
per scontato ed ora
pagava le conseguenze della sua superficialità. Non
l’aveva ammesso
apertamente, ma lo aveva lasciato chiaramente intuire appena poche sere
prima,
quando eravamo finite casualmente a commentare un bacio che avevamo
visto
proprio tra Zayn e Perrie. Se l’era fatto scappare, troppo
impegnata a seguire
un ragazzo che si era rivelato ben diverso dalle sue aspettative.
“Mi dispiace.”, concluse con aria affranta,
congedandolo.
Mi rivolse un leggero sguardo di scuse, poi
con passo deciso andò via, allontanandosi da quel luogo.
L’aveva fatto, Allie
era andata oltre, Allie era riuscita a rinunciare, era maturata,
cresciuta.
Aveva rinunciato a quell’infantile obiettivo che si era
preposta di raggiungere
ed aveva rinunciato a Zayn perché sapeva quanto poco avrebbe
potuto renderlo
felice rispetto a Perrie e alle sue mille attenzioni.
Sorrisi amaramente, mentre una sensazione di
vuoto dilagava nel mio petto. Avevo lasciato andar via Harry.
Non ero riuscita a tirar fuori quelle due
semplici parole. Senza neppure salutare un Liam sorpreso e confuso,
scappai
via, dirigendomi nella mia stanza. Quel giorno non sarei andata a
lezione, del
resto sarebbe stato totalmente inutile. Avrei passato tutta la
mattinata ad
incolparmi per ciò che era accaduto con Harry, senza
riuscire a seguire neppure
un piccolo frammento di una qualsiasi spiegazione.
Corsi per il breve tragitto che distanziava la
mia stanza dalla caffetteria, poi mi catapultai all’interno.
Con poche falcate
raggiunsi la scrivania ed iniziai a frugare tra i cassetti, alla
ricerca della
mia Moleskine azzurra. Solo quando la trovai riuscii a calmarmi. Presi
posto
sulla sedia e poggiai entrambi i gomiti sulla superficie di legno, poi
mi
concentrai ed iniziai a scrivere.
Avevo registrato ogni singolo avvenimento
sulle pagine di quell’agenda, anche quelli apparentemente
meno significativi.
Avevo appuntato idee, impressioni e citazioni che mi avevano colpita,
ma mai
una lettera.
Terminai nel giro di poco, soddisfatta di ciò
che il mio istinto mi aveva portata a scrivere di getto. Sapevo cosa
avrei
voluto fare e, nonostante fosse una pazzia, decisi di farlo.
Racchetai qualche vestito dal mio armadio e lo
infilai nel primo borsone che trovai, poi presi dei soldi, il
cellulare, i
documenti e la mia agenda ed in un attimo fui fuori dal college.
Decisi di agire immediatamente, se avessi
atteso ulteriormente avrei finito per ripensarci.
Chiamai un taxi e mi feci accompagnare presso
l’autonoleggio più vicino. Per
l’occasione scelsi una Bmw decappottabile che
avrei sperimentato immediatamente guidando fino a casa di Louis.
Scesi dalla macchina con la Moleskine in mano,
poi la lasciai nella cassetta della posta di mio fratello.
Mi costringevo a non pensare, preoccupandomi
solo di seguire scrupolosamente le istruzioni dettate
dall’esigenza di fare
qualcosa di insensato.
Tornai in auto e chiamai mio fratello.
“Louis, sono Lizzie.”, lo salutai.
Lui ricambiò, forse frastornato a causa
dell’orario eccessivamente mattiniero.
“Sto partendo ora per Doncaster, resto qualche
giorno da mamma e papà.”, lo informai.
“Ho lasciato una cosa per Harry tra la
posta, puoi dargliela tu?”, gli chiesi non lasciandogli
neppure il tempo di
controbattere. “Ok, grazie. Ciao.”, terminai la
telefonata prima che potesse
effettivamente rendersi conto del significato delle mie parole.
Angolo Autrice
Buonasera a tutti!:D
Allora, avrei voluto pubblicare questo capitolo ieri, ma purtroppo non sono riuscita a trovare neppure un attimo di tempo,
così ho dovuto rimandare ad oggi ed addio 25 novembre!xD
Comunque sia, è piuttosto lunghetto e stavolta ho inserito anche una loro canzone!:D
Credo non ci sia bisogno neppure di dirlo, però, per dovere di cronaca, la canzone è Truly, Madly, Deeply. *.*
Lizzie è sempre più no commnet, Harry è semplicemnete wow, Liam dolcissino ed Allie... bah, forse confusa...
Ormai siamo agli sgoccioli, anzi, annuncio che il prossimo sarà l'ultimo capitolo!!!
Non so se ruscirò a pubblicarlo in settimana, ultimamente sono molto indaffarata...
Però ci provo, al massimo lo troverete sicuramente entro giovedì prossimo!;)
Anyway, ormai ne succedono di tutti i colori e tutti i tipi, eh??
Ringrazio le splendide persone che continuano a seguie, preferire e ricordare,
quelle coraggiose che non hanno smesso di leggere
e quelle grandi eroine che commentano!! Grazie mille, davvero!!!<3
Alla prossima!:*
Astrea_