«Maledette puttane del Signore, aprite!» mi scortico
le delicate mani contro la pesante porta di legno, alcune schegge mi si
conficcano nella carne ma non smetto di sbraitare. Sono ridotta ad uno straccio
lacero: mi hanno tolto i vestiti, i gioielli, perfino la bellezza hanno cercato
di strapparmi a suon di bastonate. Sono in prigione, il peggiore degli incubi
si è avverato. Potrei impazzire se rimango in questa stretta cella ancora
qualche minuto. Potrei addirittura pensare ad impiccarmi con il liso lenzuolo
che mi hanno dato per coprirmi la notte, oppure suicidarmi cavandomi gli occhi
dalle orbite con le mie stesse mani, posso mordermi la lingua e lasciare che il
mio sangue, che tanto hanno fatto scorrere questi timorati di Dio, inzuppi i
loro pavimenti dannatamente lindi e puliti!
Grido ogni sporca bestemmia che conosco, invento illazioni fra le più
fantasiose e poi comprendo che non è questo che mi aiuterà ad uscire.
A terra, spiegazzata e strappata, giace la veste monacale che mi hanno ordinato
d’indossare: un misero abito di stoffa ruvida e dalla foggia orrendamente
castrata.
Con quell’orrore addosso una donna non può fare altro che morire, e rinascere
come essere asessuato privo di volontà e desiderio.
Il materasso è terribilmente duro e dopo le ore di grida ininterrotte il
silenzio mi ferisce le orecchie, pare che nessuno là fuori si stia curando di
me.
E dovrebbero
essere caritatevoli monache quelle ipocrite bastarde?
Con un poco di fatica riesco finalmente a ridurre a
minuscoli brandelli la tonaca orrendamente nera e deprimente, le mani mi
tremano in modo incontrollabile e il dolore alla testa è atroce. Nemmeno il
suono della stoffa lacerata riesce a tranquillizzarmi.
Non può essere vero!
Claudia Treschi privata della tanto agognata libertà e costretta alla reclusione
fra quattro pesanti mura spoglie.
Vogliono che mi pieghi ai loro voleri?!
Al diavolo!
Al diavolo la feccia perbenista che mi ha mandata al
rogo, vorrebbero purificare i miei peccati obbligandomi alla Fede?
Deturpati bambocci senza spina dorsale, impauriti dal
desiderio che costantemente provano, quel minuscolo desiderio che si ritrovano
penzolante nei pantaloni!
«Mi avreste scopata tutti per bene, se solo ve l’avessi permesso !!» e forse è
stato proprio il non volervi fra le gambe che ha fatto nascere la vostra
invidia nei miei riguardi!
Ero libera!
E avete voluto rinchiudermi per impedirmi d’essere la prova vivente della
vostra inadeguatezza alla vita. Lontano dagli occhi la fautrice del peccato che
tanto vi fa gola.
Io sono quello
che volete! !
La stoffa è troppo leggera,
scaraventarla contro la porta non mi da alcuna soddisfazione, nessun tonfo,
neanche il minimo rumore e il silenzio regna nella mia minuscola prigione.
Che comportamento volgare, non è da me.
Lentamente mi massaggio le braccia, segnate dai lividi
delle percosse subite, pettino i capelli con le dita, digrignando i denti nel
sentire i nodi: sono sempre stati lisci e luminosi ma sono bastate poche ore
rinchiusa qui dentro e tutto di me pare sia marcito.
Sento le lacrime pungermi gli occhi, non le lascerò scorrere lungo le guance,
ma già avvertire la loro presenza favorisce il mio pessimo umore.
Non uscirò mai più di qui..?
Sono condannata alla Fede in un Dio ipocrita e codardo?
Come pensano di educarmi questi luridi menzogneri?
Le voci corrono, lo so bene, non c’è un solo veneziano che non speculi sulle
presunte attività che si svolgono nel convento dopo il calar del sole. Eppure è
nel covo dei celesti depravati che mi hanno imprigionata, vuol forse dire che è
questo il mio destino? Essere una delle Spose impudiche del Signore?
Sorrido e mi abbandono sdraiata sul
letto, sono stremata, il mio corpo
dolorante pare impossibilitato a lottare ancora. E poi perché lottare? Forse
riuscirò a raggiungere l’estasi perfetta fra le braccia di uno dei tanti Figli
di Dio che infestano questo luogo, o magari potrei provare addirittura con una
delle tenere suorine che mi portano tanto gentilmente
il cibo. Quelle che ogni volta che posano lo sguardo sul mio corpo, invitante e
completamente nudo, si fanno il segno della croce stringendo il loro prezioso
rosario al petto.
Potrei..
Languida, mi rannicchio sul
materasso ripieno di fastidiosa paglia, continui pizzichi mi irritano la pelle
e pur infastidita riesco a trovare una comoda posizione che mi permetta di
dormire almeno un po’. Persino la coperta che mi hanno dato è quanto di più
sformato e molesto abbia mai visto, che posto atrocemente inospitale.
Scivolo ad accarezzarmi il corpo nudo, in preda all’ira deleteria ho stracciato
tutto quel poco che mi avevano lasciato addosso, che reazione esasperante la
mia.
Da quando ti ho incontrato non hai
fatto altro che portarmi seccature,mio timido demone.. Sei fuggito da me e hai
perso l’ultima occasione della tua vita.
La Dea delle Calli diventerà la Divina Sposa del Signore Iddio.
Che glorioso titolo.
Eppure desidero ancora il tuo tocco,
doversi soddisfare da sola non è certo la stessa cosa..
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«Morto?» ripeto, assaggiando ogni
singola sillaba.
Mi lecco le labbra tirandomi seduta,
il corpo discintamente velato dalla coperta ruvida e implacabile. Sento ancora
su di me i graffi che mi hanno inflitto quel dannato lenzuolo e il detestabile
materasso su cui sono stata costretta a dormire.
«Si, Signorina Treschi, è stato ritrovato il cadavere in casa vostra..»
Non posso fare a meno di sorridere, e a quella vista la donna che mi sta
parlando arretra con aria disgustata, segnandosi un paio di volte «Mi stai
dicendo che si è ammazzato?»
La piccola donna nega, con impercettibili movimenti del capo «Pare che
l’abbiano pugnalato..» non riesce a continuare, la sua vocina stentata fatica
ad uscirle dalla bocca «Vostro Padre desidera che assistiate al funerale come
monaca del nostro ordine!» mi informa indurendo il tono, in fondo è una mia
superiore, e vuole farmelo ben presente.
Mi porge i nuovi vestiti, stirati e puliti, ma non certo nuovi. Chissà quante
povere donne ci sono morte dentro, puzzano di cadavere…
Faccio qualche passo verso di lei, l’imbarazzo nel suo sguardo è tangibile, non
vorrebbe guardare, ma non può farne a meno.
Il peccato vive in ognuno di noi, occorre davvero poco per farlo affiorare.
Nel prendere gli abiti le sfioro la mano callosa: «Quel che vedi l’ha creato il
tuo Dio..» le faccio presente sorridendo sorniona «..dubito s’offenderà se
guardi..!».
La reazione è immediata, il volto rugoso si imporpora e le mani troncano
bruscamente il contatto fra noi. Io continuo a sorridere mentre la porta della
celletta mi viene sbattuta in faccia e la chiave gira nella serratura.
Mi verranno ad aprire quando mio padre lo riterrà opportuno, in tempo perché la
famiglia Treschi si riunisca, addolorata e piangente, sulla tomba del mio
incestuoso fratellino.
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Quindi è così che sei finito? Lurido
traditore, figlio di un cane. Tu mi hai riportata da lui, tu che mi hai scopata
centinaia di volte assaggiando ogni parte del mio corpo, possedendomi in
qualsiasi posizione ti proponessi.
Vigliacco..
Viscido opportunista. Hai preferito la protezione di nostro padre a me, a me
che ti avevo sempre protetto da tutto.
Stupido fratello.
Da bambino temevi il buio, venivi sempre ad infilarti nel mio letto, abitudine
che non hai peraltro perso con gli anni, come ti senti ora in quella bara? A
breve i vermi ti divoreranno, pezzo dopo pezzo, ridurranno la tua bellezza ad
un ammasso di carne straziata e di te non rimarrà nulla su questo mondo.
Nemmeno il ricordo, poiché nessuno si prenderà il disturbo di rimembrare le tue
scialbe gesta.
Il tuo violino sarà messo all’asta, nostro padre dirà che non può sopportare la
sua vista, che lo fa pensare al suo povero figlio scomparso, e nel frattempo le
casse dei Treschi si riempiranno dei guadagni dovuti alla vendita dei tuoi
averi.
Stolto fratello.
Probabilmente pensavi ti avrebbe ricompensato, non hai pensato che oramai ai
suoi occhi eri contaminato: ti avevo toccato e per lui eri oramai perduto. Ti
ha usato e tu non hai esitato a gettarti ai suoi piedi, leccando i suoi costosi
stivali.
Mi auguro tu abbia sofferto nell’infilarti quella lama nello stomaco, spero tu
ti sia amaramente pentito di ciò che mi hai fatto.
Altro che assassinio, tu ti sei ammazzato.
Per il senso di colpa o forse per la voglia repressa che, sapevi, non sarebbe
stata più soddisfatta. Mi hai venduta e hai perso i miei favori.
Eppure… sei sempre stato un vile, un codardo..
E’ inverosimile immaginarti con il coraggio di toglierti la vita.
Non credevo che vederti seppellire
mi avrebbe fatto quest’effetto, credevo avrei pianto disperata al tuo funerale,
forse addirittura pensavo di non riuscire a vederlo mai. Ero convinta che sarei
morta prima io.
Chissà poi perché: i forti sopravvivono Alessandro, sopravvivono a tutto perché
combattono per la vita.
Tu no..
La vita hai saputo solamente toglierla..ad entrambi.
Si è fatto tardi, mentre cercavo
inutilmente di far scorrere le lacrime, per compiacere il nostro amato
genitore. Oramai se ne sono andati tutti e le occhiate che mi hanno lanciato
erano innegabilmente le più nauseate che io avessi mai ricevuto dai miei
parenti.
Nemmeno una lacrima per il mio
adorato fratellino minore, che tanto ho amato.
Me ne sto qui, immobile davanti alla
tua tomba, la lapide ancora non è stata incisa e anche se ci fosse stata il
buio che è calato su Venezia mi impedirebbe di leggere il tuo pomposo
necrologio. A testimoniare la tua dipartita solamente un cumulo di terra smossa
con cui hanno appena ricoperto la raffinata bara intagliata in legno di noce.
Che spreco di denaro, verrete presto divorati entrambi, tu e il tuo elegante
feretro.
E con quest’ultimo, buffo pensiero mi avvio per tornare un’ultima volta nella
spaziosa dimora dei Treschi, una carrozza mi sta attendendo per portarmi dai
congiunti che, sempre disperati per l’immane perdita, svuotano le scorte
alimentari della villa.
E poi lo vedo.
Da quanto tempo è lì? Fermo ad
osservarmi, nel mio abito sgualcito e deforme, veste che non mi rende
giustizia!
Ho ritrovato il mio demone e mi presento a lui vestita come una lavandaia?
Nemmeno mi accorgo come, ma mi sento
catturare dalle sue braccia, la sua bocca sulla mia, un bacio rovente, liquido,
pregno della passione repressa che ci ha attanagliato le viscere per giorni.
Non posso fare a meno di scivolare con le mani fra i suoi capelli morbidi,
minaccio di strapparglieli trascinandolo ancor più in profondità nella mia
bocca, mi aggrappo alle sue spalle. Emana forza e io mi infervoro nella
consapevolezza di possedere ogni singola fibra del suo essere. Si scosta lentamente dal mio viso e io ne approfitto
per assaporare ancora per qualche istante il suo sapore, avverto il profumo del
suo volto, dei suoi capelli e me ne ubriaco, folle di soddisfazione.
«Claudia..mia Claudia!» voce
lussuriosa la sua, arrochita dal profondo bacio che mi ha appena offerto.
Claudia, si..ma come fa lui a sapere il mio nome..?
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Allungo
un altro po’ questo capitolo, già lungo peraltro XD
Non
posso delegare tutti i contatti con il pubblico alla buona GoodMiss
che è ormai la mia MarketingMiss, ma sarò breve:
Un
semplice ma sentito ringraziamento a quelli che leggono e commentano
(NO! Non ringrazio chi non recensisce..ç_ç
approfittatori!).
Come
già ha detto GoodMiss faremo di tutto per mantenere
il racconto inedito e innovativo, e poi, come un amico mi ha consigliato tempo
addietro:
“se ancora oggi alcuni cliché funzionano
significa che piacciono”
quindi anche scadessimo nell’imitazione sarà la nostra abilità nel narrare
gli eventi a mantenerlo vivo e genuino!
A
te la fiaccola Bella Donna!!