Il piede spinse l'acceleratore, portando i giri del motore ad aumentare e con essi la velocità dell'auto, Dylan gettò uno sguardo all'indicatore: sfiorava i centotrenta chilometri orari, in pieno centro città. Mancavano ancora un paio di giri al traguardo, ma l'americano era soddisfatto di essere in testa allo corsa; staccò la mano dal volante, alzando il volume dello stereo, mentre un sorriso si allargava sul suo viso, tirandone la pelle e dando vita a tante piccole rughe d'espressione, a causa dell'adrenalina e dell'eccitazione che gli scorreva in corpo.
Solo in quei momenti, quando si staccava brutalmente dalla sua solita realtà, riusciva a sentirsi davvero vivo.
Fu una frazione di secondo e tre giovani ragazze comparvero alla visuale del ragazzo, nel mezzo della carreggiata, Dylan le vide appena in tempo: le mani ritornarono al volante ed il piede si precipitò sul freno, con una sterzata di fortuna e la sua abilità riuscì ad evitarle.
Nell'immediato Dylan aprì la portiera e salto giù dalla macchina, guardando oltre il mezzo, verso le ragazze sopravvissute.
« Fate attenzione, spostatevi che é peric— »
Le parole dell'americano vennero annullate, sovrastate dal rombare di un motore sopraggiunto alle sue spalle, si voltò a guardare l'altra auto da corsa. Nessun freno stridette, s'udì soltanto il rumore delle lamiere che s'incastravano tra loro, per l'impatto di un'auto contro l'altra; fino all'ultimo lo stereo di Dylan rimase acceso ad alto volume suonando un classico dei Queen, “Who want to live forever”.