Praefatio (in
data 8/12/13)
A cura di yingsu
Come è nata e cresciuta
questa fan fiction.
Verso la fine di “Die on the front page, just like the stars” radioactive si è presentata da me con un problema: «Cosa farò
quando avrò finito di scrivere di Lyosha ed Ariel?». Problema di una
importanza rilevante, devo dire, in più mi ha confessato di avere il recondito
e profondo desiderio di fare un’Arena sott’acqua, e così abbiamo pensato di
creare altre due Edizioni Fantasma strettamente collegate, già. In realtà
potrei concludere così la Prefazione, ma non lo farò, vi dirò perché vale la
pena leggere questa storia – anche se nessuno me lo ha chiesto. Potrei dire che
il primo motivo sono i pettorali di Narek, (per le donne e gli
omosessuali latenti e non) e la presenza di uomini veri in cui immedesimarsi
(appunto per gli uomini veri). Ma no, non è questo la prima vera motivazione.
L’Arena è magica, particolare e dettagliata, il tema principale sono le
apparenze, perché miei cari, nulla è mai come ci sembra, e tutto si rivela
sempre un qualcosa che non è, un qualcosa di appunto diverso da ciò che noi ci
aspettavamo. La parte migliore – o forse peggiore – si trova sempre al disotto,
nascosta e celata. Cogliere la reale essenza delle cose e delle persone è
complesso, e questa Arena ce lo mostra alla perfezione.
Siamo in un contesto ancora molto lontano dalla
Rivolta, in una situazione di resa, diciamo, in cui la popolazione sta ancora
tentando di metabolizzare questi nuovi Giochi della Fame, di piangere i primi
morti. Ma tutti gli Hunger Games sono cruenti uguali e sofferti allo stesso modo, e
questo non fa differenza. Tutti i Tributi Vincitori soffrono, per un motivo o
per un altro: è così fin dal principio. Perché tutto quello che Capitol
City dona ai Vincitori non potrà mai rimpiazzare e coprire il sangue dei
cadaveri che questi si portano sulle mani, gli incubi e le grida dei morti –
non si coprono ventitré omicidi con una bella casa e dei soldi. Insomma, posso
andare avanti a parlare per delle ore ed elencare un sacco di valide
motivazione, ma spero che queste bastino a convincervi nel continuare la
lettura. Immergetevi in questo mare di parole assieme ai personaggi che
prendono vita e si muovono da sé, uscendo dalla penna – e dalla testa – della
nostra radioactive. Ricordatevi che niente è come sembra. Niente è
come vogliono farci credere, e la sofferenza si nasconde dietro al pallido
sorriso che si è costretti ad indossare.
CAPITOLO I
Siamo tutti sulla stessa barca, ed io sono il
capitano.
Mags gli aggiustò
teneramente il colletto della camicia semitrasparente azzurra, ricevendo uno
sbuffo dal ragazzo che decise di guardare altrove per non fissare negli occhi la
propria mentore. Di fianco a lui, la sua compagna di distretto di diciassette
anni si lisciava la gonna a tubino rimanendo in equilibro sui tacchi delle
scarpe mentre aspettava silenziosamente il suo turno per l’intervista. I loro
due stilisti – entrambi maschi, e la cosa gli faceva un po’ impressione parlavano fittamente tra
loro, lanciando sfuggenti occhiate ai due tributi.
«Perché te la
lisci se è già liscia?» commentò Narek Yakir, riprendendo a respirare dopo che la mentore si
allontanò da lui – nella sua voce non c’era interesse, solamente una leggera
nota di sarcasmo per passare il tempo.
«Perché ti fai
aggiustare il colletto da Mags se hai già diciott’anni?» rispose acida Cyndi,
i capelli ricci erano appoggiati sulle spalle con cura, anche lei indossava una
camicia semitrasparente, ma sul seno avevano cucite due conchiglie a mo’ di
reggiseno – quel tipo di pudicizia che non faceva altro che rendere più
sensuale il sensuale.
«Mi piace essere
coccolato» ribatté, passandosi una mano tra i capelli, scoprendoli leggeri e
privi di gel, lacca, o qualunque altra diavoleria del genere. Erano stati
clementi, con lui.
Cyndi ridacchiò, e in
quel momento Mags ritornò dai due indicandogli
gentilmente la fila indiana che si stava creando per condurre i tributi sul palco,
«forza e coraggio» disse quasi affettuosamente, prima di guardare i due ragazzi
allontanarsi l’uno di fianco all’altro.
Narek ricordava bene
che cosa gli aveva detto Mags, sul treno, subito dopo
la Mietitura – come ricordava bene anche cosa si era escogitato per
sopravvivere dentro l’Arena. La presentatrice, il cui vestito sembrava fatto di
batuffoli di cotone rosa così come i capelli a caschetto parlava allegramente
con Cyndi del più o del meno, grossomodo le stesse
domande che aveva fatto ai favoriti dell’1 e del 2. Gli sembrava di ricordare
si chiamasse Candysse o qualcosa del genere.
Il segnale
acustico che indicava il termine dei tre minuti dipinse il volto della
Capitolina di qualcosa di vagamente simile al dispiacere, dopodiché augurò buona fortuna a Cyndi
e la fece ritornare al suo posto sulle sedie posizionate a semicerchio sullo
sfondo, annunciando con voce altisonante Narek Yakir, dal Distretto 4.
Il pubblico lo
accolse con un sonoro applauso e di sicuro qualcuna delle donne presenti stava
commentando il fisico che si intravedeva dal tessuto semitrasparente dalla
camicia, Narek raggiunse Candysse
alta più di lui grazie ai vertiginosi tacchi in vernice azzurra, coperta di
polvere brillante, si strinsero la mano e si accomodarono entrambi sui
rispettivi posti, il ragazzo era completamente abbagliato dalla luce che
brillava sul palco – quasi non riusciva a vedere il pubblico.
«Allora, Narek» l’accento
di Capitol City rendeva il suo nome quasi una
barzelletta, e in qualche modo questo lo fece quasi arrabbiare, ma non ci fece
caso e lasciò che la donna proseguisse, «iniziamo con il farti i nostri più
sinceri complimenti: un nove!» una veloce scia di esaltazioni riempì
l’Anfiteatro, facendo sorridere il ragazzo, «è sempre splendido vedere dei Tributi
così preparati ed agguerriti – come ti sei sentito nel vedere un nove sullo schermo?».
«Beh…» si grattò la guancia, sfilandosi poi il fastidioso
orologio dal polso che in un modo o nell’altro faceva parte del suo
abbigliamento, si sforzò di sembrare seducente, come gli aveva proposto il suo
accompagnatore, ed era una cosa che gli riusciva davvero male, «magari poteva
essere un sei rovesciato, ho pensato anche a quello» con il pollice indicò la
sua compagna di Distretto, seduta dietro di lui, «è quello che ha detto Cyndi: “è sicuramente
un sei, sei troppo stupido per prendere nove!”» concluse, imitando la sua
voce con un tono evidentemente troppo stridulo, le telecamere inquadrarono la
ragazza del 4 mentre rideva.
«Non ha molto da
lamentarsi, la nostra Cyndi, ha preso un otto…» suggerì Candysse,
incrociando le caviglie alternando lo sguardo da Narek
alla ragazza.
L’altro annuì,
passandosi una mano tra i capelli, «appunto, ha preso otto, è da quando siamo
saliti sul treno che va blaterando che lei è migliore di tutti».
Cyndi rise
afflosciandosi sulla sedia e con lei il pubblico, la ragazza del 4 continuò a
scuotere la mano in segno di dissenso. La presentatrice tossicchiò per
riprendere in mano la situazione e si concentrò su Narek,
procedendo con le domande.
«Narek, siamo stati tutti molto colpiti dalla fierezza con
cui sei salito sul palco, alla Mietitura. Pensavi di offrirti volontario per
questa diciannovesima edizione?».
«No, in realtà
no» la risposta, arrivata così velocemente, lasciò tutti senza fiato, «mio
padre è un uomo molto fiero e, insomma, non potevo fare la parte del fifone, ti pare?» sorrise.
Candysse annuì,
trovandosi d’accordo con lui, «certo… un
atteggiamento fiero, poi, aiuta molto agli Hunger Games» constatò, incrociando le gambe in modo suadente. Narek tentò di guardare il pubblico, scovando tra i
Capitolini i due stilisti del Distretto 4 che lo guardavano con aria
accusatoria a causa dell’orologio sfilato dal polso, senza dire nulla, il
ragazzo se lo rimise, sorridendo sornione.
«Comunque»
continuò il ragazzo, osservando la lancetta dei minuti spostarsi in senso
antiorario, «voglio sperare che l’Arena, quest’anno, sia qualcosa di favoloso» l’aggettivo usato da Narek fece sorridere il pubblico, «anche io ho in mente
delle sorprese» per voi.
Una serie di “ooh” si levarono in tutta la stanza e anche Candysse si allungò verso di lui, come incuriosita,
«suppongo che non possiamo sapere nulla, vero?».
«Assolutamente
no!» esclamò il tributo, alzandosi in piedi tanto era stata la foga utilizzata per
negare un qualsiasi tipo di anticipazione sulle sue idee – perché era vero, Narek aveva delle sorprese in serbo per Capitol
City, voleva fare qualcosa di diverso,
dopotutto i Vincitori si erano sempre distinti per le loro tecniche
particolari, no?
La presentatrice
lo guarda dal basso verso l’alto, stupita da tanto impeto, lo invitò a sedersi,
appoggiandogli una mano sul braccio, «siamo davvero felici di avere tributi
così entusiasti di partecipare ai Giochi, Narek» si
complimentò allora, appoggiando tutto il peso sul gomito affondato nel braccio
della poltrona su cui era seduta, «ci aspettiamo grandi cose da te».
«Anche io mi
aspetto grandi cose da me stesso» sorrise in risposta.
L’allarme scandì
la conclusione dei tre minuti e i due si alzarono, Candysse
prese la mano di Narek e la portò in alto, «signori e
signore, Narek Yakir dal
Distretto 4» esultò. Prima che la donna lasciasse le dita dell’altro, il
ragazzo si chinò lievemente portandosi il dorso di quella sulle labbra,
lasciandoci un lieve contatto di labbra che fece ridacchiare la presentatrice.
Il tributo
ritornò al posto, seguito dagli applausi di tutta Capitol
City, Cyndi lo guardava quasi con rabbia per tutto il
successo che era riuscito ad avere con un semplice gesto: quel nove me lo merito tutto – le disse silenziosamente in
risposta.
Narek provò davvero a
seguire le interviste successive, ritrovandosi a sbadigliare di nascosto oppure
a muovere le dita dei piedi dentro le scarpe per evitare che si
addormentassero.
Non successe
nulla di eclatante fino al maschio del Distretto 7, il quale non si presentò
vicino a Candysse fino a quando non lo chiamarono Cane Pazzo – suggerito dal mentore
dietro le quinte. Il ragazzo – con muscoli sviluppati ma lo sguardo perso nel
vuoto, avrà avuto diciotto anni – decisamente si sentiva perso, fuori luogo, si
guardava attorno confuso e puntualmente non rispondeva alle frequenti domande
che la Capitolina gli poneva.
Un brusio
stizzito riempì l’anfiteatro e il suono per il tributo successivo suonò in
anticipo per il sollievo di tutti, dovette intervenire il mentore da dietro le
quinte che, urlando un «rimani lì e non tornare al tuo posto!» fece alzare di
scatto il tributo, il quale attraversò di fretta il palco e ritornò sulla sedia
che gli aspettava, accanto alla sua compagna.
Entrambi i
ragazzi del Distretto 8 sembravano spaventati, come altri, non avevano ancora
un Mentore e in loro c’era una rabbia alimentata dalla paura che lo fece
rabbrividire, poteva immaginare quanto fosse pericolosa l’ira di una persona che
si sente svantaggiata, e i suoi
timori furono fondati dal ricordo dei due ragazzi che si impegnavano oltremodo
durante gli allenamenti, strappando entrambi un sei dagli Strateghi, forse dato
per buonismo.
Si scoprì
totalmente disinteressato alle interviste dei tributi successivi, dopotutto
aveva già deciso con chi allearsi e cosa fare – e di certo questo non
comprendevano quelli del Distretto 1, che – non molto lontano da lui –
lanciavano intense occhiate di superiorità agli altri tributi, a tenergli testa
vi erano solo Cassius e Iyn del Distretto 2, i quali,
sebbene fossero consapevoli di essere più addestrati e preparati degli altri,
mantenevano una sorta di rispetto verso i compagni
di Giochi.
Era, a parere di
Narek, un comportamento corretto e professionale. La
prova, insomma, che erano stati addestrati anche all’educazione – a differenza
di quelli dell’1.
Si sforzò di
seguire l’intervista della ragazza del Distretto 10, Crydee
Aage, sedici anni, anche lei senza Mentore. La
ragazza – incredibilmente magra e con
indosso un vestito lungo sopra le ginocchia di un bianco splendente, la parte
superiore dell’abito era ricamata e grossi buchi lasciavo intravedere
considerevoli porzioni di pelle qua e là, i piccoli seni erano censurati da un
motivo floreale al centro dell’abito, la gonna fluttuava di qua e di là mentre
la ragazza si avvicinava a Candysse, stringendole la
mano e portandosi un ciuffo invisibile dietro l’orecchio ornato da un grosso
orecchino a perla, ai piedi indossava degli stivaletti di pelle con un tacco
che la rendevano veramente alta – e quindi molto più longilinea di quanto non
fosse già.
Per quanto
trucco le avesse messo addosso il suo staff di preparatori, c’erano cose di lei
che non si potevano nascondere: Crydee Aage era una poveraccia, che sicuramente aveva fatto
richiesta per le tessere. Ricordava la sua Mietitura: lei che si avvicinava al
palco mentre si teneva i gomiti con lo sguardo basso e gli occhi di tutti
puntati su di lei.
«Sai, quelli del
mio Distretto sono stati felicissimi di vedermi estratta per gli Hunger Games, e nessuno si
sarebbe offerto per me, lo sapevo» la
sua voce riscosse Narek dai pensieri e dalle
supposizioni in cui si era assopito, assottigliò lo sguardo come per mettere a
fuoco la sua figura.
«Perché dici
questo, casa?».
«Mio padre
allevava delle mucche, un giorno queste mucche si sono ammalate e la loro carne
è stata venduta a cinque o sei famiglie del Distretto, risultato queste
famiglie, a loro volta, si sono ammalate. In sostanza, mio padre cadde in
rovina, mia madre ci abbandonò e io ho dovuto iniziare a rubare per
sopravvivere, perché non ci bastava quello che prendevo con le tessere» alzò le
spalle, come se non le importasse, «il vecchio è un gran mangione».
Il silenzio
regnò sovrano, prima che la ragazza continuasse, «ma non m’importa, sai? Sono
felice di essere qui, posso dimostrare a tutti quelli del 10 di poter ritornare
a casa. Dopotutto ho preso un sette
agli allenamenti, no?» il suo sorriso sembrò illuminare il volto di Candysse, che inarcò le labbra a sua volta.
«A
quanto pare, quest’anno abbiamo dei tributi veramente agguerriti, prevedo
un’ottima edizione!» il commento della Capitolina strappò un applauso agli
spettatori.
Crydee sorrise, aspettando il momento per
poter continuare, «e quando vincerò, voglio dedicare la mia vittoria a Roi», lo disse in un modo così affabile e pungente da
mettere i brividi.
Candysse si illuminò, quasi rizzando in piedi,
«il tuo fidanzato? Oh, cara questo è merav―».
«Fidanzato?»
la ragazza accennò ad una risata, «Roi è quello stronzo che mi denuncia anche quando
cammino sull’erba del suo giardino». Si rivolse verso il pubblico, sicura di
avere una telecamera che le registrava il primo piano del viso, «Quando
vincerò, Roi, prenderò con le mie mani quel tuo fottuto Winfred
e lo mangerò per cena».
E’ davvero arrabbiata con questo Roi.
Le
interviste si conclusero in fretta e in breve Narek
si ritrovò circondato dal suo staff che lo struccava, in modo che potesse
andare a dormire.
Aveva
lo stomaco pieno di un ottimo cibo, la mente rilassata perché ormai era tutto
pronto: sapeva con chi allearsi, cosa fare e aveva in mente già qualche piano
alternativo nel caso qualcosa andasse storto.
Un
po’ gli dispiaceva per persone come Cane Pazzo e Crydee,
a cui avrebbe dato una mano fino a dove gli sarebbe stato possibile. Ma lui,
esattamente come tutti i ventitré, era disposto a scavalcare chiunque per
tornare a casa.
Si
addormentò poco dopo, sognando gli occhi inquisitori del padre che lo
guardavano nella folla, facendo rabbrividire come la visione di un fulmine su
un mare in tempesta.
Siamo tutti sulla stessa barca, pensò,
abbandonandosi al sonno, ed io sono il
capitano.
«Partimmo in mille per la stessa guerra,
questo ricordo non vi consoli,
quando si
muore si muore si muore soli.»
NOTE D’AUTRICE ◊ «viviamo e respiriamo parole»
Ebbene, eccoci a questo primo
capitolo con la grafica nuova, yay :D
Non ho molto da dire – ultimamente
non ho proprio niente da dire, lol – solo che: spero vi sia piaciuto perché, come anticipato
a yingsu, a
me non è piaciuto neanche un po’ questo capitolo. Sarà perché l’ho scritto a
pezzi e… insomma, ecco. Però lei ha detto che è
divertente e carino, quindi lascio a voi il tutto e incrocio le dita. ♥
→ la citazione finale è
Fabrizio de André; il Testamento. (che da il titolo anche alla fan fiction)
Alla prossima~
radioactive,