Fanfic su artisti musicali > Bruno Mars
Segui la storia  |       
Autore: HooliganStory    29/11/2013    2 recensioni
"Viviamo in una giungla, Destiny. In questa giungla ci sono prede e predatori e, ti dirò, se non impari a cacciare, rimarrai per sempre una preda. Ma in questo caso, solo in questo caso, ti assicuro che saper cacciare non ti basterà. Sei nella giungla, nella mia giungla. E in questa giungla non puoi fuggire."
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 I primi tempi dopo la partenza di Peter furono problematici per entrambi. Destiny si richiuse in se stessa, non parlò più nemmeno con Ginny, infatti si persero dopo poco tempo. Lei ormai faceva parte del gruppo di Ryan, aveva nuove amiche ed una nuova vita da vivere al meglio, nonostante spesso le mancasse quell'amica che per lei ci era sempre stata.

Lei, intanto, ogni giorno cercava di parlare con Peter, che si trattasse di una telefonata di pochi minuti o di un'intera seduta in webcam a guardarsi e parlare del più e del meno, non poteva fare a meno di sentire la sua voce almeno una volta a settimana.
Shane era sparito dalla scena dopo aver trovato un altro agnellino da poter cacciare, non parlavano nemmeno più e fingevano di non conoscersi anche quando passavano dallo stesso corridoio.

I genitori di Destiny erano preoccupati per lei, ma non eccessivamente: era sempre stata una ragazza chiusa, che preferiva rimanere a casa piuttosto che andare a divertirsi e che amava leggere nella sua stanza in totale tranquillità.

Ma Destiny non era più quella di prima.
Non del tutto.

Amava fare le stesse cose, ma l'unica sua svolta vitale che la stava rendendo migliore non c'era più.

Aveva fiumi di parole dentro che premevano per uscire, ma non trovava nessuno da farci affogare e riemergere con altrettanti fiumi di risposte.

Desiderava con tutto il cuore di poter essere in grado di correre verso l'aereoporto e prendere il primo aereo per Los Angeles, lasciandosi tutto e tutti alle spalle in modo da poter rivedere la sua felicità.
E così, ogni notte piangeva abbracciata al suo cuscino, immaginando il proprio soffitto come la parete puntata da un proiettore con tutte le loro immagini ed un ipotetico ritorno di lui.
Lo vedeva avvicinarsi a lei come la prima volta, come quando lei seduta sulla panchina lo vide con le mani in tasca sotto le luci dei lampioni. Ma adesso lo vedeva sorridente, pronto ad accoglierla fra le braccia e sentirsi dire da lei
"Visto? Te l'avevo detto che non era un addio!".

Così con gli occhi appannati dalle lacrime continuava a vedere riflessa sull'intonaco quella scena della durata di un battito di ciglia. Infatti proprio dopo uno di essi, tutto si dissolveva come in un sogno e tutto ciò che le rimaneva di fronte agli occhi era un soffitto troppo scialbo, troppo banale, che le impediva di osservare il cielo che probabilmente anche lui in quel momento stava osservando, magari dicendo alla luna quanto lei gli mancasse.

Perché, infatti, lui era ossessionato dalla sua mancanza. Peter, dopo le prime settimane già pensava di tornare a casa.
Lei gli mancava troppo, la vedeva negli occhi di ogni passante, nel viso di ogni ragazza, la vedeva insieme a lui mano nella mano nelle coppie felici che gli passavano davanti mentre camminava.

E nonostante ciò lo ispirasse a comporre canzoni, poiché l'unico modo che aveva per sfogarsi era impugnare la chitarra e cominciare a cantare, non riusciva a sopportare una mancanza del genere. Desiderava vederla arrivare proprio di fronte alla porta della stanza del suo Bed & Breakfast, circondata dalle sue valigie e vederla mentre con il suo solito sorriso da bambina spalancava le braccia facendogli una sorpresa.
Poi tornava in se e diveniva malinconico al pensiero che non l'avrebbe rivista per un bel po'.
Ad aggravare la sua situazione fu la perdita di denaro che subì mentre cercava di tirare avanti durante l'alloggio, gli rimanevano solo duecento dollari e non sapeva come avrebbe fatto a pagare un'altra notte in quell'edificio.

La fine.

Finché un giorno non avvenne una svolta, la sua vita cominciò a prendere la giusta strada.


"Hey amico, sono Peter Hernandez."
"Hey bro, piacere di conoscerti, Philip Lawrence."
 


7 anni dopo..


Persero i contatti, Peter riuscì a realizzare il suo sogno grazie ad un duetto con un ragazzo, Travie McCoy, ma doveva ancora sfondare del tutto e per questo stava scrivendo il suo primo singolo "Just The Way You Are" ed ormai era conosciuto come Bruno.
Destiny si diplomò con quasi il massimo dei voti, rimase ad Honolulu fino ai ventidue anni per poi incontrare Markus, un meraviglioso ragazzo dai capelli castani e dagli occhi dolci e perdutamente innamorati del viso della ragazza. Si conobbero durante un periodo di tirocinio di lei come psicologa, quando si presentò in uno degli ospedali di Honolulu per occuparsi di una bambina che usava litigare troppo spesso con i genitori.
Lui era uno degli infermieri che si occupavano di accompagnare il primario del reparto di psichiatria ovunque, così durante le pause pranzo cominciarono a parlare e a stringere amicizia.
Lui era particolarmente affascinato dalla cascata di capelli neri di lei, lisci all'inizio per poi snordarsi in milioni di boccoli morbidi come seta e soprattutto dal suo carattere così sereno nonostante i suoi occhi raccontassero tutt'altra storia. Lei non fu di certo meno colpita dal modo del ragazzo di saperla far ridere, ma nella sua testa ancora un pensiero riusciva a prendere a gomitate gli altri. Peter, Bruno o come preferiva farsi chiamare lui. Il primo amore, la prima persona di cui riuscì a fidarsi e che non la deluse.
Le capitava ancora di pensarci e non è che stesse male. Le prendeva un nodo alla gola, gli occhi le si riempivano di pianto, la mente si affollava di troppi ricordi da poter far convivere nello stesso momento ed aveva bisogno di uscire dalla stanza in cui si trovava con qualche scusa. Pensandoci bene, non è che stesse male, si sentiva proprio morire.
Nonostante ciò, si trasferì insieme a lui a LA successivamente alla pubblicazione del suo libro.

La sua voglia di chiamare Bruno e dirgli di essere lì e di volerlo vedere la stava divorando, ma lui, a causa del successo, fu costretto a cambiare nome, a tagliare i rapporti con la maggior parte delle persone del passato. Non fu in grado di dargli il suo indirizzo prima di cambiare tutto ciò, non fu in grado di salutarla definitivamente.

E per questo ogni giorno si dannava, anche se anche lui aveva provveduto a crearsi nuovamente una vita.

Chanel Malvar, ballerina, una bellissima ragazza con cui ormai intraprendeva una relazione da circa due anni.
Comunque la prima persona che gli passava per la mente sentendo la parola "amore" era lei, era inevitabile che lo fosse.
Ed ancora oggi si chiedeva come stesse, dove fosse, con chi fosse.
Ed ancora oggi una piccola fitta allo stomaco lo assaliva se la pensava insieme a qualcun altro.

Ma era la vita, l'avevano scelta entrambi ed ora dovevano scegliere se rimpiangere o vivere al meglio il destino che si erano creati con le loro stesse mani.
Ma si sa, per quanto avessero potuto scegliere, forse, il destino avrebbe comunque fatto come voleva lui.


*****

-"Markus per favore non stressarmi! Si sto andando allo studio... No stasera per cena non torno, ordina al takeaway!"

Destiny con delle cartelle sotto braccio si dirigeva verso l'edificio dove si situava il suo studio, tenendo il cellulare tra la spalla e l'orecchio e cercando di non inciampare sui tacchi a spillo che quel giorno aveva deciso di indossare.
Chiuse la comunicazione con il ragazzo, posando il cellulare nella borsetta che fece fatica ad aprire, a causa delle cartelle.
Cercando di schivare le persone, diverse volte si ritrovò a doversi chinare per raccogliere i fogli che le cadevano e quindi a far inciampare un povero malcapitato.

Arrivò di fronte ad un edificio da poco costruito, abbastanza anonimo, fornito di mattoni rossi come quelli dei fumetti, di poche finestre e di un'aria stranamente fredda e cupa da ciò che si poteva osservare dalle finestre.
Nessun rumore per quanto riguardasse uffici ed ogni sorta di altro impiego statale, probabilmente le stanze erano insonorizzate. Beh, sicuramente si trattava di uno studio di registrazione, considerando che Los Angeles era un covo di personaggi famosi nel mondo della musica. D'un tratto, vicino al portone di quest'ultimo, si fermò un'auto nera dai vetri oscurati.
Lei non ci fece caso, se non per sporgersi un po' e guardare chi ci fosse dentro, così, tanto per gossip. Sgranò gli occhi notando scendere Ryan da quell'auto. Non era cambiato, era solo diventato più alto e muscoloso di quanto lo fosse prima, i capelli più lunghi ed i soliti occhiali da sole sul naso.


-"Ryan!"

Urlò, sorridendo. Lui si voltò, guardandola ed alzando gli occhi, abbozzando un enorme sorriso ed avvicinandosi a lei a braccia aperte.

-"Moore! Ma che ci fai qui?!"- Disse, caloroso, stampandole un bacio in guancia ed aiutandola con le cartelle.
-"Eeeh, il lavoro, il ragazzo, nuova vita ahah Tu?"
-"Capisco ahah come, non lo sai? Sono il manager di Bruno..ehm, cioè, Peter!"

Destiny divenne seria, accennando solo ad un sorrisetto senza nemmeno mostrare i denti e dimostrandosi poco interessata.
Ryan piegò il capo, sorridendo in maniera sarcastica e dandole un colpetto sulla spalla, chiedendole cosa ci fosse che non andasse. Lei rispose che andava tutto bene e che stava soltanto per un minuto pensando al lavoro che avrebbe dovuto svolgere, cercando di dileguarsi e correre in studio.


Ryan però la fermò da un braccio, dicendole di seguirlo e salutare Bruno, che ormai non vedeva più da tempo. In un primo momento lei si rifiutò, poi giustificò il rifiuto dicendo che si sarebbe sentita in colpa per averlo interrotto durante il suo lavoro e alla fine fu costretta dalla eccessiva gentilezza del ragazzo a dire di si.
Lo seguì continuando a parlare del più e del meno.
Lui confessò di aver chiuso con Ginny anni prima e di aver completamente perso i contatti con lei, anche se gli sarebbe piaciuto rivederla e magari riprovare a stringere amicizia.

Di conseguenza invece la ragazza esordì dicendo che proprio da quando cambiò gruppo di amici lei passò in secondo posto, se non in terzo o quarto e quindi fu completamente oscurata, mandando a puttane l'amicizia.
Fu così presa dalla discussione da non accorgersi di essere arrivata insieme a lui di fronte ad una porta con su scritto "Mars".  Prese un forte respiro, mentre Ryan si accingeva a girare il pomello di essa.
Si aprì, lasciando intravedere due ragazzi di profilo, uno seduto ed uno in piedi.

Uno indossava un cappello che copriva i suoi ricci, una canottiera nera ed era di fronte ad una tastiera.

L'altro, steso sul divano, indossava un cappellino rosso, degli enormi occhiali dalla montatura nera e si accingeva a picchiettare i tasti del computer.
Destiny riconobbe subito il suo vecchio amico.


I due si voltarono, assumendo un'espressione perplessa.

-"Bro, guarda chi ho trovato qui sotto!"

Disse Ryan, incrociando le braccia e sorridendo.
Peter per un secondo di sforzò di capire, poi spalancò gli occhi, sorridendo come mai aveva fatto dall'ultima volta che l'aveva vista. L'altro, invece, continuava ad apparire abbastanza perplesso, considerando che non avesse idea di chi lei fosse.
Bruno le si avvicinò, continuando a sorridere e rimanendo in silenzio, notando Ryan che si allontanava da loro e si andava a sedere accanto al ragazzo sul divano, che sottovoce chiedeva chi lei fosse.
Riconosceva negli occhi dell'amico un qualcosa che fin'ora solo poche volte aveva visto, simile a quando guardava Chanel, ma molto più accentuato.
Si abbracciarono, lasciando le labbra di lei a pochi centimetri dall'orecchio di lui.


"Te lo avevo detto che non era un addio."


 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bruno Mars / Vai alla pagina dell'autore: HooliganStory