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Autore: dragon_queen    30/11/2013    2 recensioni
"Feci viaggiare lo sguardo per il cielo scuro, sul quale spiccavano tante e infinite stelle. Conoscevo l'astronomia, il vecchio Einar me l'aveva insegnata. Fissando quindi la posizione degli astri, riuscivo ad intuire il nome del pianeta sul quale in quel momento mi trovavo, a quel punto più che sicura che non fosse il mio: Midgard.
D'improvviso delle luci in lontananza, segno che gli abitanti di quel mondo non avevano tardato ad accorgersi del mio arrivo. Che avrei dovuto fare?
Combattere e proteggermi o arrendermi e aspettare di scoprire il mio destino?"
* * * * * * *
Rebekka è una ragazza combattiva, ma che, coinvolta in un'avventura più grande di lei, incontrerà qualcuno che la farà capitolare. Non ha ricordi del suo passato, ma sa che nasconde qualcosa di importante. E se poi infiliamo anche una strana convivenza con alcuni dei nostri Vendicatori e il dio degli inganni, allora sarà tutta da ridere. E Loki troverà finalmente qualcuno che saprà guardare al di là delle sue malefatte?
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La prima parte della storia sarà attinente al film, mentre la seconda tutta di mia invenzione.
Spero di vedere qualche recensione, positiva o negativa :3 :3
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ero riuscita bene o male a mantenere la mia promessa: non avevo rivisto nessuno dei miei compagni dopo quella volta. Ad eccezione di Bruce, si intende, dato che con lui dovevo preparare quel dannato marchingegno per cercare di respingere chiunque fosse colui che ci minacciava.

Avevo tentato più di una volta di indagare sull'identità del Titano, trascinandomi mal volentieri nella stanza dove ancora stava coricato il mio vecchio maestro, ma quello, come al solito, mi aveva dato risposte incomplete e per nulla soddisfacenti.

Avrei provato ad andare da Loki, fargli gli occhi dolci e sperare che gli si sciogliesse la lingua, ma lui era ripartito assieme a Tony, cosa che mi aveva non poco colto di sorpresa. Tutto avrei pensato tranne che tornasse in quell'attico, tra quelle quattro mura, di nuovo in trappola. O forse avevo solo immaginato che avrebbe preferito trascorrere con me quel mese piuttosto che con Stark.

Invece, quando era giunto il momento, lui mi aveva guardato, privo di qualunque emozione, o meglio, il suo sguardo mostrava vero e proprio rimprovero, e mi aveva dato le spalle, incamminandosi verso il velivolo che avrebbe ricondotto tutti gli Avengers a terra, lontano da me.

Solo dopo un paio di settimane di assoluta solitudine, in meditazione in quella stanza asettica e vuota, affiancata solo da quello stupido cubo luminoso, cominciavo seriamente a sentire la mancanza di tutti.

-Rebekka, i parametri non sono stabili. Ti stai concentrando?- chiese la voce del dottor Banner attraverso l'altoparlante della stanza.

A quelle parole il cubo ebbe un picco, uno sbalzo di energia dovuto al mio nervosismo riguardo quella continua domanda.

-Dottore, se continua a chiedermelo...-

Lasciai di proposito la frase incompleta, in modo da permettere allo scienziato spazio di immaginazione.

-Hai ragione, scusa. Direi che per oggi abbiamo terminato. Puoi andare-

Il bagliore del cubo si attenuò di poco quando io aprii gli occhi e mi alzai dalla mia posizione di meditazione, scrocchiando il collo e la schiena. Stare delle ore in quel modo non giovava certo alle articolazione. In quelle settimane, la mia mente era riuscita raramente ad entrare in contatto con il Tesseract e quei lenti progressi mi stavano facendo temere di non farcela prima dello scadere del tempo.

-Doc, notizie degli altri?- chiesi, quando feci il mio ingresso nel laboratorio.

-Ho appena aggiornato Stark sugli sviluppi. Senza che glielo chiedessi mi ha fatto sapere che Thor non si è più visto da quando se ne sono andati dall'Eliveivolo, secondo lui fuggito per recuperare il tempo perduto con la dottoressa Foster, mentre Loki è rimasto chiuso nella sua stanza. Se non simulavo un malfunzionamento nei collegamenti video, probabilmente mi avrebbe trattenuto sino a domani-

-Forse si sente solo- sorrisi io.

-E tu Rebekka? Come ti senti?-

Quella domanda mi spiazzò, in quanto non avrei saputo realmente cosa rispondere. Non avevo mai parlato con nessuno dei miei stati d'animo e l'unico che riusciva a capirmi con un'occhiata in quel momento era pressocchè irraggiungibile.

Fissai per un attimo gli occhi scuri del dottore, sospirando.

-Ho paura Doc- risposi di getto, scostandomi dal tavolino al quale mi ero appoggiata e muovendo qualche passo all'interno della stanza.

L'uomo, dal canto suo, aveva scostato un poco la sedia dalla postazione informatica e mi stava guardando attento e il suo sguardo era un chiaro invito a proseguire.

-Ho paura di non farcela stavolta- dissi di nuovo, fermandomi.

-I tuoi progressi sono notevoli. Non hai niente da temere-

-Non è per quello. È come una sensazione nello stomaco, che mi sale sino alla gola quasi a farmi soffocare. Vorrei solo aprire gli occhi e credere che tutto quello che mi sta succedendo è unicamente un incubo. Il destino di tutti è sulle mie spalle-

-Sono sicuro che ce la farai, Rebekka. Devi solo trovare il modo di far cessare quella sensazione, la condizione che ti consenta di raggiungere la tranquillità-

-Sembra quasi che tu sappia di cosa stai parlando, Doc- sorrisi appena, passandomi una mano tra i capelli.

-Stai parlando con uno che condivide il corpo con un mostro verde eternamente incazzato- cercò di sdrammatizzare Banner.

Mi arresi all'evidenza e cercai di seguire il suo consiglio.

-Vado a farmi una doccia- dissi e me ne andai, ringraziando internamente l'uomo per le sue parole.

 

Loki se ne stava steso sul letto, una mano adagiata sull'addome e una dietro la testa. Fissava il soffitto da quella mattina, la mente colma di pensieri, la maggior parte dei quali riportavano a lei.

Aveva paura Loki, per la prima volta in vita sua. Paura di perderla, di non poter fare niente per salvarla, per risparmiarle quel destino.

Dentro di sé avvertiva come una sensazione, qualcosa che non lo faceva stare tranquillo. Era come se sapesse che qualcosa sarebbe andato storto.

-Per Odino, se solo avessi di nuovo le mie arti- sospirò chiudendo per un attimo gli occhi.

La vide, bella come quella mattina in cui si erano svegliati una a fianco all'altro, lei che timidamente si nascondeva ai suoi occhi. Gli parve quasi di poter allungare una mano e carezzarle la pelle chiara, morbida e liscia. Poter passare le dita tra i suoi capelli rossi come fuoco, annusarne il dolce profumo.

Poi, d'un tratto, la visione ne fu sostituita da un'altra, al contrario decisamente poco gradevole.

-Cosa ci fai qui?- chiese Loki, rivolto alla figura del padre degli dei, in piedi di fronte a lui.

-Pensavo avessi bisogno di me- rispose quello.

-Hai pensato male, Odino. A meno che tu non sia venuto a restituirmi i poteri, cosa che credo non sia nelle tue intenzioni, puoi anche andartene-

-Loki, nonostante tu ti impegni a pensare che io non sia tuo padre, riesco a sentire quando uno dei miei figli è preoccupato e tu lo sei, molto. Si tratta della figlia di Alfheimr, non è vero?-

-Non credo siano cose che ti riguardano-

-La minaccia del Titano non è solo per Midgard. Se riuscirà ad entrare in possesso della chiave, allora per i nove mondi non ci saranno speranze-

-Quindi sei qui solo per il tuo interesse-

Odino abbassò lo sguardo, sospirando e scuotendo il capo, rassegnato alla cocciutaggine del figlio.

-Tu vuoi salvarla, non è vero?-

-Certo che lo voglio, ma sono inutile senza la mia magia. Quindi cosa siete venuto a fare se non volete restituirmela?-

-Sta solo a te decidere quando la tua punizione avrà fine, Loki. Se non ci riuscirai in tempo, però, la perderai- e detto ciò la visione svanì.

Lui riaprì semplicemente gli occhi, tornando a fissare il soffitto.

 

Lasciai che l'acqua della doccia scorresse sul mio corpo senza freni. Sentivo la sensazione delle goccie che percorrevano la mia pelle, accarezzandola e solcandone i confini, immaginando per un attimo che fossero le dita di Loki a farlo. Arrossii al pensiero, ma dovetti ammettere a me stessa che il contatto tra i nostri corpi quella notte che ormai mi sembrava orrendamente lontana, mi aveva fatto dimenticare ogni cosa, ogni preoccupazione, ogni problema.

Sentivo la sua mancanza quasi come l'aria per respirare, tanto che per un attimo mi parve davvero di stare per soffocare. Poggiandomi alla parete della doccia, iniziai a respirare affannosamente, come se qualcosa mi stesse chiudendo la gola, come se una mano invisibile stesse cercando di soffocarmi.

-Non sfidarmi donna-

Una voce nella mia testa mi fece spalancare gli occhi per i terrore, prima che un tenue bagliore proveniente dai marchi sui miei polsi facesse sparire quella stretta.

La mia energia mi aveva salvato per la seconda volta, ma lui poteva raggiungermi, adesso lo sapevo. Avrebbe potuto uccidermi in qualunque momento, anche se sapevo per certo che gli sarei servita più da viva che da morta.

Con mano tremante chiusi il getto d'acqua e con passo malfermo uscii dalla cabina della doccia, afferrando un asciugamano e coprendo il mio corpo.

Mi sedetti sul letto, la testa tra le mani, ogni parte di me che tremava per la paura.

Non avrei potuto raccontare niente, altrimenti gli altri si sarebbero preoccupati di qualcosa che non potevano certo risolvere. Per Odino, quanto avrei voluto Loki lì in quel momento.

Con questo pensiero mi stesi lentamente sul letto, chiudendo gli occhi e rannicchiandomi come una bambina.

Fu un sonno agitato e per nulla ristoratore, tanto che i miei occhi si riaprirono che la sveglia segnava appena le sei del mattino. Senza sapere come, mi ritrovai sotto le coperte, i capelli lasciati umidi che avevano raffrescato il tessuto del cuscino, l'asciugamano ancora stretto addosso. Rabbrividii.

Dato che di dormire ormai non se ne parlava proprio, decisi che sarei andata nella stanza del Tesseract per allenarmi. Meglio sfruttare tutto il tempo a disposizione.

La paura della sera prima aveva lentamente lasciato spazio alla determinazione. Non avrei permesso a nessuno di fare di me quello che voleva, tanto meno ad un nemico senza volto.

Così, vestita e pettinata, mi diressi verso il laboratorio.

Come mi aspettavo, Banner era già là. Chissà se aveva dormito.

-Giorno Doc- dissi con un rapido cenno della mano.

Ero passata alla zona ristoro prima di andare, recuperando due tazze di bollente caffè nero e una la porsi all'uomo, il quale la accettò assai volentieri.

-Buongiorno Rebekka. Non riesci a dormire?- mi chiese, trattenendo uno sbadiglio e stirando il braccio dove portava l'orologio.

-Purtroppo no, anche se mi pare di non essere l'unica. Va bene se cominciamo un po' prima oggi?-

-Nessun problema. Vai pure a prendere posizione-

Scesi nella stanza asettica, della quale ormai conoscevo ogni angolo e mattonella, ogni odore, ogni rumore, al centro della quale, su di un piedistallo capace di contenerne il potenziale, stava il cubo. Quando entrai, stranamente si illuminò per un attimo.

Non ci feci caso, assumendo la mia solita posizione a pochi metri di distanza. Chiusi gli occhi, raccogliendo le mani in grembo. Lasciai andare la testa in avanti, rilassai la schiena.

Come ogni volta, dopo pochi secondi, nel buio della mia mente cominciarono a formarsi tante e numerose pagliuzze blu, sempre più intense, sempre di più. Quello era il segno che il mio cervello stava entrando in sintonia con il Tesseract.

Dovevo però andare oltre. Mi concentrai, sforzando il mio corpo e la mia energia. All'inizio non accadde niente, le sfere continuavano a brillare fiocamente davanti a me. D'improvviso però presero a muoversi, sfrecciando veloci attorno a me, sempre di più, fino a formare una sorta di tunnel. Più quelle si muovevano, più io sentivo il mio corpo strano. Dinnanzi ai miei occhi presero a passare immagini, algoritmi, volti sfuocati, ricordi di antiche battaglie. Tutto quello che il Tesseract conteneva, tutta la sua memoria, si stava a poco a poco riversando dentro di me. Ma era tanta, troppa, non riuscivo quasi a sopportare quell'intrusione.

D'improvviso fu come se un fulmine mi attraversasse il cervello, pietrificandomi. Sentii la testa scattarmi verso l'alto, un dolore lancinante al centro della fronte, come uno spillone che mi perforava il cranio. Pensai di aver urlato, ma ormai non sapevo più cosa era reale e cosa mi stavo immaginando, cosa il cubo mi stava trasmettendo.

Poi, quando riaprii gli occhi, mi ritrovai contro la parete, come se una forza sconosciuto mi avesse sbalzato via. Mi fissai le mani, dato che i marchi sui polsi mi dolevano, e notai tutto il mio corpo rilucere di un bagliore intenso, come quello che mi aveva colto quando avevo discusso con il vecchio Einar. Solo che quella volta non riuscivo a spegnerlo.

Spaventata, sorda anche ai richiami di Banner, mi alzai di scatto, fuggendo dalla stanza come una furia. Attraversai veloce l'Eliveivolo, sotto gli sguardi stupiti e anche spaventati di tutti coloro che incrociavo, e raggiunsi la mia cabina, chiudendomi la porta alle spalle e ordinando che non potesse aprirsi se non sotto mia richiesta.

Mi fiondai in bagno. Davanti allo specchio notai il bagliore spegnersi a poco a poco, ma lasciare il posto a qualcosa di più sconvolgente: notai i miei capelli di un rosso ancora più chiaro, come se si stessero scolorendo; i tratti del mio volto parevano in qualche modo diversi, leggermente più affilati, mentre i miei occhi sembravano quasi bianchi. Poi, scostando un poco un ciuffo di capelli, notai le mie orecchie, le quali si erano decisamente allungate, assumendo una forma a punta, proprio come quella di un elfo.

Inorridii a quella visione, cominciai a piangere, mentre con passo lento arretravo. Quando le mie gambe incontrarono il bordo del letto mi ci lascia cadere sopra, nascondendomi lentamente sotto le coperte, testa compresa.

Adesso la paura era tornata. Vedere il mio corpo mutare non aveva di certo giovato, anche se sapevo che quella volta avevo raggiunto un punto di sintonia che non sarei più riuscita a ripetere.

 

-Che significa che non esce dalla sua stanza?- chiese Tony alle spalle di Banner.

-Quello che ho detto Stark. È due giorni che proviamo in tutti i modi di aprire la sua porta, anche solo per farla mangiare, ma da quando c'è stata quella sintonia del 90% dell'altro giorno, non si è più avvicinata al Tesseract. Non so cosa le sia successo-

Bruce Banner, preoccupato per la mancanza di Rebekka dal suo quotidiano addestramento, aveva abbandonato il laboratorio e si era diretto verso la sua cabina. Aveva bussato più e più volta, gridando il suo nome, ma nessuno gli aveva risposto. Preoccupato, era tornato al laboratorio e aveva provato a contattare la ragazza tramite la postazione computerizzata della sua stanza, ma ancora niente.

Così era accaduto anche il giorno dopo e quello dopo ancora. Alla fine aveva dovuto chiedere aiuto e l'unico che probabilmente avrebbe potuto aiutarlo era Tony. Così il multimiliardario, appurata la notizia, si era precipitato all'Eliveivolo e aveva cominciato ad urlare come un invasato.

Banner aveva poi notato che l'amico non era venuto da solo, ma gli era parso di aver intravisto una figura nell'ombra, il quale era evaporata poco dopo il loro arrivo.

Inconsapevolmente un sorriso gli era sorto sulle labbra.

 

Erano due giorni che non ricevevo nessuno, che me ne stavo chiuso nella mia cabina, al buio, nascosta sotto le coperte, portando ogni tanto le dita alle mie orecchie o al mio viso, quasi sperassi che quelle mutazioni fossero sparite. Invece erano là, probabilmente ancora più accentuate.

Avevo pianto, tanto e inconsapevolmente, e ormai avevo esaurito quasi tutte le lacrime. Avevo anche sentito i vani tentativi di Banner di appurarsi delle mie condizioni, ma non avevo avuto il coraggio di farmi vedere da lui né da nessun altro.

D'un tratto qualcuno bussò alla porta. Non risposi.

-Becky, apri immediatamente questa porta-

Il cuore perse un battito quando sentii quella voce, il respiro mi accellerò per un attimo. Aprii la bocca, ma le parole non mi uscirono.

-Ho dovuto sorbirmi un viaggio da solo con Stark preoccupato per te, quindi lontanamente puoi immaginare di quanto sia stato insopportabile. Quindi adesso apri questa porta e mi mostri cosa nascondi, in modo che possa riderti in faccia-

Sorrisi appena, era il solito Loki di sempre, irriverente, strafottente, celatamente gentile.

Scostai le coperte e mi alzai con passo malfermo, avvicinandomi alla porta e digitando il codice di sbloccaggio. Prima che quella si fosse aperta del tutto, io avevo già voltato le spalle all'ingresso e mi ero nuovamente diretta sul letto.

-Dunque? Cosa succede?-

Non risposi, stendendomi e riportandomi le coperte a coprirmi fin sopra la testa. Sentii la porta chiudersi, i suoi passi avvicinarsi al letto e il suo peso farsi vicino a me.

-Stiamo passando la fase “sono depressa perchè non riuscirò mai a salvare il mondo”?-

Non risposi.

-Quindi non ti interessa che io mi sia fatto quasi due ore di viaggio solo perchè ero preoccupato per una stupida bambina? Almeno scopriti la testa quando ti parlo-

Sentii la presa sulle coperte, come tentasse di portarmele via, e allora dissi:

-Loki, non voglio tu mi veda così-

-Così come, piccola Rebekka?-

-Sono un mostro- risposi in un sospiro, rannicchiandomi ancora di più su me stessa.

Stavolta lui non disse niente, tanto che temetti che si sarebbe alzato e se ne fosse andato. Invece avvertii un altro tentativo di scoprirmi e stavolta non lo fermai. Sentii il tessuto delle coperte che mi scivolava dalle dita, sui capelli, sul viso cambiato, sulle orecchie orrendamente a punta. Solo allora notai, attraverso dei ciuffi che mi erano caduti sul viso, che i capelli si stavano schiarendo ancora di più.

Nessuno dei due fiatò, sino a quando una presa su di una spalla non mi costrinse a voltarmi, trovandomi, dopo tanto tempo, a fissare quegli occhi così belli.

-Visto? Sono un mostro- risposi, sentendomi arrossire nonostante tutto.

Cercai di fuggire al suo sguardo, ma lui mi bloccò il viso con una mano, annullando la distanza tra di noi e catturandomi le labbra in un bacio che aveva il sapore della disperazione, della mancanza, della paura. Avvertii le labbra venirmi divorate con brutalità, ma che aveva una nota passionale insita in sé, come un assetato che assaggia l'acqua dopo giorni nel deserto.

Mi lasciai catturare da quel gesto, in quanto mi era terribilmente mancato. Il suo profumo, il suo respiro, il suo calore. Tutto di lui. Ormai non riuscivo più a farne a meno.

Quando si allontanò, Loki semplicemente pronunciò due parole che mi fecero rabbrividire:

-Sei bellissima-

  
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