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Autore: Autumn__Leaves    30/11/2013    6 recensioni
«Mi stai invitando ad uscire?» Mi aveva chiesto lui, con un moto di derisione. Io avevo balbettato frasi sconnesse, sfuggendo ai suoi bellissimi occhi. Ero imbarazzata, perché non eravamo soli e lui ripeteva ogni cosa che dicevo, a voce alta. Non capivo bene se mi stesse prendendo in giro o se fosse solo incredulo. Beh, tanto incredulo non doveva esserlo. Non facevo altro che guardarlo e spiarlo, durante le ore di lezione. Anche una mucca si sarebbe accorta che avevo una cotta stratosferica per lui. Così annuì, alzando finalmente gli occhi e puntandoli su di lui. Ormai non avevo nulla da perdere, dovevo solo aspettare una risposta. Sulla faccia di Edward si formò un sorriso cattivo, prima di scoppiare a ridere davanti e con tutti. I miei occhi si dilatarono e riempirono di lacrime allo stesso tempo. Si, mi stava prendendo in giro. Chiusi gli occhi e respirai profondamente, mentre le risate aumentavano e tutti mi indicavano.
[…]
«Ti prego..» Un sussurro, appena udibile, ma che rimbombò dentro le mie orecchie, come fosse stato urlato. Lui non mi avrebbe mai amato ma io si, per sempre.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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The Error


Ero comodamente sdraiato sul divano, mentre facevo zapping fra i canali. Ero stanco, dopo il viaggio in macchina. Poi Alice non sembrava neanche particolarmente felice di vedermi e questo un po' mi dispiaceva. Forse, però, Alice stava covando qualcosa. Magari si vedeva con qualcuno e io le avevo distrutto la serata o qualcosa del genere. Spensi la televisione, proprio mentre il telefono di Alice incominciava a vibrare. Era sopra il tavolino davanti alla tv e.. Se avessi risposto?

Infondo.. Cosa c'era di male nel rispondere al telefono della propria sorellina? Poi, se fosse stato proprio il ragazzo che frequentava a rispondere, cavoli suoi. Di certo non era colpa mia. Io avevo solo risposto al suo cellulare, visto che squillava a vuoto. Così lo afferrai, esaminando quell'aggeggio ultra moderno. Ovviamente mia sorella doveva avere anche l'ultima marca di telefono appena uscita, per essere alla moda. Non controllai neanche la schermata, non interessato a sapere il nome della persona che stava frequentando. Desideravo sapere: lavoro, dove abitava, status sociale, numero di ex fidanzate, squadra per cui tifava e se aveva una casa col giardino. Poi, in caso, sarei stato interessato a sapere anche il nome, se il soggetto in questione fosse stato all'altezza.

Non feci neanche in tempo a dire 'Pronto' che qualcuno cominciò a parlare a raffica. «Ehi, Alice! Sono Bella..» Bella? Quella Bella? Perché chiamava Alice? Ero sicuro che se ne fosse andata, tagliando i ponti con tutti – compreso il sottoscritto. «Jonathan chiedeva di te e quindi volevo invitarti a casa mia..» Bella – quella Bella – smise di parlare, aspettando una risposta da me (cioè Alice). Che dovevo risponderle? Di si? Ma avrebbe sicuramente capito che ero io. E poi chi era Jonathan? L'amante di mia sorella? Ma che c'entrava Bella? «Okay tesoro – tossì cercando di non farmi riconoscere – sto arrivando..» Riattaccai il telefono, sentendomi un completo cretino. Non sapevo neanche dove abitasse Bella. Mi guardai in giro, cercai da per tutto. Poi trovai un post-it attaccato al frigo. C'erano scritti quattro indirizzi, con indicato a chi appartenesse l'abitazione. Bella era una tra queste.


***


Non avevo più sentito Alice da quella strana telefonata. Eravamo amiche da tanto, e io sarei per sempre rimasta debitrice nei suoi confronti. L'avevo messa davvero in una scomoda situazione e questo mi dispiaceva, visto che lei era una delle persone a cui volevo più bene.

Oggi l'avrei chiamata per chiederle se le andava di venire a casa mia, visto che Jonathan non faceva altro che lamentarsi delle mancanza della sua zietta.


Avevo messo a riscaldare il the, sapendo che Alice lo amava. Jonathan si era appena addormentato e quando si sarebbe svegliato lo aspettava una sorpresa, che a lui sarebbe sicuramente piaciuta tantissimo. Composi il numero sul cordless, aspettando una risposta. Al terzo squillo il telefono di Alice rispose. «Ehi, Alice! Sono Bella..» Non lasciai neanche parlare Alice, mentre le chiedevo di venire a casa, perché Jonathan voleva vederla. Dall'altra parte del telefono ci fu un gran silenzio, e mi chiesi se avevo sbagliato numero. Poi Alice mi rispose affermativamente, tossendo. Sicuramente si era ammalata, visto che odiava indossare le sciarpe.


Avevo appena finito di versare il the nelle tazzine, quando suonò il citofono. Jonathan, seduto incollo a me, si alzò di scatto. Sapendo che era Alice alla porta facevo rispondere lui, visto che gli piaceva un sacco. Poi, mentre rimettevo le bustine da the nella credenza, mi ricordai del mio articolo. La Taylor mi aveva avvisato che se non glielo avessi inviato oggi, visto il mio ritardo, mi avrebbe licenziato. Non potevo, assolutamente, perdere quel lavoro. Così corsi in camera, a scrivere l'articolo, sapendo che Jonathan era in buone mani.


Era passata una mezz'oretta, da quando mi ero chiusa in camera per scrivere. Sentivo Jonathan ridacchiare, dalla sua cameretta. Alice stava sicuramente facendo qualche faccia buffa, per farlo ridere.

Il cellulare, che era nella borsa, squillò. Era Alice. Risposi subito, sapendo che mi stava facendo uno dei soliti scherzi con Jonathan.

«Pronto?» Risposi ridacchiando, immaginandomi chissà cosa mi avrebbero detto.

«Bella?» Alice mi rispose, abbastanza terrorizzata.

«Si?» Chiesi io, non capendo perché mi stesse chiamando. Evidentemente a Jonathan non andava di fare scherzi telefonici.

«Ehm.. Ti devo dire una cosa che.. Non potrebbe piacerti.. Per nulla..» Alice parlava piano, lentamente. Dal tono della voce sembrava abbastanza.. Terrorizzata? Ma di che?

Sospirai, prima di rispondere. Forse Alice si era inventata un nuovo scherzo telefonico.

«Dimmi..» Intanto spegnevo il computer, avendo già finito ed inviato tutto alla Taylor.

Alice si schiarì la gola, prima di parlare.

«Ehm.. Credo che oggi Edward abbia risposto a una chiamata che era per me.. Da parte tua.. Insomma, lui credeva che io uscissi con un ragazzo e voleva sapere chi era.. Invece eri tu e.. Credo che adesso Edward sia in casa tua, con Jonathan..» Avevo perso il filo del discorso alla parola “Edward”. Poi.. Tutte le parole rimbombarono nella mia testa.

Edward. In. Casa. Mia. Con. Jonathan. La mia mente non faceva altro che ripetere quelle parole..

Buttai il telefono per terra, velocemente. Uscì di corsa dalla camera, cercando Jonathan. Speravo che quello che mi aveva detto Alice fosse solo uno scherzo ma.. Non lo era.

Edward stava tranquillamente giocando con Jonathan, nella sua cameretta.



Che dovevo fare, a quel punto? Dovevo entrare.. Ma con quale coraggio? Ero rimasta per circa dieci minuti immobile, davanti alla camera di mio figlio. Edward non si era minimamente accorto della mia presenza, mentre continuava a guardare il nostro – suo – bambino. Sinceramente non sapevo se Edward si fosse accorto che quello era suo figlio. Era vero, erano uguali ma.. Ma mi stavo aggrappando sugli specchi, perché non sapevo proprio cosa pensare. Edward poteva aver capito che quello era suo figlio come poteva non averlo capito. Adesso dovevo solo entrare e capire perché fosse qui, in casa mia. Dovevo ammettere che ero abbastanza arrabbiata, perché lui si era finto una persona che non era, venendo a casa mia senza essere invitato. Lo sapevo, ero io nel torto. Ma mi dava comunque fastidio che lui, il ragazzo che mi aveva sempre odiato (ma con cui avevo avuto la mia prima volta), in quel momento fosse in casa mia. Gli anni erano passati, ma l'odio non era scemato – un po' come la sua bellezza. Era sempre così odiosamente bellissimo, tanto che ti chiedevi perchè lui dovesse avere tutta quella bellezza. Sapevo che comunque i miei erano occhi da “innamorata”, ma era ugualmente bello, come suo – nostro – figlio. Presi un profondo respiro, cercando di decidere in fretta cosa fare. Non volevo farmi beccare a spiarli, ma non volevo neanche andarmene – come una codarda. Guardai un'ultima volta il corridoio che avrei potuto imboccare per nascondermi, prima di tossire, per attirare la loro – la sua – attenzione.



***


Chiusi il portone di casa di Alice, guardandomi introno sperduto. Non ero abituato a vivere in città, visto che ero nato a Forks. Almeno la casa di Bella, secondo la vecchina a cui avevo chiesto prima informazioni, era davvero vicina, distava circa cinque minuti. Mi incamminai stancamente per le strade di quella grande città, mentre mille domande mi frullavano in testa. Perchè Alice non mi ha detto che Bella abitava nella sua stessa città? Perchè non mi ha detto nulla quando le chiedevo di Bella? Cosa sta succedendo? Ero veramente confuso, non riuscivo a capire perchè Alice mi avesse nascosto una cosa come questa. Sapevo di essermi comportato abbastanza male con Bella: l'avevo presa in giro davanti a tutti, ridendo di lei, poi alla famosa festa di Natale me l'ero portata a letto. Probabilmente lei si era sentita presa in giro – se non usata – ma la verità era che.. Qual'era la verità? La verità era che non avevo resistito dal saltarle addosso, con quel bel vestitino bordò. Me lo ricordavo ancora: lungo fino alle ginocchia, attillato e all'apparenza di una bellissima stoffa pregiata. Non aveva gli occhiali, quella famosa sera, ed era davvero bellissima. Non avevo resistito a baciarla, coprendo i baci di quel gigante pompato di Black. Infondo, ero stato anche un po' per invidia, perchè Black – mio acerrimo nemico fin dalla nascita – aveva avuto la “mia bambolina”, con cui io mi ero sempre divertito. Poi però i baci erano andati oltre, finendo a fare sesso nella sua camera da letto. Mi ero pentito dopo, perchè tutto quello era stato un errore, e sembrava che lei la pensasse allo stesso modo: dopo quell'accaduto, neanche quattro settimane dopo, se n'era andata, volatilizzata. I genitori avevano risposto che era andata da certi zii in Inghilterra. Ovviamente non ero così egocentrico da pensare che lei se ne fosse andata per colpa mia, per l'errore che avevamo commesso, perdendo la verginità con me – che l'avevo derisa, umiliata e presa in giro. Sapevo che probabilmente se n'era andata per problemi suoi, ma avevo sempre quello strano presentimento che c'entravo anche io in tutta quella faccenda. Magari non del tutto, ma forse lei se n'era andata anche per colpa mia. Quindi adesso stavo andando a cercarla, cercando di chiarire, perchè era da anni che queste domande mi tormentavano. Non mi sentiva in colpa per averle portato via la verginità – lei mi amava, lo sapevo, quindi le avevo fatto solo un favore – ma volevo sapere per quale motivo lei se ne fosse andata via.

Perso nei miei pensieri, non mi accorsi di essere arrivato davanti a un comodino – il suo comodino – con i mattoni rossi, il portone di un verde scuro e delle finestre non troppo grandi, chiuse con le sbarre per evitare l'intrusione di ladri. Al campanello erano segnati cinque cognomi, segno che il condominio non fosse molto abitato, quasi completamente vuoto. Esitai prima di suonare al suo campanello, non sapendo bene cosa dire quando avrebbe risposto. Dovevo fingermi ancora Alice? Dovevo confessarle di essere io, Edward? Non ci pensai, suonando – con un coraggio che non avevo – al suo campanello.

Dopo poco il portone si aprì, senza che nessuno avesse risposto. Aprii, sospirando per aver evitato il primo “ostacolo”. Adesso avevo tre piani di scale da fare, tempo in cui avrei saputo cosa dirle quando sarei arrivato alla sua porta. Al primo piano, però, mi fermai. E se avesse avuto un compagno? Cosa avrei fatto? Mi sarei presentato come il suo sverginatore – pardon, primo amore – che voleva chiarire, ma cosa esattamente? Il motivo per cui lei se n'era scappata così, senza dire nulla? Ero quasi arrivato al secondo piano, ed ero più confuso di prima. E se fosse stata sposata? Mi fermai di nuovo, chiedendomi perchè avessi fatto quella cazzata. Oltre ad essere andato a letto con lei, adesso ero pure andato a casa sua, fingendomi mia sorella. Sospirai, ero arrivato al terzo piano. Ero confuso, non sapevo bene cosa avrei fatto quando me la sarei ritrovata davanti. Cosa le avrei detto? 'Ehi?' 'Ciao!' 'Ti ricordi di me?' O forse sarei rimasto muto, immobile, come un deficiente. Magari mi sarei rinsavito in tempo, non suonando alla sua porta. No, ormai che c'ero dovevo provarci. Non feci in tempo a bussare alla porta, che quella si aprì da sola.



Note Autrice:


Ciao! :) Scusate se aggiorno solo oggi e non ieri, ma non ce l'ho fatta :\ Sono davvero contentissima del fatto che così tante persone seguano questa storia, anche senza recensire (ricordo che a me le recensioni fanno solo piacere e che non mordo) :) In questo capitolo, finalmente, è apparso Edward :) Nel prossimo capitolo – come un po' avrete già capito – succederanno moooolte cose ;)

Adesso scappo e spero di aggiornare in tempo :)

Ancora graziee :)


Autumn__Leaves :) x



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