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Autore: damaarwen    04/05/2008    0 recensioni
- “Cosa c'è di così importante nei suoi ricordi? Cos'è che non vuole dimenticare?" chiede con la sua voce profonda e sottilmente sensuale.
Abbasso il viso, costringo il mio sguardo sul pavimento gelato, unica via di fuga da una domanda che mai nessuno mi aveva rivolto.
- “ Nuvole di fumo speziato, e il suono di una dolce canzone.” Sussurro mentre una lacrima riga il mio volto confondendosi nell’oscurità della notte.E' vietato inserire il tag br alla fine o all inizio di una trama. Ladynotorius
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 15

E’ mattina, il sole sta nascendo dietro un lago immacolato e increspato dal vento.
La notte ha lasciato la sua perlacea eredità su un prato disegnato dalla brezza d’inverno, mentre stormi di uccelli neri sovrastano la vecchia foresta dalle ombre allungate e tremanti.
Sembra che il mondo non sia mai stato così bello.
Mi fermo a guardare questa vallata gelata che si perde oltre un orizzonte pieno di riflessi rosati, mentre le mie mani sfiorano la pelle del tuo viso addormentato.
Sei bella Hlya.
Qui, sotto le mie dita tremanti che accarezzano il tuo corpo nudo, coperto soltanto da qualche timido lembo della mia casacca nera.
Vorrei guardarti per sempre.
Non svegliarti piccola bambina, lasciati osservare ancora un po’, sotto la luce tenue di questo nuovo giorno.
E’ tutto diverso, adesso.
Ci sei tu, qui, a salutare con me questa nuova luce, a rabbrividire di questo primo vento pungente e sottile.
Ti muovi nel sonno mentre carezzo i tuoi capelli che disegnano la pietra di sottili arabeschi neri, sfioro le tue labbra, ancora una volta.
Ti stai svegliando, lo so, sento il tuo cuore battere più forte.
I tuoi occhi si aprono nel mattino facendo volare la mia anima oltre queste nuvole sottili, fino a toccare il cielo.
Sorrido.
Lo fai anche tu.
Mi guardi un istante, vedo i tuoi occhi vagare sul mio petto nudo, scivolare sulla mia mano poggiata sul pavimento di pietra.
Ti irrigidisci, i tuoi occhi incrociano il marchio che da troppi anni deturpa la mia pelle sottile.
Vorrei parlare.
Non lo faccio.
Il tuo sguardo mi trafigge l’anima, cerca un dolore che non ha mai voluto uscire.
Lo trova.
Non fai domande.
Non vuoi quelle risposte.
Quelle stesse risposte che ti costringerebbero a svelarmi fino in fondo la tua tristezza.
E allora non parlo, resto a guardarti così, nuda sotto la luce di un sole ancora timido, mentre le tue labbra si schiudono in un dolce sorriso.
Non c’è di bisogno di parlare, vero Hlya?
I miei occhi ti hanno detto tutto, così, come lo hanno fatto i tuoi.
E il nostro silenzio solletica questa brezza d’inverno, mentre i nostri cuori, che nient’altro bramano se non un nuovo battito, restano a confessarsi senza parlare, qui, su questo balcone tremendamente vicino ad un cielo limpido e fatato.
Un accento di dolce felicità attraversa il tuo volto di madreperla, lo vedo scorrere sul tuo collo, lungo le tue mani, lo vedo riflesso nei tuoi occhi di notte che brillano alla luce del primo sole.
Non potrei essere più felice.
Ti stringi nella mia casacca, mentre piccoli brividi solcano la tua pelle ancora addormentata.
Mi avvicino, cingo il tuo corpo con le mie braccia calde, so che ti serve solo questo.
Ti bacio ancora la fronte, tante volte l’ho fatto questa notte, ma il sapore della tua pelle è diventato ossigeno che disseta il mio respiro.
- “ Ciao…” sussurri piano.
Adoro il suono della tua voce, starei ad ascoltarti per sempre.
Si, proprio tu che non vuoi parlare, che ti chiudi nei tuoi silenzi lasciandoti raccontare dai tuoi occhi, dalle tue mani.
Non parlare mia piccola bambina, no, non farlo.
Ma resta tra le mie braccia, adesso, per sempre.
Sollevi la testa, inondi il mio sguardo con i tuoi occhi di alabastro scintillante e purissimo.
Il cuore si ferma, mentre le mie mani tremano sulle tue spalle infreddolite da un vento impietoso.
Sorrido.
Sorridi anche tu.
Prima di stringermi con tutta la forza che sento scorrere nel tuo corpo solcato da brividi minuscoli e quasi impercettibili.
Ti alzi, la casacca scivola sulla tua pelle rivelandomi ancora una volta le tue forme perfette, scivola sul tuo seno, sul tuo ventre, sulle tua gambe, ed io mi sorprendo a guardarti con un nuovo desiderio.
Capisci, sorridi.
- “ No professore, i suoi alunni la attendono, così come i miei pazienti attendono me!” dici abbandonandoti ad una piccola risata.
Maledizione quanto sei bella, mia dolce dottoressa dagli occhi di notte infinita.
Mi alzo anche io, recupero i miei vestiti freddi e quasi bagnati da questo pavimento che ci ha scoperti amanti, mentre le tue mani corrono a coprire di un caldo maglione di lana nera il tuo seno tremante.
- “ Ci vediamo a pranzo?” dici un po’ goffamente infilandoti la gonna, mentre con i denti tenti invano di sollevare la lana pesante del tuo maglione per vincere la piccola battaglia con l’allacciatura.
Sorrido, sei splendida.
Ti spazientisci, decidendo di dargliela vinta.
Ti alzi, fissi i tuoi occhi nei miei, sono pieni di vita in questa mattina gelata.
Ti avvicini, mi baci le labbra, prima di voltarti e sparire al di là della piccola porta che ci ha divisi dal mondo.
Fai sempre così.
Mi regali un nuovo battito, una dolce emozione, poi sparisci, quasi senza salutare, fuggi da questi miei occhi che sanno scoprire la tua anima.
Lo so.
Ti adoro per questo.
Per questa tua innocenza, per questo lieve imbarazzo che solca le tue guance tingendole di un rosso irreale.
Osservo ancora una volta questo paesaggio infinito perdersi al di là della foresta, respiro la brezza piena di neve, socchiudo gli occhi un istante cercando in fondo al mio cuore i frammenti di un dolore che non riesco più a trovare.



*****



Mi affretto sulle scale che conducono alla mia camera, cercando di battere sul tempo i primi studenti curiosi che si aggirano per un castello ancora quasi completamente addormentato.
Sorrido, ripensando alla mia cerniera inceppata.
Maledetta!
Proprio questa mattina dovevi abbandonarmi?
La porta della mia camera si apre mostrandomi il mio regno fatto di calde coperte e fuoco scoppiettante.
Mi avvicino al camino, ho le mani gelate, così come lo sono le mie membra.
Mi sembra di non poter più avere caldo, mai più.
Ma è un attimo.
Ripenso a te, alle tue mani sul mio corpo, alle tue labbra infuocate, mentre il battito del mio cuore accelera fino a farlo quasi esplodere.
Mi svesto, stringendo al petto un ultimo istante questo maglione che porta indelebile il tuo profumo.
Ti amo Severus, si, ti amo.
Vecchie paure tornano a bussare alle porte del mio cuore, vecchie immagini, vecchi ricordi sbiaditi.
Quel marchio impietoso che disegna la tua schiavitù, che deturpa la tua pelle.
Quello stesso orrendo disegno che ho visto stagliarsi nel cielo una notte di sedici anni fa.
Come vorrei poterlo strappare, Severus.
Non posso.
E allora ripenso ai tuoi occhi, al brivido sottile che attraversa la mia pelle quando il tuo sguardo, pieno di un’oscurità magica e misteriosa, incrocia il mio, così dannatamente simile, nelle sue piccole luci di cristallo nero, e tutto sembra dissolversi.
Il dolore, la paura, lasciano il posto a questa felicità incontrollabile che carezza il mio viso, facendomi sentire viva.
Non voglio più soffrire per un passato che continua a sfuggirmi, giorno dopo giorno, un po’ di più. Non posso permettermi di farlo.
Perché nei tuoi occhi vedo nascere troppa sofferenza, quando nei miei, timidamente, si sprigiona una nuova lacrima.
“ Lascialo andare Hlya…” Hai ragione Severus, hai ragione tu.
Lord Voldemort ti ha portato via, una notte di tanto tempo fa, papà. Ti ha portato via senza una spiegazione, senza un perché. Lo ha fatto e basta.
E non c’è una ragione, non c’è nulla che io possa ancora cercare.
E’ il mio passato, dolce e bellissimo nella sua innocente semplicità, ma è lontano, sempre più lontano.
Non potrò mai dimenticarti, papà, ma devo lasciarti andare, per poter continuare a vivere, per poter guardare ad un futuro che non sia solo lo specchio annerito di una vecchia felicità, ma pieno di amore nuovo, presente, pieno dell’uomo che adesso ho davanti e che sa amarmi come voglio essere amata.
E tu sarai sempre nel mio cuore, mi bacerai la fronte ogni sera, mentre la mia anima, da adesso, sarà stretta tra le mani candide di un mago dagli occhi di tenebra infinita.
Non ti ho dimenticato, non lo farò mai, ho solo ricominciato a vivere.
I miei pensieri si dissolvono nel vento gelido che aggredisce i vecchi vetri di queste eleganti finestre, mentre infilo velocemente un vecchio vestito di lana grigia, affidando le mie gambe alla protezione di un paio di pesanti calzettoni dello stesso colore.
Mi affretto verso l’uscita mentre i primi rumori del castello invadono i corridoi, perdendosi nelle volte antiche ed eterne.
Scendo le scale, supero le aule ancora deserte, mi avvio verso l’infermeria dove i miei pazienti mi attendono, come sempre, tra le garze e l’odore di disinfettante.
Ma questa mattina il mio sorriso non conosce ostacoli, scivola su ogni volto, su ogni sguardo lenendone il dolore.
Sono felice, si, sono felice.
Per la prima volta dopo tanti anni sento una vita vera scorrere sulle pareti del mio cuore, la sento infondermi un nuovo desiderio, la sento regalarmi un pizzico di eccitazione.
Ti ho salutato da pochi minuti, e già mi sembra di aver bisogno di te.
Cosa mi hai fatto Severus?
Come sei riuscito a sciogliere il ghiaccio eterno che circondava il mio cuore?
Non lo so, so solo che nei tuoi occhi trovo un motivo per vivere, per sorridere, per gioire ancora.
Grazie, mio dolce mago dallo sguardo gelato, grazie di avermi teso la mano, di averla stretta nella tua, e di avermi donato la forza di far respirare la mia anima.

Sono passati alcuni giorni, il castello si prepara per un Natale che sembra, di ora in ora, sempre più vicino e palpabile negli sguardi eccitati degli studenti che già si preparano per una meritata vacanza.
Le prime luci colorate decorano gli alti cornicioni e gli eterni infissi di questa antica e magica scuola, alcuni rami di vischio penzolano stancamente dalla arcate delle vecchie porte e i primi pupazzi di neve fanno capolino sul prato ormai completamente tinto di bianco.
E’ bello, infinitamente bello.
L’anziano preside mi fa visita sempre più assiduamente nella grande infermeria, i suoi occhi azzurri mi guardano carichi di orgoglio mentre mi aggiro tra i letti cercando di alleviare gli ultimi dolori di persone che hanno conosciuto troppo male.
La sua personalità travolgente, i suoi modi gentili, la sua infinita dolcezza, mi hanno fatto riconoscere in lui un buon amico, sempre pronto a regalarmi un sorriso.
Suppongo sospetti qualcosa, penso che abbia intuito la storia tra me e Severus, anche se non me ne ha mai fatto parola, ma i suoi sguardi sornioni che fanno capolino da sopra gli occhialetti a mezza luna mi hanno lasciato distinguere la sua abilità nello scoprire ciò che, in qualche modo, ancora teniamo nascosto.
Ormai è quasi sera, il sole sta morendo dietro la foresta, lasciando il suo scettro ad un’altra notte che ci vedrà uniti, nel suo studio, al di là di una vecchia parete di pietra, gelosa custode dello splendore del nostro travolgente amore.
Le mie nocche risuonano sordamente sulla vecchia porta di legno scuro dell’aula di pozioni.
- “ Avanti…” la tua voce calda, dall’interno, mi scalda il cuore riempiendolo di emozione.
Entro lentamente, so che mi stai aspettando.
Sei in piedi, davanti al camino, il lungo mantello cinge il tuo copro asciutto, mentre un dolce sorriso illumina il tuo viso incorniciato dai capelli neri e lucenti che scivolano sulle tue guance scavate.
Sei bellissimo.
Mi avvicino a te, lentamente, mentre il cuore accelera i suoi battiti facendomi impazzire, togliendomi il respiro.
Mi carezzi il viso dolcemente, mi sfiori le labbra con un bacio pieno di infinita tenerezza.
Con te è così Severus, non servono parole. Non ne sono mai servite, da quella notte ormai lontana, in una tenda logora.
Ci siamo capiti senza parlare, allora come adesso.
Abbiamo intuito i nostri grandi dolori, ed ora, in questa stanza in cui arde un fuoco mai spento, intuiamo i nostri amori che si fondono, l’uno negli occhi dell’altra, in una timida promessa che ancora teme la luce del giorno.
Ti avvicini, mi stringi a te.
- “ Mi sei mancato…” ho bisogno di dirtelo.
Sorridi, mi baci un’altra volta.
- “ Anche tu…”
Quanto amo la tua voce Severus, la sua dolce melodia che si perde tra le pietre ed il vento.
Ti abbraccio, forte, sempre più forte.
So cosa mi attende, quale infinita gioia sta per solcare il mio cuore, mi sembra di impazzire.
Non ho tempo di pensare.
Di colpo un fremito attraversa il tuo corpo, rapido, impercettibile, ma io lo sento, lo avverto chiaramente.
Le tue membra si irrigidiscono, mentre tenti di allontanarmi dolcemente.
Non ci riesci.
Un’altra fitta rende bruschi i tuoi movimenti.
Resto ferma, ti guardo, mentre una paura velata si insinua nel mio respiro, mozzandolo.
- “ Severus…cosa…?”
- “ Non è niente Hlya. Devo andare…mi, mi dispiace.”
La tua voce è rotta da uno sforzo che riesco solo ad immaginare, i tuoi occhi sono vitrei, le tue mani tremano leggermente.
Ti volti di scatto, prendi qualcosa dall’armadio.
Non vuoi che io ti guardi, lo so.
E allora mi volto, lasciandoti libero di dar sfogo a ciò che, così sconosciuto per me, ti sta straziando le membra.
Ti sento muovere frettolosamente qualcosa, prima di avvertire i tuoi passi dirigersi velocemente verso la porta.
Mi volto di scatto.
So dove stai andando.
I tuoi occhi incrociano i miei, ancora una volta, mentre le loro fiamme soffocano il battito del mio cuore.
- “ Non mi aspettare Hlya…ci vediamo domani.” Abbassi lo sguardo, sai di dovermi spiegazioni che non hai tempo di concedermi.
Sorrido, vedendo sciogliersi parte di quella muta ansia che sta tirando il tuo sguardo.
Com’è finto questo sorriso, Severus, ho paura, ho tanta paura.
Vorrei dirti di non andare, vorrei urlarti il mio terrore nel vederti sparire, nel saperti al cospetto dell’uomo che ha distrutto la mia vita.
Ma questa è la tua redenzione, vero mio silenzioso mago dagli occhi tristi?
Questa è la condanna alla quale ti costringi, in un effimero tentativo di espiare quelle colpe che ti straziano l’anima.
Come vorrei poter sciogliere il tuo dolore, come vorrei poter cancellare quel passato che ti distrugge, che ti logora, come vorrei confessarti la somiglianza delle nostre sofferenze.
Non posso farlo, non c’è tempo, perché adesso, in questa notte che ancora una volta ti vede schiavo, posso solo guardarti sparire al di là di un lungo corridoio umido.
  
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