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Autore: Turo    30/11/2013    2 recensioni
“Potrei abbandonare la carriera” pensava mentre attraversava Trafalgar Square. “Tanto i ragazzi se la caverebbero benissimo da soli. E poi cosa sono io? Il quinto membro. Quello meno amato”
Si, la mente di Liam stava già elaborando un modo per dire ai ragazzi che avrebbe lasciato tutto, ma una ragazza con la maglia dei One Direction, probabilmente non avendolo visto, aveva attraversato la strada, mettendo il ragazzo in confusione.
E le sue fan? Cosa avrebbero detto? Sarebbero state felici o si sarebbero sentite deluse da lui? Liam non voleva deludere nessuno, ma la fama lo stava schiacciando, facendolo cambiare.
E fu in quel momento, alle 19.46 , che Liam ebbe un’idea.
Un’idea geniale quanto spaventosa.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno squillo. Poi due. E ne erano seguiti altri venti, ininterrotti. Altri squilli insistenti e invasivi.
Lei si era svegliata, stropicciandosi gli occhi come una bambina piccola. Ma quando si era sporta verso il telefono e aveva letto quel nome sul display, si era ributtata nel letto, infilando la testa nel cuscino. Aveva inspirato a fondo, cercando di riaddormentarsi. Ma niente, la sua testa era ormai attiva, come sempre. Il suo cervello era già pronto ad assorbire nuove nozioni di medicina, il suo caffè caldo era pronto in cucina da un po’ per aiutarla a non dormire durante la sessione di studio che avrebbe dovuto affrontare in pochi minuti.
Ma lei non ce la faceva. In realtà era il suo corpo. Era stanca, stanca di studiare sei o sette ore al giorno per entrare nella facoltà di medicina di Londra. Non mancava molto agli esami, e lei era pronta. Lei era sveglia e intelligente, e credeva nelle sue capacità. Ma sembrava che ,in quella stanza celeste, la stanchezza prendesse il sopravvento su tutto il resto. E sicuramente le 23 chiamate perse del suo ragazzo non l’aiutavano affatto.
Un messaggio. Il quarto, in realtà, che riceveva da quella mattina.
“Perché non rispondi al telefono? Aprimi che sono sotto casa” lesse nella mente, socchiudendo leggermente gli occhi a causa della luce accecante del telefono.
A quel punto Eve aveva sbuffato, spostando le gambe esili al di fuori del letto, facendole penzolare. Si era data una leggera spinta con le braccia prima di trovarsi in piedi sulla moquette tinta dello stesso colore delle pareti. Si era stiracchiata, facendo scivolare i capelli dalle spalle alla schiena.
Lei odiava i suoi capelli. Odiava anche i suoi zigomi e la sua bocca troppo piccola. Odiava le sue cosce che lei definiva “due prosciutti”, i suoi piedi e le sue mani da uomo. Odiava doversi truccare un sacco per essere presentabile, perché odiava quella sensazione di sporco in faccia. Preferiva rimanere acqua e sapone, nonostante si vedesse terribilmente brutta.
E sicuramente Todd, il suo ragazzo da otto mesi non l’aiutava ad alzarsi l’autostima.
“Sai, ogni tanto potresti venire con me in palestra” oppure “Dovresti mettere più spesso la matita, non credi? Non dico che tu non sia bella, eh, solo che.. “. Poi era terribilmente ossessionato dal sesso. Era come un impegno abituale ogni volta che si vedevano. A lei non dispiaceva, ma a volte avrebbe voluto spendere del tempo con lui per andare al cinema, per fare una passeggiata, o semplicemente per parlare.
Era insicura, fragile. Era una farfalla con le ali troppo delicate per la vita che conduceva. Per la pressione che lo studio, i suoi genitori e il suo ragazzo le facevano. In tutta la sua routine, l’unica cosa che le piaceva erano le ore che passava con Lucas.
Il campanello l’aveva fatta sobbalzare, riportando la sua mente alla realtà. Era scesa giù, correndo verso la porta. Sapeva che doveva una spiegazione a Todd, anche più di una sola. E sapeva che si sarebbe arrabbiato tantissimo, ma oramai ci era abituata.
Era abituata ai suoi scatti d’ira quando arrivava dieci minuti in ritardo o quando gli proponeva qualcosa di diverso dal sesso. Lui non la capiva, non capiva quanto medicina fosse importante per lei.
“Finalmente, è tutta la mattina che non ti sento. Si può sapere dove eri finita?” aveva sputato Todd appena lei aveva aperto la porta di casa sua. A prima vista si poteva dire che era sul punto di esplodere, ma il bacio di Eve lo aveva zittito e lo aveva fatto calmare. “Scusa amore, sai che ho tanto da studiare. Non succederà più, lo prometto” si era affrettata a rispondere non appena le loro labbra si erano staccate.
“Va bene,fammi entrare” aveva sentenziato lui.
Lei si era spostata di lato, lasciando un corridoio di spazio a Todd, che si era subito buttato sul divano. Lei lo aveva seguito, sedendosi di fianco a lui. “Dovresti prendere una pausa da tutto questo studio, sai?”
“Non posso Todd, o lo avrei già fatto” gli aveva detto dolcemente, sperando non si arrabbiasse ancora di più. “So che in questo periodo stiamo poco insieme, ma appena passo gli esami giuro che mi prendo più tempo per te, ok?” aveva continuato prima di lasciargli un bacio sulla fronte.
Todd aveva sorriso, circondando con le braccia la vita sottile di Eve e tirandola a se “Ci conto amore, ci conto.”
“E tu? Quel lavoro?” aveva domandato lei, sapendo che il suo ragazzo era alla ricerca di un lavoro da almeno due mesi. Solo che nessuno lo prendeva. Era una testa calda, e tutti lo sapevano bene, quindi si tenevano a distanza da lui. Era anche manesco, ogni tanto.
Aveva picchiato Eve una sola volta, quindi lei non ne era spaventata. Non sempre, almeno. Lui aveva sospirato, alzando le spalle indifferente, stringendola ancora di più.
“Forse ne ho trovato uno dal padre di un mio amico, ma non si sa ancora niente.”
“Dovresti provare a mandare il tuo curriculum a..” aveva iniziato Eve, ma Todd l’aveva interrotta premendole il dito sulla bocca. Lei lo aveva guardato interrogativa, chiedendosi perché evitasse in continuazione quell’argomento che a lei interessava molto.
“Non ti preoccupare ora, ok?” e l’aveva baciata.
“Senti, perché non andiamo a mangiare fuori? Ho scordato di fare la spesa e non ho nemmeno voglia di cucinare” aveva tentato eccitata dall’idea di uscire e staccare da quel libro di medicina.
“Perché?” aveva sbuffato lui lasciando la presa dalla sua vita, facendola traballare pericolosamente all’indietro. Lei si era appoggiata al divano, guardandolo.
“Voglio solo sapere come stai, tutto qua” si era giustificata lei.
“Sto bene, capito? Non c’è altro da sapere” aveva continuato lui, diventando sempre più nervoso. Era possibile che le tirasse uno schiaffo, e lei ne era lievemente spaventata.
“D’accordo” aveva concluso lei, abbassando lo sguardo sul divano rosso.
“Scusa, hai ragione. Non è un buon periodo per me, amore. Poi ci vediamo poco” aveva detto lui con un  tono più dolce e comprensivo, alzandole il mento per baciarla ancora. Si era alzato, tendendole la mano e trascinandola al piano di sopra, in camera.
E il loro appuntamento si era concluso come sempre, e Eve si sentiva sempre più stanca di quella relazione.
*
“Allora ciao amore, ci vediamo” aveva detto Todd quella sera, baciando Eve ancora una volta e lasciandola sulla porta. Lo aveva guardato correre sotto la pioggia prima di rifugiarsi in macchina. Tempo di un saluto veloce con la mano e la strada era risultata di nuovo silenziosa. Silenziosa e umida di pioggia, proprio come piaceva a lei.
“Sarà meglio che trovi qualcosa da mangiare” aveva detto ad alta voce, richiudendosi la porta alle spalle. Si era messa a curiosare nella dispensa, sperando che ci fosse l’occorrente per un panino o robe simili.  La sua ricerca era stata interrotta dallo squillare del telefono di casa, oggetto altamente inutile per lei visto che era solita a dare il suo numero di cellulare. Le poche persone che chiamavano a casa erano i suoi genitori, la sua migliore amica, e ogni tanto il suo ragazzo. 
“Arrivo” aveva urlato abbandonando la scatola di cracker che aveva trovato nel ripiano per correre a rispondere. Aveva alzato la cornetta con troppa enfasi, facendo spostare il telefono fisso di qualche centimetro.
“Pronto?”
“Tesoro, sono la mamma!” aveva gracchiato una voce dall’altra parte della cornetta.
“Dimmi mamma” aveva risposto lei, rigirandosi il filo del telefono tra le dita con fare annoiato.
“Volevo sapere come te la passavi. Allora, tutto bene? Studio?”
“Pesante come sempre, ma tra poco ci sono gli esami e finisco tutto, se dio vuole. Cioè , ovviamente poi ci sarà da studiare il triplo se entro in medicina, ma non ci pensiamo. Tu e papà?” aveva chiesto senza troppo interesse.
“Stiamo bene, non vediamo l’ora di vederti questo fine settimana! Papà ha già prenotato il campo da tennis” aveva strillato eccitata, ridendo “E io so già le vie in cui andremo a fare shopping. Io e te, ti va? Oddio, sono davvero felicissima. Scommetto che ti divertirai.”
“Non sto nella pelle” aveva ribattuto ironica, sapendo che tanto sua madre l’avrebbe presa sul serio.
“Ora dimmi, come sta Todd? State ancora insieme vero? E’ un ragazzo così dolce”
“Si, sta bene.”
“Bene, fantastico. Ah, ecco, tuo padre vuole farti conoscere dei nostri cari amici, sai? Sono simpaticissimi e credo li apprezzerai.”
“Ok, d’accordo.”
“Ti sento spenta tesoro. Tutto bene? Sai che con me puoi parlarne”
“Lo so. Comunque sono solo stanca, studio tanto e esco poco.”
“Posso capirti tesoruccio. Stai mangiando ? L’ultima volta che ci siamo viste eri troppo magra, non voglio che mi diventi come quelle modelle anoressiche. Inoltre qua ci sono degli ottimi lavori in quel campo, nel caso medicina non funzionasse troppo bene”
“Funzionerà, non preoccuparti per me. Ora scusa, devo tornare a studiare. Saluta papà, buonanotte” aveva concluso semplicemente, rimettendo a posto la cornetta. Ogni volta che sua madre la chiamava, Eve si sentiva sotto interrogatorio. Una mossa, una parola di troppo o sbagliata, sua mamma attaccava a parlare per ore e ore, e lei doveva starla a sentire. A volte, quando non ne poteva più, lasciava il telefono e faceva altro per tornare dopo un quarto d’ora e scoprire che stava ancora parlando da sola. Smalti, trucchi, nuove modelle di Victoria’s secret , collezioni primavera-estate di Armani, tennis, suo marito, le sue amiche pettegole, ancora smalti e trucchi erano i suoi argomenti principali.
Sarebbe anche stata una bella conversazione se a Eve ne fosse importato anche un minimo delle cose in quell’elenco. Ma si sapeva, sua mamma era fatta così e , più i giorni passavano e più Eve si chiedeva se fosse stata adottata.
La ragazza buttò uno sguardo all’orologio, sorprendendosi del fatto che fossero solamente le otto e un quarto. La fame le era improvvisamente passata, lasciandole come unico desiderio quello di buttarsi a letto e svegliarsi il più tardi possibile.
Mancavano solamente due giorni a Londra, ai suoi genitori e al circolo di tennis, e lei era confusa. Amava la città ma odiava il motivo per cui ci sarebbe andata. Amava lo shopping ma odiava il fatto di farlo con sua madre. Insomma, avrebbe iniziato a farle commenti sul fisico o sul viso, e questa cosa la infastidiva.
Senza pensarci due volte si era rifugiata sotto le coperte del suo letto, fantasticando su qualsiasi cosa le passasse per la testa, fino ad addormentarsi.
*
“E’ una cosa da pazzi, come se mi interessasse davvero qual è il colore nuovo dello smalto di Chanel. Voglio dire, hai visto le mie unghie?” aveva chiesto Eve portando le mani davanti al viso del moro, che aveva sorriso teneramente.
“Non credo nemmeno che queste possano essere catalogate come unghie” aveva detto facendo ridere lei.
Erano seduti entrambi sul divano di lei, parlando del più e del meno.
“Hai ragione Lucas, anche se dovrebbe essere un insulto.”
“No, era una costatazione.”
“Parliamo di cose serie, ti ricordi cosa ti avevo chiesto l’altra volta?” aveva chiesto Eve, incrociando le gambe al petto.
“Di pagarti la cioccolata? In quel caso non corro al bar a prendertene una ora, si sta così bene a casa tua” l’aveva presa in giro solo per vederla arrabbiata.
“No, idiota” aveva detto “Della tua famiglia. Insomma, non so praticamente niente di te. Stai sempre ad ascoltare le mie lamentele inutili, ma non mi hai mai parlato della tua vita a Londra. Sono curiosa come una scimmia, davvero.”
“Questo paragone? E’ nuovo? Scommetto che l’hai tirato fuori dal libro di medicina. Mi sbaglio?” aveva chiesto lui tentando di sviare l’argomento. Non ce la faceva, non in quel momento. Vide la ragazza alzare gli occhi al cielo con sguardo divertito, prima di incitarlo a continuare. “D’accordo, dunque. Ho una mamma, un padre e un fratello. Ho un migliore amico che si chiama..” Liam aveva ingoiato la saliva, ma la gola gli era apparsa terribilmente secca al pensiero di Zayn “Za.. Zac. Come Zac Efron, presente? O se preferisci puoi chiamarlo Troy Bolton. Insomma, quello li. Lavoravo in un negozio di animali, ero molto bravo sai? Uhm, cosa posso dirti ancora? Mi sono lasciato con la mia ragazza qualche mese fa, non la sopportavo più”
“Come si chiamava?” chiese curiosa Eve.
“Danielle, già.”
“Anche io e il mio ragazzo stiamo attraversando un periodo.. buio. Si può dire? Buio intendo” aveva detto lei, diventando rossa.
“Hai un ragazzo? Non me ne avevi mai parlato”
“Semplicemente perché non so nemmeno se definirlo tale. Mi spiego, non lo amo più. Poi non mi capisce, è ossessionato dal sesso ed è tremendamente stupido. Sta con me anche per i soldi, credo.”
“E tu stai ancora con lui?” aveva domandando Liam sbalordito.
“Si, lo so. E’ che ho paura della sua reazione. Sai, non è un ragazzo molto pacifico.” Aveva spiegato Eve.
“Capisco, avevo un amico così. Si chiamava Nab, era rumeno. Una volta aveva provato a menare anche me..”
“Ma tu ovviamente ti sei difeso” aveva completato Eve sorridendo.
“In realtà me le sono prese. E anche belle forti. Diciamo che preferisco risolvere a parole, anche perché dovrei mettere su un po’ di muscoli”
“Ma cosa dici!? Hai delle braccia muscolosissime, guarda” aveva detto lei, passando le dita sui bicipiti del ragazzo. A quel tocco Liam si era sentito in imbarazzo, ma non ci teneva a farlo vedere a Eve, che continuata a osservare i suoi muscoli.
“Oh, mi ero dimenticata. Mia mamma vuole presentarmi degli amici del circolo di tennis. Sai cosa vuol dire?”
“Suppongo di no”
“Che sono dei ricconi antipatici e vecchi, mi odieranno perché non so giocare. Come faccio?” aveva iniziato a piagnucolare.
“Avanti, non dire queste cose. Dovrebbero giudicarti perché giochi male a tennis? Tu sii te stessa e vedrai che piacerai un sacco.”
“Tu lo dici perché sei un mio amico” aveva protestato.
“Se mi avessi dato l’impressione di una ragazza antipatica non ti avrei più parlato, no?” aveva sorriso lui.
“Ok, hai vinto.”
“Per fortuna, avevo concluso le frasi intelligenti.”
“Non avevo dubbi”
Entrambi avevano riso, portando la testa all’indietro e una mano sulla pancia. Era una piccola cosa che caratterizzava entrambi, nonostante Eve si sentisse stupida a farlo.
“Ah Lucas” lo aveva richiamato, puntando i suoi occhi verdi in quelli mori del ragazzo “Grazie” aveva detto prima di abbracciarlo.
 
Angolo della scrittrice.
Buonasera. Sono le 22.48 e io non ho per niente sonno.
Non mi soffermo sul capitolo perché mi piacerebbe che siate voi a darmi un parere. Cosa dire? Mercoledì sono andata a vedere Catching Fire. Qualcuno di voi lo ha visto? O è un/una tribute? Scrivetemi perché devo sclerare con qualcuno, haha. Grazie di tutto.
@brunostalent
  
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