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Autore: milly92    01/12/2013    5 recensioni
Stanchi delle solite storie in cui un'alunna e un professore si amano e riescono ad essere felici superando mille ostacoli? Allora questa storia fa per voi, visto che il professore in questione non sa nemmeno che la ragazza con cui ha a che fare sia una sua alunna e non ha per nulla intenzioni "serie"...
"Mi... Mi stai incoraggiando a...".
"Ad uscirci, sì".
Trudy sembra aver assimilato subito e fin troppo in fretta la notizia, in un modo che mi lascia alquanto scioccata. Sembra crederci più di me, quasi quasi. "Sai come si dice in questi casi?".
"Sei fottuta?" suggerisco, melodrammatica come sempre.
"No. "Fake it until you make it"! Fingi! Fingi fino a credere sul serio di non essere una sua alunna e il gioco è fatto, no?".
Da una parte, il discorso della mia amica ha un minimo di senso, dall'altro sono troppo spaventata perchè, per la prima volta in vita mia, rischio di iniziare un cammino caratterizzato dal proibito e ho paura di scottarmi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Con grande gioia ho visto che siete aumentati di parecchio... Grazie, era quello che mi ci voleva per sentirmi più motivata :)
Come sempre, vi lascio il link del gruppo facebook in cui metto anticipazioni e cose simili ^^:
https://www.facebook.com/groups/468964983146566/
Buona lettura! :D

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Maybe one day you’ll understand why 
Everything you touch surely dies 
But you only need the light when its burning low 
Only miss the sun when it starts to snow 
Only know you love her when you let her go 
Only know you’ve been high when you’re feeling low..
["Let her go", Passenger]

20 febbraio 2011
"Ma... Ma sono bellissime!".
Senza fiato, mi persi nella contemplazione del bouquet di rose rosse che mio padre mi aveva portato quel freddo venti febbraio.
Casa mia era fredda a causa del riscaldamento che io e Trudy non potevamo permetterci, ma quel mazzo di fiori sembrò donare calore a tutto l'ambiente.
Mio padre, Antonio Inverno, mi sorrise e mi strinse a sè con affetto, baciandomi la fronte.
"Te le meriti, i primi due esami sono andati benissimo e ho capito che ho fatto bene a darti fiducia, sei in grado di gestire la tua vita, qui, da sola" spiegò.
"Quindi queste rose sono per gli esami andati bene?".
"Anche... Più che altro non sapevo cosa regalarti, e ho pensato a quando regalavo dei fiori a tua madre ogni volta che tornavo per un po' a casa durante il servizio militare, per farle capire quanto mi fosse mancata...".
"Quindi ti manco?" chiesi, sorridendo, con aria furba.
"Tanto... Ci manca averti tra i piedi! Ora però torni per un po'? Hai detto a mamma che hai una decina di giorni liberi prima dell'inizio del secondo semestre...".
Deglutii, senza sapere cosa dire. Avevo promesso a Matteo che avremmo passato quei giorni di pausa insieme, durante i quali saremmo andati a Roma per un weekend, e non sapevo come dirglielo. Dopotutto, un padre è sempre un padre, e sapere che non tornerai a casa a causa di un ragazzo non è semplice da accettare.
Tuttavia, come sempre, lui capii tutto dopo mezzo sguardo e sospirò, come sospirò la prima volta che seppe che avevo comprato un reggiseno.
"Ho capito, c'entra quel ragazzo, tua madre me ne ha parlato. Io...".
"Papà...".
"Fai la brava, e fatti rispettare! Non farti mettere i piedi in testa, se vengo a sapere che ti tratta male gli spacco...".
"Papà, è tutto ok, Matteo mi vuole bene" sussurrai, sempre un po'imbarazzata visto l'argomento.
"Non mi piace il suo nome, uno scemo che corteggiava tua madre si chiamava così" borbottò, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni per evitare di iniziare a gesticolare come è solito fare quando è nervoso.
"L'importante è che ora mamma stia con te, no?" gli ricordai, cercando di sviare la conversazione. "Dai, vieni, andiamo a mangiare una bella pizza!".
"Con me non attacca, non sono come gli altri papà che davanti alla prospettiva di un bel pranzo si dimenticano tutto! Però, pensandoci, puoi parlarmi di 'sto scemo davanti una bella Capricciosa...".
Risi di cuore e annuì, stampandogli un bacio sulla guancia per poi prendere il mio cappotto.
Adoravo papà, e sentivo che, nonostante Matteo, era l'uomo che avrebbe avuto sempre la precedenza nel mio cuore.

*°*°*°*


"Ciao Leo! Come va? Mi dispiace essere scomparsa a causa dello studio... Ieri però mi sono liberata, per fortuna!".

"Tranquilla, me lo avevi detto... Quando vuoi ci vediamo!".

"Certo! Tra poco ho anche il tirocinio, quindi non saprei... Comunque, volevo chiederti se per caso sei stato tu a mandarmi delle rose rosse ieri per il mio compleanno, erano anonime e sto cercando di scoprire il mittente".

"Era il tuo compleanno? Damn! Perchè non me lo hai detto?! Non lo sapevo, altrimenti te le avrei mandate sul serio... Sono mortificato! Tanti auguri anche se in ritardo! Xoxo".

"Tranquillo, è colpa mia che non te l'ho detto... Grazie! A presto XoXo".

"Non è stato lui" sospiro, poggiando il telefono sul tavolo della cucina con aria sconsolata e afferrando un croissant alla crema che Davide ha gentilmente comprato per colazione.
E' ormai una sorta di tradizione quello che lo fa sentire in dovere di viziarci con qualcosa di buono da mangiare ogni volta che si ferma a dormire a casa nostra.
"Io comunque sono ancora sconvolto dal fatto che tu abbia una storia con il tuo prof" risponde lui, fissandomi, sornione, per poi farmi un occhiolino ammiccante mentre dà un morso al suo cornetto.
"Taci, lo sapete solo tu, Trudy e una mia amica" gli ricordo, minacciosa.
Il doverlo dire mi costa molto, perchè ora che mi sono allontanata da Leo mi fa sentire peggio, come se avessi creato questo circolo di bugie e segreti per nulla.
Sul serio, è come se questo anno in più mi faccia vedere le cose con una prospettiva diversa e mi faccia sentire autorizzata a rimproverarmi per il caos che ho creato.
"Fatto sta che questo anonimo prima o poi si farà vivo" mi rassicura Davide, con il suo solito tono calmo e rilassante che contrasta alla perfezione con quello squillante della sua ragazza.
Alzo le spalle, non molto convinta, e mi lascio sfuggire uno sbadiglio che si prolunga più del solito vista la stanchezza.
Ieri la festa è finita alle tre, e ora è quasi mezzogiorno; abbiamo deciso di prenderci un giorno di ferie dalle lezioni di comune accordo visto che dopo la prova e la festa non avremmo avuto le forze necessarie per affrontare sei ore di lezione.
Trudy entra in cucina, ancora con i capelli bagnati a causa dello shampoo, e subito mi guarda con aria interrogativa.
"Non è stato Leo" dico subito.
Lei annuisce, con aria grave, poi fa per aprire bocca e, cosa rarissima, la richiude.
"Se è un anonimo resterà anonimo, no?" mormoro. "O forse è Germana che vuole farmi uno scherzo" aggiungo, visto che stanotte, tra il sonno e la veglia, ho pensato anche a questa possibile opzione.
"Germana non spenderebbe tutti quei soldi in fiori per te" ragiona Trudy.
"Forse li ha pagati facendosi il fioraio" ridacchia di gusto Davide, smettendo subito a causa di un'occhiataccia della sua ragazza, che lo interrompe con un: "Il punto è: i fiori esprimono sempre qualcosa, Lena, e quella composizione è stupenda, è stata fatta con cura".
"Sì, ma che senso ha sprecarsi così tanto se si rimane anonimi?" sbotto, animata più che mai.
"Si fanno sempre cose così stupide quando ci interessa qualcuno, no?".
"Gli stupidi li becco tutti io..." dico in risposta, per poi finire di mangiare il cornetto. "Dopo ti aggiorno su... Dario" aggiungo, lentamente,sentendo che Trudy non mi perdonerebbe mai se non gli raccontassi la breve vicenda avvenuta sulla spiaggia.
Lei mi sorride dolcemente e si siede di fronte a me, tamponandosi i corti capelli biondi con l'asciugamano con una calma quasi nauseante.
"So già tutto" risponde.
"Cosa?!".
"Me lo ha detto ieri, mentre ti scolavi chissà cosa con Damiano. Gli ho detto che mi sembrava pensieroso e mi ha detto che si sentiva uno stupido per quello che ti aveva detto".
"Ah. E...?".
"E non dirò nulla, sai come la penso e odio ripetermi. Ultimamente sei te stessa, senza i miei consigli, e preferisco che le cose continuino così, ti fa bene" dice categorica, per poi rialzarsi e annunciare che va ad asciugare i capelli.
Scioccata, visto che nella mia mente la reazione della mia amica sarebbe stata decisamente differente, decido di affogare la mia confusione in un secondo croissant, sapendo già che presto me ne pentirò.
"Che cosa?!" urlo, sconvolta. Di sicuro tutto il vicinato mi ha ascoltato, a causa del tono della mia voce alquanto squillante che mi fa sembrare la sorella gemella di Trudy.
Marina e Lucia annuiscono tacitamente, mentre io, senza farci caso, faccio cadere per terra un bicchiere di vetro ormai vuoto che per fortuna cade sul tappeto che riveste il soggiorno della casa di Marina e Germana e non si rompe.
Lucia e Marina hanno deciso di seguire l'ultimo corso, quello dopo pranzo, e mi hanno mandato un sms in cui dicevano di avere una scottante novità.
"Si sono lasciati?" continuo, battendo numerose volte le palpebre.
"Sì. Lui è tornato all'università, hanno seguito le lezioni separati, camminavano per i corridoi con i loro amici, e abbiamo sentito Elisabetta che ne parlava con delle amiche a Filologia" spiega cautamente Lucia, scrutando la mia reazione, che consiste nel voltarmi verso Trudy, che tace.
"E' stato lui, no?" dice poi, riferendosi ai fiori. "Lo pensavo da ieri, ma a questo punto...".
"E' così idiota?" sbotto, alzando gli occhi al cielo.
"Sì. E' un idiota che perde la testa appena pensa che tu ti veda con un altro" sentenzia Alessandra.
Io non dico nulla, troppo presa dal caos che sento dentro di me, nella testa, nello stomaco, sul mio viso.
Nella mia mente, Matteo ed Elisabetta non si sarebbero mai lasciati perchè lui l'adora, quindi mi ero rassegnata a vederli insieme, anzi, mi ci ero abituata, ed ora ecco che è crollato tutto, come se nulla fosse.
Perchè diamine una parte di me è felice? Solo ventiquattr'ore fa ho detto a Dario che probabilmente non amavo più Matteo, diamine! Ne ero convinta, eppure non sono indifferente alla notizia.
La figura un po' giunonica di Germana spunta nella stanza, ma non le bado, presa come sono dallo shock.
Regge in mano una tazza di caffè, e si siede di fronte a me mentre beve un sorso, apparentemente placida e tranquilla.
"Erano in crisi da settimane, lui le ha chiesto una pausa di riflessione e ora si sono mollati" mi informa, stranamente seria e comprensiva, senza nemmeno l'ombra del suo solito sorrisino di schermo.
Fuori di me come sono, le presto la massima attenzione, senza pensare che, forse, di lei non dovrei fidarmi.
"Chi ha lasciato chi?" chiedo, torturando con le mani il povero bicchiere scampato al pericolo di rottura poco fa.
Come vorrei essere come lui, che è uscito illeso da un simile urto...
"Non si sa, la questione è ancora top secret. Senza offesa, ma nel caso fosse stato lui a mollare lei, Elisabetta non sarebbe ingenua come te nel farlo sapere subito" mi risponde.
"Certo, non lo metto in dubbio" sospiro amaramente, passandomi una mano tra i capelli.
"Lena, questo non deve condizionarti, stai calma" sussurra Trudy, accarezzandomi un braccio, premurosa.
Eppure, non ci riesco. Mille immagini si accavallano nella mia mente e mi sento trascinata indietro di quasi un anno.
La consapevolezza di essere ormai una donna adulta che deve affrontare di petto tutte le difficoltà non mi serve a nulla, sono di nuovo una ventudenne fragile che è appena stata mollata dallo scemo di turno.
"Ragazze, io vado a casa" dico quindi, repentinamente, afferrando la borsa e alzandomi con uno scatto rapidissimo.
Loro non dicono nulla, non chiedono nulla, si limitano ad annuire ed esco dalla stanza sotto il loro sguardo dispiaciuto e comprensivo, mentre Marina mi accompagna alla porta, premurosa.
"Se vuoi faccio rimanere Trudy qui per cena, così puoi startene in pace per un po'" si offre volontaria, con un sorriso materno stampato in volto.
Annuisco, ancora stordita, sentendo la testa che mi gira un po'. "Sì, grazie. Scusami con le altre, è che...".
"Tranquilla, abbiamo capito tutto" mi blocca. "Stai calma e rifletti, ok?".
"Sì, sì certo... Ciao" la saluto, iniziando a correre per le scale che mi conducono al portone d'ingresso del palazzo.
Cammino a passo veloce, attraversando Spaccanapoli con rapidità, rischiando quasi di essere investita da un motorino e attirando l'attenzione di un po' di gente.
Non vi bado, perchè sono arrabbiata con me stessa, perchè non sono riuscita ad essere indifferente ad una notizia del genere.
Tutto ciò che credevo è quasi crollato del tutto, e mi odio per questo.
L'avrà lasciato lei o lui? E perchè? Dov'era Matteo in queste settimane, durante quella stupida pausa di riflessione?
Ed io, cosa provo?
Non posso amarlo ancora, no! Forse sto così perchè sono felice che lui non sia felice con Elisabetta, come avevo creduto...
Quando varco il portone del mio palazzo, affannata, inizio a salire lentamente la rampa di scale che conduce al mio appartamento, stanca per la corsa.
Tuttavia, vedo una figura seduta sull'ultimo gradino, e quando la riconosco la mia confusione aumenta ancora di più e il mio cuore aumenta i suoi battiti già più numerosi del dovuto.
Immobile, con uno sguardo deciso e l'aria di chi non dorme da un po', Matteo mi fissa e mi sorride in un modo enigmatico.
"Che ci fai qui?" mormoro, alquanto incredula, con lo stesso tono di chi ha visto un fantasma.
"Ho capito che ti amo ancora" risponde lui, alzandosi e scendendo dei gradini per raggiungermi, con lo stesso tono con cui si annunciano le previsioni meteo.
Se potessero, gli occhi mi uscirebbero fuori dalle orbite; spalanco la bocca e faccio un passo indietro, fino a ritrovarmi contro la ringhiera delle scale.
"Sei ubriaco?" chiedo, incredula.
"Forse lo ero quando ti ho lasciata, e lo sono stato fino ad ora, ma... Credimi" mi implora, cercando di afferrare le mie mani, cosa che gli nego.
La signora del secondo piano passa tra noi, guardandoci con un sorrisino, ed io le dico un distratto "Buonasera", per poi tornare a guardare il mio ex.
"Meglio non dare spettacolo qui, vieni" dico, cercando le chiavi nella borsa e aprendo la porta dell'appartamento con una certa foga, visto lo stato in cui mi trovo.
Quando entra e vede le rose, sorride ed io, a disagio, mi volto, senza sapere cosa dire o fare.
Lui, audacemente, mi abbraccia da dietro, bloccandomi. "Ti sono piaciute?" chiede, sussurrando contro il mio orecchio destro.
Cercando di non badarci, mi volto, guardandolo in faccia. "Fai pena! La tua ragazza ti molla e torni da me?" chiedo, incredula più che mai e scostandomi da lui.
"Sei informata su di me..." osserva con un sorrisino, ignorando il resto delle mie parole.
"Me lo hanno riferito" spiego, stizzita, cercando di non arrossire.
"Fatto sta che l'ho mollata io. Non ne potevo più, voleva farmi conoscere la sua famiglia, mi obbligava a fare cose assurde e...".
"Mentre Lena no, Lena si comportava bene, ti obbediva come un cagnolino fedele, vero? Sono problemi tuoi, io e te abbiamo chiuso quasi un anno fa, ricordi?".
"Ho sbagliato, ok? Fatto sta che ora ho capito che...".
"...Sei un idiota?" suggerisco, incrociando le braccia, arrabbiata.
“Lo sono stato, sì, ma per fortuna sono rinsavito, è questo l’importante!” risponde, alzando il tono e parlando con una passione mai vista, fermamente convinto di ciò che sta dicendo.
“No. Scusami ma meriti di soffrire come è successo a me in questi dieci mesi”.
“Dieci mesi. Tieni il conto, eh? Significa che…”.
Gli faccio cenno di tacere e mi volto, non riuscendo a sostenere il suo sguardo eccessivamente acceso e colmo di speranza.
Maledetta me! Perché diamine non tengo mai chiusa questa cavolo di bocca che nei momenti di crisi spara le stronzate più assurde?
Di nuovo, lo sento abbracciarmi da dietro, mentre sposta i miei capelli, liberando il collo e posandovi un bacio denso e sensuale.
Rabbrividisco, pensando che questo si chiami giocare sporco visto che sa che il collo non è altro che il mio punto debole per farmi andare su di giri.
Mi erano mancate le sue labbra così soffici e carnose, così brave nel farmi eccitare nel giro di pochi istanti. Avverto un braccio che mi stringe il fianco e non riesco a non sospirare.
“Mi sei mancata…” soffia contro il mio orecchio.
“Matteo… No, per favore” oppongo resistenza, ma ricevendo in risposta una stretta più decisa e un secondo bacio che dal collo si sposta alla guancia.
Lentamente mi fa voltare verso di lui, ma non riesco a guardarlo in faccia, perché potrei vedere un piccolo riflesso di me stessa nelle sue iridi e non voglio ritrovarmi davanti a quello che, mio malgrado, sta succedendo.
“Matteo…”.
“Mi vuoi anche tu, Lena” sentenzia, senza mettere di sussurrare in quel modo che ho sempre amato.
“No! Io non posso!” dico, sentendo il fiato mancarmi e allontanandomi di qualche passo.
“Non puoi ma vuoi, lo leggo nei tuoi occhi”.
Non riesco a ribattere, è come se mi mancasse la voce, e non riesco nemmeno a muovermi mentre lo vedo avanzare verso di me. Lentamente, si abbassa finchè i nostri volti non si sfiorano e, con una dolcezza che raramente ha usato nei miei confronti, mi bacia, tornando a stringermi a sé con una salda presa attorno ai fianchi.
Possibile che in quasi un anno non abbia cambiato profumo? E che si ostini a tagliarsi sempre la barba, rendendo il suo volto morbido e liscio, come quello di un ragazzino?
Quando il bacio diventa più coinvolgente, tuttavia, si separa da me, fissandomi negli occhi con una serietà mai vista e lasciandomi un vuoto nello stomaco, perché l’improvvisa mancanza del suo calore si fa sentire.
Batto le palpebre numerose volte, sforzandomi di pensare ma non riuscendo ad elaborare nulla che sia diverso da me e lui, stretti l’uno all’altra, come se gli ultimi dieci mesi non fossero mai esistiti.
La parte di me che si odia per averlo assecondato, mano a mano si dissolve, fino a scomparire del tutto e dandomi la forza di ristringerlo a me e ribaciarlo, questa volta con più foga, perché mi ritrovo adagiata contro lo stipite della porta che conduce all’ingresso.
“La mia…. Camera…” biascico, indicando a destra, mentre lui è tornato a baciarmi il collo con una foga immane, tanto che forse rischierò di trovarmi i segni di un succhiotto. Non me ne frega, non me ne frega più di nulla, e so che mi odierò per questo.
Sono lucida visto le mie parole, non posso incolpare cose come la libido temporanea e altre idiozie. E’ un dato di fatto: una parte di me lo vuole ancora, e possibilmente nel mio piccolo letto che tante volte ci ha ospitato.
Ma non arriviamo lì, no, perché, dopo aver percorso il corridoio arpionata ai fianchi di Matteo con le gambe, lui mi poggia sulla scrivania, famelico, e subito di dedica alla mia camicetta, che sbottona come se farlo fosse una cosa che fa quotidianamente.
“Ti voglio, Lena, ti voglio…” dice, mentre armeggio con il suo giubbino, che gli sfilo insieme alla polo bianca.
Non rispondo, godendomi solo la pura sensazione di piacere che provo mentre si dedica a baciarmi i seni con una devozione mai vista; nel giro di pochi minuti le mie calze hanno fatto una brutta fine, la mia gonna è ammucchiata sul pavimento insieme alle ballerine ed io armeggio ancora con i suoi pantaloni, finchè non riesco a slacciarglieli e a liberarlo da quella costrizione.
Sospira, sollevato, poi mi bacia mentre mi priva degli slip con una mossa audace e, tre istanti dopo, smetto sul serio di ragionare, scollegando il cervello, perché ciò che sta per succedere mi rende adrenalinica come non mai.
Lui sa come toccarmi, sa cosa mi piace, ed è la causa della mia mente annebbiata finché, sfiniti, non ci ritroviamo uno addosso all’altra, con il fiato mozzo e i corpi madidi di sudore.
“Ma sei impazzita? Esci di casa presto, non ti trovo nel tuo letto, hai il cellulare spento… E mi lasci un fogliettino minuscolo sul tavolo del soggiorno che ho visto per puro caso prima di uscire di casa e chiamare “Chi l’ha visto!”! Ti rendi conto? Credevo avessi fatto chissà quale follia…” urla Trudy, attirando su di sé tutta l’attenzione del bar dell’università, come ormai succede troppo spesso ultimamente.
Di sicuro, tra poco inizieranno a vendere i biglietti quando entriamo noi, perché certi show non possono essere visti gratuitamente.
Assonnata e confusa, alzo lo sguardo dal libro di tedesco che stavo leggendo per distrarmi e guardo la mia amica, pallida in volto, senza trucco e con indosso una semplice tuta grigia.
In effetti, uscire alle sette del mattino per fare due passi e schiarirmi le idee senza avvisarla dopo che ieri sera non ci siamo viste non è stato molto intelligente da parte mia… Ma, un momento, quand’è che ultimamente ho fatto qualcosa di intelligente?
Da quando è iniziato il secondo semestre la mia vita è stata sconvolta da una serie di eventi di cui sono l’unica e sola responsabile, e questo mi fa paura perché fino ad ora non sapevo di cosa fossi capace sul serio in determinate circostanze.
“Scusa” dico quindi, “Devo spiegarti alcune cose e…”.
“Ovvio che devi! Inizia con il dirmi dove diavolo hai lasciato il tuo senno!”.
- Il mio senno non lo so, ma il mio seno, beh, fino a dodici ore fa è stato spupazzato per bene dal mio ex - ribatte l'odiosa vocina nella mia testa che da ieri non riesce a smettere di assillarmi e dirmi quanto grosso sia stato il mio sbaglio.
“Trudy, per favore, calmati, ora ti racconto tutto” la zittisco, raccattando il libro e l’evidenziatore, mettendo la borsa in spalla e gettando tre bicchierini di plastica – che prima contenevano caffè – nell’apposito contenitore dell’immondizia.
La signora del bar, Carmela, ci guarda con aria incuriosita, e temo che anche lei legga spotted grazie a Mario, il diciottenne che lavora con lei da pochi mesi.
Non sapendo dove andare, conduco Trudy nei bagni adiacenti al bar; entriamo in una toilette, chiudo la porta a chiave e la guardo.
“Mi dici che è successo?” sbotta, impaziente. “Io cerco di tacere, ma mi sembra che senza i miei consigli tu sia diventata scema!” osserva, non riuscendo a trattenersi.
“Abbassa la voce!” le intimo, poggiando la borsa per terra. “Comunque, lo so, che ti credi! Sto facendo una cosa più stupida dell’altra e…”.
“Cosa hai fatto ora?” chiede, preoccupata. Evidentemente credeva che questo mio atteggiamento fosse dovuto semplicemente al mio solito rimuginare su ogni singola cosa che accade nella mia vita, non a qualcosa di concreto.
“Ieri, quando sono tornata a casa, ho trovato Matteo fuori la porta” inizio cautamente, vedendola spalancare gli occhi per l’eccessiva sorpresa.
“E gliel’hai sbattuta in faccia, la porta, no?”.
- No, gli hai sbattuto in faccia qualche altra cosa... - ridacchia la vocina nella mia testa.
Vedendo che non replico, alza gli occhi al cielo. “No…”.
“E’ stato lui a mandarmi i fiori e a lasciare Elisabetta…”.
“Che novità!” sentenzia. “E poi?”.
“E poi inizialmente gliene ho dette di tutti i colori ma…”.
“Lena…”.
“… Poi abbiamo finito per farlo. Sulla mia scrivania” aggiungo come un’idiota, come se gliene fregasse.
Ovviamente Trudy diventa paonazza, si passa le mani per faccia, guarda altrove, poi, finalmente, si decide a guardarmi in faccia, facendomi sentire davvero uno schifo.
“Ma sei impazzita? Dopo quello che ti ha fatto?” dice, scuotendo il capo teatralmente.
“Non ci ho capito più nulla, Trudy! Era come se fosse tornato tutto normale…” le spiego, torturandomi le mani.
“Certo! Lui ti ha mollata, ti ha sbattuto in faccia la sua nuova ragazza dopo un mese, ora l’ha mollata, torna da te solo perché è geloso che tu stia vedendo qualcun altro ed è ovviamente tutto normale! Ma ascolti quello che dici? Hai sbagliato! Ora striscerà da te tutte le volte che avrà voglia di una sveltina…”.
“Perché qui si parla di me, non sia mai che uno venga a letto con me perché mi ama, vero?” chiedo ferita, sentendo un grande senso di oppressione che mi piomba nello stomaco con una velocità mai vista.
Trudy sgrana gli occhi, colpevole, e agita subito le mani per smentirsi, ma io non ho voglia di stare ad ascoltare le sue scuse e giustificazioni, per cui afferro la borsa ed esco dal bagno, imbattendomi in Germana che si sta lavando le mani.
Ci guardiamo, in silenzio, poi, non riuscendo a trattenermi, dico: “Mi raccomando, spiffera tutto a tutti, eh”.
“Ricorda: io e te non siamo poi così diverse” ribadisce semplicemente lei, mentre sto già uscendo dal bagno, diretta non so dove.
Perché non la smette di dire quella stupida frase? E’ come se sapesse tutto di me, ma non è così, accidenti!
Sentendo che questa giornata non può peggiorare, così, decido di avviarmi verso l’aula di Filologia Germanica, nonostante la lezione inizi tra circa mezz’ora, ma, ovviamente, mi sbagliavo: ci sono solo dieci persone più o meno, e due di queste non sono altro che Matteo ed Elisabetta che discutono a bassa voce ma in un modo piuttosto concitato.
Quando lei mi vede fa un sorriso melenso in mia direzione, e Matteo si volta, sorridendomi debolmente mentre non riesco a fare finta di nulla e a non arrossire.
Poi, non so come, Elisabetta inizia a camminare a passo di marcia verso di me e prima che possa rendermene conto ho la guancia dolorante, colpita da un sonoro schiaffo e un’occhiata sdegnata.


*°*°*°*

Eccomi qui, people!
Rilassata dopo una settimana di vacanza, vedo tutto in maniera positiva e grazie al numero di persone che seguono la storia che è aumentato, vi prometto che da domani mi darò da fare per scrivere gli altri capitoli, tanto la trama è già stata scritta tutta :)

Che dire, lo so che mi odiate per la parentesi Lena/Matteo, ma se lei non avesse ceduto, beh, non sarebbe stato da lei.
Che poi lui sia un'idiota possessivo, beh, questo lo sappiamo tutti: Elisabetta non è come Lena, lo obbliga a comportarsi in maniera differente, e a lui va solo di essere adorato, come succedeva con l'ex.
Mi perdonate se vi dico che nel capitolo 12 scopriremo perchè Matteo lasciò Lena? Abbiate fiducia in me e state tranquille! :D

Ovviamente, tutte mi chiedete di Leo... Non è scomparso, lo rivedremo nel capitolo 13, ma ovviamente tutti dobbiamo riconoscere che lui è stato importante per Lena per capire che da sola non è da buttare e che la sua vita è così perchè lo ha scelto lei.
Ecco perchè ho sempre parlato di una storia differente tra alunna e prof! :D

Che dire, vi dò appuntamento al 15 dicembre, sperando di aver scritto un bel po' per allora! :D
Vi anticipo che la "colonna sonora" sarà "I love it" delle Icona Pop... Preparatevi per una sorta di scena-karaoke! xD

A presto!
milly92
  
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