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Autore: Veritas oculorum    02/12/2013    0 recensioni
La vita del giovane Carl Henderson non viene stravolta fino al giorno in cui il padre gli dona il medaglione appartenuto alla madre, ormai morta. Questo lo trasporta in un nuovo mondo, di cui non sapeva niente fino a quel momento, il suo vero mondo, dove scopre la sua vera identità, la sua vera storia e il suo compito lasciatogli, per dare fine ad una lunga storia di famiglia cominciata molti anni prima, ancora non risolta.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE
Poi improvvisamente ritornò con la visione del mondo reale. Abbassò lo sguardo sul figlio che era addormentato nelle sue braccia, incredulo di quello che era appena accaduto, immerso nei meraviglioso mondo dei sogni che erge una barriera difensiva invisibile. Invece lui era consapevole, aveva vissuto il tutto così vividamente che ancora gli ritornavano alla mente le sfocate immagini di Mary, che con Carl stretto nelle braccia, spariva dietro la porta. Non capiva ancora, però, perché tutto ciò era accaduto, chi erano quegli uomini, e soprattutto cosa volevano dalla moglie? Pensò al futuro che lo attendeva. Non ci riuscì. Non riusciva a pensare a un futuro senza la moglie, tutti i loro progetti, tutti i loro sacrifici, gli erano stati strappati via in un attimo, sentiva un grande vuoto dentro. Cosa avrebbe dovuto fare? Non voleva che la voce si spargesse in giro, chi lo avrebbe creduto raccontando la verità dei fatti? Una lacrima gli rigò il viso. Era appena entrato in un tunnel buio in cui ora, in quello stato, non era certo se avrebbe mai più visto la luce. Si alzò piano da terra, imitando i movimenti calmi e docili della moglie per non far svegliare Carl, e lentamente, con lo sguardo perso nel vuoto, salì su per la collina, guidato da grandi alberi di abete piantati per delimitare la proprietà. Quando fu a casa mise Carl nella culla. Entrò in cucina, e osservò svariate cose, ognuna lo fecero pensare alla moglie. Vide il ferro da stiro caduto per terra, il lenzuolo in patchwork, i vestiti accumulati nella bacinella, alcune stoviglie sporche e solo a loro si rese conto di quanto non fosse stato d‟aiuto alla moglie. La poltrona era l‟unico oggetto che facesse pensare a lui. Uscì fuori in giardino e si sedette sull‟amaca dove solo poche ore prima era sdraiata Mary, con Carl in grembo, il sorriso stampato in faccia. Un forte brivido lo scosse. Tolse fuori dalla tasca del pantalone il medaglione della moglie e lo strinse forte nelle mani, in un atto estremo di disperazione. Un‟altra lacrima, questa volta più grossa, cadde dal suo occhio destro, scivolò velocemente sulla liscia superficie dorata del medaglione e andò a cadere sul pantalone
lasciando una macchia ben visibile. Non poteva starsene con le mani in mano e aspettare che il tempo facesse da se. No sapeva però a chi rivolgersi. Per qualche istante pensò persino di abbandonare Carl, di donarlo a qualcuno che meglio di lui avrebbe saputo prendersene cura. No, no, no ... non posso ... non è giusto. Bastarono solo questi pochi pensieri per far distorcere quella brutta, orrenda ipotesi dalla sua testa. Non aveva nessuno, eppure aveva un disperato bisogno d‟aiuto. Ripensò agli sbagli fatti in passato, sia lui che la moglie erano stati troppo attaccati al benessere del figlio, tutti e due si erano chiusi in una campana di vetro che li rendeva invisibili al mondo. Pensò a quello che una volta aveva ascoltato di nascosto dire alla madre di Mary rivolta alla figlia: non è mai bene affezionarsi troppo a una persona. Secondo lui aveva terribilmente torto.
Non è possibile non amare o voler bene qualcuno, è impossibile non avere sentimenti, è questo che dopotutto ci distingue dagli anim ... Il suo flusso di pensieri era stato inavvertitamente interrotto da qualcosa di più importante. Sapeva a chi rivolgersi: alla madre di Mary, Elisabeth. Sarà difficile pensò sarà davvero parecchio difficile. Era vero sarebbe stato davvero difficile, non aveva sue notizie ormai da molto, troppo tempo. Ma non aveva altra scelta, doveva fare quello che era giusto per suo figlio. Dopo una pausa di silenzio e riflessione, passata ad ascoltare il cinguettio degli uccelli mattutini e il dolce frusciare delle foglie, John si decise ad alzarsi. Rientrò in casa, estrasse silenziosamente Carl dalla culla e lo mise in una in vimini. Guardò l‟orologio - avrebbe avuto abbastanza tempo per fare tutto, mancavano ancora quattro ore per la pappa mattutina di Carl – e si diresse in macchina. Mentre scendeva giù per il paese provò a farsi forza, anche se in quel momento sembrava la cosa più difficile da fare. Non sapeva dove trovare Elisabeth, si ricordava solo della casa dove parecchi anni prima era andata a prendere Mary per il loro primo appuntamento. Parcheggiò la macchina di fronte una grande casa bianca, ricoperta in legno, rialzata da terra da quattro gradini e circondata da un grigio e spoglio giardino. Scese - pensò che sarebbe stato meglio continuare a far dormire Carl – e dopo essersi
accertato che lo sportello fosse ben chiuso, salì i gradini ed entrò all‟ombra del piccolo porticato d‟ingresso. Suonò una sola volta il campanello, aveva l‟aria di uno che solo dopo aver agito capisce di aver sbagliato. Stava per girarsi e andare via quando la porta della casa si aprì. Una donna di mezz‟età, con una lunga veste a fiori e dei capelli marroni raccolti in uno stretto scimion lo guardò dritto negli occhi, meravigliata.
“J-John?!” sembrava aver visto un presunto marito morto tornare dalla guerra.
John se ne stava zitto, spostando il peso del corpo da un piede all‟altro, aspettando o per lo meno sperando, che fosse la suocera a fare la prima mossa. Quella, senza aggiungere altro, si fece indietro o lo fece entrare.
“Ti chiederai il motivo della mia visita” John parlava senza calore, la bocca ridotta ad una fessura e rinsecchita.
“Ebbene?” chiese Elisabeth in tono altezzoso.
John si domandava come avrebbe fatto a dire la verità a quella strana donna. Come si può dire a una madre che la figlia è morta? Gli sembrava crudeli e inumano dirlo spudoratamente, ma prima che la ragione gli arrivasse alla mente, quell‟inconsapevolezza infantile lo pervase.
“Mary è morta” avrebbe voluto rimangiarsi tutto, avrebbe voluto schiacciare il tasto indietro del telecomanda, ma quella era la vita vera e niente avrebbe potuto farlo tornare indietro.
Elisabeth fu colta alla sprovvista. Le gambe non la sostennero più, si lasciò cadere a peso morto sulla poltrona alle spalle, improvvisamente sembrò che il suo fare da signora, fosse stato spazzato via dal più grande dei dolori. Guardò il genero, che come lei lasciò tranquillamente, senza aver paura che qualcuno l‟avesse visto, scivolare sulla guancia un calda lacrima. La donna sembrava presa dal panico, dalla paura, dal rimorso. La mascella gli tremava, così come ogni altra parte del corpo.
“Non è possibile” ansimò Elisabeth, lo sguardo del tutto assente.
John continuava a tacere, non sapeva cosa dire, sperò solo che la sua presenza bastasse; intanto la donna continuava a disperarsi, le mani portate sulla fronte a coprire le ormai evidenti lacrime.
“Non è giusto” John parlava col cuore “la amavo e ora invece ...”
In quel momento Elisabeth non lo ascoltava, perdere una figlia era un colpo troppo basso persino per una donna come lei, l‟aveva spiazzata completamente. Nella stanza regnò il più luttuoso dei silenzi, poi qualcuno parlò ...
“Com‟è successo?” domando Elisabeth secca.                                                                              “Non ne ho idea” rispose sinceramente John.                                                                               “Come non ne hai ide ...”
“Non lo so” la interruppe John fuori di se.
“Lo sapevo che sarebbe finita così. Non ho mai approvato la vostra relazione e questa è la conferma di quanto avevo ragione. Raccomandavo sempre mia figlia di intraprendere buone amicizie, buone scelte, ma sembra che abbia fatto tutto l’opposto. Ti conobbe e fu subito ammagliata da te, se ne andava per casa ripetendo il tuo nome come un cane che ha perso il suo padrone. Cosa avrei potuto fare io? Gli impedii così di frequentarti, ma lei come sempre non mi dette retta. Ha preferito te a me e ha deciso di sposarti, inconsapevole di cosa significasse un matrimonio, inconsapevole di quello che stava facendo.” Elisabeth sembrava essere ritornata in se, parlava con amarezza e asprezza, gli occhi evidenziati dalle lacrime. “E poi è successo quello di cui avevo maggiormente paura: che mi chiedesse di sposarti. Ma lei non lo fece, no; forse aveva paura, o forse mi riteneva semplicemente un ostacolo per la vostra relazione. Così decise di farmi fuori con un’arma facile ma allo stesso tempo efficace: mi tagliò fuori dalla sua, dalla ormai vostra vita, dalle sue scelte e da tutte quelle decisioni che una volta avrebbe preso solo con la mia approvazione . Diventò una spostata, ci vedevamo ormai poco, la nostra relazione divenne sempre più̀ complicata e tesa. Fin quando non ce la fece più e mi disse addio per sempre. Me lo ricordo come fosse ieri. È venuta qui dicendomi che se non avessi accettato te non avrei potuto avere lei. E così fu. Stetti male, davvero male. Pensavo però che sarebbe tornata una volta passata la fase di inizio matrimonio, in cui tutto sembra perfetto, tutto sembra andare per i verso giusto. Pensavo che una volta capito chi era veramente sarebbe tornata da me a gambe levate. Ma non accadde e mai accadrà”.                                                                           “Elisabeth” disse John quando la donna terminò di parlare “sono qui perché mi sembra doveroso dirti come stanno le cose. Mary era tua figlia, ma era anche mia moglie e l’amavo come non amo nessun’altro al mondo. Avevi ragione sul mio conto, anch’io ora che mi guardo alle spalle, con il senno di poi, mi rendo conto come sia stato all’inizio un cattivo esempio per tua figlia e capisco in pieno quanto tu possa essere stata contraria al nostro matrimonio. Ma sono cambiato, credimi…”                                                                                                   “Ah si” disse disprezzante Elisabeth “è come?”                                                                                                                                                                             “Grazie alla cosa più importante che ho in questo mondo”.                                                                                                                       “Che sarebbe Mary”.                                                                                                                                           “No” rispose sinceramente John, e alla sua affermazione Elisabeth rimase allibita “ma grazie a mio figlio”.                                                                                                                                                                      Improvvisamente il viso tirato di Elisabeth si sciolse alle parole del  genero. Presa alla sprovvista la vecchia non trovò altre parole da dire che: “Avete avuto un figlio? Tu e… e Mary siete diventati genitori... Io sono diventata nonna”.                                                                                                               “Si” affermò John “sei diventata una nonna. Mary da qualche mese aveva preso in considerazione la possibilità di venirti a trovare per farti conoscere Carl e penso proprio che l’avrebbe fatto se non fosse successo tutto questo. Mary desiderava tornare ad essere la famiglia unita che eravate una volta, le mancavi davvero molto e ogni volta per far addormentare Carl cantava una ninna nanna che diceva le cantavi sempre tu da piccola. Lei non ti ha mai dimenticato… e sono qui per chiederti di darci, anzi di darmi visto le cose come stanno, una seconda possibilità”.                                                                                            Elisabeth aveva ricominciato a piangere e improvvisamente, per la prima volta nella sua vita, guardò John come fosse suo figlio.                                                                                                                  “Ti prego Elisabeth” aggiunse John emozionato “buttiamoci il passato alle spalle”.                                                    Elisabeth si alzò e corse ad abbracciare piangendo John che non poté fare a meno di essere felice, nonostante tutto quello che era successo.                                                                                                  Dopo il caldo abbraccio di approvazione di Elisabeth che iniziò a far vedere un piccolo spiraglio di luce infondo al tunnel buio che fino a qualche istante prima lo tormentava, John uscì fuori casa e prese Carl dalla macchina. Lo portò dentro e Elisabeth non poté fare altro che continuare a piangere e portarsi le mani davanti il viso per l’emozione rendendosi finalmente conto di quanto aveva sbagliato con la figlia e con John negli ultimi anni.                                                                                                                    Prese Carl in braccio, un brivido caldo e pieno d’amore la percosse, quello aprì gli occhi sbadigliano e con una piccola manina se li strofinò. Vedendo Elisabeth non si mise a piangere, ma sorrise come se conoscesse il volto della nonna da sempre, come se quel volto gli ricordasse quello familiare di Mary.                                                                                                                                                 John vide davanti a se, per la prima volta dopo quella brutta sera, un futuro prosperoso per Carl che ne era totalmente sicuro, sarebbe cresciuto in una famiglia quasi del tutto normale, come tutti gli altri bambini della sua età, che non gli avrebbe mai fatto avvertire il vuoto lasciato dalla madre.                                             
 
  
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