Serie TV > I pilastri della terra
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Autore: vivix    02/12/2013    2 recensioni
Non avendo ancora deciso quale sarà il titolo della storia, per ora ho inserito quello del film a cui si ispira. Ci troviamo a Kingsbridge, dopo il primo attacco di William, Tom è morto, Jack è diventato un monaco ma Aliena ha ancora la sua fiornete attività e non si è sposata con Alfred. In questo contesto arriverà una forestiera che attirerà l'attenzione dei cittadini, in particolare di Richard...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente, libera
 
Da quando si trovava al castello, Beatrice aveva imparato a non dormire mai profondamente; perfino in quel momento, coperta di lividi violacei e ferite in via di guarigione, il suo sonno era leggero. Per questo, quando bussarono in malo modo alla porta, sobbalzò, drizzandosi all’istante. In un attimo fu perfettamente vigile.
Nessuno può entrare, sta calma, si disse.
Dalla notte in cui William aveva fatto irruzione nella stanza, non erano più stati i padroni della contea a tenerla dentro, ma era stata lei a non voler uscire.
I colpi contro il legno divennero più potenti.
-Dannazione, cosa cazzo ci hai messo qua avanti?!- il conte, come la maggior parte delle volte, era arrabbiato -Apri immediatamente!-
Non si preoccupò nemmeno di rispondere, ma l’uomo iniziò a minacciarla:-Se non apri, giuro che sfondo la porta e ti ammazzo!-
Silenziosamente, si avvicinò al mobile. –Che vuoi?- gridò di rimando.
Ci fu un secondo d’esitazione, poi rispose:-Ho una sorpresa per te.-
La ragazza percepì il sorriso che in quel momento doveva essere sulle labbra del suo aguzzino e capì che era una sporca bugia. –Non ti credo!-
L’uscio vibrò forte sotto i pugni del conte. –Ti avverto che sto perdendo la pazienza!Esci immediatamente o giuro che brucio questa dannata porta e poi ti spedisco all’altro mondo!-
L’italiana strinse i pugni. Aveva scelta?Spostò la cassettiera e l’uscio si aprì all’istante. Una grossa mano la strattonò per i capelli. –Stammi bene a sentire, strega,- le urlò a pochi centimetri dal viso -quando ti do un ordine non si discute. Hai capito bene?- la mollò senza aspettare risposta e Bea cadde a terra.
-Muoviti. Oggi facciamo una cavalcata.-
Lo fissò, sicura d’aver capito male. Il Signore sorrideva, come se ci fosse qualcosa di divertente che lei non afferrava.
-Seguimi.-
La precedette per i corridoi del palazzo. La ragazza fu convinta fino all’ultimo che sarebbero andati nel cortile, che era stato solo un brutto scherzo; invece, la portò alle scuderie. Quando riconobbe Tempesta, il cavallo di Lorenzo, gli corse incontro, ma non riuscì nemmeno a sfiorarlo. William l’aveva agguantata per il polso.
-Dove diavolo credi di andare, eh?-
-Hai detto..- provò a difendersi, ma quello l’interruppe. –Starai sul mio cavallo e se farai un solo passo falso, ti aspetta la fine del tuo amato fratellino.-
Nel sentire quelle parole, si sentì ardere il viso dalla rabbia. Provò a colpirlo, ma l’altro era pronto e scoppiò in una grassa risata. –Non è questo il periodo dei pomodori!-
Preparò un calciò, ma quello lo parò con facilità. –Né quello delle risse.- le disse –Muoviamoci, o faremo aspettare il nostro amico.-
Amico?La portavano da qualcuno?Non sapeva se fosse un fatto positivo o meno, ma si ripromise di tentare di fuggire appena ne avesse avuta l’occasione. Con suo enorme disappunto, però, questa non si presentò. William la tenne stretta a sé col braccio con cui teneva le briglie, mentre nell’altro stringeva un pugnale rivolto verso la sua gola. Affianco, cavalcava l’uomo che aveva assistito a tutti i loro duelli e grazie al quale, la prima volta, il conte l’aveva risparmiata. Per tutto il tempo, il signore ebbe un odioso sorriso stampato in volto, come se stesse pregustando qualcosa, ma lei non aveva la minima idea di cosa potesse essere. Ad un tratto, si stagliò in lontananza il profilo d’un paese. Un brivido le corse lungo la schiena.
-Che ci facciamo qui?- domandò.
L’aguzzino sorrise. –Ora vedrai.-
Si ritrovò a stringere convulsamente il pomello della sella. Non voleva che nessuno degli abitanti di Kingsbridge la vedesse in quello stato: probabilmente sarebbero stati contenti e lei non aveva nessuna intenzione di dar loro quella soddisfazione. Si tirò di più il cappuccio del lurido mantello che le aveva dato il tirapiedi del rosso.
-Voglio andarmene.- disse mentre un groppo le saliva in gola.
-Oh, non preoccuparti. Non ci fermeremo a lungo.-
Il nervosismo s’impadronì di lei man mano che riconosceva la strada: sapeva dove stavano andando. Scesero da cavallo avanti alla bottega. William le ordinò di entrare ma non si mosse, perciò l’afferrò per un polso. All’interno c’era penombra e sulle pareti si rifletteva la luce rossastra del sole che già tramontava. La padrona stava armeggiando con dei gomitoli di lana quando li sentì arrivare. Si voltò per accoglierli, un sorriso stanco sul volto, ma quando riconobbe i due uomini si ghiacciò sul posto.
-Aliena, che piacere vederti.- la salutò il conte, mellifluo.
Beatrice vide la mercante deglutire. –Che ci fai qui?-
L’altro mosse una mano, come a voler scacciare un insetto fastidioso. –Sono solo venuto a trovare tuo fratello. Sarebbe molto carino da parte tua se lo chiamassi un momento.-
La donna sembrò indecisa, poi urlò:-Richard!-
Passarono alcuni interminabili secondi, poi s’udirono dei passi per le scale, finché il ragazzo non fece il suo ingresso nella stanza. Come la sorella, s’immobilizzò per la sorpresa quando riconobbe il Signore di Shiring.
-Felice di rivederti.- lo accolse quest’ultimo.
La mano del moro volò al fianco, ma la spada non era assicurata alla cintura. –Cosa diavolo sei venuto a fare?-
–Quanto sei scortese, amico mio.- William fece un passo avanti, perfettamente a suo agio.  -Sono venuto fin qui per farti un piacere. Immagino che tu sia molto preoccupato per la scomparsa della compagna italiana…-
-Sei stato tu ad aggredirli!- il Guerriero serrò i pugni  -Lo sapevo!Dov’è Beatrice?Parla!-
Insieme al conte, si voltarono vero di lei anche i due fratelli che fino a quel momento a stento si erano accorti della presenza di una terza persona. Il Signore tese una mano verso di lei, ma pareva che i piedi fossero diventati di cemento. Lo scagnozzo le diede una spinta sulla schiena e l’altro l’agguantò. La strinse in una specie di abbraccio: con un arto le cingeva la parte anteriore della vita, mentre l’altro afferrò l’orlo del cappuccio. -Oh, ma è proprio qui.-
Strizzò gli occhi per la luce improvvisa e, quando li riaprì, entrambi i figli di Bartholomew la stavano fissando. Immaginò come doveva apparire. I capelli in disordine, la pelle bianca come un lenzuolo sulla quale spiccavano tagli rossi e lividi violacei, il viso gonfio per via dei pugni… Fissò dritto davanti a sé, senza avere il coraggio di incrociare gli sguardi degli altri due; avrebbe voluto scomparire.
Percepì vagamente Richard che avanzava lentamente verso di lei, fissò la mano tesa verso la sua pelle. Il cuore prese a batterle più forte e, sebbene non l’avrebbe mai ammesso, si ritrovò ad agognare con ogni cellula del suo corpo quel contatto leggero e delicato.
Ma non arrivò mai.
Il rosso la tirò un passo indietro. –Ah, ah.- fece rivolto all’armigero –Non si toccano le cose altrui.-
Il soldato spostò lo sguardo sull’aguzzino ed i lineamenti si trasfigurarono per via dell’odio che provava. Serrò la mascella e masticò:-Cosa le hai fatto, verme?-
Bea non poté vederlo, ma dal tono che usò, parve divertirsi un mondo. –Ci siamo solo svagati un po’. Bé…- fece una pausa studiata ad arte -diciamo che mi sono divertito più io che lei.-
Il viso dell’altro ebbe uno spasmo di pura furia, poi scattò verso di loro, ma William fece un altro passo indietro e le puntò di nuovo il pugnale alla gola. –Avvicinati e lei muore.-
Richard serrò i pugni e digrignò i denti, quasi fosse un animale selvatico.
-Sono venuto- continuò il conte –solo per informarti che è nelle mie mani, perciò, se vuoi che resti viva,- le strofinò le labbra sulla tempia ed ebbe un moto di ribrezzo -è meglio che Kingsbridge abbandoni questa dannata idea della fiera. E adesso, se permettete, noi togliamo il disturbo.-
Camminò come un gambero fino al cavallo e si misero in sella. Il Guerriero li seguì a distanza, ma non poté avvicinarsi.
Ben sapendo che era una sensazione assurda, Beatrice si sentì meglio appena il ragazzo non poté più vederla.
 
Quando arrivarono al castello era ora di cena, perciò l’italiana poté rinchiudersi nella stanza senza che nessuno la disturbasse. Nascosta dietro al letto, permise alle lacrime di prendere il sopravvento sull’autocontrollo. Il fatto che Richard l’avesse vista in quello stato la faceva sentire umiliata e in più, detestava la reazione che aveva avuto quando aveva provato a toccarla. Dopo tutto ciò che era successo a causa sua, era impensabile che lo guardasse ancora alla stessa maniera!
Dei leggeri colpi alla porta la strapparono dal dolore.
-Sono Elizabeth.-
Riprese il controllo di sé e le permise di entrare, poi riposizionò la cassettiera avanti all’uscio.
-Ti ho portato la cena.-
-Non ho fame.- rispose, sperando che l’altra non si accorgesse degli occhi rossi e gonfi.
La ragazzina le lanciò un occhiata obliqua e posò il piatto per terra.
-William ha raccontato dove siete stati.-
Le scappò una smorfia, ma la bionda non sembrò farci caso. In effetti, adesso che l’osservava meglio, sembrava di buon umore.
-Adesso che sanno dove ti trovi, troveranno un modo per aiutarti!- esclamò, infatti, eccitata.
-Non voglio l’aiuto di nessuno.-
La bionda la guardò seria. –Non fare l’idiota. In questa situazione non c’è spazio per l’orgoglio.-
-Non è questo.- mentì –Non voglio che provino a salvarmi perché moriranno. E’ quasi impossibile espugnare un castello.-
-Se tengono a te come ha detto mio marito, troveranno un modo.- disse, ma la sua sicurezza sembrò vacillare.
-Non potranno mai farcela senza un aiuto dall’interno.- ribatté, poi la scrutò a fondo. –Perché t’importa tanto?-
Gli occhi azzurri dell’altra si illuminarono. –Perché in questo modo, verrò liberata anch’io.-
Passarono alcuni giorni durante i quali nessuno la disturbò. Beatrice ne era felice: dopo l’ultima “sorpresa” del conte, si sentiva troppo svuotata per resistere alle sue torture. Non faceva altro che domandarsi cosa stesse facendo Richard in quel momento e, soprattutto, cosa pensava adesso che l’aveva vista tra le grinfie di William. Ma la tranquillità non durò a lungo perché una mattina le urla del rosso risuonarono di nuovo tra le pareti del castello. Appoggiò l’orecchio al muro, nel tentativo di capire cosa stesse succedendo. Qualcuno era scappato ma non riuscì a capire di chi si trattasse. Sentì passi pesanti risuonare nel corridoio e poi colpi contro la porta, ma questa volta si spalancò subito perché l’ultima volta che aveva fatto uscire Elizabeth aveva dimenticato di riposizionare la cassettiera al suo posto. Il Signore si diresse verso di lei e prima che potesse capire cosa stesse succedendo, le assestò un manrovescio così forte da farla crollare a terra.
-Dove diavole è andata, eh?-
-Non so di chi parli.- rispose mentre cercava di mettersi in piedi, ma l’altro l’afferrò per la gola e la sbatté al muro.
-Non fare la finta tonta!Dove cazzo è andata Elizabeth?-
Gli graffiò la mano, nel tentativo di liberarsi. Riusciva a stento respirare. –Non… lo so..-
-Smettila di mentire!- il viso stravolto dell’uomo era a pochi centimetri dal suo.
Cercò di prendere fiato. –Perché..non sarei… scappata?-
Il rosso urlò di frustrazione. La mollò all’improvviso ed uscì a grosse falcate, senza nemmeno chiudersi la porta alle spalle.
Tossì ed inspirò massaggiandosi la gola.
Dunque Elizabeth era fuggita.
Era rimasta sola.
 
Dalla finestra della stanza vide William partire con un gruppo di tirapiedi alla ricerca della moglie. Si appoggiò al muro, pensando freneticamente. Quello era il momento giusto per scappare, doveva farsi venire un’idea. Uscì di corsa dalla cella, volando attraverso i corridoi. Innumerevoli volte le sembrò di girare in tondo, tornò sui suoi passi, aprì porte, ma la verità è che non aveva idea di quale fosse la strada giusta: conosceva soltanto il percorso per dirigersi al cortile interno e di certo non era quello che cercava in quel momento. A un tratto si appoggiò contro il muro di pietra, per riprendere fiato. Si guardò intorno. Il corridoio era stranamente spoglio, privo di finestre.
Sono scesa troppo, pensò.
Stava per riprendere la corsa, quando una voce velenosa la fermò.
-Che diavolo ci fai tu qui?-
Era la donna dal viso sfigurato che a volte aveva notato mentre combatteva con William. Fece un passo indietro, incerta sul da farsi: magari l’avrebbe aiutata. Ma l’altra gridò:-Guardie!-
Si voltò di scatto e riprese la fuga ma in men che non si dica si ritrovò circondata. Gli uomini erano armati mentre lei non disponeva neanche d’un coltello, ma non le importava. Non avrebbe sprecato l’unica opportunità di scappare. Cercò di schivare i fendenti e di mettere i soldati l’uno contro l’altro, ma alla fine l’acciuffarono.
 
Di nuovo nella stanza.
Di nuovo chiusa dentro.
Sferrò l’ennesimo calcio alla porta, cercando al contempo di trattenere le lacrime. Sentiva di non riuscire più a sopportare quella situazione, stava impazzendo. Afferrò il vassoio che le aveva portato Elizabeth l’ultima volta e lo scagliò contro la parete. Ma quello andò a schiantarsi contro la finestra; il vetro si infranse in mille schegge emettendo un suono cristallino. Fissò per un momento il buco che s’era formato, quasi sorpresa che la sottile parete trasparente si fosse rotta, poi si avvicinò alla finestra, dalla quale si sentivano strani rumori. Brusii, grida di sorpresa, protesta, gioia. Si affacciò: sotto, era affollato come non l’aveva mai visto. C’erano un mare di uomini e donne che agitavano le braccia, saltavano, si inchinavano avanti a un gruppo di soldati. In testa, le sembrò d’intravedere la chioma bionda di Elizabeth insieme ad un uomo dalla fisionomia familiare. Un nodo le serrò la gola e sentì la speranza impossessarsi del suo corpo.
Gli uomini continuarono ad avanzare, fino ad arrivare dalla parte opposta alla quale erano entrati. La testa color grano si voltò verso la mora, sembrarono parlare alcuni secondi, poi scomparvero all’interno del castello. Dopo alcuni minuti, dei passi risuonarono nel corridoio seguiti dal tintinnio di una chiave inserita nella toppa. Bea sentì il cuore martellare come un tamburo nel petto e il respiro mancarle.
La porta si spalancò e ne entrarono la moglie di William e… Richard. Indossava l’armatura ma non era sporco né ferito.
Sentì la bocca schiudersi per la sorpresa. Era davvero lui, non aveva preso una svista.
Il ragazzo attraversò la stanza a passo veloce e l’avvolse tra le braccia. Per un secondo Bea rimase immobile, poi lo strinse con tutta la forza che aveva.
Dopo la perdita di Lorenzo e le torture che le aveva riservato il rosso, sentiva un assoluto bisogno di avere accanto qualcuno di familiare, qualcuno a cui, suo malgrado, sentiva di voler bene.
Dopo qualche secondo si staccò dall’acciaio freddo della divisa da combattimento. –Che ci fai qui?William..-
-Non è più un problema.- l’interruppe la bionda.
-Con l’aiuto di Elizabeth, abbiamo conquistato il castello.- spiegò il Guerriero.
Con le sopracciglia aggrottate, cercò di capire le implicazioni di quell’affermazione. –Significa che sei il nuovo signore della contea?-
-Sì, e significa che sei salva ora.-
 
Presto Richard dovette tornare dai suoi uomini per organizzare una difesa provvisoria del castello e poté tornare di nuovo da lei solo a sera inoltrata.
Il soldato si lasciò cadere pesantemente su una sedia e chiuse gli occhi per un attimo. –Sono sfinito e per fortuna non abbiamo dovuto nemmeno combattere!-
–Elizabeth ha ordinato ai cuochi di cucinare, prima.- poggiò un piatto sul tavolo  -Ti ho tenuto questo da parte.-
La guardò, negli occhi un miscuglio di emozioni che non riuscì a decifrare perché si voltò subito. –Grazie.- le disse.
Bea scosse la testa. –No. Sono io che dovrei ringraziarti: mi hai liberata.- confessò, ma senza girarsi. Mentre il ragazzo era impegnato, aveva avuto modo di guardarsi allo specchio: i capelli erano in disordine ma quel che era peggio, erano ben visibili i segni delle dita del conte sul collo e sul viso. Non voleva farglieli vedere, non voleva apparire debole, e poi, lo riteneva ancora il responsabile della scomparsa di Lorenzo.
Lo sentì alzarsi, poi percepì le sue dita leggere come una piuma sul braccio. Un tocco così diverso rispetto a quello a cui si era abituata nelle ultime settimane, da pensare quasi d’esserselo immaginato. –Non ce n’è bisogno. Ero pronto a morire in quest’impresa, ma ora l’unica cosa che importa è che tu sia salva.-
Si sentì arrossire così si spostò verso l’angolo più buio.
-Devo chiederti scusa.- continuò il moro. –La verità è che è tutta colpa mia. Non ve ne sareste andati se non ti avessi detto quelle cose.-
Restò spiazzata. Aveva immaginato che, una volta scappata da William, avrebbe potuto urlare tutto il suo odio contro Richard, accusandolo di tutto ciò che era successo. Invece, non riusciva a disprezzarlo, né era riuscita ad urlargli quelle cose. E ora lui si scusava. Si scusava e questo non faceva altro che renderla più fragile e insicura.
Cambiò argomento.  –So che adesso sarai occupato con la gestione della contea, ma io non posso più restare qui.-
Tra quelle mura si sentiva soffocare, le pareva di avere sempre il fiato di William sul collo, o che lui potesse spuntare dietro ogni angolo. Arrivare fino a sera era stato difficilissimo. -Devo andarmene…-
-Domani ti porterò da Aliena, ti sta aspettando.-
Alzò un sopracciglio mentre finalmente si voltava. –Mi aspetta?-
-Sì. Come James. E Jack e Martha.-
A quelle parole, le lacrime le invasero gli occhi.
 
La mattina dopo arrivò nelle scuderie all’orario stabilito, ma il soldato tardava e Beatrice iniziava a innervosirsi: i suoi nervi in quel periodo erano già stati messi a durissima prova e sentiva di poter esplodere da un secondo all’altro. Quando lo vide arrivare non gli diede nemmeno il tempo di aprire bocca. –Avevi detto che all’ora settima..- l’altro la bloccò alzando una mano.
-So che non ti separi quasi mai dalla tua spada così ho provato a cercarla.- le mostrò la mano che aveva tenuto nascosta dietro la schiena fino a quel momento:stringeva la sua lama. –L’ho trovata in armeria.-
L’afferrò, la strinse al petto, e parve che uno dei cocci della sua anima fosse tornato a posto.
 
L’armigero l’accompagnò a Kingsbridge, dove trovò Aliena, Jack, James e Martha pronti ad accoglierla. Furono tutti molto gentili, ma in particolare la mercante fu eccezionalmente premurosa.
Giorno dopo giorno, riprese contatto con la realtà, cercando al contempo di dimenticare le violenze patite.
Un pomeriggio era con James in riva al piccolo lago vicino al paese. Dopo una mattinata di giochi il bimbo si era addormentato sul suo grembo ed ora lei fissava l’acqua apparentemente immobile. A un tratto sentì il rumore di foglie calpestate e si girò di scatto, una mano stretta sull’elsa della spada che Richard le aveva riportato. Un uomo vestito di un saio marrone veniva verso di lei in groppa ad un asino. Allentò la presa: era Philip. Lo fissò mentre scendeva dalla sella e si sedeva affianco a lei.
-Aliena mi ha detto che ti avrei trovata qui.-
-A che cosa devo la visita?-
Il monaco si fissò le mani unite in grembo. –Sono qui per scusarmi, per quanto possa servire.-
Alzò per un attimo le sopracciglia, poi continuò a fissare l’acqua davanti a sé, imperturbabile.
-Non trovo pace da quando hai lasciato Kingsbridge. E’ solo colpa mia se tuo fratello è morto.-
Morto.
Era la prima volta che sentiva quella parola associata al suo gemello ed ebbe l’effetto di un pugno nello stomaco. Cercò di riprendere fiato, senza lasciar vedere quanto fosse afflitta. Quando fu sicura che la voce non avrebbe tremato, disse:-Siete qua per pulirvi la coscienza?-
Sentì lo sguardo dell’uomo su di sé. –No. La mia coscienza si è macchiata di un crimine che solo Dio, forse, nella sua misericordia, potrà lavar via. Sono qui perché mi sembrava giusto e se ho tardato così tanto, è perché mi mancava il coraggio d’incontrarti. -
-Vuole che la perdoni?- la sua voce era tagliente.
-Non mi aspetto che tu lo faccia.-
Non lo lasciò continuare. -E allora?Che diavolo è venuto a fare?-
Quello si fissò le mani unite. -Volevo dirti che mi dispiace. Ricattarti a quel modo è stato imperdonabile e qualsiasi cosa ti abbia detto in passato, ora non ha più valore: non c’è bisogno che sposi nessuno e puoi rimanere a Kingsbridge tutto il tempo che ti farà piacere, puoi comportarti e vestirti come vuoi. Non serve che ti metta abiti femminili, puoi indossare i tuoi soliti panni.-
Beatrice abbassò lo sguardo su di sé. Da quando era tornata da Shiring, non aveva più  messo pantaloni, anche se aveva continuato a portare la spada con sé. Aveva chiesto ad Aliena di prestarle qualche vecchia veste e lei, stranamente accondiscendente, l’aveva fatto. Aveva dovuto stringerli, perché il suo seno era parecchio più grande, ma alla fine era riuscita a darle due vestiti. Si lisciò le pieghe della gonna azzurra che indossava quel giorno.
-Non lo faccio per voi.-
L’altro sembrò sorpreso. –E per quale motivo, allora?-
Strinse le labbra e restò in silenzio così a lungo, che parve non volesse rispondere. Poi disse:-Perché tutto è successo a causa di quei panni.-
Gli occhi dell’altro si intristirono. Le mise una mano sul braccio. –Beatrice, quello che è successo è dovuto soltanto alla stupidità e alla malvagità degli uomini. I tuoi vestiti non c’entrano nulla. Anzi, la tua particolarità è un dono di Dio e dovresti conservarlo.- lentamente, con la stanchezza che trasudava da ogni gesto, il monaco tornò al suo asino, e a Kingsbridge.
Bea fissò l’acqua cristallina che aveva di fronte.
Non credeva in Dio, non ci aveva mai creduto, ma forse Philip aveva ragione. La sua peculiarità era un dono: le aveva permesso di salvarsi da Alfred, durante l’attacco al villaggio e poi da William. Senza, non sarebbe stata più la stessa.


Spazio autore
Ed eccomi di nuovo qui, ovviamente con enorme ritardo, ma penso che ormai vi siate abituati xD
La storia sta giungendo al termine (l'avreste mai detto? XD ) e credo proprio che questo sarà il penultimo capitolo. Per questo motivo mi piacerebbe che recensiste in molti: sono curiosa di sapere cosa ne pensate adesso che si avvicina il momento di salutare i nostri eroi =)
  
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