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Autore: 31luglio    02/12/2013    5 recensioni
Cosa succede quando una ragazza viene scoperta dentro la lussuosa villa del suo cantante preferito proprio da lui stesso?
Tratto da un capitolo:
Mi sdraiai sul divanetto e guardai il cielo. «Secondo te, le stelle quante sono?» chiesi, cercando di contarle tenendo il segno con le dita. Una, due, tre, quattro, cinque... Mi persi a cercare di individuare le costellazioni, quindi ricominciai. Dopo aver fallito una mezza dozzina di volte rinunciai, e tornai a guardare con aria sognante.
Mi rivolse uno sguardo divertito. «Sei proprio fuori.»
«Rispondi.»
«Non so che cosa dirti, Audrey.»
«Spara un numero.»
«L'infinito...»
«Come io e te in questo momento?»
Mi guardò nuovamente, sorpreso. «Sì» sorrise, «come noi due in questo momento.»

another Justin & Miley fanfiction
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(cap 6) he drives me crazy

 

Mi svegliai nel letto dalle lenzuola color panna della camera di Justin, di fianco a lui. Non ricordavo un granché in che modo e quando eravamo tornati a casa sua, né sapevo che ore fossero allora. Indossavo una maglia leopardata grigia e nera del ragazzo, mentre lui era a petto nudo.

Mi misi a sedere e ripercorsi mentalmente quello che avevamo fatto insieme quella sera. Avevamo fumato un paio di canne, avevamo ballato, ci eravamo divertiti. E, cosa più importante, eravamo andati a letto insieme. Improvvisamente mi ricordai di una cosa non indifferente: stavo da quasi due anni con un ragazzo. Mi passai una mano tra i capelli, delusa da me stessa.

«Merda» sussurrai, mentre una lacrima mi rigava la guancia. Mi alzai e mi diressi verso il bagno della casa, la stanza lì a fianco. Avevo combinato un casino. Un casino enorme che mi sarebbe costato terribilmente caro. Mi sedetti per terra, nell'angolo subito a sinistra della porta. Lasciai che le lacrime scendessero senza tentare di fermarle; ero un'idiota e non meritavo Aaron, nemmeno in una minima parte.

Come avevo fatto ad andare a letto con uno che conoscevo da appena due settimane mentre stavo con un ragazzo? Era stato il mio primo amore ed ero convinta che lo fosse ancora. Non ero ubriaca e l'effetto dello spinello era svanito almeno una mezzora prima che io Justin iniziassimo a litigare. Ero totalmente cosciente e tuttavia non mi era passato in mente nemmeno per un istante il pensiero che sarebbe successo un casino.

A parte quando gli avevo detto che non era giusto.

Era sicuro, decisi: ero una deficiente. Avrei perso il ragazzo di cui ero innamorata e tutto questo per colpa delle iridi nocciola di quello che era diventato molto più del mio cantante preferito. Adesso era il ragazzo che mi faceva smettere di ragionare.

Mi asciugai le lacrime con il palmo della mano, senza tuttavia riuscire a placarle. Poco dopo sentii Justin sedersi di fianco a me e stringermi a sé, lasciandomi sfogare. Passò vario tempo prima che parlasse: «Non piangere» provò a dire.

«Sono un'idiota» replicai con la voce che tremava.

Mi baciò i capelli. «Non hai fatto tutto da sola. Mi dispiace...»

«No. Ho iniziato io, è colpa mia.»

Sospirò a lungo. «Smettila di dire così. Le cose si fanno in due, chiaro?»

«È stato un fottuto sbaglio.»

«Hai intenzione di dirglielo?» domandò con un tono di voce che mi spezzò il cuore. Ottimo, stavo ferendo non una, ma ben due persone a cui, per ironia della sorte, tenevo più della mia stessa vita.

«È il minimo che possa fare.»

Sospirò profondamente. «Mi picchierà.»

«Probabile» confermai.

Mi diede una leggera spintarella sulla spalla, ridacchiando. «Dai!»

«Sto scherzando, non glielo permetterei mai.»

«Perché no? Sono stato io a combinare il casino.»

Appoggiai la testa al suo petto. «Non glielo permetterei mai. E lui non è il tipo che picchierebbe qualcuno.»

«Fa qualche sport violento?»

«Gioca a basket.»

«Interessante» disse. «Potremmo giocarci il tuo amore in una partita.»

Ridacchiai. «Stupido.»

Mi alzò il mento, facendo intrecciare i nostri sguardi. Mi sorrise tristemente, poi passò i pollici sotto i miei occhi, asciugandomi le lacrime. «Non piangere, okay? Andrà tutto bene.»

«Non andrà tutto bene, ma fa lo stesso. Ormai è andata e non si torna più indietro, no?»

«Ti starò vicino, te lo prometto.»

Sorrisi nel buio della stanza, lasciando che mi accarezzasse teneramente la schiena. «Scusa se ti ho svegliato» dissi infine. «Non era mia intenzione.»

«Non potevo lasciarti piangere da sola.»

 

Tornammo a dormire; quando mi svegliai erano le due del pomeriggio ed ero da sola nel grande letto del biondo. Lo trovai in palestra a fare gli addominali, ma non mi feci vedere. Tornai invece in camera, mi rivestii ed, infine, gli chiesi di portarmi a casa.

Ora ero in camera mia con addosso un paio di pantaloncini ed una maglia color verde spento ereditata da mio fratello. Stavo aspettando Heather per dirle cosa era successo tra me e Justin quella notte, senza sapere se avrei avuto il coraggio. Ero sicura che sarei scoppiata in lacrime e dalla mia migliore amica non potevo aspettarmi conforto: avevo sbagliato e lei non era una di quelle persone che cercava di tirarti fuori dalla merda quando c'eri dentro fino al collo, anzi; il più delle volte te lo faceva pesare ancora di più.

Sapevo però che non potevo nasconderle il tutto. Io e lei ci dicevamo qualsiasi cosa ci succedesse sin da quando eravamo piccole; non c'era niente che non sapesse di me. Aveva saputo subito che mi piaceva Aaron, come aveva saputo per prima che ci eravamo messi insieme e che avevo avuto la mia prima volta con lui.

Il campanello suonò e io presi un profondo respiro prima di alzarmi dal mio letto ed andarle ad aprire. Entrò tranquilla in casa, guardandosi intorno nonostante conoscesse perfettamente ogni angolo di essa. Sapevo bene cosa significava quel comportamento...

«Cos'è successo?» domandò poco dopo.

Appunto. Ogni volta che intuiva che avevo bisogno di parlare perché era accaduto qualcosa entrava in quella che era praticamente la sua seconda casa e osservava ciò che la circondava, prima di fare la fatidica domanda. Era allo stesso tempo rassicurante e inquietante: non potevi nasconderle nulla.

Mi schiarii la gola mentre chiudevo la porta della mia stanza. «Un casino enorme» dissi soltanto. Bastò quello per scatenare in me ogni emozione possibile: rabbia, delusione, tristezza... eppure sentivo anche un leggero senso di felicità, nonostante fosse sovrastato da tutti i sentimenti negativi. Una lacrima mi rigò la guancia e mi morsi il labbro inferiore per cercare di fermare le altre.

«Non piangere e raccontami.» Batté la mano destra sul letto su cui era seduta a gambe incrociate, come per invitarmi a raggiungerla. «Sono sicura che non è nulla a cui non si possa rimediare.»

Feci un paio di passi verso di lei con le gambe simili a gelatine. «Stavolta no» replicai, scoppiando a piangere. «È una cosa seria, Heath. E non posso più uscirne.»

Mi venne accanto e mi abbracciò. «Va tutto bene, piccola. Calmati e raccontami tutto, altrimenti non so come potrei aiutarti...»

Respirai a fondo prima di guardarla negli occhi e sputare quelle orribili parole: «Ho tradito Aaron» sussurrai.

Vidi l'espressione della mia migliore amica passare da dispiaciuta ad incredula; mi allontanò di scatto. «Cosa?» gridò. Poi scosse la testa. «Stai dicendo una cazzata.»

«Vorrei che lo fosse.» Mi passai una mano tra i capelli.

«Okay, calma» disse, «raccontami per bene. Quando è successo?»

Abbassai lo sguardo. «Stanotte.»

«Ma se eri a casa con tua s...» Impiegò poco per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, dopodiché la sentii deglutire rumorosamente. «Con chi?» domandò, la voce fredda.

«Lui» sibilai.

«Chi?» ripeté, nonostante avesse sentito e capito chi intendessi.

«Justin.»

Chiuse gli occhi; le labbra erano ridotte a una linea sottile. «Ti prego, dimmi che stai scherzando. Te lo chiedo per favore, perché altrimenti devo ammettere che la mia migliore amica sia una deficiente e mi rifiuto di credere che sia così.»

«Non so cosa fare.»

«Lo conosci da due settimane!» gridò. Camminò avanti e indietro in silenzio, con un'espressione delusa dipinta sul viso. «Dimmi almeno che si è trattato solo di un bacio.»

Sentii le gambe tremare. «Mi dispiace tanto...»

«Oh, no.» Rise amaramente. «Non ti dispiace, altrimenti non l'avresti fatto.» Fede un'altra pausa prima di rivolgermi un'altra domanda: «eri ubriaca?»

«No.»

«E allora si può sapere che cazzo ti è saltato in mente?» sbottò arrabbiata. «Lo conosci da due settimane e ci sei andata a letto, nonostante tu sia fidanzata! Cosa pensavi mentre lo facevi, eh? Aaron non ti è passato nemmeno per un istante in testa, vero?»

«Mi sento già abbastanza in colpa» abbozzai.

«Ci mancherebbe altro! Non è una cosa a cui puoi rimediare, Audrey. Non puoi nemmeno passarci sopra. Lo perderai.»

Aprii la porta e mi diressi velocemente in bagno, chiudendomi dentro a chiave. Mi appoggiai al muro e mi lasciai cadere, in lacrime. Sapevo che aveva ragione, eppure avrei voluto essere illusa per un secondo. Avrei voluto che mi dicesse che sarebbe andato tutto bene, nonostante sapessi che non sarebbe stato così.

«Apri» ordinò Heather da fuori. «Fammi entrare, adesso.»

Impiegai qualche secondo a rispondere. «Lasciami sola.»

«Apri!» urlò. Obbedii; chiuse la porta dietro di sé e mi guardò. «Sono arrabbiata e delusa, non posso negarlo» iniziò, sedendosi sul bordo della vasca, «però sei anche la mia migliore amica e non posso neanche lasciarti affrontare tutto questo da sola.»

Non risposi; tirai su col naso e mi asciugai una lacrima.

«Hai fatto una cazzata» continuò, «ma ti starò vicina ugualmente, come faccio da anni.» Si alzò e venne a sedersi di fianco a me, poi mi abbracciò. «Ora smettila di piangere, Audrey.»

«Sono una cogliona.»

«Sono d'accordo.»

Sul mio viso comparve l'ombra di un sorriso, che svanì poco dopo. «Io lo amo.»

«Aaron?»

Annuii, concentrandomi sul marmo delle piastrelle del pavimento.

«Mi spieghi perché l'hai fatto, allora?» domandò.

«Se te lo dicessi, penseresti che sono un'idiota.»

«Non preoccuparti» mi rassicurò stringendomi a sé, «lo penso già.»

Sentii i suoi occhi color cielo su di me; aspettava che le rispondessi. Respirai a fondo, torturandomi l'interno della guancia. «Non so esattamente cosa sia successo» iniziai, «un momento prima stavamo litigando e quello successivo eravamo attaccati. Non mi so dare spiegazioni, Heather. Mi manda fuori di testa...»

«Ho notato» disse. «Sei sicura di amare Aaron?» chiese sussurrando.

La guardai, eppure non risposi. Nonostante ciò che avevo detto poco prima, mi resi conto che non avevo una vera risposta.





















"girl i'm ready if you're ready now"
Hey guys, oggi inizio dicendo che Change Me mi spezza il cuore. 
Seriamente. E' una canzone troppo triste per essere vera e io boh... ora piango.
Ad ogni modo, lo scorso capitolo ha avuto quattro recensioni e sono (abbastanza) soddisfatta, tuttavia questa fan fiction è seguita da 20 persone, preferita da 22 e ricordata da tre (e vi ringrazio tanto) e, nonostante io sappia che la pigrizia è una brutta bestia che toglie la voglia di fare qualsiasi cosa, mi piacerebbe tanto ricevere qualche recensione in più.
Chiariamoci: non sono una di quelle persone che ne pretende in media 15 a capitolo, anzi, per me anche averne 10 è un traguardo che mi renderebbe enormemente fiera, però boh, dal momento che siete così in tanti a seguirla ne vorrei qualcuna in più, anche solo un paio.
Comunque vi ringrazio tantissimo ugualmente, spero che questo capitolo vi piaccia ed (ovviamente) vi prego di dirmi se è così o meno.
Come ultima cosa, vi lascio la gif di Aaron (mi scordo sempre di metterla):
 Aaron Parker Grint.
Non so voi, ma io mi sono innamorata.
Ora vi lascio.
Un bacio grande,

Andrea :)

   
 
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