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Autore: mrxanne    02/12/2013    6 recensioni
Immaginate un mondo in cui essere omosessuali sia normale ed essere eteri sia sbagliato.
Immaginate un amore che deve essere nascosto agli occhi degli altri.
Immaginate Justin, Edith e il loro piccolo segreto.
[..] Dal secondo capitolo.
“Grazie.” Lo ringraziai alzando lo sguardo e notai chi mi stesse fissando. I suoi occhi chiari alla luce della luna. “Sei bellissimo.” Mi uscì dalla bocca non volendo, troppo assonnata perché me ne resi conto.
“Anche tu sei bellissima nanetta.” Sentii le sue labbra posarsi sulla mia fronte.
“E’ tutto così sbagliato però.” Dissi accoccolandomi di più.
“Lo so.” E giuro di averlo sentito sospirare, o se non altro me lo sarò immaginata. Infine mi addormentai sul serio, non c’era posto migliore che finire tra le sue braccia. [...]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quattro.
 
 
“Resta con me.”
 
 
Quanto tempo sarà passato? Dieci, oppure venti minuti? Non posso fare a meno di fissarlo, è carino. Dobbiamo apprezzare la bellezza della natura no?

Certo, inventati un’altra scusa.

“Hai finito di fissarmi nanetta?” Sentii le mie guance avvampare. Allora non stava dormendo. Era sveglio, conscio che lo stavo ammirando.

Aprì gli occhi e mi guardò dall’alto e solo ora mi resi conto che ero ancora sdraiata sulle sue gambe, la sua mano nei miei capelli, fermi e rigidi tutto d un tratto.

Il suo sguardo era duro, non traspariva nessuna emozione positiva e mi fissava intensamente. Non ero uno di quegli sguardi che ti trasmettono calore e ti fanno sentire bene, questo ti raggelava il sangue, ti faceva sentire piccola e indifesa.

Mi spaventava.

Sentivo rabbia e tristezza colmarmi il petto. Rabbia perché sono stata una stupida a cadere facilmente dall’altra parte della linea sottile che divide due mondi così diversi. Invece, tristezza perché ero consapevole che i miei pensieri erano proibiti, sbagliati e perfino pensarli lo era, ma non riuscivo ad accettarlo.

“Allora?” Ripeté ancora freddo.

La sua voce ferma mi feriva. Non lo avevo mai visto così. Ero abituata a vederlo ridere, scherzare e a prendermi in giro ogni volta. Forse aveva finto per far contento Alex, sapeva quanto mio fratello ci tenesse a me.

Ma nonostante tutto ancora non capivo il perché si trovasse lì, vicino a me e che fino a poco fa, mi stava accarezzando i capelli. Era tutto troppo confuso.

“Niente, stavo cercando di capire il perché mio fratello fosse attratto da te.” Risposi alzandomi dalle sue gambe.

Dovevo sembrare indifferente, fargli capire che non mi faceva nessun effetto, che ero come tutti gli altri e non diversa. Essere come prima di incontrarlo. Ma dovevo ammetterlo, non era semplice, tutto ormai sembrava essere scombussolato nella mia mente. Tutto a causa di sguardi insistenti in un pomeriggio, un nomignolo, un inseguimento a un cane e una felpa.

Non era nemmeno passata una settimana ed ero ridotta in queste condizioni. Cosa mi stava facendo?

“Sei una ragazza e non puoi concepire il senso di bellezza maschile. E’ per questo che non possiamo stare insieme. ” I suoi occhi mi scrutavano intensamente, come se volesse leggermi nell’anima. “Intendo ragazzo e ragazza.” Aggiunse frettolosamente. “L’uomo e la donna, sono troppo diversi.” E poi finì di parlare.

Il suo sguardo mostrava troppe cose: ammonimento, freddezza, indifferenza eppure scorgevo anche la tristezza attraversargli gli occhi. Dal ragazzo solare e capriccioso era diventato un enigma da scoprire.

“Giusto. Non m’immaginerei mai una coppia tra eteri. Sarebbe troppo.” Cercai di suonare convincente e credo ci sia riuscita. Annuì con il capo, ma la sua espressione mostrava sempre quello: tristezza. Speravo che nemmeno la mia sembrasse distrutta, sorrisi di poco e mi alzai.

Lui rimase immobile lì, continuando a fissarmi mentre mi muovevo per la stanza alla ricerca di qualcosa che mi facesse dimenticare il dolore nascosto che provavo. Non potevo fargli vedere che ero a disagio per le sue parole.

“Hai fame?” Disse a un tratto rompendo il silenzio. Scossi la testa, ma sentii il mio stomaco stringersi all’istante e sembrò notarlo. “Se vuoi c’è un po’ di pizza sul tavolo, prima non ti volevo svegliare. Pensavo avessi bisogno di riposo.” Sembrò addolcirsi un po’, ma il suo tono era sempre così fermo e mi dava sui nervi. Non lo volevo vedere distaccato, lo volevo sorridente come sempre. Odiavo che mi stesse ignorando così su due piedi.

“Grazie. Anche per esserti preso cura di me, adesso sto abbastanza bene, puoi anche andare a casa.” Dissi grata, ma nel profondo desideravo che non se ne andasse, che restasse con me, anche con questo comportamento. Mi piaceva stare attorno a lui, anche se mi faceva innervosire terribilmente.

“Resto fino a quando non arriva Grace, l’ho promesso a tuo fratello e a Lara.” Nella mia testa sorridevo come un’ebete, ma fuori cercavo di fare un cenno con la testa e non dire niente. Almeno lo avrei avuto intorno per altre paio di ore.

“Uh, ok. Fai come se fossi a casa tua, come nell’ultima settimana.” Cercai di provocarlo, ma non ricambiò. O almeno, si limitò a fare un mezzo sorriso. Feci nulla di niente e me ne andai a mangiare.



***



Un tuono rimbombò per tutto il salotto, mentre il cielo cominciava a oscurarsi sempre di più. Solo pochi minuti fa c’è stato un black out e mi stavo letteralmente pisciando sotto dalla paura. Non era tanto per il buio stesso, ma era per i rumori che sentivo. Ad esempio: il ticchettio dell’orologio, il vento e la pioggia che sbattevano ostinati sui vetri e quello strano cigolio delle imposte delle finestre.

“Ma è normale che a Giugno ci sia un temporale del genere?” Borbottai mentre mi stringevo nella coperta azzurra.

“Evidentemente qui in California sì.” Mi girai verso il biondino che giocava con il suo cellulare, sorpresa dal suo tono di voce. Non freddo come prima, ma sempre indifferente.

Nelle tre ore precedenti avevamo solo guardato la tv, senza spicciare parola, salvo per qualche piccolo commento su una donna barbuta ma niente d’importante. Inoltre avevo dormito per un po’ senza accorgermene e lui dovette svegliarmi di nuovo per la compressa.

Dovevo ammettere che in quel momento, quando mi si era avvicinato così tanto di nuovo, mi ero sentita felice. Solo perché non mi guardava più con una faccia da ‘stammi lontana, se no ti ammazzo.’ Volevo solo capire cosa gli passasse per la testa, il perché del suo tale comportamento.

Sospirai, rendendomi conto che non ci sarebbe stato modo di capire e in quel momento il mio di cellulare squillò.

“Pronto?” Risposi senza guardare chi fosse il mittente.

“Tesoro.” Mi salutò mia madre Lara. “Stasera rimarrò in hotel. Non ce la posso fare a ritornare con questa pioggia, dillo anche a tua madre Grace quando arriva, ancora non riesco a contattarla. Non azzardarti a uscire con questo tempo, il vento è troppo forte e non si vede niente. Ok?” M’impose blaterando di tutto e di più e non feci altro che dire di sì come sempre.

“Justin è ancora lì con te? Se sì passamelo.” Mi disse a un certo punto, mi girai verso il biondino che mi fissava e gli passai il telefono. Mi guardò confuso, ma scrollai solo le spalle in risposta.

“Sì? Certo non ti preoccupare. Oh, grazie non dovevi. Capito. Va bene, adesso te la passo.” Rispose annuendo, poi si alzò mi porse di nuovo il cellulare e sparì nel buio della cucina.

“Tesoro adesso vado, ci sentiamo domani. Se il tempo me lo consente arriverò in tarda mattinata. Rimettiti mi raccomando.”

“Ok mamma.” E riattaccai ritrovandomi sola nella stanza.

Mi guardai in giro, tutte le più semplici figure che riuscivo a distinguere sembravano trasformarsi in cose orribili. Riuscii a sentire il biondino che trafficava con le ante delle credenze, buste che si aprivano e chiudevano. Mi chiedevo come riuscisse a vedere nel buio. Ah, giusto aveva il cellulare, che cretina.

Mi raggomitolai ancora di più nella coperta per sentirmi al sicuro, non sia mai che esca un serial killer da dietro la tenda pronto a uccidermi e a farmi a pezzettini. Poi ecco il miracolo.

Le luci di casa si riaccesero e dovetti sforzare i miei occhi per abituarmi al cambiamento. Fissai l’orologio appeso sopra l’arco della sala da pranzo e notai che erano già le sette e mezza.

Dopo alcuni secondi il biondino ritornò in salotto con in mano una ciotola di pop corn e due lattine di non so cosa e a mia sorpresa si sedette accanto a me con un lieve sorriso. Rimasi lì a fissarlo dubbiosa quando il mio cellulare vibrò. Aggrottai la fronte.

Da: Sconosciuto.

“Tesoro, sono mamma Grace. Il mio cellulare è morto, c’è stato un black out in ufficio e tutti stanno dando di matto perché si sono cancellati dei file importanti. Credo che dovrò restare qui fino a tardi come tutti gli altri e non è finita qui. C’è stato un incidente e le strade circostanti sono bloccate. Non c’è giorno peggiore di questo! Ho già avvisato tua madre Lara e so che sei in buone mani, perciò mi raccomando non uscite, state a casa e so pure che stai male. Rimettiti che ci vedremo domani mattina verso le sette. Ti voglio bene.”


Continuai a fissare il messaggio per un po’ di tempo e non mi resi nemmeno conto di star trattenendo il fiato. Questa era una notizia bella o brutta? Cioè una notte senza genitori – non è che mi cambia la vita – è sempre ben accetta, ma non so cosa aspettarmi dal restare sola con lui.

“Chi è?” Mi chiese a un certo punto.

“Mia madre Grace, dice che ritornerà domani mattina.” Risposi cercando di non guardarlo negli occhi, solo lassù sanno che cosa sono in grado di farmi.

“Ah, suppongo che dovrò restare qui per tutta la notte.” E sorrise. Bipolare. Questo ragazzo era sicuramente bipolare. Come si fa a cambiare atteggiamento in meno di venti minuti? Mi evita per tutto il giorno e poi puff mi parla.

“Ho qualcosa in faccia?” Mi chiese preoccupato toccandosi il viso. “E’ che mi stai guardando strano.” E’ solo che non sai quanto voglia toccarti il viso. Ecco, avrei avuto sicuramente bisogno di molto autocontrollo. Molto.




Justin Bieber.





Justin, Justin, Justin. Che stai facendo?

La mia coscienza rimbombava nella mia testa alla ricerca di un motivo, di una ragione perché a un tratto mi ero lasciato andare ai miei istinti.

Lo sapevo, ma non lo volevo ammettere che avevo ceduto, mollato quell’intenzione di evitarla perché era più forte di me. Per tutto il giorno, stavo solo cercando di tenere a freno quella voglia di abbracciarla, scherzare e parlare con lei. Il mio era solo una sorta di difesa, di autocontrollo. Alla fine però non ce l’avevo fatta e mi ero ritrovato accanto a lei su un divano a sorriderle come un cretino.

Perché avevo uno sfrenato bisogno di toccarla, ma non in quel senso sporco.

Il mio era un bisogno completamente diverso. Volevo poterla stringere al petto quando tremava per la febbre e anche in tutte le volte che mi andasse, senza dovermi preoccuparmi di chi ci stesse attorno. Avevo l’esigenza fisica e mentale di sfiorarla anche solo un minimo, anche solo per un attimo per sapere che fosse reale. E avevo bisogno di poterle accarezzare i capelli, come prima mentre dormiva, perché era solo in quel modo che la potevo sfiorare. Quando non era in sé. Così da evitare tutte domande o sguardi dubbiosi. Volevo poterglieli accarezzare anche mentre era seduta nella solita panchina del parco a leggere il suo libro. E di sfiorarle la schiena con le dita ogni volta che mi passasse accanto e di sentirla fremere sotto il mio tocco. Volevo poterla baciare e lasciare dolci baci sulle labbra tutte le volte che diventasse acida perché mi faceva troppa tenerezza. Volevo poterle accarezzare la guancia e dirle che è bellissima e che non aveva bisogno di correre ogni mattina. Perché io la vedo sempre. La spio sempre verso le sette passate a correre con la sua migliore amica e lei non se n’è mai accorta. In due anni non se n’è mai resa conto. Ma l’ha sempre saputo in qualche modo. Non voglio più sfiorarla con gli occhi come ho fatto per tutto questo tempo, non ce la faccio più.

Devo pensare a qualcosa, prima che tutto questo prenda il sopravvento su di me e non mi ritrovi a strapparmi i miei capelli in frustrazione. Per questa sera avrei fatto un eccezione, non mi sarei spinto tanto, ma dovevo fare qualcosa. Tutto sarà casuale e innocente.

“Ti posso chiedere una cosa?” Alzò lo sguardo e mi ritrovai a fissare i suoi occhi grigi.

“Immagino di sì …” Rispose un po’ titubante.

“Ti posso considerare come una sorella?” Per un momento mi guardò come se avessi parlato in arabo, ma subito dopo accennò un debole sorriso con fare esitante. Che diavolo sto combinando proprio non lo so, sono un cretino.

“Credo di sì, tanto è come se lo fossi. C-cioè tu e Alex, insomma hai capito.” Disse balbettando. Annuì e mi rilassai al mio posto.

“Allora che facciamo? Ci vediamo un film?”

“Ok. Però scelgo io.” Rispose dirigendosi verso lo scaffale con i DVD. “Vada per ‘Equivoci d’amore’”. Feci una smorfia di disapprovazione. “Hai ragione troppo stile natalizio. Vada per i Passi dell’amore.”

“Per forza un film romantico?” Sbuffai incrociando le braccia.

“Mio fratello mi avrebbe fatto lasciar vedere quello che volevo, perciò taci.” Mi disse guardandomi di sottecchi.

“Quando ti ho chiesto se potevo trattarti come una sorella non volevo dire che ti avrei viziata nanetta.”

“Qui comando io.” Disse mettendosi una mano sul fianco.

“Anche da malata sei così acida.” E buffa e tremendamente carina.

“Ed io che pensavo saresti diventato più gentile.”

“Per la cronaca mi sono preso cura di te per tutto il giorno.”

“Certo, giusto per far bella figura con Alex e le nostre madri.” Ribatté alzando gli occhi. Questo faceva male, peggio di uno schiaffo in pieno viso. Lei non poteva di certo capire il perché lo avevo fatto, non provava quello che sentivo io.

“Se è così che la pensi va bene.” Risposi senza trapelare nessuna emozione. Come se quello che c’eravamo detti cinque minuti fa non fosse mai successo e ritornavo a comportarmi come prima. La stavo ancora fissando e lei me, ma adesso con aria dispiaciuta. Teneva ancora il DVD in mano senza muoversi. Sembrò cercar di dire qualcosa ma non lo fece. Si limitò a far partire il film e si sedette poco lontano da me.

Restai il più immobile possibile, concentrando il mio sguardo sullo schermo, anche se mi era difficile perché desideravo poterla guardare. Mi odiavo per questo. Ogni volta diventavo sempre più vulnerabile accanto a lei e non riuscivo a trattenermi. Che stupido.

Passarono i minuti e il film scorreva sullo schermo colmando il silenzio che si era venuto a creare tra noi due. Era ancora lì avvolta nella sua coperta persa a contemplare i due protagonisti, la fissavo con la coda dell’occhio per non farmi notare. Non potevo sprecare così queste ultime ore. Dovevo dire qualcosa, ma mi precedette.

“Ok non ce la faccio più.” Disse voltandosi. “Ogni volta che facciamo un passo avanti ne facciamo due indietro. Questa volta so che è colpa mia e ti chiedo scusa per aver detto quelle cose su di te. Forse non sono nemmeno vere. E’ solo che non so mai come comportarmi attorno ai ragazzi eccetto che con mio fratello, perché non so come voi ragioniate. Non ho mai avuto un amico maschio ed è ancora strano per me. Sono sempre cresciuta pensando di dovervi evitare e poi un giorno arrivi tu e mi sconvolgi tutto su cui mi ero basata sin da piccola. Nel senso, mi stai simpatico per quanto fastidioso tu possa essere – e non ci posso ancora credere che potesse succedere - e alla fine non mi dispiace nemmeno essere amica tua. Mi piaci per mio fratello Alex e credo che la cosa più difficile darà cercare di stare attorno a te senza dover-” S’interruppe spalancando gli occhi come si fosse accorta di un errore nelle sue parole. La guardai negli occhi cercando di spronarla a continuare. Che cosa era difficile per lei? Che cosa non doveva fare attorno a me?

“In sintesi voglio che andiamo d’accordo come fratello e sorella come hai detto tu. Forse vedendoti in questo modo sarà più facile. Ok?”

“Va bene.” Riuscii solo a dire leggermente confuso. “Posso fare una cosa allora?” Annuì poco convinta ma ero comunque deciso a provarci. Presi quella ciotola che ci separava e la misi a terra con cautela. Mi fissava curiosa e cercai di sembrare il più calmo possibile nei miei movimenti, anche se l’agitazione era a mille. Mi avvicinai lentamente, il mio sguardo che non si staccava dal suo e lo feci. La avvolsi tra le mie braccia, con le sue mani premute contro il mio petto. Il calore del suo tocco si espanse su tutto il mio corpo. Da quanto tempo aspettavo quel momento? Di poterla abbracciare e sentirla così vicina? Avvicinai il mio capo alla sua nuca per poterla avvicinare sempre di più, non potrei mai averne abbastanza.

“I fratelli si abbracciano no?” Le chiesi dolcemente notando la mia voce bassa e piena di qualcosa di molto sbagliato. Annuì non proferendo parola e quando le luci e la tv si spensero all’improvviso la sentii sussultare e aggrapparsi velocemente al mio collo. Sentire una parte di lei pelle contro pelle mi faceva venire i brividi.

“Sc-scusa.” Disse allontanandosi di poco e un vuoto cominciò a farsi spazio dentro me.

“Fa niente.” E di nuovo le luci si accesero. Sbuffai irritato da questo black out instabile e notai Edith alzarsi e avviarsi per il piano di sopra. Che cosa avevo fatto?




Edith Price.





Non facevo altro che girarmi e rigirarmi tra le lenzuola nell’ultima mezz’ora da quanto me ne andai ‘correndo’ per la mia stanza. Justin non mi aveva seguito ed era un bene, almeno credo. Quell’abbraccio era stato così tremendamente piacevole. Non avevo più la forza di staccarmi ma dovevo. Inoltre, prima c’era mancato poco che gli svelassi tutto ciò che sentivo. Mi ero fatta prendere dall’impulso come sempre. Stupida. Stupida. Stupida.

Per l’ennesima volta mi rigirai verso la scrivania affianco al mio letto e notai un’ombra muoversi lentamente. Mi salì un groppo in gola dalla paura. Riconobbi una figura non molto alta e muscolosa.

“Justin?” Chiesi mettendo a fuoco la persona che lentamente entrava a testa bassa. Preoccupata mi alzai a sedere. “Stai bene?”

“Non lo so.” Rispose con tono confuso. “Non volevo venire qui. Ho girato per tutta casa in questa mezz’ora, sono passato per tre volte in cucina a sedermi e continuavo a ritrovarmi qui fuori. Da te.” Mi raddrizzai sul letto lasciando cadere le lenzuola attorno ai miei fianchi.

“Che è successo?” Domandai preoccupata.

“Non avrei dovuto trattarti in quel modo questo pomeriggio e tanto meno fare ciò che è successo prima.” Rispose. “Mi dispiace.”

“E’ tutto apposto, tranquillo.”

“No che è tutto apposto Edith.” E per la prima volta da quando era entrato silenziosamente in camera mia mi guardò negli occhi. Un misto di tristezza e dispiacere. “Dovevo vederti.” Disse più a se stesso che a me. “So che non è giusto. Ma dovevo farlo.”

Non ci potevo credere. Non potevo credere che almeno una parte di lui, non so quanto grande, sentiva ciò che provavo io. Non sapevo che dire.

“Lo so che adesso mi starai considerando come una persona strana o sbagliata. Ma non riesco a starti lontano o a non pensare a te. Prima pensavo che fosse una cosa innocua di cui non preoccuparsi. Pensavo che fosse solo simpatia dato che sei la sorella del mio attuale ragazzo. E solo lassù sanno come mi senta male per star trattando Alex in questo modo. Non odiarmi per questo ti prego.” Disse dispiaciuto abbassando di nuovo lo sguardo.

“Pensavo che tu mi odiassi prima. Stamattina ero quasi sicura di sì, poi sei cambiato tutto d un certo punto.” Dissi avvicinandomi pur mantenendo una distanza sicura.

“Odiarti?” Mi fece eco stupefatto. “Ero così, solo perché non volevo che ti rendessi conto di questo.” Disse mentre lentamente si avvicinava e mi sfiorava il viso con le dita e subito si ritrasse come se scottato. “Odio essere così.

“Non sei l’unico qui, fidati.” Ribattei trovando il coraggio per mostrarmi. Mostrare ciò che nascondevo da una settimana. Ci voleva così poco per cadere per qualcuno.

“Sai che è sbagliato vero?” Persi un battito a quelle parole. Cosa cercava di dirmi? Che nonostante tutto voleva fregarsene? Ma sarei pure egoista.

“Alex non si merita tutto questo.” Dissi allontanandomi di scatto. Non potevo fare una cosa simile a mio fratello.

“Lo so. Ma lo capisci anche tu quello che ci succede e non riesco a trovare la forza per allontanarmi.” Indietreggiai mentre continuava ad avanzare. Trasalii sentendo il muro a contatto con le mie spalle. Mi guardava dall’alto e la sua espressione era cambiata. Desiderio. Fece scorrere le dita dalla guancia alle mie labbra e ne tracciò il profilo con la punta di un dito. “Forse.” Mi disse. “Ora dovresti dirmi di non fare così.”

Ma non dissi niente. Non volevo. Ero stanca di dire no, di non permettermi mai di sentire ciò che tutto il mio cuore voleva che sentisse. A qualsiasi costo.

Justin si chinò, posò le sue labbra sulla mia guancia e la sfiorò leggermente. E quel tocco, seppur leggero, mi diede una scossa a tutte le terminazioni nervose, una scossa che mi fece tremare tutto il corpo.

“Se vuoi che mi fermi, dimmelo adesso.” Mi sussurrò. Ma continuai a stare zitta. Mi sfiorò con le labbra la tempia. “O adesso.” Seguì la linea del mio zigomo pronunciato. “O adesso.” Ora le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie. “O …”

Lo attrassi a me e le sue parole si persero sulle mie labbra. Mi baciò con delicatezza, con attenzione, ma non era questo ciò che volevo. Strinsi i pugni sulla sua maglietta tirandolo forte verso me. Gemette piano, poi le sue braccia mi avvolsero la schiena con fare sicuro.

“Resta con me.” Disse staccandosi lentamente. “Per stasera. Potrebbe essere la nostra unica occasione di stare da soli per una sera e ci sveglieremo come sempre.” Ancora avvinghiata al suo corpo lo trascinai per il letto. Lo sentii togliersi le scarpe ad ogni passo. Lo so era sbagliato, ma lo volevamo entrambi.

Ci sdraiammo e abbracciandomi da dietro mi baciò la tempia.

“Mi dispiace, lo so che non possiamo farlo.” Lo zittii stringendomi ancora più a lui. Mi sentivo sicura, beatamente felice.

Pensa a come ci sentiremo domattina. Pensa a quanto sarà più difficile fingere che non c’importi niente l’uno dell’altra davanti a tutti, dopo che avremmo passato la notte insieme, anche se sarà solo per dormire. Sarà come assaggiare una droga: ci farà solo desiderare di averne ancora.


____________________________





Note autrice:
Mi scuso per il ritardo, ma non ho avuto molto tempo per aggiornare.
Sarò breve, ringrazio tutte quelle persone che hanno recensito il capitolo precedente e anche gli altri due.
Grazie a chi ha lasciato un breve commento e a chi segue, ricorda e ha messo questa ff tra le preferite.
Non sono sicura che riuscirò ad aggiornare la prossima settimana, ancora non ho scritto il quinto.
Massimo aggiornerò in due settimane.
Niente recensioni, niente capitolo come sempre.
Vabè, a presto :) -A.
  
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