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Autore: RainbowCar    03/12/2013    1 recensioni
FF iniziata quando DAI non era ancora stato rilasciato. In questa storia gli eventi di Inquisition non sono mai accaduti: ho scelto di immaginare i miei eroi e le loro storie; personaggi nuovi che inevitabilmente incontrano quelli di DA:O e DA2.
"Era tutto perfetto. Mio padre e mia madre si abbracciavano sorridenti mentre mi guardavano giocare col mio fratellino. Il sole splendeva alto nel cielo e il lago Celestine luccicava come uno zaffiro. C’erano uccelli e cerbiatti, e nug. E c‘era un drago. Un drago enorme, mostruoso. Era venuto per uccidere."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Custode, Hawke, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I miei incubi furono interrotti poche ore dopo da alcune risatine. Non pioveva più, non sentivo più il rumore dell’acqua infrangersi sui teli scuri. Mi guardai attorno. Altelha e Sadine stavano ancora dormendo, ma da fuori proveniva una voce conosciuta.
Feron stava parlando con una donna, forse un’elfa? A giudicare da quello che diceva era un’elfa piuttosto disinvolta per essere una Dalish.
“L’ultima volta che ci siamo visti non indossavi tutti questi vestiti” aveva detto la voce femminile.
“Tu invece non ti disturbasti nemmeno a togliere i tuoi” aveva replicato il ladro.
Mi sistemai in fretta i capelli con le dita e mi sciacquai la faccia nel catino che ci avevano messo a disposizione, poi aprii la tenda e andai fuori per vedere di chi si trattava.
“Andraste! Siediti accanto a noi!” si affrettò a dire Feron quando mi vide apparire. “Voglio presentarti una persona speciale”
Il mio sguardo si rivolse alla donna. Non era un’elfa, era un’umana. Non era giovanissima ma di sicuro molto attraente e procace. Aveva labbra carnose, seni prosperosi, gambe ben tornite. E non faceva mistero dei suoi doni, mostrandoli con abiti succinti e fascianti.
“Lei è la mia amica Isabela, ci siamo conosciuti anni fa, per un certo periodo siamo stati…” si interruppe, quasi incerto se continuare o meno.
“Avanti” intervenne lei, “dillo pure, non me ne vergogno mica, ce la siamo spassata assieme, sotto e sopra coperta!”
“La mia bella piratessa non rimpiange di aver perso tempo con un giovane ladro sbarbatello?” la stuzzicò lui.
“Come potrei? Sei stato il mio allievo migliore… poi però ho dovuto farti andare per la tua strada”
Rise sguaiatamente, mentre Feron esprimeva sarcastico il suo disappunto.
“Ma come? Io ti amavo, hai spezzato il mio cuore, non te ne ricordi più? Era solo sesso per te?”
La naturalezza con cui usavano parole come sesso e amore mi stupì. Non mi aspettavo che Feron prendesse quelle cose così alla leggera. Questa Isabela di sicuro sapeva come far divertire un uomo, ma Feron non mi era mai sembrato il tipo da prestarsi a simili giochetti.
Ma dopo tutto cosa ne volevo sapere io? Sapevo solo che l’idea mi infastidiva.
“Ammettilo, il tuo amore per me non avrebbe mai potuto sostituire quello per Anders” insinuò lei.
Feron si fece immediatamente serio.
“Come sta?” le chiese, sicuro che fosse stata a trovarlo.
“Molto male. Non credo che sopravvivrà a lungo”
Ne approfittai per intrufolarmi nel discorso, sedendomi accanto a loro.
“Anche tu conosci Anders?” chiesi ingenuamente alla donna.
“Scherzi?” si intromise Feron, “non hai mai sentito parlare di Isabela, il terrore dei mari conosciuti? A Kirkwall è una leggenda. Per colpa sua l’Arishock ha distrutto mezza città e ucciso centinaia di persone!”
“Ehi! Per merito mio Hawke è diventata campionessa!” esclamò lei.
“Cosa che non le è servita a molto quando Meredith ha invocato l’annullamento del circolo”
“Beh quello è un merito che non va attribuito a me, e tu lo sai bene”
Non capivo se stessero litigando o stessero scherzando. Il sorrisetto di lei mi fece propendere per la seconda opzione.
Poi, d’improvviso, l’espressione della donna mutò.
“Ma quell’anello… io lo conosco! Dove l’hai preso?” mi chiese con espressione sbalordita, osservando la mia mano.
Feron mi anticipò.
“Gliel’ha donato il suo fidanzato. Un orlesiano, sai, gusti sfarzosi...”
Eh? Fidanzato? Ma chi…? Feron era convinto che fosse stato Deleric a darmelo?
“Ma che stai dicendo? Non ho nessun fidanzato!” affermai quasi arrabbiata per quella supposizione.
“Ma se l’ho visto inginocchiarsi davanti a te. E ora hai un anello al dito”
Aveva tratto la sua conclusione. Dunque ci aveva visti?
“Beh ti sbagli, non me l’ha regalato lui” mi affrettai a dire, sorvolando sul perché si fosse inginocchiato, “questo me l’ha regalato una mia cara amica”
“Per caso il suo nome è Merrill?” Hawke era uscita dalla tenda e ci aveva raggiunti appena in tempo per sentir nominare la sua vecchia amica.
Non sembrò stupita di rivederci, non quanto noi di vedere lei almeno, mentre ero sicura che Feron avrebbe voluto farle mille domande.
“Ci conosciamo già” spiegò poi seraficamente a Isabela, che indicò Feron facendo l’occhiolino alla sua amica.
“Davvero? Dunque conosci anche il giovanotto aitante di cui ti ho parlato?”
Poi a sua volta mi pose di nuovo la stessa domanda.
“Te l’ha regalato Merrill?”
“Sì” risposi stupita. La conoscevano? “Come fate a saperlo?”
Mi spiegarono del loro rapporto con Merrill. Lei e Hawke non erano andate sempre d’accordo ma Isabela aveva saputo mediare tra le due parti e alla fine si era creato un’amicizia indissolubile.
“Mi ha detto che era la cosa più preziosa che possedesse” raccontai loro. “Che gliel’aveva donato una persona per lei molto importate”
Riportai  il mio vissuto con Merrill, descrivendo il legame che si era creato e la felicità che aveva negli occhi quando stava tra le braccia di Connor.
“Io l’ho aiutata a realizzare il suo sogno e lei ha voluto ripagarmi in qualche modo. Se avessi saputo che per lei era così importante, avrei rifiutato”
“Se ha voluto darlo a te vuol dire che per lei sei importante, non sminuire il vostro rapporto” disse infine Hawke. “E poi a lei andava largo” sdrammatizzò, sorridendo.
“E così la gattina ha trovato l’amore, eh? Chi l’avrebbe mai detto!” commentò Isabela.
“Bene, mi piacerebbe restare qui ma devo proprio andare, mi sono trattenuta più del dovuto. Ma posso rimanere ancora un po’,se hai voglia di rivangare i vecchi tempi lontano da occhi indiscreti…” disse poi rivolgendosi a Feron.
Lui scosse la testa. “E’ una offerta invitante mia gentile signora, ma mi vedo costretto a rifiutare”
“Lo sospettavo”
Si alzò nell’istante in cui io tirai un sospiro di sollievo. Certo era bella, e anche sfacciata. Non si era fatta troppi problemi a proporre a Feron un rapporto sessuale, era evidente che certi argomenti non la mettevano a disagio. Forse sarebbe stata il tipo di donna che mia madre avrebbe apprezzato, fuori dagli schemi, dalle convenzioni, che faceva sesso per divertimento e non per amore come tutti si sforzavano di ostentare.
Ma il pensiero che l’avesse fatto proprio con Feron mi disturbava. Avevo sentito una fitta allo stomaco quando lei gliel’aveva riproposto e avevo ricominciato a respirare quando lui aveva rifiutato.
Isabela mi salutò e mi abbracciò sussurrandomi un “Prenditi cura di lui”.
Rimasi alquanto perplessa, che aveva voluto dire?
La piratessa poi salutò la sua amica, dicendole che le sarebbe mancata ma che sarebbe andata a trovarla presto, scherzando persino su quanta voglia avesse di rivedere l’ elfo sexy che viveva con lei.
  Quando Isabela fu andata via anche Liraya Hawke espresse il desiderio di ritirarsi, ma Feron la trattenne. A quel punto mi sentii di troppo e mi allontanai, lasciandoli parlare in pace del loro amico comune.
 
Era passato del tempo. Sadine era rimasta nella tenda, sembrava amare starsene per conto proprio, non la biasimavo di certo. Gulliack e Deleric si occupavano di contrattare col mercante per acquistare gli impiastri e il cibo, mentre Altelha raccontava una fiaba ad alcuni bambini. Avevano tutti qualcosa da fare. In un certo senso ero lieta di avere del tempo solo per me stessa.
Ne approfittai per fare un giro nell’accampamento. Non ero mai stata tra i Dalish prima di allora, per me era tutto nuovo, interessante, da scoprire. Ebbi modo di parlare con un elfo armato di arco e frecce, che mi spiegò il valore che veniva attribuito alla caccia come rito di passaggio per l’età adulta. Un altro invece mi istruì su quanto speciale fosse il legame con la foresta e le sue creature, in particolare con gli halla, bestie che non avevo mai visto prima. Erano fiere, eleganti, pure.
Provai l’impulso di tramutarmi in una di loro e correre libera per la foresta, inseguendo il suo richiamo. Non sapevo dove mi avrebbe portata ma desideravo abbandonarmi a quella pace, quella tranquillità che mi trasmetteva. Ero nata in una grotta in mezzo al nulla, lì ero cresciuta. Mi sembrava quasi di essere tornata a casa.
Vidi un’elfa che trasportava un vassoio dal contenuto fumante. A giudicare dall’odore, probabilmente radici bollite e spezie. Non sapevo se fosse un pasto o un unguento curativo, ma la vidi entrare in una grossa tenda situata al lato dell’accampamento opposto a quello in cui era il nostro alloggio.
Istintivamente mi avvicinai a quella tenda e attesi che l’elfa ne uscisse. Non appena mi vide, prese a giustificarsi, quasi mortificata.
 “Ci sono così tanti visitatori oggi, non siamo abituati a riceverne, spero che la nostra ospitalità sia stata adeguata. Vi occorre forse qualcos’altro?”
“Abbiamo tutto ciò che occorre, non preoccupatevi, non ve n’è motivo” la tranquillizzai, poi la mia attenzione si rivolse di nuovo alla grossa tenda.
“Chi alloggia qui?” le chiesi, curiosa.
“E’ un’ospite particolare, al momento non gode di buona salute e non può abbandonare il giaciglio, ma di sicuro non è una persona qualunque, non per gli she- ehm, gli umani, almeno. Anche per noi Dalish è una persona importante, seppur per motivi diversi”
La mia curiosità si fece più viva.
“Qualcuno di importante? E di chi si tratta?” chiesi con più insistenza.
“Io…non so se ve lo posso dire…beh, nessuno mi ha esplicitamente vietato di farlo dopotutto… ma sì, che c’è di male in fondo. Dovete sapere che in questa tenda alloggia Lady Cousland, l’eroina del Ferelden, nonché regina…” disse, quasi con tono reverenziale.
Rimasi basita. Non potevo crederci. La regina era lì? A un palmo dal mio naso? Se lei era lì forse c’era anche…
“E non è venuta sola…” continuò l’elfa, alimentando il mio sospetto.
Ebbi un tuffo al cuore. Possibile che la mia ricerca fosse finita? Mio padre era lì? A pochi passi da me? L’uomo che sognavo di incontrare da quando ero bambina era proprio lì? Era giunto il momento che aspettavo da sempre?
Sentii le mie gambe tremare. Ero sicura che avrebbero ceduto se l’elfa non avesse continuato a parlare.
“E’ venuta qui accompagnata  dal suo amico, quell’elfo biondo, Zevran mi pare”
Avevo sentito parlare di Zevran da mia madre. Un tipo simpatico, pareva. Ma in quel momento non era mia priorità incontrarlo.
Mio padre non c’era. Nonostante ciò non mi ero ripresa del tutto, avevo ancora voglia di scappare lontano, sebbene fosse proprio quello il mio scopo, trovare il re del Ferelden. La regina avrebbe potuto portarmi da lui, eppure non potevo presentarmi come nulla fosse, non avevo il coraggio di confrontarmi con lei in quel momento. Che le avrei potuto dire? ‘Sono la figlia bastarda di vostro marito’?
Sapevo che era una brava persona. Persino mia madre la stimava, la considerava la sua unica amica.
Ma dubitavo che mi avrebbe accolta a braccia aperte.
Dovevo andarmene, stare il più lontano possibile da lei, scappare, e in fretta.
“Ora però ha la febbre alta. Il suo amico dice che hanno mangiato strani funghi. La guardiana afferma che è una semplice febbre, ma secondo me c’è dell’altro…”
“Si rimetterà” intervenne Lanaya, interrompendo lo scorrere fluente delle parole di quell’elfa chiacchierona.
La guardiana ci aveva viste parlare e aveva pensato di intervenire per rassicurarmi sulla sorte della regina.
“Le basterà un po’ di riposo” continuò. “Puoi andare Calaeris” disse poi congedando la sua sottoposta.
Avrei voluto congedarmi anch’io, invece Lanaya mi trattenne.
“Volete incontrare la regina?”
Espressi diniego scuotendo la testa.
“Eppure credevo foste qui per questo”
Perché lo pensava?
“Io… vi ringrazio per l’ospitalità, ma ora dovremmo andare” mi affrettai a dire. Volevo lasciare quel luogo il prima possibile.
“Capisco. In tal caso, vi auguro di fare buon viaggio”
Mi allontanai da quella tenda, quell’insieme di teli il cui contenuto mi aveva resa pavida e timorosa, e raggiunsi i miei amici. Sembravano tutti pronti a partire, per fortuna. Hawke stava salutando Feron e Altelha, io mi accodai ai saluti e la vidi sparire dietro la sua tenda. Poco dopo ci raggiunsero anche Gulliack e Deleric. Sadine ancora non si vedeva.
“Dobbiamo andarcene” annunciai, decisa.
Nessuno protestò, sembravano avere tutti fretta di andare via per un motivo o per un altro.
Finalmente Sadine abbandonò la tenda, anche lei già pronta.
Ringraziammo la guardiana per l’ospitalità e riprendemmo il nostro cammino.
Era rimasta qualche ora di luce, presto ci saremmo dovuti accampare di nuovo, ma non aveva importanza, avevamo abbastanza scorte, ci eravamo riposati e rifocillati, non avevamo motivo di attendere oltre.
 
 
Non appena ne ebbi occasione, cercai di restare sola con Feron.
Mi aspettavo che volesse rivedere di nuovo il suo amico, così gli chiesi se ne avesse l’intenzione.
“Sono sicuro che non vuole che io lo veda nello stato in cui è ridotto adesso” mi aveva risposto.
Aveva gli occhi lucidi, lo capivo. Non l’avrebbe più rivisto, preferiva ricordarlo cosciente, forte, non consumato dal quel male.
Eravamo seduti davanti al fuoco.
Deleric mi aveva stranamente evitata per tutto il tempo, forse non voleva mettermi pressione, mi aveva promesso che avrebbe aspettato e lo stava facendo. Si era allontanato subito dopo aver cenato. Gli ero sinceramente grata.
Avevo visto Gulliack e Altelha andare a dormire assieme. Magari lei era riuscita a convincerlo a non aspettare oltre per consumare il loro rapporto.
Sadine si era ritirata molto presto. La sua tenda non era proprio vicina alle nostre, amava starsene per i fatti suoi.
Mi era sembrato il momento giusto per potermi avvicinare al mio compagno di viaggio, al mio amico Feron.
 
“Ero sinceramente innamorato di Isabela, così come lo ero di Anders” mi raccontò.
“Anders? Ma lui è…”
“Un uomo?”
“Non fraintendermi, non mi disturba la cosa, solo che non me l’aspettavo…” mi giustificai, seppur colta alla sprovvista.
“E’ comprensibile, la cosa sorprese anche me. Credo che fosse più un sentimento dovuto alla riconoscenza. Non c’è stato mai niente di fisico, solo amore spirituale. Mi sentivo devoto a lui, per quello che aveva fatto per me, per quello che era stato in grado di fare, per il coraggio che aveva avuto nel prendere decisioni difficili e conviverci per il resto della vita. Lo ammiravo  e forse ho confuso quei sentimenti con l’amore. Ero giovane… e mi struggevo per qualcosa che non capivo. Poi incontrai Isabela”
Accennò un sorriso malinconico.
“Per lei ho provato tutto. Passione, smania, desiderio. Amore spirituale, amore fisico. Mi concedevo totalmente a lei e lei si concedeva totalmente a me. Sapevo che per lei era solo sesso eppure mi sentivo fortunato, una donna così affascinante aveva scelto proprio me come compagno di letto e questo mi bastava. Sono stati mesi intensi, pieni, poi però le nostre strade si sono separate. Lei si era resa conto che per me era diventato qualcosa di più e ha voluto troncare”
Allungò le mani verso la fiamma, scaldandone i palmi. Stette in silenzio ancora qualche istante, poi continuò.
“Ci ho sofferto ma l’ho ringraziata. Con lei ho avuto una vita avventurosa, ho imparato molto, ma non è quella la vita che voglio. Sono stanco di dover ricorrere a mezzucci non sempre leciti per sopravvivere. E’ stato bello divertirsi, lo ammetto, ma adesso voglio una vita stabile, voglio una donna che mi ami davvero. Una casa in cui ritornare dopo essermi spaccato la schiena nei campi, un focolare acceso e un sorriso che mi aspetti la sera. Sono un abile ladro, ma sono anche un uomo…un uomo con dei sogni” abbassò lo sguardo, poi gettò un ramo sul fuoco, per ravvivarlo.
Provai una sorta di empatia inspiegabile. Lo capivo, ero anche io così, ero fuggita da una vita di solitudine, volevo anch’io avere qualcuno, avere una famiglia, avere un uomo.
“Posso chiederti perché mi abbracciasti quella sera? Te ne ricordi?” chiesi senza rifletterci troppo.
Sorrise.
“Certo che lo ricordo. Quella volta…mi rammentasti me stesso. Il me stesso di qualche anno fa. Quando ancora pensavo fosse tutto bianco o tutto nero. Ma tu al contrario di me impari in fretta, non hai paura di sbagliare e riesci a cogliere le sfumature, se ti vengono mostrate. C’è tanta ingenuità in te, inesperienza, eppure sei una ragazza, una donna anzi, forte,  intelligente, caparbia, ma conservi un velo di innocenza. Sei priva di malizia, sei sincera, dici tutto quello che ti passa per la testa senza farti problemi. Sei… sorprendente”
No, decisamente non stava descrivendo me. Non mi rispecchiavo nelle sue parole. L’innocenza non era una qualità che mi distingueva… non sapeva quanto male avessi fatto.
“Ho ucciso un uomo” confessai, di getto. “E ho causato molta sofferenza a un altro”.
“E allora? ”
Mi spiazzò. Pensavo sarebbe rimasto scioccato, invece non lo sembrava affatto.
“Non sono innocente come credi… non hai visto di cosa sia capace. Quello che ho fatto stamattina…io…”
Mi impedì di continuare.
“Grazie” mi disse prendendomi la mano.
La sua era così calda…
“Non lo avevo ancora fatto” proseguì. “Non ti avevo ancora ringraziata. Grazie per avermi salvato la vita. Per avermi riportato indietro. Ho creduto davvero che sarei morto, ma tu ancora una volta non mi hai abbandonato”
“Io non…”
‘Non me lo merito’ avrei voluto dirgli. Eppure non me la sentii di interrompere quel momento, la sua presa gentile, la mia immagine riflessa in quelle iridi smeraldo… Se ero egoista come credevo, dovevo anche approfittare di quegli attimi in cui mi sentivo veramente bene, e quello era uno di quegli attimi che avrei desiderato durassero a lungo.
Quindi rimasi in silenzio, perdendomi nei suoi occhi.
Fu lui a interrompere l’idillio.
“Ora è meglio che vada a dormire” disse alzandosi. “ A domani” mi salutò.
Una folata di vento mi investì facendomi rabbrividire nonostante il fuoco acceso.
Da non molto lontano, qualcuno ci aveva spiati.
 
 
 
  
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