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Autore: germogliare    03/12/2013    8 recensioni
Mi sentivo morire dentro ogni volta.
Nessuno mi dava pace.
Nessuno mi conosceva davvero.
Ed ero solo, perché nessuno mi aveva mai capito.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Chi poteva mai essere?
Notai un ragazzo esile con un vassoio pieno di biscotti in mano.
Alzai un sopracciglio, confuso da quella visione. Slacciai la catenella di sicurezza prima di aprire la porta e fissare quello sconosciuto con indifferenza, sbattendo le palpebre in continuazione.
Lui mi sorrise, aveva dei denti bianchissimi ricoperti da dei ferretti trasparenti, probabilmente dell’apparecchio.

“Ciao! Sono il tuo vicino, Niall. Mia madre mi ha chiesto di portarvi i saluti di benvenuto ed eccomi qui!” Rise, il motivo non lo sapevo. Continuai a fissarlo.
Aveva dei capelli castano scuro alla radice mentre il ciuffo davanti era biondo. Gli sorrisi per essere cortese e, sistemandomi per l’ennesima volta gli occhiali, arrossii.
“Io… -esitai prima di continuare a parlare.- Io sono Louis, piacere e… grazie.”
Lui ricambiò il sorriso, allungò le mani verso di me e mi porse il vassoio. Non lo presi; con una mano sorreggevo il mio panino, quindi mi scostai dall’ingresso e lo feci entrare.

Osservava la casa con lo stesso mio stupore di poche ore prima.
Sorrisi lievemente, guidandolo in cucina.
“Comunque Louis, giusto? Da che città o paese sei arrivato? Non ti ho mai visto prima.” Posò il vassoio sul tavolo e senza esitazione si sedette sullo sgabello. Lo imitai e poggiai il panino in un piatto sopra al tavolo, mordendomi appena l’interno della guancia, imbarazzato.
Avevo appena fatto entrare in casa uno sconosciuto ed io non ero abituato a socializzare. Ma cambiare città significa anche cambiare vita, no?
“Canterbury.” Risposi in un sussurro. Lo vidi annuire e toccarsi la barbetta appena pronunciata che aveva sul mento. Era carino, decisamente.
“Capisco. Non hai nostalgia degli amici o della ragazza? Se ce l’hai, ovvio.”
Era un interrogatorio, per caso? Sospirai, amareggiato delle sue parole. Ovvio che non avevo la ragazza, ma gli amici … Mi avrebbe preso per uno sfigato se gli avessi detto la verità; poi non mi fidavo, lo avevo appena conosciuto, quel Niall.
“No.” I monosillabi erano le migliori risposte che sapevo dare ai miei coetanei o agli sconosciuti, le chiacchiere le odiavo.
“Strano, io non so come farei se mi portassero via da qui.”
“Faceva schifo quel paese.” Mormorai secco, con disprezzo verso quel paese orrido. Odiavo ogni singola persona. Per me non era facile odiare… ma loro, loro erano persone spregevoli e piene di cattiveria.
Sgranò appena gli occhi per il mio tono, poi tornò subito tranquillo, porgendomi un biscotto. Lo assaggiai. Il profumo che emanavano quei gustosi biscotti era sublime.

 
“Chi li ha fatti?” Chiesi curioso mentre avvampavo nel notare il suo sguardo intenso scrutarmi.
“Mia madre! Ti piacciono?” Sorrise con soddisfazione, iniziando anche lui a mangiucchiare i biscottini.
Annuii in risposta con un cenno del capo, continuando a masticare.
Lui sorrise di nuovo, compiaciuto. Mi fissò il cappello, il ciuffo che fuoriusciva e infine il viso. Avevo lo sguardo basso, volto al bancone; odiavo il contatto visivo, ogni volta mi trasformavo in un peperone dall’imbarazzo che accumulavo in quei pochi secondi.
Ridacchiò.
Io alzai lo sguardo verso di lui per pochi secondi.
“Sei buffo.” Rise ancora, con la bocca piena.
Sputacchiò dei pezzi di biscotto in giro.
Feci una smorfia di disgusto, prendendo dal vassoio un altro biscotto per portarlo alla bocca e iniziare a mangiarlo.
Arrossii pensando alle sue parole e mi sistemai gli occhiali con l’indice.
Lui rise di nuovo.
“Che hai?” Sbuffai, infastidito dalle sue continue risate alquanto insensate.
“Niente, sei buffo. Mi piaci.” Rise per l’ennesima volta, grattandosi la nuca con una mano.
Rialzai lo sguardo e, per la prima volta, feci la linguaccia a qualcuno, al di fuori di mia madre.
Proprio in quel momento sentii dei passi provenienti dalle scale, sicuramente era lei. Sorrisi non appena la vidi ed il ragazzo davanti a me si alzò di scatto, andandole incontro. Le porse la mano e si presentò, sempre con quel suo sorriso brillante stampato in volto.

 
“Quindi tu sei il nuovo vicino, eh? Sei un bel ragazzuolo.” Fece mia madre ed io, dopo le sue parole, risi nel vedere Niall lievemente in imbarazzo.
“Sì, esatto. Ho conosciuto suo figlio, Louis. E’ suo figlio, non è vero? Anche se la vedo così giovane e potrebbe essere benissimo la sua fidanzatina.” Mormorò lui in risposta, con tono gentile e aria da leccapiedi. Mia madre era una bella donna, stile moderno ed appariva giovane a tutti, questo sì, ma le sue parole erano di troppo. La mia ragazza, anche? Impossibile, non lo aveva detto davvero.
Mia madre si mise a ridere, scuotendo il viso varie volte per negare la sua affermazione.
“Ma no, caro mio. Sono sua madre e poi non sono giovane come pensi.”
“Lei è una gran donna e la trovo moderna e giovanile.” Proprio come avevo detto, tutti la trovavano così.
“Oh, ma grazie, ora basta complimenti però.” Sussurrò e intanto andò vicino al ripiano di marmo a prendersi un biscottino. “Ora assaggio i biscotti fatti da tua madre.” Disse, assaggiandone poi uno.
 La sua espressione fu di gran sorpresa, le erano piaciuti molto.
“Voglio la ricetta. Assolutamente. Poi faccio un salto da tua madre, per ringraziarla e ovviamente anche per la ricetta.” Esclamò rivolgendosi al ragazzo, mentre finiva di mangiare il secondo biscotto.
Niall annuì, guardò il suo orologio da polso e spalancò la bocca, fremendo sul posto.
“Oddio, devo andare! Sono in ritardo per gli allenamenti! Vi saluto! Benvenuti ancora e arrivederci signora, ciao Louis.” Salutò mia madre con un cenno della mano e me con un bacio sulla guancia.
Lui se ne andò.
Rimasi basito.

 

***

 

Quel pomeriggio restai chiuso in casa, preparandomi mentalmente per il giorno dopo.
Dovevo andare a scuola.
Seduto sulla poltrona di camera mia, pensai a come sarebbe proseguito l’indomani e allo strano incontro fatto poco prima con quel biondino.

Arrivata la sera, dopo aver cenato con mia madre ed averci chiacchierato un po’ assieme, mi rifugiai nell’unica stanza della casa ancora vuota.
Pareti bianco sporco, la prima cosa che vidi. Si sgretolavano e lasciavano spazio al colore del muro sottostante: azzurrino sbiadito. Pensai che altre famiglie, vissute tempo prima in quella casa, avessero pitturato la stanza; chi con i figli, con la moglie o il marito; chi con amici, in compagnia; o chi solo, come avrei fatto io il giorno dopo.
Volevo trasformarla in una stanza musicale.
Amavo la musica, sapevo suonare bene il pianoforte e me la cavavo con la batteria. Nella mia precedente casa, infatti, avevo il pianoforte che mio padre mi aveva regalato al mio compleanno quando avevo ancora dieci anni.
Il pianoforte! Che stupido!
Corsi di sotto in salone, cercando mia madre. La ritrovai ancora in cucina, intenta a lavare le stoviglie.
“Ma’! Il pianoforte!” Urlai, con tono disperato mentre mi avvicinavo a lei freneticamente.
“Tranquillo, arriverà domani. Sapevo quanto importante era per te, è tutto apposto.” Rispose lei sorridendomi e avvolgendomi con le sue braccia il corpo.
“Davvero? Spero arrivi presto, voglio suonare.” Sussurrai, dandole un bacio umido su di una guancia per ringraziarla e ricambiai il suo abbraccio amorevole.
“Sì, ora prepara lo zaino per domani, non vorrai mica andare senza nulla!”
“No, certo che no, ma’!” Risi, sciogliendo quell’abbraccio caloroso, salendo con fretta nella mia camera.
Presi il mio zaino rosso dell’Eastpak, riempiendolo con dei quaderni vuoti e una matita nuova. Infilai una bottiglietta d’acqua in caso di gola secca e dei fazzoletti.
Misi la sveglia alle 8.00 a.m.
Tremai.
Dei brividi di paura, ansia, mi invasero il corpo come delle formiche invadono il proprio formicaio.
Tremai ancora.
Altri brividi, guance che pizzicavano, pelle d’oca sulle mie braccia.
Presi una coperta, me la avvolsi alle spalle e mi sedetti sul bordo del letto, cercando di placare quelle scosse di freddo che mi pervadevano secondo per secondo.
Mi distesi allora, vedendo che non finivano più e mi addormentai, tremante.

Bi-bip. Bi-bip. Bi-bip.

La sveglia, alle 8.00 in punto, iniziò a trillare come un campanellino.
Sbuffai assonnato, rigirandomi nel letto.
Lentamente aprii gli occhi e me li coprii con il dorso della mano, accecato dal sole che penetrava dalla finestra, sicuramente aperta da mia madre.
Rabbrividii, ora dal freddo che c’era in quella stanza. La coperta che avevo avvolto a me la sera prima era ai piedi del letto, il cuscino a terra ed io ero disteso sulle lenzuola disordinate.
Mi misi a sedere e chiusi le palpebre, riprendendomi dal sonno e dai giramenti di testa, causati dal mio alzarmi frenetico. Mi strofinai gli occhi con le mani chiuse a pugno e mi distirai, sbadigliando, una volta in piedi.
Andai al mio bagno personale e mi sciacquai il viso con dell’acqua fresca, anzi congelata, che fece congelare anche me.
Dopo essermi alzato e lavato, mi vestii con un maglioncino blu scuro e dei pantaloni jeans ma non troppo stretti, correndo in cucina per fare colazione.
Alzai lo sguardo, erano le 8.20.
La scuola non era né troppo lontana, né troppo vicina e dovevo andarci a piedi.
Velocemente mangiai, mi lavai i denti e presi il mio zaino, uscendo di casa dopo diversi minuti.
Iniziai a camminare lungo un vialetto ed osservai tutte le case, una accanto all’altra e così simili.
Mi faceva sentire a mio agio quel luogo, per ora.

 
Sbuffai dalla stanchezza, ero a metà strada ormai.
Deglutii non appena sentii dei rumori a me spaventosi alle mie spalle. Delle parole, dei passi, delle risate. Avevo fifa.
Sempre più vicine, sempre più insistenti, più paura invadeva il mio corpo.
Le mie gambe tremavano, ero un cacasotto.
Urlai a squarciagola quando mi sentii avvolgere il collo da delle braccia.
Il mio cuore scalpitava come un cavallo in corsa, i miei occhi spalancati per lo spavento.
Mi lasciò andare e mi prese per il polso.
Una risata fragorosa riempiva le mie orecchie.
Mi girai.
Il mio vicino, Niall.
Arrossii con violenza: le mie guance candide avvamparono fino a colorarsi di porpora.
Che imbarazzo, pensai.
“Urli come un checca!” Scherzò il ragazzo, dandomi una pacca sulla spalla e continuò a ridacchiare, piegandosi in due e tenendosi la pancia con le mani. Strizzava gli occhi e il suo respiro era corto, irregolare.
“Scusa se qualcuno mi ha assalito!” Ribattei urlante, battei un piede a terra e corrugai la fronte, formando un cipiglio.
“Che scena epica! Non me la dimenticherò mai!” Diminuì la sua risata, calmandosi e sospirò. Mi sorrise e mi fissò, incamminandosi lungo la strada ed io lo seguii.
“Muoviti, lumacone! Siamo in ritardo e il primo giorno non vuoi essere il ritardatario di turno, no?” Iniziò a correre, tirandomi per il braccio.
Scossi il volto per una negazione e corsi insieme a lui.

 

***

8.50 a.m.

L’orologio di Niall segnava quell’ora e noi eravamo già lì, davanti a quella struttura colma di gente. Mi mancò il respiro al solo pensare di entrarci e di essere sbattuto a destra e a manca lungo il corridoio nella tentazione di trovare il mio armadietto.
Niall mi guardò con divertimento, pizzicandomi un braccio. Lo guardai male e sospirai.

 9.00 a.m.
La campanella suonò ed io pensai di svenire.
Niall mi spinse avanti a lui e mi guidò fino all’entrata e in seguito alla segreteria.
Passati cinque minuti ad aspettare la segretaria che mi diede i fogli dell’iscrizione, la piantina di scuola e l’orario delle lezioni, iniziai a girovagare per la scuola e ad inseguirmi c’era sempre lui, il mio vicino.
“Ora che lezioni hai, Lou?”
“Storia.”
“Bene, ti accompagno e poi vado in classe. La terza ora dovremmo incontrarci.” Guardò il mio orario e “Sì, a matematica! Quindi, poi ti aiuterò.” Mi sorrise, un sorriso di quelli sinceri non falsi e come avevo pensato di lui, era una persona solare.
Ci salutammo e io cercai la classe di storia. Secondo piano, terza aula a sinistra. Fremetti prima di bussare e presi un bel respiro.
Entrai.
“Permesso...” Sussurrai debolmente, mantenendo lo sguardo basso.
“Oh, è lei il nuovo arrivato, uhm, dovrebbe essere… Tomlinson?” Una donna sulla sessantina d’anni mi squadrò da capo a piedi, sorridendo compiaciuta. Le sue labbra dipinte di rosso fuoco mi fecero tremare non appena le dischiuse e il rossetto le si appiccicò sui denti. Che orrore.
“Sì, sono io.” Dissi, cercando con lo sguardo un banco libero.
Mi sistemai gli occhiali e lo trovai, in fondo alla classe. Un colpo al cuore.
Un ragazzo dalla pelle ambrata, un ciuffo scompigliato e un sorriso beffardo in volto mi stava fissando.
Aveva le gambe distese sopra la sedia dell’unico banco libero. Comodo, no?
Mi maledissi con la mente per non aver saltato questo primo giorno, e intanto avanzavo verso di lui.
Posai lo zaino sul pavimento, accanto al banco e guardai il ragazzo, con terrore. Lui rise e scosse il volto, togliendo le gambe dalla sedia e lasciandomi sedere. Gli facevo già pena.
Un “Grazie.” Uscii dalle mie labbra fine e secche che mi leccai poco dopo per inumidirle e lui mi fissò, con un sopracciglio alzato e uno sguardo pieno di provocante. Deglutii e mi tolsi il beanie che portavo sulla testa, lo misi sul banco e presi un foglio sul quale, durante la lezione, avrei preso degli appunti.

 
Con la coda dell’occhio vidi che mi osservava, intanto io prendevo appunti dato che la professoressa spiegava la seconda guerra mondiale.
Ora si stava leccando le labbra, lui. Carnose, rosse, screpolate.
Mi morsi le mie, nervoso. Sospirai e mi sistemai il ciuffo ricadente sulla fronte, tornando a scrivere sul foglio.
Dopo diversi minuti, sentii qualcosa toccarmi la coscia.
Pensai fosse solamente una mia impressione quindi non mi mossi di un millimetro.
Sobbalzai, alzandomi quasi dalla sedia nel vedere e sentire la sua mano che stringeva la mia coscia e girai il viso verso di lui, togliendogli la mano velocemente.
Come si permetteva? Anzi, perché mi aveva toccato? Un test per vedere se ero omosessuale? La gente d’oggi ha troppa confidenza.
Lo guardai male e nel suo volto si stampò un sorrisetto da perfetto stronzo. Lo odiai.
Scrissi ancora, mezza facciata di appunti e di nuovo, per la seconda volta, mi ritrovai la sua mano sulla mia gamba. Lo lasciai fare, fregandomene. Avanzava sempre di più con la sua mano minuta ma non fece in tempo ad arrivare, pensai, al posto desiderato che la campanella della fine dell’ora suonò e lui ritirò la mano, scappandosene fuori dalla classe dopo avermi rivolto un’ occhiolino e un sorrisetto malizioso. Ringraziai Dio per avermi aiutato, altrimenti solo lui sapeva cosa sarebbe successo. Dovevo raccontare tutto al mio vicino.
Passai la seconda ora a sbadigliare, durante scienze e poi la terza, assieme a Niall fu una meraviglia.
Stranamente con lui mi sentivo bene nonostante la battuta della mattina che non mi era ancora andata giù. “Urli come un checca!” Peccato che io ero una checca. Mi chiamavano così a Canterbury, quindi ci stavo ancora un po’ male se mi attribuivano quel nomignolo. Speravo davvero che, quando lo avrei conosciuto meglio e glielo avrei confessato, non sarebbe scappato.

Finito il primo giorno di scuola.
Fuori dall’edificio scolastico io e Niall stavamo ridendo come due pazzi. Gli sguardi disorientati dei ragazzi attorno a noi erano bizzarri.
Corremmo fino a casa e lo salutai, con un abbraccio.
“Grazie.” Mormorai guardandolo nei suoi occhi azzurri ed arrossii.
“E di che, è stato divertente e riguardo a quel ragazzo, si chiama Zayn, Zayn Malik. Stai attento, è uno stronzo.” Mi avvertì, scuotendo il viso e sospirando. Mi diede due pacche lievi sulla spalla ed entrò in casa.
Feci lo stesso e corsi in camera.
Mi cambiai, indossai pantaloni della tuta neri e una canottiera bianca larga, indossando come al solito quel mio beanie.
Raccontai tutto a mamma della giornata passata ma non del ragazzo moro, di Zayn.

“Tutto bene e mi sono divertito con Niall.” Sorrisi mentre infilzavo la pasta con la forchetta e mangiavo.
“Mi fa piacere, finalmente hai trovato un amico.”
“Sì, ma se quando saprà di … di quella cosa, secondo te se ne andrà da me e mi odierà come hanno fatto tutti fin’ora?” Chiesi tristemente, solo pensando a quella possibile conseguenza.
“Se davvero ti vuole bene, no. Resterà e mi sembra un ragazzo intelligente.” Affermò lei, avvicinandosi a me.
“Quando hai saputo della mia prima cotta, alle medie, nemmeno tu l’hai presa molto bene.” Le ricordai con un sospiro successivo alle mie parole. Lei annuì, passandomi una mano lungo la schiena.
“E’ vero, ma sai … Per me è stato strano, ma non orribile.”
“Per tutti è orribile, mamma. Ogni volta che dicevo ad un amico che ero … che mi piacevano i maschi, scappava. Ed ho sempre questa paura.”

Mi consolò ancora per pochi minuti e dopo aver finito di pranzare, la strinsi forte a me, ringraziandola per ogni attimo in cui mi stava accanto, con quel piccolo ma grande gesto.

4.30 p.m. 

Decisi di uscire all’aperto dopo aver fatto un pisolino per più di un’ora. Uscii con il mio libro segreto, che tenevo come se fosse il mio diario.
Nel libro ci scrivevo le mie giornate, i miei spartiti per pianoforte, i miei segreti, ci disegnavo i miei scarabocchi data la mia poca vena artistica e i miei sfoghi.
Sì, in quel libro c’erano scritte più parolacce che segreti a mio parere ed è per questo che speravo che mia madre non lo leggesse mai, per nessun motivo.

Mi ritrovai al parco della città dopo diversi minuti  passati a passeggiare e ad ammirare quel luogo ancora nuovo per me.
Una fontana imponente e rotonda sorgeva al centro della piazza, contornata da mille fiori colorati, stradine di ghiaia e panchine di vernice verde screpolate, situate davanti a dei cespugli.
Vidi una panchina sotto un albero e mi ci fiondai. Amavo l’ombra e la solitudine.
Mi sedetti e accavallai le gambe come a formare un 4; presi il mio libretto e iniziai a scribacchiare qualcosa che mi passava per la mente.
Tutto andò bene fino a che qualcosa mi colpì in piena faccia e mi fece cadere a terra dal dolore.

 

Spazio autrice. 

Per sbaglio ho modificato il capitolo al posto di aggiungerne uno nuovo, sono una frana. c_c
Quuuindi non ricordo che avevo scritto qui.
Comunque, ringrazio tutte le persone che sprecano tempo per leggere questa cacchina, ringrazio chi mi aiuta, Mars e mia cugina e chi recensisce. Amo le vostre recensioni, almeno so che qualcuno è vivo!
Coomunque, se mi volete o avete bisogno di un  banner sono qui: nextolarry twitter .
Vi aspetto, alla prossima!

 

   
 
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