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Autore: UomoStagno    03/12/2013    0 recensioni
Un uomo confronta la sua psiche con la cosa che manda meno giù al mondo: la Società.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si era fermato davanti alla vetrina di un negozio di souvenir, catturato dai colori. Il suo sguardo passò da una maschera veneziana ad uno sgorbio piumato che doveva essere la riproduzione di un pappagallo. Con gli occhi ormai assuefatti di colori e mostruosità fissò ogni schifezza esposta in quel maledetto negozietto. Li guardò tutti, avanti e indietro, uno dopo l’altro e i colori cominciarono a mescolarsi. “Ma quella piastrina non era viola?” pensò mentre fissava una piastrina con un monumento impresso sopra. Le ghigne si incattivirono e le statue cominciarono a muoversi. Se le vide arrivare addosso. La maschera cominciò a piangere sangue, il pappagallo cambiò le piume in artigli, le piastre diventarono lame rotanti, i passi delle statue fumavano mentre avanzavano, le fatine divennero Goblin, i teschi divennero più marci. Continuavano a ghermirlo, ma lui non si mosse. Come ogni paura che si rispetti, non gli diede tempo di rispondere. I mostri lo guardarono fisso e dissero tante parole confuse. Le ghigne si inasprivano e minacciavano di morderlo.

-:Signore, tutto bene?:-

Si girò e cacciò un urlo.

-: M-m-m-mi scusi, s-signore.. :-
 
Si allontanò velocemente e sparì dietro il negozietto.
“Bimbo di merda… “ pensò Roderick. Scosse la testa e si diresse verso il centro città. Fissò ogni vetrina, ogni porta, ogni edificio senza vedere una persona, anche se le vie erano piene di vita. La sua mente ancora a QUELLA vetrina. Vagava coi pensieri in fatti accaduti ormai secoli e secoli prima, quando ancora era un bambino. I semafori divennero fantasmi di natali passati, i cartelloni divennero vecchi sogni, gli strass illuminati dai fari negli outlet mutarono in ricordi di felicità. Ma tutti quei ricordi erano d’accordo con una cosa: quelle cineserie che vendevano nei negozi di souvenir come quello descritto in precedenza lo hanno sempre spaventato. “Tutta colpa di quel libro d’arte che ho visto ieri.. Guarda te che cosa vado a ripescare... “
 
All’improvviso i colori si spensero. 
Tutto tornò come prima. Le persone erano tornate con mille emozioni confuse, i palazzi tornarono a vivere e i luccichii tornarono a governare le regole della città. Eppure si sentiva estraneo. Non capiva se il ritorno alla normalità era bene o male. Quelle visioni cromatiche avevano riempito i suoi occhi e inquietato la sua mente, ma quando i colori si spensero si sentì tranquillo e privato di qualcosa.
Imboccò la via di casa, più grigia del solito.
Entrò nella sua dimora, chiuse la porta, posò il cappotto sulla prima poltrona che trovò libera e si buttò sul divano slacciandosi la cintura. Cacciò un grugnito, poi si sistemò mettendosi nella posizione più scomoda possibile, per evitare di pensare. Ma non riuscì a evitare di fissare il muro. Lo sguardo si posò sul bianco della parete e non si mosse di lì. “Almeno il muro era bianco anche prima”. Il resto della stanza era bicromatica. Pure il poster degli Ozric Tentacles era bianco e nero.
Scosse la testa e tornò in sé. Si avviò alla ricerca del padrone di casa: il telecomando.
“Dove cazzo l’ho messo? Brutto bastardo.. Ah, eccolo.” Lo trovò in un angolo non ben definito della casa, tornò sul divano e accese il televisore.
All’improvviso i colori tornarono, ma dentro lo schermo.
  
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