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Autore: bimbarossa    04/12/2013    1 recensioni
Questa storia ha vinto il premio "Surprise me!" e "Delirious Rose ha detto sì" nel contest ADA-Associazione Divinità Anonime.
Hekátē, genio oscuro che realizza desideri inesauditi, inespressi.
Hekátē, il cui nome non solo significa desiderio, volere, ma anche Colei che colpisce, che agisce da lontano, da un passato non ancora passato del tutto almeno, e magari pronto a diventare futuro.
E tre femmine umane: una vecchia piena di rancore e rimpianto; una giovane hacker che si nutre di cibernetica e favole antiche; e Mari, bambina rom dagli occhi azzurri che vedono l'essenza della nobiltà e miseria delle persone.
Ognuna di loro, per quanto linda e innocente possa essere la propria vita, possiede una macchia, una piccolissima incrinatura procurata o cercata, un luogo ideale in cui tutte le speranze, tutte le volontà possono avverarsi. Volontà di vendetta, di appianamento dei conti, di comprensione e accettazione.
Ed è qui che la nostra Hekátē gioca sporco, pronta a passare sopra a chiunque pur di ottenere il suo pezzo, la sua libbra shakespeariana di carne umana, talmente umana e sottratta, strappata da esseri umani corrotti, da essere la sola fonte per un nuovo ritorno al divino.
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I bulbi oculari che sono rimasti, che sono stati così innocuamente tralasciati da Miss Perfezione, la mia aguzzina, sono il mio di pasto.

Ora che l'altare ha avuto i suoi sacrifici, gli altarini verranno svelati.

Il novantanovesimo pezzo di carne che quella mi ha lasciato, le briciole rimaste come un insulto e una prova del suo lavoro portato a termine, non sono andate perdute.

Le iridi sono scure, le ho viste prima di divorarle crude. Che saccente quella dei servizi sociali!

Si vede che non era adatta a questo lavoro, in fondo le ho fatto un favore.

Per capire, per comprendere i problemi delle persone devi essere vissuta a lungo, devi avere visto i secoli, i millenni passare e avvolgersi attorno a te, che non puoi morire, che non puoi vivere.

Dopo che l'ultimo obolo si è unito agli altri, mi sento quasi male.

Tutte le parti del mio corpo, tutte le parti che ho preso nei novantanove sacrifici, sono state inglobate, perché solo così posso tornare quella di prima.

Ci sono vasetti piene di polvere di vari colori, ocra, zafferano, hennè; poi ci sono le tinte e i colori brillanti moderni, acrilici, piene di conservanti, piene di modernità.

Metodi primitivi e contemporanei che l'uomo ha usato per esprimere il suo bisogno di rappresentare il mondo, una alternativa a quella che mi ha creata.

La nascita degli dei è funzionale per la stessa finalità.

Ed è la mia salvezza. Quello che mi ha permesso di sopravvivere al crepuscolo dei miei fratelli e delle mie sorelle.

Comincio a dipingere il mio splendido e ritrovato corpo. Niente più adipe in eccesso, niente sinusite o intolleranza al lattosio, niente cibi umani da digerire ed espellere. Non dovrò più faticare per andare al lavoro, sopportare il traffico, l'aria inquinata, lo scempio della Terra, la morte, la macchinetta del caffè; niente colleghe stronze e scorbutiche, niente uomini che ci provano anche se non gli piaci.

Sono di nuovo io, immortale davvero, perché anche se ho vissuto millenni non lo ero. Immortale non significa non morire, significa decidere il momento della propria morte.

Che cosa stai facendo piccola plebea?”

Mi volto, il bagno che si è trasformato in un'aula di arte che si fa più piccolo, che si fa enorme come la distesa gelata della Giudecca, l'ultimo cerchio infernale dove la spedirò, tra i traditori dei propri benefattori.

Infatti mi sono dipinta l'Inferno dantesco su tutta la mia carne, ma al contrario. Lucifero e le sue tre bocche sono in alto, nei miei capelli, di una sfumatura tra il giallo canarino, il rosso acero e il caramello; il petto, con il cuore di una donna mangiato perché costringeva la figlia a prostituirsi per i soldi, è la divisione dei fraudolenti, le gambe con i cerchi dei peccati capitali.

È bellissimo, decorato con bestie gotiche e punk, rifinito nella sua struttura a missile puntato verso le stelle con linee barocche e art decò.

Cosa speri di fare? Vuoi ribellarti? Io sono Hekátē, tu non lo sei più. Tu sei polvere. Polvere hai capito? Una pallida ombra di ciò che eri una volta. Adesso dammi la centesima anima che mi spetta e non mi seccare.”

Non rispondo e la osservo come un insetto, come l'insetto che è, poiché stasera viene sotto forma di un connubio da tipica mitologia greca, un'unione tra scarafaggio e donna.

Non può niente contro e alla statua ieratica e perfetta che le sta di fronte, che l'ha attesa al varco.

Se io sono un'ombra tu sei un riflesso, un riflesso lontano, che può tornare per pochi minuti se viene detta una formula, un'invocazione che non sa di nulla. Sei il mio riflesso, qualcosa di stantio, un'eco che ritorna e che è vuoto e che si sente grazie al vuoto. ”Parlo piano, le sillabe che si scompongono tramite le corde vocali di un prete che non sapeva cos'è il sacramento della confessione.

Le persone, il loro credere, la loro fede sopravvive ai secoli e al tempo. Per questo tu sei potuta rimanere; perché questo potere racchiuso in coloro che credevano in me e che mi pregavano nei templi e nei crocevia ti ha sostenuto in attesa che io, la vera Hekátē, detronizzata e riciclata potesse tornare, potesse respirare di nuovo la propria perfetta eternità.”

Mi avvicino allo scarafaggio con uno scricchiolio sinistro, di qualcosa di schiacciato e ridotto in frantumi.

Cento anime ci sono volute per ricompormi, affinché Colei che Agisce da Lontano, perfino da se stessa, che agisce da un lontano passato, possa avere un futuro.”

Ti sbagli. Sono solo novantanove.”

Che strafottente! La centesima è la tua. Sei tu l'ultima. Con la tua morte, con la morte del mio riflesso, l'ombra che sono tornerà a splendere nell'oscurità più nera.”

No, non puoi farmelo. Non puoi.......”

Ecco la foto. Sono io la foto.” Mostro il fisico dipinto, perfetto come il suo che si sta per sfaldare. ”Tu sei me e io te. Ma mentre io rimango tu sarai sacrificata.”

La donna scarafaggio cerca di negare, cerca di scappare, cerca di sfuggire ad una fossa che si è scavata da sola.

Ma è inutile.

Comincia a mangiarsi da sola, a divorarsi, ad auto-cannibalizzarsi, sino a che non resta più niente, nemmeno il sangue, perché i riflessi non hanno sangue.

Sospiro senza respirare, non ne ho più bisogno.

Sono di nuovo sulla breccia, sulle strade in cui i viandanti possono incontrarmi nelle notti più notturne, quando i cani ululano e la Luna si nasconde per la paura.

E un sussurro ti arriva all'orecchio.

Confessami i tuoi peccati, i tuoi delitti, e io ti renderò l'Inferno la più piacevole delle eternità.

  
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