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Autore: aryanns_    04/12/2013    2 recensioni
«Com'era la sua faccia mentre la uccidevi?»
Harry ride e «A dir poco spettacolare»
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopro di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di persone, né offenderle in alcun modo.

Harry sente il freddo congelargli la pelle e il senso di solitudine si fa spazio tra le sue ossa scheggiate. 
Respira profondamente e guarda oltre le sbarre: un uomo nella cella di fronte alla sua lo sta scrutando con un'aria assassina, come se fosse disgustato dalla sua presenza, e Harry lo riconosce. 
«Stephen, ancora qui?» l'uomo si fa spazio nell'ombra e il moro ora riesce a notare la sua barba folta e il corpo gracile, le mani piccole e i capelli corti e scuri, la solita bandana tra di essi e gli occhi nocciola.
Stephen ride, tossendo e «Potrei dire la stessa ed identica cosa di te, Harry» si alza in piedi a fatica e si appoggia ad una delle sbarre che li separano.
Nei suoi occhi c'è qualcosa che fa pensare a Harry che in realtà è arrabbiato, molto arrabbiato con lui. 
Tossisce ancora e si porta una mano alla bocca; quando si ricompone sospira e «La conoscevo» fa ancora più freddo di prima, adesso.
Il moro non si scompone, ma si avvicina alle sbarre come se volesse andare da lui e «Che mi importa?» sbuffa e «Anche io la conoscevo, se è per questo» ammette, nascondendo le mani nelle maniche della divisa. 
Stephen scuote la testa e «Non ti capisco proprio» ritorna a sedersi sul pavimento, nell'ombra, e continua a borbottare sottovoce. 
Harry sa cosa sta dicendo e le sue parole lo colpiscono come lame che puntano dritte al suo petto pallido e muscoloso e che lo uccidono lentamente proprio come ha fatto con «Kate!» grida Stephen che da un pugno al muro e «Diamine, Styles! Kate Morrison!» 
I muscoli delle gambe si contraggono e il moro vuole solo sparire e non ascoltare più le lamentele dell'uomo che lo feriscono senza ritegno.
Non vuole sentire cos'altro ha da dire e sopportare ancora le grida di Stephen, così posa lo sguardo sulla finestra rotta e rassicurata da delle piccole sbarre che ne impediscono il passaggio e «Non mi interessa»
 
 
 
 
 
 
 
Sente dei passi frettolosi farsi sempre più vicini e rumorosi e si avvicina alle sbarre per vedere chi sia: non è sorpreso di vedere una delle tante guardie carcerarie fargli cenno, segno che lo dovranno portare da qualche parte. 
La chiave gira nella serratura, sente il rumore dell'apertura e «Lavori forzati»
Harry annuisce e si lascia mettere le manette che a contatto con la sua pelle sembrano bruciare ed esce dalla cella, seguito dalla guardia che gli tiene stretto il braccio destro con una presa così forte che probabilmente lascierà segni sulla sua pelle. 
Camminando nel corridoio il moro sente tutti gli occhi dei prigionieri su di se, ma continua il suo cammino verso il campo dei lavori. 
La guardia apre la porta verde di fronte loro, e l'aria fresca del mattino scompiglia i capelli di Harry facendolo rabbrividire per un attimo, un singolo ma lungo attimo che gli riporta alla mente ciò che ha fatto e il freddo che faceva quel giorno.
Qualcuno gli passa un piccone arrugginito alla punta e con il manico di legno un po' rotto e traballante, ma Harry è troppo immerso nei suoi pensieri per vedere chi fosse, e si incammina verso il centro del campo, dove altri prigionieri stanno lavorando su delle rocce. 
Incomincia anche lui a puntare verso di esse e a dare le prime picconate e dopo un po', stremato, si da una tregua e guarda in giro. 
Una folta chioma bruna cattura la sua attenzione e «Non credevo che anche le ragazze lavorassero qui» si passa la manica destra della divisa sulla fronte, pulendosi dal sudore e dalla polevere. 
L'uomo al suo fianco si massaggia la schiena e e si raddrizza con una smorfia di dolore sul volto, respira lentamente e si volta verso il ragazzo. 
«Solo quelle che hanno fatto qualcosa di molto grave» 
Il moro si incuriosisce, ma riprende il suo lavoro e «Cosa ha fatto?» chiede, inconsapevole della risposta che riceverà. 
«Cose che non vorresti mai sapere» 
Harry annuisce e decide di non fare più domande: aspetterà.
 
 
 
 
 
 
 
Appena ritornato in cella viene accolto da Stephen che, con uno slancio, si alza in piedi e raggiunge le sbarre per parlargli e «Come hai potuto!» urla, catturando l'attenzione del moro che, appena sentendo quelle parole, rimane interdetto e incomincia a torturarsi le mani quasi congelate. 
Sbuffa e «Ancora con questa storia?» gli ringhia contro, creando nuvolette con il suo respiro a causa del freddo. 
L'uomo non si da per vinto e «Era mia nipote, prentendo di sapere» urla, e solo adesso Harry capisce quale fosse il legame tra i due e il perchè fosse così interessato alla sua uccisione. 
Lo ignora ed incomincia a contare le crepe sul soffitto che improvvisamente, ai suoi occhi, sono diventate molto più interessanti dell'essere partecipe ad una discussione con il suo vicino di cella. 
«Non ignorarmi» cattura la sua attenzione con un minimo sussurro, come se lo stesse pregando di dargli più informazioni su ciò che ha fatto. 
Il moro si siede sul letto impolverato e si passa una mano tra i capelli, tenendosi la testa tra le mani. 
«Era la migliore amica di mia sorella e avevo una cotta per lei da quasi cinque anni e lo sapeva benissimo, pensa che una volta mi ha anche baciato!» ride amaramente, ricordando quell'episodio, poi si schiarisce la gola e continua.
«Un giorno l'ho vista con un ragazzo e mi sono sentito così rifiutato che non ne hai idea. Allora ho colto l'occasione: doveva pagarmela e io volevo ritornare qui, strano ma vero. 
Quattordici accoltellate al petto. Non me ne pento per niente, sappilo» 
Stephen, che fin'ora ha ascoltato il breve racconto in silenzio, indurisce la mascella «Sei un bastardo.» gli ringhia. 
Harry annuisce, poi sorride e «Lo so»
 
 
 
 
 
 
 
«Harry?» il moro, che stava sonnecchiando nel suo letto, mugugnò qualcosa sentendo chiamarsi da una voce dolce e chiara. 
«Harry svegliati» borbotta un "che vuoi?" e alza la testa dal cuscino, si stropiccia gli occhi e pian piano mette a fuoco la figura di fronte a lui.
Non crede ai suoi occhi: forse sta sognando o forse no ma fatto sta che la ragazza in piedi nella sua cella è reale. 
«Kate?» 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Partiamo dal fatto che fa schifo: l'ho scritto tre volte eppure 
non riesco a scrivere nulla di eclatante...
Passiamo al fatto che questa storia è tratta da un mio 
sogno quindi, ovviamente, solo il prologo è tratto da esso e
la storia la devo continuare io e non è per niente facile. 
Spero che vi piaccia ugualmente :)
baci, aryanns_
  
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