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Autore: thedragontosaphira    05/12/2013    16 recensioni
Una mini long natalizia
Ispirata dal film Nine month, e rivisitata per l'occasione
Draco ed Hermione sono una coppia ben affiatata
Ma qualcosa arriva inaspettata a sconvolgere la loro routine
Dal prologo:
....
Il mio cuore perse un battito, non ero brava a mentire e, mordendomi il labbro mentre scomparivo veloce nel bagno, cercai di recuperare.
- Si, si .. Tutto bene, nessun problema, sono solo un po' stanca. -
Lo sentii rispondere
- Potevi dirmelo, avrei rimandato la cena. -
Dentro di me un tumulto, poi continuò con tono preoccupato
- In effetti ho notato che da qualche giorno hai delle occhiaie profonde e sei un po' pallida, magari sarebbe utile ti facessi vedere. -
Per poco non m strozzai con la mia stessa saliva.
" Si era accorto? E da quando era così attento, che sospettasse qualcosa? "
Mentre rieccomi sintonizzata sul canale della " Granger picture ", sentii delle voci provenire da basso, sicuramente gli ospiti erano arrivati.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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cap 3 giugno- luglio                                                                       Giugno-Luglio
                                                      cap 3








Questo capitolo lo dedichiamo a Barbarak, che domani compie gli anni.
Auguri di cuore da entrambi...









Saranno stati gli ormoni, saranno state le foto sui giornali di lui e della sua ultima bambolona  di turno, saranno state tutte quelle coppie che o si tenevano per mano o si scambiavano gesti teneri, sta di fatto che uscii dalla visita di controllo in lacrime.
Che stupida, chissà che mi credevo, aveva fatto presto a rimpiazzarmi.
Il sospiro che tirai sortì come un rantolo.
Mi sentivo sola in mezzo alla folla.
Camminavo come un automa, guardavo ma non vedevo.
Un unica certezza : ero sola, e sola avrei dovuto affrontare un lungo percorso nei mesi avvenire, e dovevo farmene una ragione, ma come sempre tra dire ed il fare...
Ma avrei avuto la mente occupata da controlli, ecografie magiche, acquisto del corredo per il bambino, decorazione della sua camera.
Insomma tutte quelle cose che normalmente si fanno in coppia.
Ci ero ricascata, tutti i miei buoni propositi di non pensare a lui, ma come si dice la lingua batte dove il dente duole, ed io avevo male parecchio. Una parte di me sognava irrefrenabile di un Draco al mio fianco, di amore e felicità, ma la ricaduta nell'orribile realtà era ogni volta un colpo al mio cuore sanguinante.

Ma io ero single. Le immagini di Draco che sorridente si stringeva a una donna dopo l'altra era stampata nella mia mente a fuoco, questo alimentava la mia angoscia, la mia solitudine, il mio dolore.
Mi sentivo tradita, abbandonata e soprattutto rifiutata, come un giocattolo che ormai è obsoleto ero stata buttata via e con me il mio bambino.


Il terzo mese, era stato quello che mi era pesato di più.

Ero giunta nella fase della consapevolezza.

Avevo realizzato che sarei stata una madre sola, che me la sarei dovuta cavare senza aiuto alcuno, vero potevo contare sui miei amici, ma non era la stessa cosa.

La verità era che lo volevo al mio fianco. Ne avevo bisogno, un bisogno per cui mi struggevo e che mi ruggiva dentro.

Cominciai ad odiarlo, ed ogni volta che leggevo un gossip su di lui o vedevo una foto, davo fuoco al giornale.

Se i pensieri avessero potuto uccidere, a quest'ora di lui non sarebbe esistito più neanche un capello.

Avevo trovato un piccolo appartamento e mi ci ero trasferita.

Certo non era sfarzoso come quello del viscidone, tale ormai lo consideravo, ma per me ed il mio piccolo almeno all'inizio sarebbe stato sufficiente.

Quella sera rannicchiata sul divano facevo zapping, senza trovare nulla che catturasse la mia attenzione ed i miei pensieri vagavano nei ricordi.

Era inutile mascherare ciò che provavo, qui da sola a me stessa potevo ammettere la verità che non avrei mai confessato a voce alta, mi mancava quel bastardo. E mi sentivo una stupida, lui mi aveva cancellato con tanta facilità, e io non riuscivo a “ lasciarlo andare ”.
Nella mia testa lui era ancora mio, e d ogni sua avventura, strombazzata prontamente in società, la percepivo come un tradimento. Non era giusto, non era saggio, era demenziale e mi spaccava il cuore a metà, ma era così che mi sentivo. Questa era l'amara consapevolezza di quella sera.

E una perla salata scese lungo la gota, solitaria come lo ero io.

 ***

 Che cazzo ci facevo lì? Neanche mi piacevano le discoteche.

Mi ero lasciato convincere da Theo, ed ora, oltre che pentito, ero annoiato. Mi guardavo intorno insoddisfatto, non c’era più gusto a serate come quelle, anche se mi sforzavo di divertirmi a tutti i costi.

La musica rimbombava nella sala, le persone sembravano degli invasati posseduti da chissà quale entità, visto come si muovevano.

Era il secondo mese che lei non faceva più parte della mia vita.

Mi mancava, ma stupidamente non ero ancora pronto ad ammetterlo.

Feci andare lo sguardo nella sala alla ricerca di una preda, qualcuna che avrebbe potuto prendere il suo posto, in fondo ero lì per questo. Ma era veramente ciò che volevo?

Un surrogato della donna che avevo fatto fuggire da me?

La compagna giusta, la donna che desideravo al mio fianco, l'unica degna di questo ruolo?

Stizzito da quei pensieri che mi pungolavano insistentemente, afferrai la prima che mi capitò a tiro e mi smaterializzai a casa mia.

Abituato ad ottenere quello che volevo, poco mi importò della flebile ritrosia della donna.

Ero arrabbiato, ferito, o almeno così mi pareva, e volevo dimenticare quelle emozioni tra le braccia di un'altra.

Poco importava chi fosse, l'importante era che si portasse via quel malessere che mi attanagliava, strangolandomi.

Ma anziché reagire, mi crogiolavo pensando di essere nel giusto.

In fondo non avevo le mai nascosto le mie idee, né i miei pensieri.

Lo sapeva che non ero pronto, sapeva che non volevo fare il padre. Non era colpa mia. Se credeva che avrei ceduto, beh, si sbagliava di grosso. Così imperterrito continuavo, saltavo da una donna all’altra, non duravano mai più di una notte e spesso nemmeno tanto a lungo. E più il tempo passava, più mi ostinavo, più mi arrabbiavo con lei.
 L’amarezza per essere costretto a ricorrere a queste pallide imitazioni di donne mi soffocava, alimentando la rabbia. Era colpa sua, lei mi aveva lasciato, lei mi aveva tradito.

 Lei e solo lei.

 E poi arrivarono i dubbi, seguiti dalle paternali e dai consigli non richiesti.

Un amico, poi un altro, tutti ad esprimere giudizi e pareri. Tutti a giudicare il mio comportamento. Ero io il cattivo, io colui che aveva sbagliato, e di grosso anche. Lei era solo la vittima, l’avevo abbandonata ed incinta per di più. E lei con dignità si era ritirata, lasciandomi alla mia vita priva di responsabilità, mentre lei se le assumeva tutte, comprese le mie.

Queste considerazioni si facevano largo nella mia mente.

Strada nell'animo fino alla consapevolezza più amara: mi mancava.

 ***

 Stesa sul letto, riflettevo, Ginny era appena andata via, mi aveva fatto una bella lavata di capo.

Aveva detto che comunque era giusto, chiaramente dal suo punto di vista, che Draco sapesse come procedeva la gravidanza.

Invece io ero contraria, l'aveva detto chiaramente non ne voleva sapere di noi, e se era interessato, cosa su cui avevo molti dubbi, poteva benissimo farsi vivo lui. E poi comunque non volevo forzarlo, non mi sarei umiliata a questo punto.
Non ci voleva? Bene, nemmeno noi volevamo lui.

Ma tolto il gossip, Draco era sparito, dissolto nel nulla come se non fosse mai esistito nella mia vita,  come se fosse una qualche star del cinema babbano ed io una fan che non lo avrebbe mai incontrato. E io? Io ondeggiavo tra dolore e rabbia, verso di lui, ma soprattutto verso me stessa, perché il mio cuore non voleva rassegnarsi e continuava a piangere il suo dolore infinito.

Ma spesso il fato ci mette lo zampino, spesso rema contro corrente, quasi sappia cosa è meglio per noi.

Il mio, o il nostro, fu affidato un gufo.


***

Avevo appena congedato la mia ultima fiamma, quando un picchiettio catturò la mia attenzione, tra le sue zampe un pacchetto.

Era indirizzato a lei.
Un errore sicuramente, lei non abitava più qui.

In un primo momento fui tentato di rispedirlo al mittente, poi la curiosità prese il sopravvento, e lo aprii.

Era un video magico, si vedeva mio figlio, il suo cuoricino, anche se appena abbozzato, era una parte di me ed una di lei, lui era noi.

Per la prima volta mi emozionai, avvicinandomi con la punta delle dita accarezzai quell'immagine tridimensionale.

E lì mi resi conto di cosa avevo perso, con la mia stoltezza avevo preso a calci la felicità. La consapevolezza mi piovve addosso come un macigno.

 Lei era la mia anima gemella e l’avevo respinta.

 Quello era mio figlio e l’avevo rinnegato.

Avevo avuto la sensibilità di una melanzana. Se pensavo a come mi ero comportato quella sera in cui mi aveva confessato che era incinta, mi sentivo un verme.
Lei aveva avuto paura della mia reazione, era così evidente, ricordavo bene la sua espressione timorosa e tesa, ed io da perfetto idiota le avevo chiesto cosa aveva intenzione di fare, come se la cosa non mi riguardasse affatto. Merlino, l’avevo ferita e a fondo, le avrei fatto meno male se le avessi affondato un pugnale nel cuore.
Quando era uscita dalla mia vita non mi aveva nemmeno degnato di uno sguardo, a testa alta era uscita, ma era a pezzi. Ed io non lo avevo capito, avevo pensato solo a me, al sollievo di non dovere assumermi responsabilità che non volevo.

Mi sentivo l’essere più meschino di questa terra.

Non mi avrebbe mai perdonato.

Disperato mi strappai di dosso il pantalone della tuta, unica cosa che indossavo, e mi schiaffai sotto la doccia. Volevo cancellare con l’acqua l’odore della donna appena uscita che avevo addosso, l’odore di sesso. Avrei voluto anche strapparmi dalla mente i ricordi ed i sensi di colpa allo stesso modo.

Rimasi sotto l’acqua a lungo, appoggiato con le braccia alle piastrelle, la testa bassa, meditavo sulla mia stupidità. Ricercavo un modo per farmi perdonare da lei, ma non lo trovavo. Se fossi stato al suo posto non lo avrei mai fatto.
Per la prima volta dopo anni piansi, lacrime silenziose e rade. Cosa potevo fare?

Poi però mi sovvenne in mente che lei non era me, io non avrei mai perdonato, ma lei aveva un gran cuore, forse quindi avevo una possibilità. Lentamente mi ricomposi e giurai a me stesso che se mi avesse perdonato, mai  più avrei commesso un errore simile.

Dovevo tentare, anche se non sapevo come, avrei dovuto riconquistarla, e sapevo che non sarebbe stato facile.

Con lei nulla lo era. Non che potessi darle torto.

Ma ci dovevo provare, forse ero ancora in tempo, forse mi avrebbe perdonato, forse mi avrebbe permesso di fare parte della loro vita.

Dovevo solo trovare il modo….
Dovevo ottenere il suo perdono.
   
 
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