CAPITOLO 22
Fulmini a ciel sereno
Durante quell’epoca di guerra, non tutti ritenevano che l’istruzione
superiore fosse fondamentale, anzi la maggior parte dei genitori preferiva
insegnare ai propri figli un mestiere, in modo che fin da giovani
contribuissero economicamente alla vita familiare. Per altri invece, il diploma
significava motivo di orgoglio e di vanto, era una specie di simbolo di
“civiltà”. Senza contare quanto fosse importante conoscere in modo approfondito
la Storia: l’origine della Caccia, come sono fatti i Vampiri, che cos’è la
Magia, chi erano i Maghi e gli eroi che
si erano sacrificati per il bene comune... In pochi però riuscivano a terminare
il percorso scolastico. Buona parte rinunciava non appena trovava
un’occupazione retribuita, qualunque essa fosse. Altri non potevano permettersi
di comprare i libri, nonostante i costi bassissimi. Altri ancora,
semplicemente, non arrivavano alla maggiore età. I Cacciatori più giovani erano
costretti da Julian a frequentare la scuola, perché dovevano sembrare
normalissimi adolescenti che uscivano di casa soltanto dopo l’alba. Per Phoebe
e Rob era sì stancante, ma lo facevano volentieri: nessuno dei due aveva mai
avuto problemi a imparare nozioni e sostenere compiti in classe. Nonostante
questo, Phoebe quella mattina temeva la scuola più di un Demone Mentale. Aveva
sognato Alfred che provava a baciarla e lei che scappava fino a perdere il
fiato, solo che alla fine entrava in un vicolo cieco. Per fortuna a quel punto
sua madre l’aveva svegliata. Mentre si sistemava i capelli nel solito modo
volutamente arruffato, continuava a chiedersi cosa avrebbe fatto quel giorno,
nella prossima settimana e nel resto della sua vita. “Come ho potuto cacciarmi
in questo guaio!?”
« Phoebe. » Sua madre la chiamò un attimo prima che uscisse di casa. Phoebe
si fermò sulla soglia senza rispondere. « C’è qualcosa che non va? Che è
successo? »
« Niente » sbuffò la ragazza. Non si poteva nascondere mai nulla a casa
sua!
« Non hai toccato la colazione » osservò la signora Wyerth, indicando la
tazza colma di latte e il pane intatto.
« Non ho fame, mamma! » disse Phoebe, seccata. Se ne andò, deviando per un
attimo il suo nervosismo su sua madre e la sua invadenza... Poi però il suo
stomaco che brontolava la convinse a tornare sui suoi passi. Rientrò, afferrò
il pezzo di pane con poca grazia e uscì di nuovo mentre già lo addentava.
Rob sbadigliò senza nemmeno coprirsi la bocca, continuando a camminare
lentamente verso la scuola. Quella notte aveva riposato, ma avrebbe dormito
volentieri per altre ventiquattro ore di fila. Stava per salire i gradini,
quando scorse una testolina rossa che sbucava da dietro il muretto di pietra.
Fece il giro e trovò Phoebe acquattata sui talloni che gli dava le spalle.
Perplesso, Rob le toccò un braccio. « Phoe... »
« No! » urlò la ragazza, mentre perdeva l’equilibrio. Cadde sul terreno,
impolverandosi tutti i pantaloni e soprattutto facendosi un male cane al
fondoschiena. « Ahi... Ah, sei tu... » si lamentò.
« Ma che stai facendo qui dietro? »
« Lascia perdere... » Rob l’aiuto a rialzarsi e insieme salirono le scale,
entrando nell’ aula della ragazza. « Ti senti meglio, comunque? » domandò
Phoebe.
Rob non capì.
« Il mal di testa di ieri... Ti è passato? » insistette Phoebe.
« Ah... Sì. Sì, non era niente » rispose Rob.
Phoebe non sembrò molto convinta e decise che al più presto avrebbe
indagato. Il suo amico era strano da un po’ di giorni e anche se era stata
completamente presa da James, ora voleva capire cosa gli stava succedendo.
Nell’aula c’era già una quindicina di ragazzi, tra cui Alyison, come al
solito all’ultimo banco. Keyra si assentava di frequente, mentre lei non
mancava mai ed era sempre in orario, anche se poi non sembrava molto
interessata alle lezioni. Julie intanto andò incontro ai due Cacciatori con
un’aria che non prometteva nulla di buono.
« Ehi, ciao! » la salutò Rob.
« Ci sono problemi » disse subito Julie. Indicò con lo sguardo Kate e Peter
che in un angolo dell’aula stavano discutendo in maniera abbastanza concitata.
« Di già! » esclamò Phoebe.
« Mike mi deve una cena » disse Rob « E anche tu. »
Julie li guardò per un attimo incerta, poi capì: « Non ditemi che avete
scommesso sui vostri amici! »
Phoebe fece spallucce con un sorriso innocente, Rob invece non si fece
problemi. « E ho anche vinto. »
« Io e Mike gli avevamo dato almeno un mese » disse Phoebe.
Ignorando le occhiatacce di Julie andarono a sedersi vicino a Alyison, che
rivolse loro solo un cenno del capo. « E Keyra? » fece Rob, più che altro per
rivolgerle la parola.
« Boh. »
« Ah... Ok. » Rob rinunciò e si mise a sedere. Non riusciva proprio a
capire come Mike potesse essersi innamorato di quella ragazza così strana. E a
proposito di ragazze, ecco arrivare la sua fidanzata, colei che stava
trascurando oltre ogni limite. « Abby! » la chiamò.
Abby li raggiunse e lo salutò con un bacio, poi gli si sedette accanto, ma
nemmeno lei sembrava molto in vena quella mattina. Phoebe li ascoltò mentre
parlottavano di come avevano passato la giornata precedente, ma nessuno dei due
sembrava propenso a fare lunghe chiacchierate. Più lontano, Kate e Peter
avevano alzato il tono della voce, tanto che ora quasi tutti si giravano a
guardarli curiosi. Vedendo quelle scene, era sempre più convinta che l’amore
fosse una grandissima...
« Buongiorno! »
Phoebe sobbalzò, ritrovandosi Alfred a pochi centimetri dal suo naso. Il
ragazzo cercò di annullare definitivamente la distanza con un bacio, ma la
Cacciatrice tirò indietro la testa. Notando la sua faccia stranita, decise di
concedergli almeno un abbraccio. « Ciao! »
Alfred sorrise suo malgrado. « Tutto bene? »
Phoebe annuì, con più entusiasmo del dovuto.
« Senti, stavo pensando... Dopo ti va di andarcene a fare un giro? »
« Eeh... Ok. Lo dico a Rob e gli altri allora. »
« Ma io intendevo solo noi due » disse Alfred, speranzoso.
A Phoebe si gelò il sorrise sulle labbra. E ora? Che scusa avrebbe
inventato? Guardò Alyison con la coda dell’occhio, l’unica che era a conoscenza
del suo problemino, ma ottenne solo il suo solito sguardo indifferente. La conversazione
di quella sera non aveva migliorato per niente i loro rapporti e non poteva
aspettarsi sostegno dalla mercenaria. “Sono in trappola!” pensò affranta. « Va
bene » disse alla fine « Perché no? » e iniziò a ridacchiare, sempre più
nervosa. Alfred lo prese per un buon segno.
Il professor Clyton arrivò dopo pochi minuti, così Peter e Kate dovettero
interrompere la loro discussione. I ragazzi uscirono per raggiungere la loro
aula. Peter era dir poco “nero”.
« I cosiddetti Guerrieri erano in origine dei semplici Uomini, modificati
nel fisico e soprattutto nella potenza grazie alla Magia. Fu un’idea di Angus,
uno dei più grandi Maghi che abbia mai calpestato questa Terra, messa in
pratica con l’ausilio di altri due Maghi e uno Stregone. Si trattava di un
incantesimo incredibilmente complesso e pericoloso, infatti parecchi Uomini
perirono nei vari esperimenti. Angus assicurò che solo i volontari sarebbero
stati sottoposti a questo rito, ma sono tante le voci che affermano altro. Pare
che in effetti dopo i primi fallimenti Angus fu costretto a costringere i
soggetti, attraverso rapimenti e ricatti. »
Molti ragazzi prendevano appunti, la stessa Phoebe dovette ammettere che
quella lezione era molto interessante. L’argomento “Guerrieri” destava sempre
una certa curiosità.
« Professore. » Una ragazza dai capelli corti alzò la mano. « E’ sicuro che
i Guerrieri si sono estinti tutti? »
« Sì » rispose Clyton senza esitazioni « E’ altrettanto sicuro che
attualmente sulla Terra ci sono dei loro discendenti. Come vi ho detto, i
Guerrieri erano persone comuni, ma il loro fisico era stato alterato, così come
le loro cellule. Per questo motivo hanno inevitabilmente trasmesso alcune
caratteristiche a eventuali figli. Tuttavia questi esseri, anche se più potenti
di un uomo comune, non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai Guerrieri
originali. E comunque sono molto pochi e per lo più solitari, non hanno alcun
interesse a prendere parte alla Caccia, né a schierarsi nell’esercito. »
Phoebe pensò che Julian, al posto di convincere Alyison e Keyra, avrebbe
potuto arruolare uno di questi discendenti, sarebbe stato sicuramente più
utile! In quel momento, Kate la tirò per una manica. « Che c’è? » sussurrò.
All’occhiata inviperita della sua amica, Phoebe ricordò del litigio di pochi
minuti prima. Assorbita dalla lezione, l’aveva completamente rimosso.
« Ho lasciato Peter » disse Kate a bassa voce, con il volto dietro il
quaderno.
« E perché l’avresti fatto? » ribatté Phoebe, cercando di non farsi sentire
da nessun altro.
Kate sospirò, con gli occhi lucidi. Una delle sue gambe continuava a
muoversi, preda del nervosismo. « Io... Non sono sicura... » disse solo.
« Di che cosa? » insistette Phoebe « Di lui? Non ti fidi di lui? Ti ha
fatto qualcosa? »
« No, no, non ha fatto niente. » Kate si affrettò a rassicurarla. « E’ di
me... E’ di me che non sono sicura. Io non lo so se sono innamorata di lui
veramente. »
Phoebe la guardò stranita, senza trovare niente da dire. Kate che arrossiva
come un pomodoro ogni volta che c’era Peter nei paraggi. Kate che si vergognava
di chiedergli di uscire. Kate che impazziva di gioia se le si sedeva accanto. Kate
che aveva parlato per una giornata intera del loro primo bacio. Non poteva
credere che ora le stesse confidando quelle cose. « Kate... Tu adori Peter. Ti
è sempre piaciuto così tanto, fin da quando te l’ho fatto conoscere » iniziò
piano la Cacciatrice.
« Beh, ora non ne sono più così sicura » ribatté Kate, quasi stizzita.
« Ma perché? Deve esserci un motivo! »
« Sai, parli proprio come lui! Se dico che non lo so, non lo so! »
Stavano alzando pian piano il tono della voce e presto si sarebbero beccate
una bella strigliata da Clyton, ma a Phoebe ora importava poco. « E chi
dovrebbe saperlo, scusa? »
« Senti, Phoebe, lascia stare, ok? » sbottò Kate « Mi aspettavo un po’ di
comprensione da te, visto che sei la mia migliore amica, ma mi sbagliavo. »
Incredula, Phoebe guardò Julie seduta accanto alla sua gemella, che le
rivolse un’espressione dura e poi distolse lo sguardo. « Fate che cazzo vi
pare. » Si voltò dalla parte opposta, decisa. Non sentiva di aver fatto
qualcosa di male e non meritava di essere trattata in quel modo. Che cosa si
aspettava Kate? Che le dicesse: “Brava, sei stata grande”? Anche Peter era suo
amico, anzi in realtà lo conosceva da quando erano bambini, mentre le gemelle
erano arrivate in città da poco più di un anno. Avevano legato subito e voleva
loro un gran bene, ma non avrebbe sopportato che una di loro facesse del male a
un suo amico senza motivo. E anche se al posto di Peter ci fosse stato uno
sconosciuto, Phoebe aveva la netta impressione che quello di Kate fosse solo un
capriccio, perciò dubitava che l’avrebbe appoggiata in ogni caso.
« Bene » disse intanto il professor Clyton « La lezione di oggi sta per
giungere al termine, ma prima volevo fare una comunicazione. La signorina
Wyerth è pregata di non presentarsi più in questa classe, perché la sua
presenza non è gradita. »
Ancora persa nei suoi pensieri nei riguardi delle gemelle, Phoebe
all’inizio nemmeno sentì quelle parole. Un ragazzo seduto davanti a lei si girò
e le ripeté il messaggio, incredulo quanto tutti gli altri.
« Ma... Ma perché!? » esclamò Phoebe.
« Signorina Wyerth, lei ha davvero un bel coraggio a chiedermi anche
spiegazioni! » disse il professore, severo. « Ha passato tutto il tempo a
ciarlare con la sua compagna, senza minimamente interessarsi a ciò di cui io
stavo parlando. E questo è il comportamento che assume anche durante gli altri
giorni, salvo quando invece di disturbare gli altri con il suo chiacchiericcio,
si addormenta sul banco. Dati tutti questi motivi, non vedo perché lei debba
venire qui a perdere tempo, non è obbligata da nessuno. »
“Sono obbligata da Julian e dai
miei” pensò Phoebe, ma forse non era una risposta consona alla
situazione. « Questo non è vero... Cioè, sì... Va bene, a volte mi distraggo,
ma non vuol dire che non mi interessino le sue lezioni! E poi oggi non... » Si
interruppe, evitando di dire qualcosa che avrebbe potuto mettere nei guai anche
Kate. La guardò, aspettandosi un appoggio, ma lei teneva lo sguardo fisso
davanti a sé, indifferente. Questo le fece molto più male delle parole
dell’insegnante.
« Qui c’è gente che viene per il desiderio di apprendere e conoscere,
signorina Wyerth, per cui è pregata di non presentarsi più alle prossime
lezioni. Le saremmo tutti grati! » continuò Clyton, sprezzante.
« Ma... » Phoebe non seppe cos’altro dire. Gli occhi le si riempirono di
lacrime, più per l’umiliazione e l'atteggiamento di Kate che per il fatto di
non dover più venire a scuola.
Subito dopo suonò la campanella e i ragazzi non tardarono a tornare
nell’aula delle loro amiche. In breve, vennero a conoscenza di ciò che era
appena successo a Phoebe. Alfred cercò di passarle un braccio intorno alle
spalle, ma lei lo scostò senza troppa grazia.
« Ma che è successo? » chiese Rob.
Anche Peter si avvicinò, dimenticando per un attimo i suoi problemi con Kate.
Alyison non disse nulla, ma Phoebe interpretò il fatto che non fosse uscita
dall’aula di corsa senza salutare come faceva tutti i giorni come un modo per
starle vicino, o almeno di interessarsi a quanto era avvenuto. Le uniche che
non la degnarono nemmeno di uno sguardo furono le gemelle. Si alzarono e
iniziarono a riporre le proprie cose nella sacca, pronte ad andare via. Phoebe
le guardò con la coda dell’occhio, costringendosi a non piangere: non avrebbe
dato loro quella soddisfazione. Quando si avviarono verso l’uscita, due lacrime
di rabbia le rigarono le guance. Le osservò mentre uscivano, seguite dal
professor Clyton. « Spero che inciampino in una buca e finiscano in un mucchio
di merda! » esclamò Phoebe. « E spero che Clyton muoia! »
« E’ assurdo, non ha il diritto di farlo » iniziò Rob « Faremo una
protesta. »
« Non credo che qualcuno accetterebbe » obiettò Alfred. « Insomma, non mi
sembra che tu abbia tanti amici qui che potrebbero volerti difendere se... »
« Grazie, sei davvero di grande conforto » commentò Phoebe in tono piatto.
La sola vista di Alfred e del suo sguardo da pesce bollito contribuiva a farla
innervosire ancora di più.
« Possiamo fare un tentativo comunque » intervenne Peter « Andiamo a
parlare con Clyton. Se si ostina passiamo alle minacce. »
« Non mi sembra una buona idea » mormorò Abby « Più che altro potresti
coinvolgere i tuoi genitori, magari loro riescono a convincerlo. »
Phoebe non era entusiasta di questa opzione, ma sembrava l’unica cosa
sensata da fare. In realtà in quel momento non le interessava continuare a
frequentare le lezioni, riusciva solo a pensare all’umiliazione subita per essere
stata buttata fuori da un luogo pubblico e allo sguardo freddo delle gemelle;
in fin dei conti era stata tutta colpa di Kate, mai come quel giorno stava
ascoltando la spiegazione del professore con interesse. Anche gli altri erano
d’accordo con la proposta di Abby e Rob insisteva per risolvere la faccenda prima
del tramonto.
« Ma secondo me è inutile » disse ancora una volta Alfred « Non è mica una
bambina che ha bisogno dell’intervento di mamma e papà. »
Phoebe sospirò a denti stretti, ma si sforzò di ignorare quella fastidiosa
presenza che in teoria era il suo ragazzo. Peter invece stava per replicare
qualcosa, ma venne preceduto a sorpresa da Alyison: « Hai qualche idea
migliore, genio? »
Alfred rimase spiazzato per un attimo, era probabilmente la prima volta che
quella ragazza così strana gli rivolgeva la parola. « Eh? No, io... »
« Allora chiudi la bocca, stanno diventando irritanti i tuoi inutili
commenti. »
« Ma... Ma io sto solo dicendo che... »
« Alfred è questo il problema: “stai dicendo” » sbottò Phoebe spazientita.
Alfred diventò ancora più rosso in viso per l’imbarazzo. « Non... Non è
colpa mia se Clyton si è incazzato! »
« No, ma potresti evitare di distruggere ogni possibile soluzione che
pensiamo! » disse Phoebe alzando la voce.
« Ma io voglio solo aiutarti! »
« Bene! Allora togliti da... »
Nel bel mezzo della discussione il pavimento iniziò a tremare così forte
che i banchi si spostarono, le sedie si rovesciarono e gli stessi ragazzi non
riuscirono a tenersi in piedi. Il rombo era tanto assordante che impediva di
mettere a fuoco i pensieri e solo quando iniziò a calmarsi Abby urlò con voce
stridula: « Che succede!? »
« Il terremoto! Di nuovo il terremoto! » strepitò Alfred, bianco come un
cencio e del tutto in preda al panico.
Phoebe e Rob si scambiarono un’occhiata tanto eloquente quanto atterrita:
il Demone del Fulmine aveva iniziato a mettere in scena il secondo atto del suo
spettacolo, ancora una volta alla luce del Sole e ancora una volta in un luogo
pieno di gente. Anche Alyison non tardò a capire la situazione, nonostante si
fosse persa la Festa della Speranza.
« Dobbiamo uscire di qui! » disse Peter.
« No! » gridò Phoebe istintivamente.
« Crollerà tutto! »
Lo sapevano anche i Cacciatori, ma sapevano anche che ciò che li attendeva
fuori era altrettanto pericoloso. « Usciamo dalla finestra » disse Rob senza
ulteriori indugi. Era l’unico modo per abbandonare l’aula senza essere visti
dal Demone, nella speranza che si trovasse fuori all’entrata principale. « E’
più vicino! » aggiunse prima che Peter potesse dire di prendere semplicemente
la porta. La spiegazione non era molto convincente, ma Rob avanzò verso la grande
finestra, seguito da Phoebe e Alyison, che avevano capito il suo piano. Una
nuova scossa più forte li costrinse a fermarsi, si coprivano la testa con le
mani pur sapendo che sarebbe stata una inutile protezione se la scuola fosse
crollata; Rob cercò di procedere, nonostante le continue oscillazioni, quando
una delle travi che sorreggeva il soffitto non resse più e si staccò, piombando
con un pesante tonfo proprio davanti ai suoi piedi. Abby urlò, terrorizzata. «
Sto bene! » disse il Cacciatore con una voce più acuta di quanto avesse voluto.
« Dobbiamo andare via! » strillò Alfred, ormai dominato dal terrore. Senza
aspettare gli altri iniziò a correre verso la porta, approfittando del fatto
che la scossa fosse cessata. Rob stava per richiamarlo, ma Peter lo seguì e lo
stesso fece Abby. Ai Cacciatori non rimaneva altro da fare che imitarli.
« Quello stupido riesce a rovinare sempre tutto! » borbottò Phoebe.
Nel cortile della scuola, stagliato contro il cielo rosso e circondato da
scariche elettriche, c’era Olot, il Demone del Fulmine, con il viso all’insù e
le braccia distese. Le persone urlavano in preda al terrore, Phoebe riconobbe
le due gemelle che si tenevano per mano, atterrite. « E allora, me lo portate o
no!? » tuonò il Demone.
« Aiuto! È lassù! » Alfred indicò col dito tremante ciò che ormai tutti
avevano già notato appena messo piede fuori.
« Che spirito di osservazione » disse Alyison, che ormai non riusciva più a
tollerare la presenza di quel tizio di cui non riusciva a ricordare nemmeno il
nome. La figura gigantesca e possente del Demone tuttavia aveva turbato anche
lei che lo vedeva per la prima volta.
Olot abbassò il capo verso il cortile, dove oltre al gruppo capeggiato da
Rob c’erano solo altri pochi malcapitati che non erano riusciti a fuggire in
tempo. « So che è lì dentro, ne sono sicuro. Portatemelo e finisce qui la
storia. »
Nessuno sapeva di cosa stesse parlando e nessuno riusciva a essere tanto
razionale in quel momento da chiederselo. Nella mente di Phoebe e Rob c’era un
solo pensiero, anzi un solo nome: Julian. Come in risposta, Phoebe vide con la
coda dell’occhio qualcuno che conosceva alle spalle del Demone: Philip, il
giovane medico dell’Ordine. Teneva il cercapersone fra le mani e premeva sempre
lo stesso tasto senza sosta, avrebbe potuto sfondarlo. Anche lui si accorse del
suo sguardo e sillabò il nome di Julian senza emettere un suono. La Cacciatrice
avrebbe voluto poter creare un diversivo in modo da prendere un po’ di tempo,
ma cosa avrebbe potuto fare? Non era mai stata una grande stratega e inoltre in
quelle condizioni il suo cervello aveva la cattiva abitudine di smettere di
produrre pensieri logici.
« Va bene, visto che non volete collaborare... » Olot strinse i pugni, che
subito dopo iniziarono a illuminarsi e poi a produrre piccole saette che
aspettavano di esplodere. Puntò una mano aperta verso la scuola, quando una
voce richiamò la sua attenzione.
Per un folle istante, Phoebe si illuse che Julian fosse già lì. Spalancò
occhi e bocca quando si accorse che era stato il professor Clayton a urlare. «
Ci lasci in pace! Immediatamente! » Olot lo fissò come un insetto. « Non
abbiamo quello che vuole! Questa è una scuola! La mia scuola! E lei non ha il
diritto di spaventare i miei studenti! » continuò Clayton. Il Demone non
rispose, ma i ragazzi sapevano che quel silenzio non significava nulla di
buono. Soltanto l’insegnante non se ne rendeva conto, nemmeno quando Olot tese
di nuovo la mano e la caricò di elettricità.
« Che sta facendo!? Si sposti da lì! » urlò Phoebe.
Clyton non fece un passo, rimase sui gradini della scuola a sostenere
fieramente lo sguardo del Demone.
« Professore! »
« Silenzio, Wyerth! Vattene via! »
« Lei deve andarsene, idiota! »
ribatté Phoebe.
Clayton si voltò. Aveva degli occhi da pazzo. « Questa è la mia scuola! Nessuno
deve osare… »
Un fragore spaventoso coprì quelle che furono le ultime parole del
professor Clayton. Il fulmine lo colpì in pieno petto, il suo corpo iniziò a
vibrare con violenza, mentre ogni centimetro della sua pelle veniva incenerito
poco a poco. Phoebe e gli altri distolsero lo sguardo da quello spettacolo di
orrore.
Quando le urla cessarono, calò un silenzio innaturale. Gli studenti erano
paralizzati e adesso tutti non riuscivano a non fissare ciò che rimaneva
dell’insegnante: nient’altro che un pezzo di carbone ardente e fumante. Olot
sospirò, poi si tolse un po’ di polvere dalla mano. « Bene. Ora che ci siamo
tolti questo fastidio, possiamo metterci d’accordo in santa pace. Datemi. Il.
Frammento » scandì, con un orribile sorriso privo di allegria.
Phoebe e Rob si guardarono, tremanti. L’unica parola a cui riuscivano a
pensare era “Julian”.
« Lo so che è qui! » tuonò Olot « Mi sto rompendo! Umani del cazzo! »
Il Demone iniziò a scendere piano piano verso terra.
I Cacciatori, loro malgrado, sapevano che avrebbero dovuto almeno provare
ad affrontarlo. Alyison stringeva già due coltelli affilati nelle tasche, ma le
tremavano le mani come non le succedeva da tempo. Rob e Phoebe erano pronti a
prendere i revolver che nascondevano negli zaini da quando era iniziata quella
faccenda dei Demoni. Dopo aver sfoderato armi davanti a tutti, sarebbe stato
praticamente impossibile negare di far parte dell’Ordine, ma questo problema
era in fondo alla lista delle preoccupazioni in quel momento.
« Datemi il Frammento » ripeté Olot, con la sua voce dura. Si avvicinava a
passi lenti.
« Non sappiamo di che parli! » gridò Peter in risposta. Gli altri lo
guardarono quasi sorpresi, ci voleva fegato per rivolgere la parola a quella
creatura spaventosa. Rob gli fece segno di stare zitto, preoccupato.
« TACI! » Olot liberò improvvisamente una scarica elettrica che non colpì
Peter solo perché Alyison riuscì a tirarlo giù appena in tempo. Il Demone
neanche vi fece caso. « Sono stanco di questi giochetti. Vi uccido tutti e
perquisisco i vostri cadaveri, facciamo prima! »
Nessuno prese quell’annuncio come un bluff. Olot allargò le braccia, pronto
a sferrare il primo attacco, ma si fermò in quella posizione senza lasciar
partire alcuna saetta. « Sento puzza di Magia… »
Phoebe ebbe un tuffo al cuore. Prima ancora di poterlo vedere, sapeva che
Julian era finalmente arrivato.