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Autore: Fragolina84    06/12/2013    1 recensioni
"Non c'era possibilità di vivere senza di lei, tanto che il primo impulso fu quello di staccare il reattore dalla piastra nel suo petto e lasciare che le schegge ancora nel suo corpo trovassero la strada verso il suo cuore. O quello che restava del suo cuore, perché Victoria l'aveva appena fatto a pezzi. Sarebbe bastata una settimana, poi tutto sarebbe finito"
Per il titolo di questo lavoro mi sono inchinata all’inglese. Trovo che I belong to you sia più musicale della sua traduzione in italiano: io appartengo a te.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era trascorsa una settimana esatta dal suo sconsiderato attacco alla sede Ascam. Mentre si sistemava il papillon, ripensò con un sorriso tirato alla sfuriata che gli aveva fatto Pepper.
Quando era rientrato dal volo notturno, si era tolto l’armatura ed era crollato sul divano del sotterraneo. Lo sfinimento fisico ed emotivo di quei giorni, sommato alla quantità di alcol che aveva ingurgitato, lo avevano vinto e si era addormentato.
Si era svegliato di soprassalto quando qualcuno aveva fracassato la porta di vetro. Aveva girato la testa per vedere Rhodey che, con una mazza da baseball in mano, oltrepassava ciò che restava della porta. Pepper lo seguiva.
Un allarme aveva cominciato a suonare, penetrandogli nel cervello.
«Signore, rilevo una violazione della sicurezza».
«Tutto a posto, Jarvis» disse Tony, sollevandosi a fatica dal divano e soffocando un gemito per la fitta alla testa. «Jay, ti spiace spegnere questo allarme?»
Jarvis aveva obbedito, cavandogli un sospiro di sollievo.
Jim gli aveva puntato contro la mazza. «Stai bene?» aveva chiesto.
«Più o meno».
«Lei non sa nulla dell’attacco alla sede Ascam, vero?» lo aveva aggredito Pepper e Tony aveva alzato le braccia come a proteggersi da un vero e proprio attacco fisico. «Deve essere impazzito. Che cosa pensava di fare?» aveva urlato. Era davvero furibonda e Tony aveva chiuso gli occhi, con espressione sofferente.
«La prego, abbassi la voce». Era reduce da una sbronza epica e la voce di Pepper sembrava aggredire ogni terminazione nervosa del suo cervello.
«Ah, devo abbassare la voce?» era esplosa la donna. «Ha ragione, povero Tony» aveva concluso con sarcasmo. «Jarvis, accendi il televisore».
Molti canali trasmettevano le immagini della sede Ascam assediata da Polizia e vigili del fuoco. Tony aveva ridacchiato, trasalendo per il dolore alla testa.
«Roberts è sempre stato un esibizionista. Guarda quante arie solo per sistemare un giardino».
Il commento aveva fatto infuriare ancora di più Pepper. «Per lei è tutto un gioco, vero? Non ha idea delle conseguenze che derivano da ogni suo gesto».
«Non so di cosa stia parlando, Pepper. Io non c’entro nulla con questa storia».
Tony si era alzato e aveva raggiunto il bar. Aveva scostato con una smorfia la bottiglia di scotch, prendendo un bicchiere e versandosi del succo d’arancia. Sullo schermo del televisore era apparso Roberts.
«Quell’uomo deve essere fermato» stava dicendo e Tony si era voltato, appoggiandosi al bancone e sorseggiando il succo. «Ironman sta diventando una minaccia».
«Idiota» aveva commentato Tony, distogliendo lo sguardo.
«La sta accusando su qualsiasi mezzo di comunicazione, Tony. Dovremmo fare una dichiarazione».
«Nessuna dichiarazione. Non ha prove per quello che sostiene» aveva ribattuto.
«E lei come lo sa?» aveva chiesto Pepper e lui aveva sorriso come un monello.
«Perché ho disattivato le telecamere prima di entrare».
Tony tornò al presente e si infilò la giacca.
Pepper l’aveva infine perdonato, anche se disapprovava in tutto e per tutto quello che aveva fatto. Aveva ragione, ovviamente. Tony non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo. Doveva pensare che tanto Tony Stark quanto Ironman erano personaggi pubblici e, come tali, dovevano conservare una certa linea di condotta. Soprattutto Ironman: Tony Stark ne aveva sempre combinate di tutti i colori.
Non c’era stato seguito alle accuse di Roberts. Tutti pensavano che fosse stato effettivamente Ironman a causare i danni nel giardino, ma non c’erano prove e Tony aveva respinto ogni accusa con il giusto sdegno.
Scese al piano di sotto, dove Pepper lo stava aspettando.
«Continuo a pensare che non sia una buona idea» disse.
«Non potrò evitarli per sempre. Sono sobrio, non si preoccupi» disse, facendole l’occhiolino.
Cercava di darsi un contegno, di mostrare un certo distacco. Ma la ferita era ancora aperta e bruciava come se ci avessero versato sopra dell’acido.
Pepper gli sistemò il bavero della giacca e Tony la ringraziò. Poi uscirono, raggiungendo la piattaforma sopraelevata su cui attendeva l’elicottero di Tony. Salirono a bordo mentre le pale cominciavano a muoversi pigramente.
Il volo fu tranquillo e quando raggiunsero il Dolby Theatre, Tony dovette fare la solita sfilata davanti ai fotografi. Quella sera si assegnavano gli Oscar e tempo prima Tony era stato chiamato a consegnare una delle prestigiose statuette. Era un impegno che aveva accettato con gioia, ma che ora che erano cambiate le condizioni, gli pesava incredibilmente.
Ma avrebbe fatto il suo dovere fino in fondo. Fendette la folla salutando i conoscenti, riservando ad alcuni una battuta scherzosa o una pacca sulla spalla. Poi, improvvisamente, la folla gli si aprì davanti e lei era lì.
Prima di partire si era detto che, se anche l’avesse incontrata, era sicuro che non gli avrebbe fatto alcun effetto, ma si sbagliava.
Era bellissima, come sempre. Indossava un abito lungo e lui ricordò che erano i suoi preferiti. Era in nero, stretta in un abito monospalla con un ricamo in bianco sul fianco sinistro e sulla spallina. Quando mosse un passo, lui vide la gamba spuntare da uno spacco vertiginoso.
Era mozzafiato e si chiese come mai, dopo quello che gli aveva fatto, potesse avere ancora quell’effetto su di lui. Era voltata e sorrideva, ma Tony la conosceva bene e si rese conto che qualcosa non andava in quel sorriso. Prima che potesse capire di cosa si trattava, lei parve avvertire il suo sguardo su di sé perché si voltò.
Ciò che successe in seguito non fu in grado di spiegarselo. Vide i suoi occhi verdi illuminarsi e ritornò indietro nel tempo, a quando stavano insieme. A quando lui la svegliava al mattino e quella stessa luce le animava lo sguardo non appena lo riconosceva.
Fu questione di un attimo, poi i suoi occhi si incupirono e fu come se lei avesse calato una maschera sul viso. Ma non si era sbagliato: qualcosa si era mosso dentro di lei quando l’aveva visto. Purtroppo, Roberts si materializzò al suo fianco e la baciò sulla guancia.
Lei abbassò lo sguardo e sorrise, ma ancora una volta c’era qualcosa che strideva in quel sorriso. Poi Christopher lo vide.
«Oh, abbiamo il piacere di avere anche il nostro caro Tony stasera» esclamò, cingendo Victoria con un braccio e attirandola a sé.
Nonostante lei cercasse di mascherarlo, era rigida e tesa. Poteva passare inosservato, ma per Tony era un libro aperto. C’erano piccoli segnali che per lui erano insegne al neon, come il modo che aveva di umettarsi le labbra o di sistemarsi i capelli, e che gli dicevano che era nervosa.
«Buonasera Chris» lo salutò, avvicinandosi alla coppia. «Victoria» la salutò, ma lei non rispose.
«Ti trovo bene» disse Christopher e agli orecchi di tutti suonò quasi come una minaccia.
«Sì, sto bene» mormorò, fissando Victoria negli occhi. Lei distolse lo sguardo.
Sì, qualcosa non andava. Non era possibile che fosse semplicemente a disagio per la sua presenza. C’era qualcos’altro e lui doveva assolutamente scoprire di cosa si trattava, ma Pepper lo venne a chiamare.
«Tony, hanno bisogno di lei».
Tony si scusò e seguì la sua assistente. Ma non poteva smettere di pensare allo strano comportamento di Victoria. Doveva trovare il modo di parlarle. Da solo, senza l’influenza di Roberts.
Tony fu uno dei primi a consegnare l’Oscar e poi sedette in platea accanto a Pepper. La cerimonia fu briosa e piacevole come sempre, ma Tony non riusciva a concentrarsi sulle battute di spirito del presentatore né ad emozionarsi per chi vinceva l’ambito riconoscimento. Continuava a ripensare allo strano comportamento di Victoria.
«Le va di bere qualcosa?» sussurrò ad un certo punto a Pepper che però scosse la testa.
«No, grazie. E non dovrebbe bere nemmeno lei» puntualizzò.
«Che mi venga un colpo se berrò qualcosa di più alcolico di un succo d’arancia» scherzò lui e uscì.
Quando arrivò al bar, riconobbe la cascata di capelli ramati di Victoria. Si stava avvicinando al bancone e lui si guardò rapidamente intorno. Non c’era quasi nessuno e di certo Roberts non era nei paraggi. Era la sua occasione.
Mentre si avvicinava, Victoria attirò l’attenzione del barman. «Un vodka martini sen…»
«Senza olive e con un goccio di succo di lime» finì per lei Tony.
Il barman la guardò con espressione interrogativa e lei annuì. «Sì, è esatto». Poi si girò verso Tony.
«Lui dov’è?» indagò.
«Cosa vuoi?» chiese lei, con più freddezza di quanto fosse necessario, ignorando la sua domanda.
«Ho bisogno di parlarti».
Lei si guardò intorno, come ad accertarsi che Christopher non fosse lì. «Non abbiamo niente da dirci, Tony».
Lui accostò le labbra al suo orecchio. «Dopo un anno che stavamo insieme mi hai lasciato con un videomessaggio. Credo di meritare qualcosa di più».
Victoria abbassò il capo. La vicinanza la turbava: un conto era mantenere la sua facciata con gli estranei, ben altra era dover mentire direttamente a Tony.
«Seguimi» la invitò sottovoce. Victoria prese il bicchiere e lo seguì a distanza. Lui aprì una porta e le fece cenno di entrare. Victoria si guardò di nuovo intorno come se fosse preoccupata di essere vista in sua compagnia e lui non poté fare a meno di chiedersi il motivo.
La seguì all’interno della stanza che si rivelò essere un enorme guardaroba vuoto e chiuse a chiave la porta. Lei era un fascio di nervi, non l’aveva mai vista così.
Tony pensava che, nel momento in cui ce l’avesse avuta davanti avrebbe vomitato su di lei tutto il dolore che provava, ma non fu così. Piuttosto, era preoccupato del suo comportamento. Intuiva che c’era qualcosa che non andava e voleva capire cosa.
«Allora?» chiese Victoria, dato che lui taceva.
«Voglio sapere cos’è successo. Voglio sentire dalla tua voce perché te ne sei andata».
Lei bevve un sorso del cocktail e Tony notò che la mano le tremava. Spostò il peso da un piede all’altro e la vide fare una smorfia.
«Perché non puoi rassegnarti al fatto che sia finita?»
«Perché neanche dodici ore prima di registrare quel messaggio hai detto che mi amavi».
Lei rise, ma c’era una nota falsa in quella risata. «Fingevo, Tony. Sono un’attrice, non scordarlo».
Tony la fissò. «Sì, sei un attrice. Ma quel videomessaggio non è stato di certo la tua migliore interpretazione. E mi sto accorgendo che stai recitando anche ora».
Victoria si umettò le labbra e i suoi occhi saettarono in giro. Era evidente che stava cercando una via d’uscita. Ma perché? La vide posare il bicchiere su un tavolino e restare con il capo voltato, in modo che lui non riusciva a guardarla negli occhi.
L’uomo ammorbidì il tono. «Vicky, devi dirmi cosa sta succedendo. Se ho sbagliato sono pronto a cambiare, ma devi dirmi che cosa c’è che non va. Non avresti dovuto andartene in questo modo, senza prima parlarne con me. Avremmo potuto trovare una soluzione. Ma siamo ancora in tempo».
Lei alzò la testa e lui vide i suoi occhi brillare di lacrime. Ma fu un attimo, tanto che pensò di essersi sbagliato.
«Mi dispiace di averti fatto perdere tempo, Tony. Avrei dovuto accorgermi prima che la nostra relazione non era ciò che stavo cercando».
«Stai mentendo» evidenziò lui con calma.
«Non sto mentendo. Sei tu che non vuoi accettare la realtà» replicò lei. «Abbiamo finito qui» disse poi e fece per uscire, ma doveva passargli accanto per raggiungere la porta. Tony non era disposto a lasciarla andare sicché le si parò davanti e la bloccò.
Victoria finì per sbattergli contro e ansimò: il suo ventre non era ancora guarito dopo il colpo subìto da Roberts. Tony l’abbracciò e la sostenne.
«Tesoro, tutto bene?»
L’aveva chiamata tesoro e la cosa non era sfuggita a nessuno dei due. Victoria si aggrappò a lui per sostenersi e quel contatto fu come una potente scossa elettrica. Alzò il viso verso il suo, così vicino in quel momento. Lo desiderava con un’intensità che era quasi dolore e stava cedendo alla tentazione di baciarlo quando ricordò Violet. Si raddrizzò a fatica, stringendo i denti e mascherando il dolore.
«Sto bene, non è niente. Ora lasciami andare, per favore».
A malincuore, Tony obbedì e la lasciò. Quando lei se ne fu andata rimase a chiedersi cosa fosse successo. Era più che evidente che stava mentendo: emozioni profonde si agitavano dentro di lei, tanto che non era riuscita a mascherarle. Era sempre più convinto che qualcosa non andasse.
In più, era preoccupato per lei. Era un gemito di dolore quello che aveva emesso quando gli era finita addosso. Il pensiero che potesse avere qualche problema di salute lo sconcertava. Victoria era in forma splendida quando l’aveva conosciuta e successivamente ancora di più, visto che si allenavano tutti i giorni nella palestra di villa Stark.
Non c’era risposta alle domande che gli turbinavano nella testa, perciò uscì. Ma più tardi, quando la rivide al braccio di Roberts, si accorse che non teneva la solita impeccabile postura. Era leggermente piegata, come se non riuscisse a stare perfettamente eretta.
Lui e Pepper rientrarono quella notte stessa e mentre la sua assistente se ne andò subito a letto, Tony si versò uno scotch e sedette sul divano. Lo sorseggiò piano, intuendo che quella sarebbe stata un’altra notte insonne: l’incontro con Victoria aveva scatenato una moltitudine di pensieri che si agitavano inquieti nella sua testa come api in un alveare.
Con un sospiro di rassegnazione, lasciò il bicchiere mezzo pieno sul tavolino e scese nel sotterraneo.
«Jarvis, mostrami le immagini satellitari della sede Ascam».
L’ultimo piano dell’enorme edificio era buio, segno che Roberts non era ancora tornato ma mentre osservava, una limousine bianca si infilò nel garage.
«Tempismo perfetto».
Poco dopo le luci si accesero nell’attico che era la residenza di Roberts e Tony ordinò a Jarvis di utilizzare le impronte di calore per spiare cosa succedeva all’interno. Jarvis obbedì, evidenziando le sagome delle guardie del corpo, di Roberts e di Victoria.
La donna si ritirò in una stanza e dai movimenti Tony capì che si stava spogliando, preparandosi per la notte. Ricordava con nitidezza la sera che erano andati alla cena in grigio e lei si era spogliata per lui mentre Brian Adams cantava in sottofondo.
Victoria si stese sul letto e rimase immobile. Con grande sorpresa di Tony, Roberts non la seguì. Entrò invece in un’altra stanza, e si mise a letto.
«Non dormono insieme» concluse Tony.
A quel punto gli interrogativi si moltiplicavano e cercò di ricapitolare la situazione. Victoria lo aveva lasciato con un videomessaggio che gli era sempre sembrato falso e artificiale, come se lei stesse recitando una parte. Era completamente scomparsa per qualche giorno, salvo poi apparire al fianco di Christopher. Aveva dichiarato davanti ai giornalisti che lei e Tony non stavano più insieme, ma di nuovo c’era qualcosa di non naturale nel suo modo di parlare.
C’era poi l’episodio del Dolby Theatre. Quando l’aveva incontrata lei sembrava essere troppo agitata per essere semplicemente imbarazzata dalla sua presenza. E non era riuscita a convincerlo del contrario nemmeno quando avevano parlato insieme.
E ora scopriva che lei e Roberts non dormivano nello stesso letto, nonostante per qualsiasi tabloid facessero ormai coppia fissa. Perché?
Esisteva un solo modo per scoprirlo.
«Jay, l’armatura» ordinò.
Quando fu pronta, volò verso la sede Ascam e quando fu nei pressi dell’edificio attivò la modalità silenziosa. Grazie a Jarvis, sfruttò i punti ciechi delle telecamere e atterrò silenziosamente su quello che sapeva essere il terrazzo della camera di Victoria.
«È sempre sola?» domandò a Jarvis che confermò.
Tony si liberò dell’armatura che rimase aperta. Se ne avesse avuto bisogno, avrebbe potuto indossarla in pochi secondi.
Si avvicinò alla portafinestra e picchiettò piano sul vetro. Gli sembrò di essere un ragazzino che scala il portico di casa per entrare di nascosto in camera della fidanzatina. Picchiò di nuovo sul vetro e stavolta Victoria si alzò.
La donna non sapeva cosa l’aveva svegliata, ma quando il rumore si era ripetuto, si era rizzata sul gomito. Aveva visto una sagoma scura fuori dalla finestra e si era alzata di scatto, soffocando un gemito per il dolore che il movimento repentino aveva scatenato. Quando aveva acceso la luce era rimasta paralizzata: Tony era sul suo terrazzo.
Raggiunse la portafinestra scorrevole e la aprì.
«Tony?» disse incredula. «Che diavolo ci fai qui?» sussurrò.
«Se mi fai entrare, te lo spiego».
Fece un passo avanti ma Victoria tese il braccio, impedendogli di passare, e scosse la testa. «Te ne devi andare, subito».
Tony non la ascoltò nemmeno e si chinò per passare sotto il suo braccio.
«A proposito: perché non dormi con Chris?» domandò.
«Non sono affari tuoi» rispose. Poi si voltò a fronteggiarlo. «Pensavo che avessimo chiuso il discorso» sibilò.
«Non credo ad una sola parola di quello che hai detto» replicò lui tranquillo. «Non so cosa ti abbia spinto ad allontanarti da me, ma qualcosa dev’esserci».
«Sì, hai ragione. La cosa è più complicata di quanto abbia dato a vedere, ma il senso non cambia: tra noi due è finita, Tony. Mi dispiace. Ora vattene».
Doveva assolutamente allontanarlo da lì. Non poteva neanche immaginare le conseguenze che avrebbero colpito loro due e Violet se Christopher l’avesse scoperto lì.
«Va bene. Me ne vado. Ma prima devi dirmelo chiaramente e guardandomi negli occhi».
Lei piantò lo sguardo nel suo. «È finita, Tony» ripeté, ma lui scosse la testa.
«No, questa l’ho già sentita. L’hai ripetuto fin troppe volte. Voglio che tu mi dica che non mi ami più. Quello non l’hai mai detto. Dimmelo e scomparirò dalla tua vita».
Victoria esitava e lui incalzò.
«Dimmelo, Vicky. E guardami negli occhi mentre lo fai».
«Io…» cominciò ma non riusciva a proseguire. Era vero: non aveva mai detto che non lo amava più. Non poteva mentire su quello. Ma ora doveva farlo: era l’unico modo per allontanarlo. Per tenere al sicuro lui e Violet. Fece un respiro profondo.
«Io… non ti amo, Tony».
Ma si tradì: non riuscì a mantenere lo sguardo fisso nei suoi occhi e lui capì.
«Lo sapevo!» sbottò e lei gli fece cenno di abbassare la voce. «Erano tutte bugie».
Coprì in due passi la distanza che li separava, le prese il viso fra le mani e la baciò. Tutte le difese che aveva eretto furono spazzate via dalla piena del sentimento che quel bacio scatenò. Si rese conto di aver ceduto e che questo metteva in grande pericolo sua sorella, ma quel momento era troppo dolce per non goderne fino in fondo. Lacrime di dolore e di gioia si mescolarono sul suo viso.
Si aggrappò a Tony, rispondendo al suo bacio. Le mani di lui abbandonarono il suo viso e la chiusero in un abbraccio, ma quando la strinse a sé il dolore la fece trasalire. Lui se ne accorse e interruppe il bacio.
«Tesoro, che succede?»
Lei scosse la testa e lui l’accompagnò al letto. La fece sedere e le si inginocchiò davanti.
«Sei ferita?» chiese.
Victoria lo guardò negli occhi e sollevò la maglietta che indossava.
«Mio Dio» esclamò Tony quando vide il brutto livido sul ventre. «È stato Christopher a farti questo?» domandò, sentendo l’ira montare.
Lei annuì e Tony si alzò. «Lo uccido» disse semplicemente e Victoria capì che se non lo avesse fermato l’avrebbe fatto davvero.
«Aspetta! Ci sono molte cose che non sai. Ti prego, siediti. Lascia che ti spieghi».
Lui represse l’istinto omicida e sedette. Victoria gli prese la mano ma non riusciva a parlare. Dopo un interminabile silenzio, Tony le accarezzò il viso.
«Vicky, che succede? Perché te ne sei andata?»
«Tiene in ostaggio Violet» spiegò. «L’ha fatta rapire e la usa per costringermi a restare qui».
«Perché?» domandò e lei fece un sorriso amaro.
«L’obiettivo sei tu, Tony. Christopher è invidioso di te, di ciò che hai. Lui non ha niente di ciò che tu possiedi: non è un genio, non ha la tua presenza fisica, non ha le tue capacità oratorie e la sua compagnia non ha i contratti delle Stark Industries. Ovviamente non aveva nemmeno una fidanzata come la tua, perciò ha pensato di procurarsela. La cosa avrebbe dovuto farti perdere la testa, farti finire nei guai. Immaginava che avresti fatto qualche gesto stupido, come far saltare in aria il giardino orientale, screditandoti di fronte all’opinione pubblica».
«Non sono stato io» disse, ma lei sorrise.
«Ti ho visto Tony». Poi tornò seria. «Ad ogni modo tu hai reagito con più scaltrezza di quanta si aspettasse. Immagino che sia stato Jarvis a disattivare le telecamere».
«E quel livido? Ti ha picchiata?» chiese con voce terribile.
«È successo la sera che abbiamo partecipato alla festa di beneficenza. Quando siamo rincasati, lui era parecchio su di giri. Si è infilato in questa stanza e mi ha messo le mani addosso».
Tony socchiuse gli occhi e digrignò i denti. «Ti ha violentata?»
«No. Ci ha provato, ma l’ho morso».
L’uomo sollevò un sopracciglio. «Morso?»
«Non potevo permettere che lo facesse. Quell’umiliazione era troppo. Così gli ho morso una spalla e lui mi ha colpita con un pugno. Ma da quel giorno non ha più provato a toccarmi».
Lui le accarezzò il viso. «Sei più tosta di quanto pensassi».
Victoria lo baciò. Un bacio dolce e tenero, che esprimeva voglia di essere rassicurata, desiderio che quell’incubo finisse. Quando si staccarono però, lei tornò alla realtà.
«Adesso devi andare» disse.
«Non senza di te» rispose Tony.
«Se fuggo, farà uccidere Violet».
«Sii seria. Non può essere così pazzo».
«Credi? L’ha fatta torturare, Tony. Solo perché mi sono rifiutata di accoglierlo con un bacio. Cinque frustate che sono stata costretta a guardare in diretta».
Tony si alzò e si avvicinò alla finestra. «Diavolo! È completamente svalvolato».
«Non sottovalutarlo. È pazzo, sì. Ma più sveglio di quanto pensi».
«Se le cose stanno così, non puoi pensare che io ti lasci qui».
Victoria lo raggiunse. «Non mi farà del male, Tony. Lui ha bisogno di ostentare la donna che ha rubato al suo rivale».
«Questo non cambia le cose: non ti voglio più sapere accanto a lui».
«Finché Violet sarà nelle sue mani, non ci sono alternative».
Tony si voltò verso di lei e le posò le mani sulle spalle.
«Per questo troverò Violet».
«Come? Non ho idea di dove sia».
«Dimentichi che il tuo fidanzato oltre che bello, atletico e miliardario è anche un genio. La troverò, la metterò in salvo e poi tornerò a prenderti».
Victoria alzò il viso e di nuovo si baciarono. Ora che Tony l’aveva ritrovata, faticava ancor di più a staccarsi da lei. L’idea che rimanesse nelle mani di Roberts, ora che sapeva la verità su di lui, lo faceva imbestialire. Ma doveva pensare a Violet.
Si staccò da lei e appoggiò la fronte alla sua, restando ad occhi chiusi, immobile.
«Ti amo» mormorò lei. «Mi dispiace per questa situazione, ma lui mi teneva in pugno e non potevo avvisarti».
«Ti amo anche io. Il resto non ha importanza».
Tony la lasciò e uscì sul terrazzo. Indossò l’armatura e poi si volse verso Victoria.
«Non vorrei, ma devo andare. Tu cerca di resistere, ok?»
Lei annuì, ma già sapeva che ora sarebbe stata più dura. Aveva avuto un’ora di luce: tornare al buio sarebbe stato terribile.
«Troverò Violet e tornerò» ripeté.
Victoria gli si avvicinò, lo baciò un’ultima volta e poi lo osservò mentre volava via silenziosamente com’era arrivato.
  
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