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Autore: Vegeta_Sutcliffe    06/12/2013    5 recensioni
Salve a tutti. Propongo questa storia molto introspettiva e diversa dal solito, o almeno così penso.
Cit: Aveva ucciso, aveva sbagliato e per questo stava per essere punita. Avrebbe dovuto uccidere, avrebbe dovuto sbagliare e se non lo faceva rischiava di essere punita.
Esistevano criteri incorruttibili di verità? Gli uomini erano lunatici, volubili, cambiavano e con loro il mondo, ma la giustizia erano loro o la giustizia trascendeva loro?
“Perché l’hai fatto?”
“Ti avevo promesso che saresti uscita di prigione, se non sbaglio.”
“E non c’era un altro modo?”
“Anche più di uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Quel giorno, quando il Signore diede a Israele la vittoria sugli Amorrei, Giosuè pregò il Signore e gridò alla presenza di tutti gli Israeliti:
'Sole, fermati su Gabaon!
e tu, luna, sulla valle di Aialon!
 Il sole si fermò, 
la luna restò immobile, 
un popolo si vendicò
dei suoi nemici'.

 

Quando erano le quattro del mattino e si era già fumato un intero pacchetto di sigarette, non riusciva a non pensare che un giorno non troppo lontano sarebbe sicuramente morto di cancro ai polmoni, ma poi buttò giù un sorso generoso di whiskey e un tumore al fegato non sembrava più così improbabile come causa per lasciarci le penne.
Ma se ne fotteva! A breve si sarebbe tirato pure uno spinello, se fosse stato necessario, se il livello di rottura di coglioni che causava la Brief era impossibile da sopportare solo con la volontà.
Una settimana di relazione e già stava impazzendo, ma non mollava.
E alla domanda dei suoi amici del perché non avesse lasciato ancora quella fighetta tutta perfettina e non avesse scopato con l’ultima troia di turno, lui alzava le spalle, sorrideva sereno e rispondeva che prima o poi anche Bulma avrebbe sbagliato.



Non riusciva a spiegarsi come Bra si girasse e gli intimasse di prestare attenzione ai cartoni animati, ogni volta che lui di nascosto socchiudeva le palpebre per fuggire da quelle stronzate perbeniste che la tv nazionale aveva insistentemente iniziato a proporre a poveri bambini che le ritenevano piacevoli e giuste.
Vegeta non voleva che sua figlia diventasse scema come gli omini di quel cartone che si divertivano ad interagire con gli spettatori, facendo domande imbecilli ed aspettando per sessanta secondi in silenzio una risposta che non sarebbe mai arrivata alle loro orecchie.
“Papà non ti addormentare, ora cantiamo la canzone.”
Si schiaffò una mano sulla faccia, sconsolato: cosa avrebbe dato per allontanarsi da quei cartoni?
“Io non canto!” Ingiunse perentorio, anticipando le intenzioni della bambina che stava già preparando la solita espressione da cucciolo bastonato.
“Sei cattivo.”
“Tu sei cattiva che mi fai vedere queste stronzate.”
Bra si mise in piedi sul divano, arrivando all’altezza del viso di Vegeta e mostrando quella troppo odiosa mimica materna.
“La mamma mi ha detto che questa è una brutta parola ed è sbagliato dire le brutte parole.” Agitò il dito in senso di diniego.
“E perché mai è sbagliato? Sto facendo male a qualcuno?” Quella donna stava davvero iniziando a combinare un disastro nell’educazione di Bra, la stava facendo crescere deviata come tutti.
Si poteva facilmente confondere con un’altra sua coetanea di quanto erano omologati quei pensieri e lui odiava che sua figlia dovesse essere scema come tutti gli altri, perché sua madre era stata stupida e desiderava così.
Bra scosse la testa, dando ragione alla sue convinzioni: se la madre fosse stata lì si sarebbe incazzata, ma lei era all’università quel pomeriggio.
“Allora la mamma ha detto una cosa sbagliata.”
“Brava tesoro mio, hai capito tutto.” Le scompigliò i capelli che Bulma acconciava in maniere oscene impiegando così tanto tempo e poi la baciò sulle labbra.
Pure baciare la propria figlia per la Brief era sbagliato, eppure quel gesto era privo di malizia e di sensualità: stava insegnando a Bra a considerare le labbra come un qualsiasi altro pezzo di carne, sperando che un giorno avrebbe potuto capire, a differenza della madre, che non era con un bacio sulla bocca che si dimostrava l’amore o si raggiungeva l’intimità e poi non lo faceva contro il consenso della figlia: era lei a cercare quel contatto talvolta e quali pensieri impudichi potevano mai muovere le azioni di una bambina? Era solo natura, solo istinto, per tanto, fuori da ogni logica umana e artificiale, giusto.
Senza contare che lui amava sua figlia e viceversa.
“Ci siamo persi la canzoncina.” Bra dopo aver abbracciato il padre, tornò alla sua realtà di infante tutta dispiaciuta da quell’interruzione e si infastidì enormemente, sentendo suonare il campanello.
Vegeta approfittò di quella visita inaspettata per liberarsi da quello strazio e si alzò subitamente dal divano.
Si sistemò la maglietta, toccandosi il fianco che ancora doleva leggermente, sebbene fosse passato già un mese da quell’incidente.
Aprì la porta, mistificando quella contentezza, con un’espressione seria e formale che si tramutò in un ghigno appena vide la figura di Goku.
“Qual buon vento? Vuoi vedere anche tu i cartoni con tua nipote?” Ci sperava in un qualche tipo di compagnia in quell’istante, qualcuno che patisse e soffrisse con lui, anche se Goku sembrava già abbastanza provato.
“No.” Disse seccamente, mantenendo la schiena tesa, troppo tesa, come l’aria, come il suo volto.
“Allora che cazzo ci fai qui?”
Il poliziotto chiuse gli occhi per un istante, chiudendo lo sguardo sui suoi pensieri; poi gli riaprì aprendo l’attenzione a quelle che dovevano essere le sue azioni.
“Ti dichiaro in arresto.” Estrasse il distintivo dalla tasca della giacca dell’uniforme, eppure Vegeta non si era spaventato vedendolo arrivare solo, non sapendo che i suoi colleghi avevano voluto che fosse lui stesso ad arrestare il fratello.
“Che stai dicendo?”
“Ti dichiaro in arresto.” Irruppe nell’appartamento e, approfittando dello stupore dell’avvocato, lo sbatté sulla parete più vicina, tenendogli il volto rivolto a muro e le mani dietro le schiena.
“Che cosa vuol dire questo?” Voleva essere calmo, ma forse urlò, perché esortò sua figlia a venire e ad assistere la scena, dietro il pilastro.
“Che sei stato accusato di pluriomicidio, di associazione a delinquere, di traffico di stupefacenti, di frode e tutto quello che sai meglio di me.” Vegeta era visibilmente scosso, ma Goku lo era di più: aveva avuto tutto il tempo delle indagini per abituarsi all’idea di stare mandando suo fratello sulla forca, ma non ci riuscì.
“Come hai fatto? Non ho lasciato indizi. Non hai prove.” Era così ovvio pensare che un giorno l’avrebbe arrestato da essere quasi diventato falso e ridicolo.
Dovevano aspettarselo che sarebbe finita così.
Il poliziotto deglutì pesantemente. No, non aveva mai trovato prove e Vegeta era sempre stato bravissimo a pulire ogni traccia, entrambi erano sempre stati attenti a evitare quel che non volevano dovesse succedere.
E tutto sarebbe continuato per il suo corso, o per lo meno tutto sarebbe stato così lento da far abituare all’idea, se non ci fosse stata lei.
“E invece sì. Un testimone ha consegnato delle prove circa un mese fa.”
“No, no è impossibile. Nessuno potrebbe avere le prove: le tengo tutte io a casa, al sicuro.”
Goku sorrise intenerito da quella situazione. Suo fratello sembrava davvero spaventato di andare verso la morte, perché in condizioni normali avrebbe capito subito la normalità di quel che sembrava un’assurdità.
“Lo sai che non vivi più solo in questa casa…”
Erano all’ingresso e Vegeta aveva la faccia schiacciata al muro, ma su quel muro c’era appeso un quadro e lui non ne aveva mai appesi.
Gli abiti da donna, i trucchi in bagno, tutto si riconduceva a un’unica soluzione.
“Bulma…” Sussurrò deluso da se stesso.
Perché tradirlo? E perché non pensare che lei potesse farlo?
“Mi dispiace.”
“Troia maledetta.”
Tutto quello non poteva essere reale, no.
“Papà? Zio Goku? Che sta succedendo?” Aveva cinque anni e non capiva perché il suo adorato zio avesse messo dei cerchi di ferro ai polsi del suo amato padre.
“Bra…” Entrambi si scordarono delle loro maschere della società per un istante e pensarono a lei e a tutto il bene che le volevano.
“Bra, tesoro, tranquilla, non è successo nulla. Tuo padre deve venire con me in un posto.”
“Dove?”
Dirglielo o no? Era pur sempre una bambina e Goku non avrebbe mai voluto rispondere, ma Vegeta lo anticipò: “In prigione.”
“Perché?” Ma a cinque anni si sapeva cos’era una prigione? Capiva solo l’agitazione e la paura, ma faceva la dura, proprio come il padre, trattenendo le lacrime.
“Ho ucciso.” Vegeta era senza tatto e senza delicatezza.
“No, papà no. Non mi abbandonare.” Corse ad abbracciare le gambe del padre, appendendosi disperatamente ai pantaloni.
“Serena, non starai sola, ora chiamiamo la tua mamma e la facciamo venire subito.”
La mamma l’avrebbe potuta distrarre: aveva la fantasia adatta per rielaborare tutto quell’accaduto e farlo capire a una bambina.
“Non è stupida, falla venire con noi.”
“E’ piccola per vedere suo padre che viene trascinato in una cella fetida.”
Vegeta sorrise malinconico.
“Noi alla sua età avevamo visto molte più scempiaggini di lei. Almeno tu lasciala libera di crescere.”
Goku annuì per alcuni incosciente, ma Vegeta aveva detto una cosa maledettamente giusta per lui.

Era uno strano corteo quello: il poliziotto rancoroso, l’agitato poliziotto fratello del detenuto, il detenuto sempre sorridente, e la figlia del detenuto che singhiozzava con una compostezza da adulta e camminava impettita e altezzosa proprio come suo padre.
Se non sapeva cosa fosse il giusto e l’ingiusto, istintivamente aveva preso le distanze da tutti quegli uomini in uniforme così diversi dal suo papà che ai suoi occhi innocenti rappresentava solo il bene, ma ancora non sapeva si stesse sbagliando.
Per lei erano cattive tutte quelle persone che strattonavano il suo papà, era cattivo il poliziotto amico di un certo Yamcha che aveva piantato un pugno sul volto del genitore, facendogli uscire sangue dal labbro spaccato, era cattivo anche avergli promesso che l’avrebbero ammazzato di una morte lenta e dolorosa.
Eppure Vegeta non aveva fatto una piega né agli insulti, né agli sputi, né ai pugni e Bra lo stimava sempre di più, lo riteneva superiore a tutta quella marmaglia.
Poi non lo vide più. Stette seduta su una sedia, affiancata dalla zio Goku che gli carezzava la testa e non le aveva mai detto che tutto sarebbe andato bene.
Approssimativamente gli raccontò quello che aveva fatto suo padre.
Goku le disse che aveva ucciso, ma non le disse che era sbagliato. Le domandò se lei avrebbe mai ucciso la madre di una sua amichetta e le domandò se fosse giusto che la sua amichetta soffrisse per quella perdita. Bra rispose di no, avrebbe voluto che nessuno mai soffrisse.
Goku le disse che aveva costretto donne a prostituirsi, ma non le disse che era sbagliato. Le domandò se lei avrebbe voluto vedere suo madre essere costretta a baciare un uomo che non fosse suo padre, essere toccata da un uomo che non fosse suo padre. Bra rispose di no, solo il suo papà doveva poter baciare la sua mamma.
Goku le disse che suo padre aveva trafficato droga, ma non le disse che era sbagliato. Le domandò se lei avrebbe voluto offrirgli qualcosa che faceva puzza e che l’avrebbe fatto sentire male, gli avrebbe provocato un gran mal di pancia. Bra rispose di no, lei a zio Goku avrebbe portato solo tanti dolci buoni.
Goku le disse che probabilmente suo padre sarebbe morto, ma non le disse che era sbagliato. Le domandò se lei avrebbe mai ucciso qualcuno che avesse sbagliato, se avrebbe levato a un tale la possibilità di rimediare ai propri errori, se avrebbe corso il rischio di uccidere un innocente. Bra rispose di no, lei avrebbe punito la persona che aveva sbagliato non certo le persone che gli volevano bene.
Bulma arrivò trafelata, aveva corso tutto il tempo, e si era fermata alle spalle di Bra, riuscendo a vedere solo il volto dolce di Goku.
“Tuo padre ha fatto tante cose che tu non avresti mai fatto, cose sbagliate e per questo probabilmente morirà.”
Morire? Cosa significava morire per una bambina di cinque anni?
Sua madre le aveva raccontato di angeli e di un regno ultraterreno bellissimo dove tutto era rosa e facevano cartoni ad ogni ora del giorno.
Perché uccidere suo padre? L’avrebbero mandato in un luogo così bello.
“No impossibile. Papà deve essere punito. Se lui muore, puniscono solo me che non potrò rivederlo mai più.”
E solo quel pensiero la fece rabbuiare e tremare.
Lei avrebbe voluto avere sempre suo papà accanto, anche se era un bastardo: Vegeta le aveva insegnato quella parola.
“Non è giusto che muoia! Dovrebbe rimediare al male che ha fatto, non andare in paradiso.”
Bulma e Goku si guardarono e trattennero una risata triste: adesso chi le avrebbe detto che suo padre non sarebbe andato in quel posto bellissimo? Chi le spiegava che dopo la morte non si sapeva cosa ci fosse e che anche se fosse stata corretta la divisione manichea tra paradiso e inferno, suo padre aveva un posto d’onore accanto al diavolo?
“Lo so, lo so. Mi dispiace tanto.”
Quanta pressione per una bambina di cinque anni! Scoppiò a piangere disperatamente e Bulma le si buttò addosso per stringerla e rincuorarla con dieci, cento, mille baci.
Benedetta ingenuità che non conosceva un cazzo del mondo e nemmeno le ingiustizie!
Se Bulma le avesse conosciute, si sarebbe rassegnata e non avrebbe mai cercato di far valere un’effimera giustizia, non avrebbe mai provato ad uccidere.
“Non è giusto che una bambina cresca senza papà.”
Quella non era ingenuità, era ragione: sapeva che c’erano ingiustizie, ma non riusciva a capire perché.
Come faceva ad urlare tra quei singhiozzi esagerati?  Probabilmente era stato un semplice sussurro, ma Bulma lo sentì forte e chiaro.
Come sarebbe cresciuta Bra senza padre? Sarebbe stata come lei? Avrebbe cercato per sempre una vendetta inutile? Si sarebbe macchiata la coscienza? Era sbagliato, sbagliato, totalmente sbagliato!
Lei aveva sbagliato, di nuovo; forse più di Vegeta.
Quella giornata era stata devastante e sua figlia si addormentò piangendo.
“Dov’è adesso? Lo voglio vedere.” Era un’esigenza impellente.
Aveva sbagliato e voleva trovare conforto nell’unica cosa giusta della sua vita: l’amore con Vegeta e non aveva paura che lui la potesse odiare: aveva tutte le ragioni per farlo.
Ma quando si sistemò la felpa e prese la strada per andare da lui, quando erano in quel corridoio freddo e desolato, un uomo alto e con una folta e poco curata barba la fermò e chiamo la sua attenzione e quella di Goku.
Aveva un grosso distintivo, lo classificò come qualcuno di importante in quella caserma, perché il suo pseudo cognato si mise sull’attenti, finchè quello non aveva concesso il riposo.
“Sono allibito e costernato per lei agente Ice. Lei è una così brava persona, ma suo fratello è risultato essere un vero lestofante, un irreprensibile lestofante. La notizia ci ha sconvolti tutti: era un avvocato! Chi avrebbe mai potuto sospettare fosse un mostro di questo genere?”
Avrebbero dovuto difenderlo, sentirsi offesi per quell’epiteto, ma Vegeta aveva dato prova più volte di essere un mostro e non se la sentivano di mentire: non era giusto.
“Grazie alle prove che ha portato la signorina Brief abbiamo potuto finalmente capire l’artefice e la mente di una serie di omicidi e misfatti avvolti fino ad ora nel mistero e io, a nome della legge, la ringrazio per aver contribuito a rendere più sicura la vita di tutti noi.”
“E’ stato dovere. Quando ci sarà il processo?” Il dovere era un conto, ma la voglia di considerarlo ancora il suo compagno era maggiore, era maggiore l’angoscia che provava per quel destino ineluttabile.
L’uomo abbassò lo sguardo e fissò le sue scarpe griffate; non c’era quel coraggio di parlare con gli occhi di una persona emotivamente coinvolta in quel caso, con gli unici due famigliari di un condannato a morte.
Solitamente non c’era proprio coraggio di parlare di ingiustizie, ma tutti le commettevano: forse se ne si fosse parlato, il crimine sarebbe diminuito?
“Non ci sarà processo.” Disse rivolto al pavimento.
“Non ci sarà processo?” Confusi.
“Non ci sarà processo?” Consapevoli.
“Non ci sarà processo?” Incazzati. Totalmente incazzati.
“Che vuol dire?” Non avrebbero forse lasciato Vegeta libero dopo tutte quelle prove?
L’uomo incrociò le mani dietro la schiena e prese un bel profilo.
“Il signor Ice è colpevole ed è destinato a morire.” Bulma si sentì mancare, ma non si scompose, in fondo lo sapeva che l’aveva condannato.
“Ma un processo vuol dire indagini più approfondite e non ci possiamo permettere il lusso di queste ulteriori indagini. Quell’uomo era un genio della manipolazione e un cultore del ricatto, non potete nemmeno immaginare quanti alti magistrati e dirigenti di importanti aziende ha coinvolto nello schifo di cui è responsabile. Cosa succederebbe se la gente venisse a sapere che metà di questa città è stata gestita da un organizzazione criminale? Che molti posti di lavoro sono stati finanziati dal male? Al processo corrisponderebbe un’eco mediatico distruttivo, voi non immaginate quanto.”
“Non potete non processarlo. Dovete fare un processo!”
Bulma aveva preso il bavero dell’uniforme e aveva scosso quel coglione, rappresentante dell’istituzione, se la codardia e la viltà fossero state un’istituzione!
“Non deve dire lei agli uomini di legge come comportarsi. Le indagini non si concluderanno mai, l’impero Ice non verrà smantellato, bensì amministrato dalla giustizia. E tutto finirà per il meglio.”
“E Vegeta?” Goku e Bulma non volevano capire quel discorso: non aveva una logica.
“Morirà.” Secco e duro, non sembrava nemmeno più il tizio che studiava le stringhe.
“Come lo giustificherete? Morte naturale a trentatre anni?” La donna non voleva crederci, sembrava una triste barzelletta e aveva sentito tutto con un pizzico di ironia.
“Oggi è stata data la notizia della sparizione del suo compagno. Nessuno sa dov’è finito, nessuno lo trova, ma, inaspettatamente, tra una settimana lo troveremo nella discarica della città, picchiato a morte, non si sa da chi. La cronaca lo riporterà come l’ennesima lite finita in tragedia, ma nessuno riuscirà mai a scoprire il colpevole.”
“Non è giusto, non potete farlo! E’ illegale, deve essere processato, condannato dalla società, deve avere un’esecuzione pubblica e ci deve essere un rimedio a tutto il male che ha fatto.”
Non era una donna quella: era una furia; come non era un poliziotto quello, era un venduto.
“Così è deciso e lei non può fare niente.”
“No, no! Non potete ammazzare il mio uomo e buttarlo tra la spazzatura, perché avete paura che la baraonda successiva al suo processo vi tolga il lavoro. Dovreste essere giusti e invece siete dei criminali come Vegeta, con quale diritto lo giudicate, voi?”
“Con lo stesso diritto con cui l’avrebbe giudicato la sua cara società. Non è composta anche da me?”
Se Goku non l’avesse tenuta quella sera ci sarebbe stato un altro morto ne era certo.
Bulma digrignava i denti e aveva gli occhi di fuori; sapeva che aveva ucciso, ma non se l’era mai immaginata, mai fino a quel momento.
Le mani prudevano a pensare a quella faccia impassibile dell’uomo davanti a sé che aveva uno sguardo alquanto contento.

“Un giorno vi succederà qualcosa. Dovessi farvela succedere io.”
“Non si preoccupi di questo. Io terrei invece d’occhio l’incolumità di sua figlia, qui ce ne sono tanti che detestano il suo compagno e che potrebbero non trovare pace uccidendo solo lui. Dico bene?”
No! Vegeta aveva fatto sempre male, tutti l’avevano sempre saputo, ma nessuno aveva mai fatto niente per non compromettere il proprio bene.
Giustizia? Uomini buoni e uomini cattivi. Solo uomini.
Ma non conosceva un uomo buono che non aveva sbagliato: pure Goku aveva ucciso i suoi genitori!
Giustizia! Doveva ancora crederci? L’istituzione si comportava come il malvivente, anzi peggio, perché le azioni sbagliate dovevano per forza essere giuste.
Credere nella giustizia, nelle leggi, equivaleva a credere nell’uomo e lei ci credeva.
Credeva che molti erano teste di cazzo e schiavi di un sistema di uomini, gli altri erano pazzi, lei era pazza: Vegeta gliel’aveva sempre detto e non aveva mai compreso fosse un complimento.
“Fate schifo.”
“Ci dovremmo lasciare giudicare da chi non si è mai schifata di essere la troia di un assassino?”
Sapeva proprio tutto!
“E’ un uomo e ha sbagliato e pagherà per i suoi sbagli, ma non illudetevi che non vi toccherà la stessa sorte.”

L’avevano rinchiuso in una cella d’isolamento, ammanettato ai polsi e alle caviglie, buttato a faccia in giù sul pavimento, sporco di sangue, di urina e saliva.
Goku fece entrare Bulma e poi chiuse la porta: li voleva lasciare soli, lui avrebbe avuto tutta la notte per restare con suo fratello, avrebbe avuto solo quella notte.
La donna camminò a passi lenti, col cuore in gola e si inginocchiò vicino al suo corpo, se ne fotteva si stesse macchiando i suoi jeans preferiti.
Nascose una mano nei suoi capelli e gli grattò la nuca, proprio come piaceva a lui.
“Amore mio, mi senti? Sono io.” Era caldo e vivo, respirava molto piano.
Voleva abbracciarlo, voleva baciarlo. Si accoccolò sopra la sua schiena, ma lui rantolò dal dolore.
Si alzò, come scottata, e adagio cercò di girarlo, anche se se ne pentì subito.
Lui aveva sofferto tutto il tempo della sua malsana pensata e, quando ebbe il volto rivolto al cielo della cella, Bulma trattenne un conato di vomito e uno di stizza: giustizia? Dove?
Non in un corpo martoriato e infreddolito dal dolore, non dal volto rosso di sangue e con la carne all’aria, non negli occhi gonfi e viola, non in quelle labbra che non avrebbe mai riconosciuto come quelle che fino a quella mattina aveva leccato di come erano spaccate; ma la cosa più devastante era che Vegeta fosse ancora cosciente, per sentire quanto male potesse fare la punizione dello sbaglio.
E pensare che se avesse tenuto la bocca chiusa, se avesse permesso che Bra avesse un padre, non importava se poco buono, tutto quello non sarebbe mai successo.
Si chinò per far sfiorare le labbra, per accontentare un proprio capriccio e per non fare troppo male a lui.
“Ti amo e mi dispiace di vederti così, ma non mi pento di averti denunciato e consegnato alla polizia.”
Avrebbe scommesso tutto che Vegeta non avrebbe mai ricambiato o che si sarebbe sforzato solo per morderla o insultarla, invece corrispose il bacio, tese il collo per avvicinarsi a lei e dava l’impressione che non si sarebbe staccato mai, se solo avesse potuto.
Ricadde a terra, facendo il rumore di un sacco vuoto che viene buttato dal tetto di un grattacielo e ingoiò un urlò.
Faceva male, faceva tutto troppo male, ma lei aveva fatto bene: forse non era stata la decisione migliore, ma era felice che, nonostante ci avessero provato in tutte le maniere, Bulma aveva continuato a pensare in maniera sbagliata, per lo meno sua.
Non avrebbe agito come lei, eppure aveva la prova di essersi scopato una persona e non un foglio di carta sulla quale ci si poteva disegnare.
Aveva poco fiato. Le avrebbe potuto chiedere scusa per tutto quello che le aveva fatto.
“Ti amo pure io.” Ma quella era la cosa più giusta da dire.
Se agonizzante e tradito, riusciva a pensare solo a quel sentimento, non vedeva motivo più per non esprimerlo, ma lei non avrebbe mai pensato di sentirlo.
“Ti hanno battuto forte la testa, amore mio?” tutto era irreale.
Non era vero che sarebbe morto a breve, non era vero quello squallore ambientale, non era vero che lui si dichiarasse, proprio quando lei l’aveva tradito.
“Fottiti, stronza.” Era insaziabile quella donna.
Gli stava dando l’amore e la vita, nonostante non avesse fatto grosse cose per meritarlo, e ancora faceva la sarcastica?
Ma era giusta quella legge del contrappasso: lui si era comportato così per anni.
Tossì e fece male, sputò sangue e fece male, tremò per il freddo e fece male.
La temperatura era fredda, il pavimento gelido e la paura della morte agghiacciante; batté i denti e la dovette aver resa contenta più rendendosi agonizzante che quando le fece sapere fosse corrisposta.
Aveva gli occhi lucidi e il cuore pesante, ma sorrideva. Cosa poteva fare per lui? Non poteva salvarlo dalla morte, non poteva tornare indietro nel tempo.
Si levò la felpa, maledettamente non si era messa una maglietta di sotto, e la poggiò sul suo corpo muscoloso.
Era piccola e rosa, forse lui l’avrebbe detta ignominiosa, ma perlomeno teneva caldo o quasi.
Un agente si fece scorgere dalla porta e le indicò freneticamente l’orologio che aveva al polso.
Era bene che andasse, tornasse a casa, alla sua vita, lasciasse Vegeta. Per sempre.
“Morirà con il ricordo delle sue splendide tette, signorina.”
Fece finta di non vederlo nè sentirlo e tornò ad accarezzare il suo compagno.
“Lo sai che ti faranno?”
Lui annuì impercettibilmente e serrò gli occhi. Gli avrebbero fatto le cose che lui aveva fatto ad altre persone.
Ed era proprio vero che la morte distruggeva i vivi, perché Bulma scoppiò a piangere e si mise le mani nei capelli e paradossalmente cercò calore in quel corpo quasi morto.
Si strinse a lui, fanculo gli avrebbe fatto male, e nascose il viso nel suo petto sudato.
“Non doveva finire così, non volevo finisse così.”
“E come?” Ricambiare la stretta era impossibile, parlare solo difficile, ma per lei l’avrebbe fatto.
“Volevo un giudice, una giuria, gli avvocati, la difesa. Sarebbe stato tutto diverso.” Forse avrebbe chiesto di appellarsi a infermità mentale dell’accusato, forse l’avrebbe aiutato a fuggire, forse avrebbe avuto ancora un po’ di tempo per combinare altri casini.
Il problema era che sarebbe morto troppo presto.
“Morirò. Cosa è cambiato? ”
Giusto, ma anche se fosse stato sbagliato sarebbe successo lo stesso.
“Avrei voluto che l’azienda venisse chiusa, che i tuoi amici venissero messi in prigione, che ci potesse essere un po’ di giustizia. Invece tu morirai e io rimarrò senza di te e basta.”
Era proprio un’ingiustizia non poter sentire le braccia di Vegeta stringerla, ma la vera cattiveria era pretendere di avere supporto da chi l’avrebbe dovuto giustamente avere in un momento così delicato.
“Hai paura, amore mio?” Che domanda stupida: chi non aveva paura della morte? Era completamente umana la paura, ma forse se le avesse detto che lui era di natura divina lei si sarebbe tranquillizzata, l’avrebbe saputo eterno.
“Come tutti.” Eppure era stato molto più bello svestirlo dal ruolo di dio e farlo diventare solamente uomo: tutto quello che avevano vissuto pareva essere reale e non solamente immaginato.
Era bello considerarlo uomo con i suoi difetti e sarebbe stato ancora più bello che quei difetti rimanessero anche quando fosse stato morto.
Bulma si rifiutava di ricordarsi Vegeta come un santone, lo voleva ricordare da figlio di puttana e voleva ricordare che lo amava perché era un figlio di puttana.
Si asciugò una lacrima col dito, stranamente felice, e poi incollò la bocca a quella di Vegeta e non aveva intenzione di staccarla finchè non avesse rischiato di morire soffocata.
Niente lingua, niente unione; solo bocca, solo contatto: erano due persone diverse e complementari ed era tutto perfetto per quello.
“E’ proprio finito il tempo, signorina. Deve andarsene.”
Bulma sbuffò annoiata e poi si decise ad alzarsi, guardandolo per l’ultima volta dall’alto in basso.
“La felpa.” Vegeta sul letto di morte riusciva ancora a pensare alla gelosia e al fatto che non volesse che la sua donna facesse vedere il suo corpo agli altri e non aveva gli occhi minacciosi solo perché erano troppo lividi.
“Tienila tu, almeno ti fa caldo.” Gli strizzò l’occhiolino. “Io sto bene così.”
“Signorina si copra, non sta bene andare in giro mezza nuda.” Il poliziotto parlava  per dovere, non certo per piacere; lui l’avrebbe incitata a togliersi anche i pantaloni, ma non sarebbe stato professionale.
“E chi l’ha deciso? La società?” Bulma si mise le mani sui fianchi stizzita, facendo ondeggiare le tette.
“Bè, sì.” Balbettò quello scandalizzato.
“Ah,sì? Allora sa che le dico?” Domandò con sfida. “Le dico che è sbagliato.”
E con molta praticità si sciolse il reggiseno, fece scivolare le bretelle sulla braccia e poi lo buttò sulla faccia del poliziotto.
“Addio, Vegeta.”
Si voltò di nuovo, non avrebbe voluto fosse l’ultima, ma, vedendo Vegeta sorridere orgoglioso, si decise; l’ultima immagine che aveva del suo uomo sarebbe stata la sua felicità.

“Addio.”

Era tutto finito. Vegeta probabilmente era morto e Bra e Bulma camminavano per le strade della città tutte da sole e la giovane donna non sembrava nemmeno turbata dal fatto che avesse i capezzoli in bella mostra e che tutti la fissavano chi sconcertato, chi eccitato, chi accusatore.
Ma Bulma se ne fotteva di quel che pensava la gente: l’amava, ma amava ancora più se stessa, il suo pensiero e la convinzione che non ci fosse nulla di male a camminare senza maglietta e reggiseno alle undici di sera nessuno gliel’avrebbe mai potuta togliere.
Era stanca e spossata e decise che quella sera non avrebbe cucinato, non che fosse un’eccezione.
“Ti va la pizza, amore mio?”
Bra stava per parlare ma il commento di una signora acida che aveva chiamato la sua mamma zoccola aveva coperto la sua risposta affermativa.
Bulma sorrise alla signora e la salutò cordialmente, era inutile incominciare una lite perché contro il sistema non si poteva vincere, il mondo non si sarebbe potuto cambiare, l’unica vittoria era quella di non farsi cambiare e la potevano chiamare con i soprannomi più osceni, ma non c’era niente di male a camminare a petto nudo, d’altronde in televisione si vedevano solo donnine con le tette di fuori, no?
“Mamma?” Bra non era troppo triste. Era abbattuta, ma non inconsolabile.
Quando Bulma era andata a fare visita al suo papà, lei si svegliò sulle gambe di Goku che la teneva stretta, stretta.
“Dimmi tesoro.”
La notizia della morte di suo padre l’aveva scossa e avrebbe voluto piangere e l’avrebbe continuato a fare, se lo zio non le avesse dato uno, due, tre casti baci a fior di labbra.
Vegeta aveva sbagliato e avrebbe dovuto essere punito, ma Goku assicurò a Bra che non le sarebbe mai mancato un padre, le assicurò che lui ci sarebbe stato sempre e le ricordò che l’aveva sempre amata come una figlia, l’amava come sua moglie, l’amava come amava Bulma.
Bisognava amare tutti le aveva detto Goku e quell’insegnamento le piaceva.
“Ora che papà è morto, nel mondo non succederanno più cose brutte?”
La verità era che a cinque anni non si era ancora troppo presi e compresi dalle stronzate di tutti i giorni, si pensava lucidamente senza avere quel peso certe volte ingombrante dell’esperienze e delle delusioni degli adulti.
La verità era che quella bambina somigliava tragicamente a Vegeta e aveva ereditato quell’indole dell’avvocato che faceva domande difficili e retoriche per far cadere in fallo l’altro.
“No, amore, non è cambiato niente.” Rispose rassegnata, ma sempre ancora intimamente e fortunatamente contraria a tutto.
Quella sera era morto un uomo che aveva fatto cose cattive, non avevano di certo debellato il male.
“Cambierà mai qualcosa?”
Sarebbe mai cambiato qualcosa?
Erano gli uomini a fare le cose ed erano quindi gli uomini a dover cambiare. Nel presente l’unica soluzione che le sembrava giusta era lo sterminio di massa, ma lei era solo un uomo e gli uomini sbagliavano e la loro giustizia era sempre ingiusta.
“Quando tutti moriranno.”
“Stronzate, uccidere è sbagliato.”
Bulma la guardò orgogliosa: lei non era così intelligente a cinque anni, era solamente più educata e idealista.
Bra era così diversa da lei che le fece sperare che un giorno non troppo lontano qualcosa sarebbe potuto davvero essere diverso, senza che l’umanità sparisse.
La soluzione al problema dell’uomo era l’uomo.
“Mi sembra giusto.” Se poi lo era veramente nessuno l’avrebbe potuto mai dire: sbagliavano sempre gli uomini.

Non era un scuola, era un tribunale quello e gli arringatori sempre i soliti: Vegeta e Bulma.
Bulma era andata correndo da Vegeta, gli aveva levato la sigaretta dalle mani e l’aveva schiacciata sotto il suo piede, perché fumare era sbagliato.
“Chi sei tu per dirmi cosa è giusto e cosa è sbagliato?” Domandò curioso.
“Una persona giusta.” Risposte ovvia e convinta.
“Quindi tu non sbagli mai, giusto?” Perché Vegeta non capiva come si potesse dettare legge, sebbene lo affascinasse quel mondo oscuro di norme e diritti.
“Giusto.” Quanto era altezzosa quella ragazza!
“Allora sappi che privare della libertà di azione un individuo è sbagliato. È sbagliato impedirgli di sbagliare ed è sbagliato insegnare il giusto mediante preconcetti. Se davvero volevi fare una cosa buona mi avresti dovuto dire che non si fuma perché il fumo annerisce i polmoni, atrofizza le ciglia polmonari, causa una serie di problemi di salute, inquina l’ambiente ed è economicamente dispendioso e io forse avrei potuto ponderare sul problema, analizzare ogni singolo punto e poi sarei stato libero di decidere se continuare a rompermi il collo o fare qualcosa di buono per me.
E alla fine avrei potuto capire che fumare è sbagliato!
Le sbraitò contro incollerito e poi si accese un’altra sigaretta davanti alla sua faccia.
“Ma entrambi continuiamo a sbagliare.”
“No, qui l’unico coglione che sbaglia sei solo tu.” Gli pungolò il petto con il dito.
“Chiudersi nelle proprie convinzioni è sbagliato, anche tu sbagli.”
Erano pochi giorni che si conoscevano ed erano convinti di odiarsi alla follia, anche se si sbagliavano.
“No, io non sbaglio.” Si mise le mani sui fianchi sinuosi.
“Arrenditi Brief, siamo uomini e sbagliamo.” Vegeta ne approfittò per prenderla con le braccia dalla vita scoperta e attirarla a sé.
Cercò di baciarla: era una bambina idiota, ma se le avesse tappato la bocca sarebbe stato davvero bella.
“Allora il tuo giudizio sarà sbagliato e tu stai sbagliando.” Urlò spingendolo lontano.
“L’ho sempre detto che io sbaglio. Sei tu che sbagli a non capirlo.”
Fece dei versi di stizza e batté i piedi sul pavimento.
“Vaffanculo, Vegeta!”
Parlare con quel ragazzo era inutile, non si arrivava mai a una conclusione, si facevano discorsi vaghi, forse belli, ma davvero senza riscontro nel mondo o in quello che voleva fosse stato il mondo.
“Non si dicono le brutte parole. Hai sbagliato di nuovo.”
Bulma ringhiò, allontanandosi, pensando di avere ragione, ma non considerarsi un uomo che poteva sbagliare era sbagliato.
"Dillo che avresti voglia di ammazzarmi." 
"Io non ucciderei mai: è sbagliato e io non sbaglio."


Sorpresa!
Mi è venuto un flash e ho capito che la fine che pensavo dal lontano mese di giugno era banale o probabilmente troppo difficile da sviluppare in maniera originale e quindi ho colto al volo questa opportunità che il mio cervello mi stava suggerendo ed ecco qui: è tutto finito.
Ma forse nemmeno questa fine è bella, ma come altro poterla finire se non con uno sbaglio? xD
Sempre la solita cosa: quell’idea perfetta e inafferrabile che non riesco a scrivere. D:
E scrivere queste ultime note sarà più difficile di scrivere l’intero capitolo, perché non riesco ancora a dire di aver finito e non riesco a capacitarmi di esserci riuscita, nonostante tutto.
Volevo spendere due parole sulla frase che ho scelto e su quanto ho scritto.
Chi non conosce la celebre frase “Fermati, o sole!”? Io l’adoro!
E’ una frase che ha innumerevoli significati allegorici, giustificazioni religiose, che io non voglio trattare, ma è anche e soprattutto la più grande prova della fallibilità umana, circa tutto.
Fermati, o sole! Lo dice la bibbia, il libro di Dio, il libro della verità spirituale, eppure per quanto possano essere stati illuminati gli apostoli, o chiunque altro abbia scritto la bibbia, erano sempre uomini che pensavano che il solo si muovesse attorno alla terra: vero, gli uomini sbagliano, anche se appartengono a un’istituzione.
Fermati, o sole! Per non cadere nello sbaglio ci vuole la conoscenza, ma c’è stato qualcuno che per amor proprio, più che per amore degli altri, ha esaltato questo sbaglio, ha criticato la scienza, l’emblema della conoscenza, l’ha resa la giusta volontà di Dio.
Penso a Galilei, penso a Bruno, uomini giustiziati dagli uomini che hanno sbagliato, dagli uomini che potevano giudicarli perché erano la giustizia e tutto è stato totalmente sbagliato.
Ma la giustizia siamo noi e noi siamo tanti, siamo contraddittori, siamo sbagliati e lo sarà pure la giustizia che in forma assoluta e trascendentale sembra non esistere.
E la fine è di nuovo l’inizio e questa storia non ha voluto significare nulla, se non il meraviglioso paradosso della dialettica a cui io non ho davvero reso onore. xD
Eppure sebbene le conclusioni risultino le stesse delle premesse, pensiamo che per arrivarci le abbiamo pensate, le abbiamo analizzate, non le abbiamo subite in modo passivo e alla fine questo credo sia l’unica cosa bella che abbiamo al mondo: non poter cambiare nulla, ma almeno potere e dovere avere la libertà di cercare di capire e di esercitare la nostra natura pensante che pensa pure alla possibilità del cambiamento.
Sono sempre dell’opinione che ho scritto una storia troppo sopra le mie capacità, ma spero che apprezziate lo sforzo e l’impegno. =)
Ora passiamo ai ringraziamenti che saranno lunghini, forse.
Grazie a tutti quelli che hanno letto silenziosamente, se sapessi il vostro nome, vi ringrazierei a uno a uno, ma fate finta che l’abbia fatto! <3
Grazie a chi ha seguito:
1 - amand118 
2 - andry15 
3 - BALLA_X 
4 - Berri 927 
5 - cassandra76 
6 - claire24 
7 - coffy 
8 - flyvy 
9 - girasole1988 
10 - giudaballerino 
11 - Kappa007 
12 - LadyCissy 
13 - laulaury 
14 - LiAgIuZ 
15 - LottyRouge 
16 - LoveKath 
17 - MartinaSs 
18 - marty123XD 
19 - meghi_13 
20 - Micky_Heidi 
21 - Prince Vegeta 
22 - PZZ20 
23 - Sha_17 
24 - Shirley_99 
25 - Sveva99 
26 - vegeta4e 
27 - Veggi 
28 - Warrior Queen_ 
29 - yle92 
30 - _MangaGirl_ 
31 - _UnInvernoMuto_
Grazie a chi ha messo che la ricorderà, anche se spero che nessuno se la scordi <3
1 - angyp 
2 - yukinami
E anche se stenterete a crederlo, c’è qualcuno che la reputa una delle sue storie preferite, quindi grazie anche a voi. <3
1 - 22volteME 
2 - anne_black 
3 - buby91 
4 - coniglietto 94 
5 - ErinThe 
6 - federed 
7 - francyslytherin 
8 - ghiaccioomega 
9 - Helen_ 
10 - LilyGK 
11 - Margherita Dolcevita 
12 - marty123XD 
13 - Micky_Heidi 
14 - Moby9090 
15 - pastafrolla 
16 - Prince5 
17 - PZZ20 
18 - sofy_99 
19 - sweetgirl1993 
20 - vale 93 
21 - ve91 
22 - voyeuristic intentions 
23 - Warrior Queen_ 
24 - welcome to my life 
25 - Yura14

E poi ringrazio chi ha recensito, chi un capitolo, chi tutta la storia.
Mi dispiace aver visto questo calo delle recensioni, ma capisco gli impegni e spero davvero che la storia continui a esservi piaciuta anche silenziosamente! <3
1 - PZZ20
2 - Micky_Heidi
3 - KiddVegeta_99
4 - Venereth92
5 – Moby9090
6- Linx375
7- 22volteME
8- ErinThe
9- buby91
10- flyvy
11- anne_black
12- yukinami
13- Helen_
14- spaghettafunk
15- Magic_
16- Klaine_Blaine
17- welcome to my life
18- giudaballerino
19- Yura14
20- voyeuristic intentions
21- Claire24
Siete stati tutti fondamentali!
Un grazie speciale va a Sophya che non mi ha mai abbandonato e a Micky_Heidi che mi faceva sentire davvero capace. <3
Ho poca autostima D: Ah, domani correggo gli errori, so che ce ne saranno. xD
Detto tutto questo, meglio che pubblico subito, perché sto lottando con l’istinto di cancellare proprio tutto il capitolo che ovviamente non mi convince.
Grazie ancora di tutto è stata bella condividere quest’esperienza faticosa con tutti e adesso vi auguro buona notte! <3


L’ultima cosa e poi scompaio e vado a nanna pure io:
L’intera storia, tutta la storia è dedicata a un essere antipatico e talvolta irritante con il quale sto sempre insieme e che è stata l’unica a sopportare tutti i miei tormenti circa questa storia che le faceva altresì schifo. xD
Quindi Ele questa storia è per te e me ne frego che non ti piaccia. U_U
Ora ci dobbiamo prendere un calippo, me lo merito…


Buon tante cose e soprattutto non smettete mai di pensare! <3
  
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