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Autore: Shanax    08/12/2013    4 recensioni
Questa storia racconta alcuni casi sovrannaturali vissuti da Annika Green con i fratelli Winchester e il loro angelo Castiel.
Annika è una strega di venticinque anni, con alcuni piccolissimi problemi, che però renderanno la vita dei Winchester davvero complicata, molto più del solito.
Genere: Commedia, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Jason, il cameriere con quel gran sedere, mi aveva appena portato la mia solita colazione. Un cappuccino con panna e cannella, un piattino con sopra le mie mini brioches preferite e il giornale.

Come il solito dopo aver depositato l’ordine, fuggì il più lontano possibile.

 Sospirai guardando allontanarsi quel fondoschiena fantastico, pensando a quanto avrei voluto metterci le mani sopra.

 

Ogni mattina mi sedevo sempre nel solito tavolo ad angolo, il più lontano possibile dal banco. Lo facevo per evitare gli sguardi della gente, e per non far fallire il locale. Nessuno sarebbe più entrato vedendomi seduta al centro della sala o peggio ancora al banco. Così, stavo nel mio angolo, osservando il via vai delle persone e leggendo il giornale.

 

Quando il sedere di Jason, scomparve alla vista, aprii il quotidiano e mi misi a leggere, girando distrattamente il cappuccino, senza poteri però. Non avevo nessuna voglia di rischiare di sporcarmi quel giorno. La maglietta che indossavo era la mia preferita; dell’alchemy, fatta a strappi con scollo alla Carmen. Il genere di abbigliamento che mandava fuori di testa mio padre, lo considerava da sgualdrina. Probabilmente era per quello che a me piaceva, non perché sembravo una davvero una battona, ma perché lui odiava che andassi in giro vestita così. Non che cambiasse molto la mia situazione, speravo, però che il mio amabile genitore capisse chi ero veramente.

 

 

In prima pagina il quotidiano titolava a lettere cubitali: La banda dell’omega colpisce ancora. Un altro furto  con scasso finito male, erano due mesi che il giornale riportava notizie di questo genere. Anche questa volta era stata fatta una vittima e come le quattro volte precedenti, era stato rubato un singolo oggetto e sul muro era stato trovato il simbolo dell’omega, la firma di questi ladri e assassini. 

 

Non notai immediatamente il piccolo gruppo di tre persone che venne a sedersi nel tavolo accanto al mio.

Ero sovrappensiero, continuavo a pensare di aver già sentito il nome della vittima riportato dal giornale, Geremia Bennett. Dovevo chiedere a mia madre o a mia zia, se l’avevo davvero sentito, era stato sicuramente da uno dei miei famigliari. Non che m’interessasse particolarmente la cosa, ma se era morto qualcuno della comunità magica, questa storia ci avrebbe presto coinvolto tutti.

 

Alzai la tazza del cappuccino che si stava raffreddando, portandola verso la bocca e nello stesso istante vidi i tre uomini seduti. La mia mano naturalmente mancò il bersaglio (capitava anche quando pensavo a cosa stessi facendo, figuriamoci quando ero distratta) e mi versai il contenuto addosso. Tipico... distolsi lo sguardo immediatamente, alzandomi per cercare di limitare il danno, ma in questo modo feci cadere la sedia all’indietro e inciampai in essa finendo a terra come un’idiota.

Un idiota che ora era completamente sporca di cappuccino, e aveva appena fatto una misera figura davanti a tre sconosciuti, che sembravano usciti dalle pagine di Filament.*

 

Rimasi alcuni secondi con il naso a terra, sporca di cappuccino e con la voglia di sparire nel nulla, come potevo essere cosi sfortunata e imbranata? Passati quei pochi istanti, però, ritirai tutto immediatamente. Per la prima volta mi sentii veramente fortunata, mentre due mani grandi e forti mi afferrarono per un braccio e per un fianco aiutandomi ad alzarmi.

D’accordo, la figuraccia rimaneva, ma era un prezzo che avrei pagato più volte e anche volentieri, se significava farmi mettere le mani addosso da quell’esemplare di toro da monta che si era immediatamente alzato e ora mi era tanto vicino che riuscivo anche a sentire il suo odore. Ed era buono, mi ricordava quello della carta dei libri antichi, misto a incenso.

 

Quando fui in piedi, mi trovai a fissare due occhi verdi con sfumature ambra, che mi sorridevano. L’uomo cui appartenevano era alto, molto alto, tanto che trovandomi cosi vicina a lui, fui costretta ad alzare il viso per poterlo guardare. Aveva un corpo statuario, appoggiando la mano sulla sua spalla per rialzarmi, mi ero subito resa conto che sotto i vestiti c’erano muscoli scolpiti e allenati. Doveva avere sui ventisei massimo vent’otto anni. Aveva capelli castani leggermente lunghi sul collo, e un bel naso dritto leggermente largo alla base, ma che s’intonava perfettamente con i suoi lineamenti affilati. E infine due labbra sottili ma ben disegnate che in questo momento mi sorridevano, formando due adorabili fossette ai lati.

 

Dire che era bello non avrebbe reso l’idea, mi sembrava di stare davanti ad una scultura più che a uomo in carne e ossa.

 

“Tutto bene?”

 

Oddio… e la sua voce... era bassa, calda e assolutamente sensuale. La mia mente stava già lavorando fervidamente, sentendo quella stessa bocca pronunciare porcate di ogni genere, mentre io lo cavalcavo come una cowgirl al rodeo. Ero già completamente andata, tanto che non mi resi neanche conto che stava aspettando una risposta.

 

“Ehi... ti ho chiesto se stai bene? Mi senti?”

“Eh?”

“Ti sei fatta male?”

 

Ok Annika sta calma, e rispondigli, ti prenderà per una totale deficiente se non dici qualcosa.

 

Continuai a guardarlo, mentre una serie di risposte si formava nella mia mente. Beh, non erano proprio generate dal cervello, erano più pensieri della regione a sud dell’equatore, che ormai aveva preso vita propria.

 

Risposta A: Sì, credo di essermi fatta davvero male. Perché non mi accompagni a casa... magari fino in camera mia, così ti mostro dove?

 

Risposta B: No, ma se vuoi farmene tu, sono a tua assoluta disposizione. Credo di essere portata per il sado-maso!

 

Risposta C: Credo di avere un principio di soffocamento, che ne dici di un po’ di respirazione bocca a bocca?

 

Avevo quasi deciso di dargli la risposta A, quando dalla mia bocca uscirono parole completamente diverse, questa volta purtroppo generata davvero dalla mia mente.

 

“Sto bene, grazie. Sono abituata a questo tipo d’incidenti, capitano quando ci si distrae.”

 

Avete presente quelle scene nei cartoni animati, quando un diavoletto e un angelo appaiono sulle spalle del protagonista per consigliarlo? Quello che mi accadde in quel momento si avvicinò molto a quel tipo di situazione.

Il mio cervello e le mie parti basse cominciarono a discutere, mentre la sottoscritta ascoltava, dando ragione a entrambi a turno.

 

Parti basse: Annika che cazzo dici? Ti rendi conto che ci stiamo giocando un’opportunità unica? Forse l’ultima nella nostra vita?  Hai guardato bene questo esemplare di stallone?

Cervello: L’ho visto ma farci passare per delle sgualdrine da uno che abbiamo appena conosciuto, sono sicura che non ci aiuterà.

Parti basse: Forse no, ma se invece accettava l’invito?

Cervello: Rifletti... sei completamente sporca di cappuccino e panna, e hai appena fatto la figura dell’idiota che non sa reggersi in piedi. Credi davvero che questo pezzo di manzo ci starebbe?

Parti basse: Magari gli piace il gusto al caffè, no?

Cervello: ...non avevo pensato a questo...

Annika: Stop, basta così. Comando ancora io qui, e dico che dobbiamo assolutamente conoscere lo stallone... il manzo... insomma avete capito. Quindi diamoci da fare... e soprattutto, scopriamo se ha intenzione di fermarsi in paese o è solo di passaggio.

 

Il David di Michelangelo, si spostò per rimettere a posto la sedia che avevo rovesciato. Stavo quasi per fermarlo, quando i miei occhi si posarono sugli altri due uomini ancora seduti, che mi stavano guardando incuriositi. Mi bastò un momento per perdere di nuovo l’uso del cervello e della parola. 

 

I compagni del bronzo di Riace alle mie spalle, erano qualcosa d’indicibile. Sembravano due modelli di biancheria intima. Anche se personalmente, avrei preferito guardarli con ancora meno indumenti addosso.

 

Quello più vicino a me, doveva avere qualche anno in più del colosso di Rodi che ora era dietro di me, aveva capelli biondi castani corti, sotto di cui c’erano due occhi incredibili, verdi e intensi che ricordavano quelli di una tigre ed erano contornati da una marea di adorabili lentiggini. Ma quello che mi provocò un eccesso di euforia fu la bocca, era dotata di due labbra rosee, carnose e assolutamente pornografiche. L’eccesso di allegria era naturalmente provocato dalle mie parti basse, che si stavano già chiedevo su quale parte del mio corpo avrebbero preferito sentire quelle labbra.

Arrivammo simultaneamente alla conclusione che non faceva molta differenza, ogni centimetro di me stessa ne avrebbe gioito in egual modo.

 

L’altro compagno in ogni caso non era da meno, era sicuramente il più vecchio dei tre, trentacinque anni circa. Capelli scuri, quasi neri e leggermente spettinati, contornavano un viso angelico (e ancora non sapevo quanto facessi bene a definirlo tale), con due occhi blu, in cui mi persi totalmente, erano incredibili, sembravano trapassarmi da parte a parte e leggermi direttamente nell’anima. Quando mi ripresi, diedi anche uno sguardo al resto naturalmente, e vi assicuro che era tutto al posto giusto. Aveva un’aria leggermente trasandata, con la cravatta annodata lenta sopra a una camicia immacolata e un completo scuro su cui portava un trenchcoat beige che lo faceva sembrare un impiegato sfaccendato o uno spogliarellista da locale per sole donne. Per qualche ragione che non sto a spiegare, riuscivo a immaginarlo meglio nella seconda versione.

 

Tutto questo ben di Dio era lì davanti a me, a portata di mano, ma naturalmente io cosa facevo? Rimanevo a fissarli muta come un pesce e grondante cappuccino, ero sicuramente un pessimo spettacolo.

 

“Sei sicura di stare bene?”

 

Era di nuovo il gigante ad aver parlato e voltandomi notai che mi stava porgendo un fazzoletto. Vedendo che non lo prendevo, però continuò.

 

“Hai della panna sul naso...”

 

Arrossii leggermente, prendendo il fazzoletto e cercando di asciugarmi almeno il viso. Per i vestiti ormai c’era poco da fare. Avrei potuto dire che ormai la situazione poteva solo migliorare, ma quando si trattava di me, non c’era nulla di più sbagliato. Il peggio sarebbe arrivato di lì a poco.

 

Successe tutto per un mio momento di distrazione.

 

Mi stavo ancora ripulendo, quando l’enorme ragazzo m’indicò un punto sul suo viso, per farmi capire dove avevo ancora della panna. Poi di colpo si avvicinò.

 

“Più giù, aspetta ti aiuto io...”

 

Mi prese la mano in cui avevo il tovagliolo e la guidò verso il punto in cui dovevo essere ancora sporca. Non so se lui si rese conto dell’imbarazzo che si diffuse sul mio viso, ma ero sicura di essere diventata più rossa dei miei capelli ormai. Il mio cervello, si era ormai totalmente disconnesso dal resto del mio corpo e non riuscì a controllare l’ondata di emozioni che mi travolse, quando le sue dita mi sfiorarono le labbra.

 

Pochi secondi dopo, sentimmo il rumore di gomme che stridevano sull’asfalto, una serie di clacson suonare e un botto assordante. Mentre tutti si voltavano verso la finestra per vedere cos’era successo, io chiusi gli occhi costernata.

 

Che diavolo avevo combinato questa volta?

 

Seguii la folla fuori dal locale, dimenticandomi per qualche istante dei tre uomini, che avevano attirato la mia attenzione (e non solo quella).

All’esterno vidi chiaramente un camion, il cui rimorchio era rovesciato e da questo, fuoriuscivano quarti di bue, che erano finiti su un’auto nera parcheggiata lì davanti. Sembrava che nessuno si fosse fatto male, ma il conducente del camion era sotto shock, e continuava ripetere che non era possibile quello che era successo.

 

Un momento dopo, fui superata dal biondo con le labbra da pornostar, che si diresse a occhi sgranati verso l’auto su cui era caduta qualche tonnellata di carne destinata al macello.

 

“La mia piccola... cazzo... l’avevo appena rimessa a posto. Che diavolo è successo?”

 

Per una volta, cervello e parti basse concordarono su qualcosa, si unirono per dirmi cosa pensavano di tutto ciò: Complimenti Annika, hai appena distrutto la macchina dei tre tipi da cui ti sarebbe piaciuto farti sbattere. Hai sempre un tempismo perfetto quando si tratta di rovinarti la vita con le tue mani. Ti conviene sparire prima che qualcuno tra la folla ti noti e cominci ad additarti come responsabile.

 

Seguii il consiglio, e mi spostai raggiungendo l’altro angolo dall’altra parte della strada e finalmente vidi cosa aveva causato l’incidente. Davanti al camion c’era un enorme buco nel terreno profondo almeno un paio di metri, l’autista frenando per non caderci dentro, doveva aver sterzato troppo forte e questo aveva fatto ribaltare il rimorchio.

 

Fissai ancora un momento la voragine e scossi la testa. Ero stata sicuramente io, poco prima dell’incidente stavo pensando a quanto dovessi apparire ridicola davanti a quei tre e quanto avrei voluto scavare una fossa per nascondermici dentro. Quando le mie emozioni erano uscite fuori dal mio controllo, il pensiero si era proiettato nella realtà, in quest’assurdo modo.

 

Sospirai, non potevo fare nulla, se avessi tentato di aiutare, probabilmente, avrei solo causato altri danni.  Mi allontanai da lì invece, lasciando sfumare anche solo l’idea di presentarmi ai tre esemplari di perfezione, che per qualche minuto, avevo sperato potessero essere la soluzione ai miei problemi.

 

Sconsolata, raggiunsi il motel di mia zia. So che può sembrare strano, ma anche streghe e stregoni lavorano, prima di tutto per mantenere le apparenze e in secondo perché l’abuso della magia poteva attirare attenzioni sgradite. Anche quest’epoca aveva i suoi pericoli, erano pochi gli umani a sapere della nostra esistenza, ma quei pochi erano pericolosi. Mio padre li chiamava cacciatori, sapevano dell’esistenza di noi streghe e del soprannaturale in generale, e perseguitavano anche quelli di noi che volevano vivere in pace e non facevano male a nessuno. Erano dei coglioni insomma, ma rimanevano comunque persone pericolose ed io non volevo aver nulla che fare con loro.

 

Lavoravo al motel da due anni se così si poteva dire, il mio unico compito era di registrare gli arrivi, consegnare le chiavi delle camere agli ospiti e rispondere al telefono. Un lavoro talmente semplice che anche un’impedita della mia portata poteva fare. Mia zia mi aveva assunto per compassione e anche perché ero la sua nipote preferita, nonostante la mia goffaggine, lei era sempre stata dalla mia parte.

 

Era l’unica a comprendere a pieno il mio stato d’animo. Anche a lei l’idea di mio padre di farmi sposare con un McKinley sembrava esagerata. Per questo da settimane ormai, stavamo programmando la mia fuga da quella città.

 

Per una strega sparire nel nulla era difficile, il potere di questa, era come un faro per gli altri stregoni, in particolare per quelli di famiglia. Mia zia stava cercando di insegnarmi come nascondermi magicamente, ma data la mia incapacità, le sue lezioni finora non avevano portato grandi risultati. 

Speravo solo di riuscire prima di fine mese, per allora era stato fissato il mio matrimonio se così vogliamo chiamarlo e una volta che fossi diventata una delle concubine di Edward allontanarmi sarebbe stato davvero impossibile, soprattutto se fossi rimasta incinta. Troppi occhi sarebbero stati puntati su di me a quel punto.

 

Le soluzioni erano solo due, o perdevo la verginità prima di fine mese, oppure me ne sarei dovuta andare, sperando di riuscire a rimanere nascosta fin quando non mi avessero creduto morta o comunque non più raggiungibile. Non avevo scelta, anche se ero la pecora nera della famiglia, anch’io avevo il diritto di vivere la mia vita come meglio credevo.

 

 

 

__________

 

* Filament è una rivista inglese erotica per donne. Gli uomini ritratti in essa, sono tutte persone affascinanti anche se non necessariamente modelli professionisti. Dietro le immagini ci sono racconti erotici e molto piccanti ma mai volgari, in quanto, secondo la fondatrice del giornale, a noi donne basta l’immaginazione a differenza della maggior parte degli uomini che invece necessitano di qualche aiuto visivo più dettagliato.

 

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 Angolo dell’autrice: In quest’angolo vorrei innanzitutto ringraziare tutte coloro che stanno seguendo questa ff.

L’idea è nata mentre guardavo la nona stagione di SPN, che a me come a molte di voi suppongo, mi sta uccidendo. Avevo quindi bisogno di ridere un po’ ed ecco com’è nata l’idea di Annika.

 

In ogni caso vi lascio alla lettura del capitolo.

Un bacio a tutte.

Shanax

 

 

 

 

 

 

  
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