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Autore: MartaKim    08/12/2013    1 recensioni
Questa è la storia di una ragazza di ventanni, il suo nome è Martina Solazzo e racconterà di come la sua vita sia cambiata da quella monotona di nullafacente a quella di indaffarata aiuto-segretaria del manager di un gruppo coreano molto famoso, composto da 7 bellissimi principi asiatici. Cosa succederà a questa ragazza? Si farà soggiogare dalla bellezza stupefacente dei 7 ragazzi con cui, ahimè, dovrà convivere? Sono tante le avventure, (o disavventure?), che dovrà affrontare, ardui gli ostali da superare, per non parlare di un'avventura amorosa piena di nuove sensazioni, sorprese strane e tanto altro!
Se la storia vi interessa, leggete i miei capitoli!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Il volo & l'uomo.



Era il 9 Dicembre ed avevo passato una nottata davvero bellissima. La sola idea di poter partire in Corea e di realizzare quel che di più speravo era davvero una sensazione unica. 
Mi alzai dal letto ed andai subito a preparare la valigia, visto che alle 12 avevo il volo insieme a Rose. Ero un'esplosione di felicità, ma avevo dimenticato la cosa più importante: dirlo ai miei. 
Mi diressi in cucina, in cerca dei miei genitori, trovandoli seduti a tavola a fare colazione.
"Ehm.." mi schiarii la voce "potrei avere la vostra attenzione per un attimo?" chiesi, quasi intimorita.
"Oh, buongiorno amore, vieni a sederti con noi! Non hai ancora fatto colazione, cosa desideri?" rispose subito mamma, alzando lo sguardo su di me nel sentirmi parlare.
"Ehm, no mamma, non ho fame. Vi devo dire una cosa importante..." abbassai ancora di più la voce.
"Come no? Stai male? Hai la febbre? Lo sai che non è da te rifiutare di mangiare, che ti succede?" si preoccupò subito lei ed io non potei trattenermi dal sospirare.
"No, mamma, sto bene. Solo che vorrei dirvi una cosa prima di mangiare.." cercai di riprovarci, venendo però interrotta da mio padre.
"Ma amore mio, non bisogna mai saltare la colazione. E' il pasto più importante della giornata." disse lui, quasi sgridandomi. Stavo perdendo la pazienza. 
Mi avvicinai di più a loro, stringendo i pugni.
"Vi devo parlare di una cosa importante, vorrei che..." venni interrotta di nuovo, ma questa volta da mio fratello.
"Mamma, dove sono le scarpe da calcio?" disse lui, con il cellulare in mano, non curandosi della mia presenza. Non riuscii più a trattenermi. Portai con rabbia le mani sul tavolo, che produsse un tonfo acuto.
Tutti si girarono, sorpresi, verso di me.
"Adesso ho la vostra attenzione?" sibilai, davvero arrabbiata. Nessuno fiatò ed io continuai. "Alle 12 parto per la Corea del Sud con Rosanna, non so quando torno, ma ho trovato un lavoro davvero soddisfacente lì e vorrei provarci." dissi, tutto d'un fiato.
I miei genitori e mio fratello si scambiarono degli sguardi, per poi sorridermi tutti quanti. Inclinai il capo confusa e mia madre mi si avvicinò.
"Amore della mamma, lo sapevamo già. Hai lasciato il biglietto sul tavolo ieri. E in più tuo fratello, usando il pc, ha visto dalla cronologia l'annuncio." mi accarezzò dolcemente una spalla.
"Ma...allora...perché non mi avete chiesto nulla?" domandai io, d'un tratto esausta.
"Cosa dovremmo dirti, piccola?" rispose mio padre, alzandosi anche lui. "Vogliamo il tuo bene e la tua felicità, se questo è quello che desideri, noi ne siamo felice." mi sorrise dolcemente.
Ero quai commossa da quelle parole, ma ormai conoscevo i miei genitori ed erano sempre stati fin troppo comprensivi con me. Sorrisi loro e li ringraziai.
"Ma, Martina, quanti soldi porterai con te? E da dove li prenderai?" mi chiese Vito, mio fratello. Non avevo pensato a quel particolare. Mi immobilizzai.
"Io..ehm...dovrei avere da parte qualche risparmio..." risposi, ma titubante. Quanto avevo messo da parte? Di certo non abbastanza soldi per vivere in Corea del Sud.
"Aspetta.." disse mio padre e si allontanò, tornando poco dopo con un blocchetto di assegni. Sgranai gli occhi e lo fermai.
"No papà, non posso chiedervi una cosa del genere." lo guardai dispiaciuta, mortificata. Lui rise, intenerito, e mi spostò la mano.
"Io ormai sono in pensione e tua madre è una regolare casalinga, non abbiamo bisogno di tanti soldi per andare avanti. Prendili come un prestito, ok? Appena li avrai dal tuo lavoro, ce li ridarai." disse lui, scrivendo su un assegno. 
Lo staccò e me lo diede, facendomi quasi impallidire: 10.000 Euro. Li guardai boccheggiando e loro ridacchiarono, annuendo. Li ringraziai abbracciandoli e baciandoli, per poi correre in camera a finire tutto l'occorrente. 
Ormai erano le 11.30 ed io ero in aeroporto ad aspettare Rose. Ero appoggiata ad una colonna, con un paio di occhiali da sole, i capelli perfettamente ricci e rasati da un lato, di un biondo chiaro, un paio di legghins con scarpe con il tacco. 
Avevo gli auricolari ed ero in una zona vuota, praticamente da sola. Iniziai a canticchiare una canzone dei BTOB, estraniandomi ancora di più da tutto quello che mi circondava. 
Amavo cantare, fin da quando ero piccolina. Purtroppo la voce non era più in grado di fare alcuni acuti, ma il risultato finale non era poi così male. Mentre cantavo, una strana sensazione mi pervase e fui costretta a riaprire gli occhi, incrociando lo sguardo di uno sconosciuto fermo ad osservarmi.
Un maniaco? Mi azzittii all'istante e mi guardai intorno con molta attenzione; le uscite principali non erano molto lontane, ma con i tacchi che avevo sarebbe stato difficile correre. 
Ero pronta a scattare, quando il ragazzo sorrise e se ne andò. Un brivido mi attraversò il corpo. Che diavolo stava succedendo? Sentii una mano sulla mia spalla e sobbalzai, per poi scoprire che era la mia amica.
"E' tanto che aspetti?" mi disse lei, sorridendo dolcemente. Era vestita quasi con me, se non fosse stato per le scarpe basse e sportive. Rose non amava molto i tacchi, preferiva le scarpe comode e basse. Come biasimarla?
"No, sono qui da poco." scossi il capo, rispondendole e ricambiandole il sorriso. Ci incamminammo e, dopo aver passato tutti i controlli, ci dirigemmo al Gate 8.
Appena salite sull'aereo, cercammo i nostri posti numerati e, finalmente, ci accomodammo.
"Ci conviene dormire, lì c'è il fuso orario." mi mise in guardia lei ed io annuii. 
Mi rimisi gli auricolari e chiusi gli occhi, cercando un po' di pace. Dopo un po' di tempo, di nuovo quell'assurda brutta sensazione di essere osservata. Aprii di scatto gli occhi e mi guardai intorno. Ancora il maniaco? Non era possibile.
Incontrai lo sguardo del tipo strano e mi irrigidii: era proprio lui. Scossi la mia amica per svegliarla.
"Rose...Rose svegliati...c'è un tipo che mi guarda..da quando eravamo all'aeroporto...credo mi stia spiando.." sussurrai a lei, che si svegliò subito per guardarsi intorno.
Quando anche lei vide l'uomo, sbarro gli occhi e si morse il labbro. Forse avevo sbagliato a dirlo, visto che lei si faceva parecchio prendere dall'ansia.
"Ascolta...ignoriamolo..siamo in due e siamo circondati da persone, non ci può fare nulla." la tranquillizzai e cercammo altro da fare. Ogni tanto guardavo in direzione dell'uomo, trovandolo ancora intento a guardarmi. 
Dopo un bel po' di ore, finalmente l'annuncio dell'atterraggio. Solo in quel momento, l'uomo distolse lo sguardo, perdendo il suo sorriso e irrigidendosi. Non riuscivo più a capire cosa stesse succedendo.
Appena ci dissero di scendere dall'aereo, io e la mia amica ci alzammo ed uscimmo, recuperando in fretta le valigie. 
Mi voltai un'ultima volta per guardarmi alle spalle, ma non vi era più traccia del signore. Scossi il capo pensando che magari era solo un pazzo osservatore che si era preso una cotta.
Uscimmo dall'aeroporto e chiamammo un taxi. Solo quando vi fummo dentro, mi ricordai di non sapere parlare coreano, ma Rose mi salvò e gli indicò dove portarci, parlando quello che sembrava un perfetto coreano.
Arrivammo all'albergo e, lasciando parlare solo lei, facemmo la registrazione e ci prendemmo le chiavi, lasciando un piccolo acconto dopo aver cambiato i soldi.
Salimmo con l'ascensore e ci dirigemmo verso la camera numero 16, dove ci aspettava un bel bagno, grande e pulito, e due lettini accompagnati da due comodini. La camera era abbastanza accogliente, pulita e spaziosa. 
Dopo aver sistemato un po' di cose qua e là, essendo ormai sera, decidemmo di riposarci. Ci infilammo nel letto, ma io non riuscivo a dimenticare quel ragazzo. Cosa voleva?
"Ehi, Rose.." la chiamai, ricordandomi un altro particolare.
"Dimmi, Marta." rispose lei, girandosi su un fianco per guardarmi.
"Mi devi insegnare il coreano, è una delle nozioni fondamentali per il lavoro ed ho solo 6 giorni per impararlo. Da sola è impossibile, mi servirebbero almeno le basi." le spiegai, con una voce quasi supplichevole.
"Certo, con piacere." accettò lei, ridacchiando appena. Dopo esserci augurate la buona notte, spegnemmo le luci e calammo in un silenzio perfetto per farsi avvolgere dalle braccia di Morfeo.


 
Ecco a voi il secondo capitolo! Spero che vi piaccia.
-Kimmie.
  
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