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Autore: 31luglio    08/12/2013    7 recensioni
Cosa succede quando una ragazza viene scoperta dentro la lussuosa villa del suo cantante preferito proprio da lui stesso?
Tratto da un capitolo:
Mi sdraiai sul divanetto e guardai il cielo. «Secondo te, le stelle quante sono?» chiesi, cercando di contarle tenendo il segno con le dita. Una, due, tre, quattro, cinque... Mi persi a cercare di individuare le costellazioni, quindi ricominciai. Dopo aver fallito una mezza dozzina di volte rinunciai, e tornai a guardare con aria sognante.
Mi rivolse uno sguardo divertito. «Sei proprio fuori.»
«Rispondi.»
«Non so che cosa dirti, Audrey.»
«Spara un numero.»
«L'infinito...»
«Come io e te in questo momento?»
Mi guardò nuovamente, sorpreso. «Sì» sorrise, «come noi due in questo momento.»

another Justin & Miley fanfiction
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(cap 7) i just can't go back in time

 

Mi allacciai le Converse nere; poi sospirai ed, infine, mi alzai. Cercai di calmarmi, senza grandi risultati, mentre uscivo di casa e mi dirigevo verso il Greystone Mansion con la mia Audi Q3 grigia. Era domenica pomeriggio e stavo per incontrare Aaron.

Anzi, no. Se avessi dovuto semplicemente incontrarlo non sarei stata così tesa; tra non molti minuti, avrei dovuto rivelargli il mio tradimento. Avrei dovuto sopportare i suoi occhi che diventavano tristi senza poter dire né fare qualcosa.

Più mi avvicinavo al parco, più il battito del mio cuore aumentava di velocità. Quando arrivai, temevo che mi sarebbe venuto un infarto. Parcheggiai la mia macchina di fianco all'entrata e mi diressi verso l'interno con le gambe che tremavano.

Mi sedetti su uno dei muretti antistante il palazzo, dove io ed il mio ragazzo ci davamo spesso appuntamento. Il sole di maggio splendeva nel cielo come se volesse illudermi che sarebbe andato tutto bene. Qualche gruppo di turisti era in fila davanti all'abitazione ormai adibita a museo, aspettando di entrare per visitarla; altri ragazzi erano sdraiati sull'erba meticolosamente curata.

Mentre prendevo l'ennesimo respiro mi sentii baciare il collo. «Hey» sussurrò Aaron.

Mi sforzai di sorridere mentre incrociavo i suoi occhi. «Ciao.»

«È successo qualcosa?» domandò; segno che non ero riuscita a mascherare la mia ansia.

Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro inferiore. «Sì» ammisi infine.

Mi attirò a sé, schioccandomi un bacio sulla guancia. «Qualsiasi cosa sia, la risolveremo insieme.» Mi alzò il mento costringendomi a guardarlo negli occhi. Dovetti trattenere le lacrime mentre mi perdevo dentro le sue iridi color smeraldo. Erano terribilmente sincere, cristalline; non nascondevano nulla, a differenza delle mie.

Mi lasciai cullare dalle sue braccia per quella che sarebbe stata probabilmente l'ultima volta. Lo avrei baciato, ma sapevo che non sarebbe stato corretto nei suoi confronti. Ero stata con un altro e stavo per dirglielo, non potevo approfittare di lui. Anche se, quando avevo incrociato i suoi occhi, mi ero resa conto di amarlo più di quanto pensassi.

Mi sorrise teneramente, allontanandomi. «Allora, cos'è successo?» chiese.

Il battito del mio cuore accelerò ulteriormente. «Vorrei premettere una cosa, prima di...»

«È accaduto qualcosa di brutto?» mi interruppe.

«Aaron» iniziai sospirando, «io ti amo, okay?»

«Anch'io ti amo, Audrey.»

Abbozzai un sorriso. «Fammi finire... Io ti amo, sei il mio primo amore e il primo amore non si scorda mai» dissi. Vidi la sua espressione farsi confusa e quasi impaurita. «Ed io ti chiedo scusa in anticipo.»

«Mi stai lasciando?» sussurrò.

Sentii il mio cuore stringersi. «No» replicai.

«E allora? Ti prego, dimmi che cazzo è successo.»

Guardai lui, poi l'edificio davanti a me, poi le mie Converse. «Ti ho tradito» confessai; le lacrime minacciavano di uscire e le mie gambe erano diventate di gelatina.

«Cosa?» domandò. «Dimmi che stai scherzando...»

Incrociai il suo sguardo mentre iniziavo a piangere.

«Dimmi almeno che è stato un bacio.»

Tornai ad osservare le mie scarpe. «Mi dispiace» mormorai con la voce che tremava.

«Ti dispiace? È tutto quello che sai dire?»

«Non volevo che succedesse.»

Rise amaramente. «Non è una cosa che puoi dire di un tradimento, Audrey! Non vuoi che succeda una tragedia, non di questo!»

«Ti prego...»

«Ti prego cosa?» gridò. «Io... io non so nemmeno cosa dire. Come hai potuto farlo?»

«Mi dispiace.»

«Di' qualcos'altro, merda!»

«Cosa vuoi che ti dica?» gli chiesi, urlando. «Non posso giustificarmi!»

«Non me l'aspettavo» disse, più a se stesso che a me. Aspettò vario tempo prima di parlare. «Come cazzo fai a dire che mi ami prima di dirmi questo?»

«Te l'ho detto perché è vero!» replicai. Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano, senza tuttavia riuscire a fermarle. «Non so come sia potuto succedere, Aaron, e mi dispiace di averlo fatto, ma non posso più tornare indietro nel tempo.»

«Questo è certo.»

«Cosa volevi che facessi? Preferivi non saperlo, forse?»

«Hai ragione» concordò, «meglio liberarsi subito di una come te» disse, e una lacrima gli scese dall'occhio sinistro rigandogli la guancia. Dopodiché se ne andò; lo seguii con lo sguardo mentre si dirigeva verso l'uscita.

 

Quando lo avevo visto piangere avevo sentito il mio cuore spezzarsi in milioni di pezzi minuscoli. Ora, mentre entravo in camera mia in lacrime, mi sembrava di non riuscire a respirare. Era come se, insieme ad Aaron, avessi perso anche l'ossigeno. E forse in un certo senso era vero, perché più di una volta avevo considerato quel ragazzo come l'aria che mi serviva per vivere. Ora che se n'era andato, come avrei potuto continuare a farlo?

Mi appoggiai alla porta e mi lasciai scivolare fino al pavimento. Era stato tutto uno sbaglio. Avevo sbagliato quando avevo voluto entrare in casa di Justin, quando avevo accettato di tornarci per visitarla del tutto; avevo sbagliato continuando a frequentarlo, e avevo fatto un errore madornale quando avevo accettato di partecipare alla festa di Usher. Ma soprattutto, lo sbaglio più grande che avevo commesso era stato l'andare a letto con lui.

Non mi sarei mai perdonata una cosa del genere. Non appena avrei riacquistato la vista, ora appannata dalle lacrime, avrei scritto al biondo che non volevo più avere nulla a che fare con lui. Sin dal giorno successivo avrei provato a sistemare le cose con Aaron e, magari, ci sarei anche riuscita, ricominciando così anche a respirare.

Ora, però, la cosa principale da fare era smettere di tremare e di piangere. Chiusi gli occhi, respirando più volte e a lungo, cercando di calmarmi. Dopo vari minuti ci riuscii, quindi mi alzai e andai a sedermi sul letto evitando di guardare ogni foto che ritraeva me ed il mio – ormai ex – ragazzo.

Tirai fuori dalla tasca posteriore destra dei miei pantaloncini l'iPhone. Avevo ricevuto tre messaggi da Heather, otto da Justin e due chiamate da entrambi. Sbloccai il telefono, digitai il codice e lessi gli sms della mia migliore amica.

Il primo era delle 3.58 e diceva: “Com'è andata?”

Beh, non tanto bene, pensai.

Il secondo era arrivato un quarto d'ora dopo: “Audrey, ti prego, rispondimi...”

Il terzo risaliva solo a pochi minuti prima: “Ho parlato con lui. Vuoi che venga da te?”

Sul mio volto comparve l'ombra di un sorriso. Era la migliore amica del mondo anche quando commettevo sbagli del genere che avrebbero potuto allontanare chiunque.

Prima di risponderle, decisi di leggere i messaggi di Justin.

Ore 3.42: “Gliel'hai detto? Mi dispiace che tu ti sia trovata in questo casino per colpa mia.”

3.56: “Va tutto bene? Hai bisogno?”

3.59: “Se vuoi venire da me chiamami. Io ci sono”

4.07: “Rispondimi, sono preoccupato”

4.13: “Se non mi rispondi entro cinque minuti, giuro che vengo a casa tua.”

4.18: “Almeno rispondi alle chiamate, per favore!”

4.24: “So che stai piangendo, quindi ti prego, smettila. Andrà tutto bene”

4.31: “Ho l'ansia, seriamente. Come stai? Hai bisogno di cioccolato?”

Vaffanculo, tu e il tuo cioccolato di merda. Ho bisogno solo che tu sparisca.

Decisi di rispondere ad Heather: “Posso venire a dormire a casa tua?”

Dopodiché, digitai al biondo: “Non voglio avere più nulla a che fare con te.”

Appoggiai il telefono sul comodino e mi sdraiai sul letto. Chiusi gli occhi, lasciando che i ricordi inondassero la mia mente.

 

«Buonasera, amore» mi salutò Aaron. Era il 23 novembre dell'anno precedente, il giorno del nostro primo anniversario e saremmo andati fuori a cena a festeggiare l'occasione. Era venuto a prendermi a casa; quando avevo aperto mi ero trovata davanti un enorme mazzo di rose rosse e bianche che mi aveva fatto capire quanto fossi importante per lui. «Sei bellissima» disse.

In effetti non ero niente male: avevo sfumato l'ombretto nero e bianco, ripassato le ciglia col mascara e la rima inferiore dell'occhio con la matita e, nonostante non lo sapesse poiché, essendo ormai dicembre, poteva vedere solo il mio cappotto grigio e le décolleté color panna, indossavo un vestito bianco senza spalline che mi stringeva il busto e poi, dopo un cinturino di brillantini, scendeva morbido che sapevo avrebbe apprezzato.

«Grazie» sorrisi e, subito dopo, lo baciai. «Anche tu lo sei.»

Ricambiò il sorriso, poi mi aprì la portiera della sua Mustang e, dopo essersi seduto al posto del guidatore, partimmo verso Los Angeles. I trentacinque minuti che seguirono furono piacevoli: Aaron guidava con una mano sulla mia coscia e, di tanto in tanto, lo vedevo mentre mi scrutava con la coda dell'occhio. Non parlammo; l'atmosfera era rilassata e la radio dell'auto suonava canzoni a volume basso.

Arrivammo davanti al Cicada alle sette e mezza ed entrammo subito. Non sapevo cosa avesse programmato il mio ragazzo per quella sera e non ero mai stata dentro quel ristorante: l'atrio era enorme e, nonostante le luci fossero poche, era anche ben illuminato. Un cameriere ci venne incontro con un ampio sorriso spontaneo sulle labbra e, qualche secondo dopo, ci accompagnò al nostro tavolo.

La sala del ristorante era ampia e bellissima: vari tavoli che ospitavano gruppi di persone erano sistemati qua e là, illuminati da candele poste al centro; dall'altro capo rispetto all'entrata vi era una rampa di scale in marmo da cui si accedeva alle balconate superiori, riservate alle cene intime; dal soffitto pendeva un bellissimo lampadario di cristallo.

Il cameriere ci accompagnò ad un tavolo per due sistemato sulle balconate e ci fece accomodare. Quando fummo soli, aprii il menù e cominciai a leggere gli antipasti proposti in esso.

«Cosa pensi di prendere?» domandai.

Gli occhi smeraldo di Aaron spuntarono da dietro il menù e mi guardarono, facendomi sorridere. «Credo...» fece una pausa per guardare il nome della pietanza, poi riprese: «Credo la Tartare di tonno.»

Storsi il naso. «Bleah, pesce» commentai.

Lui rise. «Tu cosa vuoi, signorina Non-Mangio-Il-Pesce?»

«La caprese.»

«Ottimo. Riguardo alla pasta, pensavo che potremmo dividerci le penne ai porcini con il pollo; che ne pensi?»

«Va benissimo. Invece, riguardo alla carne?»

«Vuoi dividere anche quello?» domandò dolcemente.

«Preferirei» ammisi. «Sai, per prepararmi al dolce.»

Rise nuovamente ed io mi resi conto di quanto lo amassi. «Il vitello?» propose.

«È per questo che mi piaci: sai sempre quello che voglio» ammiccai.

«Sono qui per questo, tesoro.»

Subito dopo arrivò una cameriera; dopo averci informati che il suo nome era Allie, come scritto sulla targhetta dorata attaccata alla camicetta bianca, ci aveva chiesto sorridente cosa volessimo mangiare. Aaron glielo comunicò, quindi lei si appuntò le ordinazioni sul taccuino ed, infine, se ne andò.

«Sei bellissima.» Alzai lo sguardo ed incrociai gli occhi verdi del mio ragazzo. «So che te l'ho già detto» continuò, «ma sento il bisogno di ridirtelo. Sei perfetta, Audrey. Sono fortunato ad averti.»

«Mi farai piangere...»

«Non importa; sei bellissima anche quando piangi. Ringrazio Dio ogni giorno per averti fatta imbucare alla festa di Logan e per averti fatta innamorare di me. Senza di te, non so dove sarei adesso. Forse nel letto di qualcuna, ma non importa, non è questo il punto. Il punto è che tu sei la miglior cosa che mi sia successa in quasi diciotto anni della mia vita e spero che continuerai ad esserlo per molto, molto tempo.»

Mi alzai dalla sedia e mi sedetti sulle sue gambe con le lacrime agli occhi. «Vorrei dirti parole belle come quelle che hai detto a me, ma sono sicura che scoppierei a piangere. Ti chiedo scusa per questo, perché ti meriti tutte le parole dolci e piene d'amore che esistono su questo mondo, ma riesco a dirtene solo due.» Feci una pausa e lui mi strinse a sé. «Ti amo. Ti amo più di qualsiasi altra cosa, Aaron, davvero.»

Il ragazzo premette le labbra sulle mie. «Anch'io ti amo.»

 

Il flusso dei miei ricordi venne troncato dal suono del campanello. Dedussi che fosse Heather, quindi mi alzai dal letto e mi diressi verso il portone, contrariata per via dell'interruzione del ricordo di quella che era stata una delle serate più belle della mia vita. Percorsi il lungo corridoio bianco con i quadri dipinti da mia madre rappresentanti un campo fatti in diverse parti del giorno appesi alle pareti, quindi scesi le scale di corsa ed, infine, arrivai davanti alla porta d'ingresso.

«Dovevi proprio arrivare in ques...» iniziai a dire. La frase morì quando alzai lo sguardo ed incrociai un paio di occhi tristi e confusi di uno splendido color caramello.

Avevo sbagliato: non era Heather.

Era Justin.





























"take me back to the start"
Ciao amici, buona domenica e buona immacolata!
Non so come si possa dire "buona domenica" onestamente, oggi che il Believe Tour si è concluso. Io sono a pezzi: come può essere finito così velocemente? Il mio piccolo ha già fatto due tour mondiali, sono così fiera di lui! 
Passando al capitolo, spero vi piaccia perché io mi sono impegnata. Vedo che i seguiti e i preferiti continuano a salire dopo ogni aggiornamento, mentre le recensioni sono sempre quattro, quindi vi prego di farmi sapere in di più (?) quello che pensate della mia storia affinché io possa capire quello che vi piace e quello che non vi piace.
Inoltre, oltre alle varie, dolcissime persone che recensiscono e che seguono la fan fiction, voglio ringraziare anche coloro che mi scrivono i commenti brevi; non vi ringrazio mai, mi dimentico sempre e di questo vi chiedo scusa. Vi ringrazio oggi, perché ci tengo che sappiate che per me contate tutti moltissimo.
Okay, ora ho finito. Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto o no o cosa, per favore.
Vi amo tutti,
Andrea :)

   
 
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