Videogiochi > Aion
Segui la storia  |       
Autore: SunVenice    10/12/2013    1 recensioni
Atreia è in subbuglio. Dai mortali due nuove classi di guerrieri stanno ascendendo verso Sanctum e Pandemonium a grandi battiti d'ali. La torre dell'Eternità trema dalle fondamenta gemelle. Ali spezzate tinte di rosso si pongono tra due eterni nemici. Una morte senza senso. Una risata antica e grottesca. "Il momento è giunto."
Intro. Arrivano i Mietitori!
01. Io spavento, tu annoia (Nhefti/Allegre) “Ma io non ho soldi…” I denti bianchissimi della maestra di spiriti si scoprirono in un ghigno.“Chi ha parlato di comprare?”
02. Fatti abbaracciare (Nohant/Raxelle) Raxelle esplose letteralmente in un pianto disperato.“Sigh…sob.. Che devo fare Alle?" [...] “Non sappiamo nulla di lei.” Continuò l’assassina, afferrando con gesto elegante, ma rigido, il bicchiere posto davanti a lei “Abbiamo una sola possibilità.”
03. Beneducato esibizionismo (Ledylight)
04. Due idioti ed una capanna (Kajan/Pamfile/Koichizenigata) Coming Soon!!
Raccolta partorita in onore dei miei amici di Legion!! Enjoy!
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Memorie del Sanctum:
Io spavento, tu annoia



“Posso farti una domanda?”
Nhefti si fece quasi violenza per costringersi a non alzare gli occhi al cielo. 
Accanto a lei Allegre cercava di tenere il suo passo, seguendola suo malgrado con molta fatica, a causa del ritmo quasi militare che lei aveva assunto fintanto che si erano allontanate dalla Hall of Prosperity. 
La maestra di spiriti avrebbe volentieri fatto a meno di risponderle: già faticava a non dare peso agli sguardi stralunati di chi, credendo che lei non li notasse, le stava fissava dirigersi passo dopo passo verso Divine Road, figuriamoci se poi doveva fare i conti con le domande puerili di una novellina dalla voce così graffiante che al confronto lo stridio di un Ribbit sarebbe parso il canto di una sirena! 
“Se proprio devi.” Decretò, bloccandosi giusto sul ciglio dell’approdo a cui la grande piattaforma coperta galleggiante si sarebbe ben presto accostata per condurle al distretto commerciale.
Nel caso le fosse venuta voglia di levare le tende in grande stile.
O alleviare le proprie sofferenze in grande stile.
Dipendeva dai punti di vista.
“Perchè ti chiamano Fenice Rossa?”
Le venne naturale girarsi incredula verso la cadaverina che, nel frattempo, l’aveva raggiunta, certa di incontrare un maledetto sorriso divertito e di sentirla ridacchiare gracchiante, ammettendo di volerla solo prendere in giro.
Purtroppo andò semplicemente a sbattere contro un paio di occhi da cerbiatto neri assolutamente seri e attenti.
Non lo sapeva?
Davvero non lo sapeva?
“Quante volte sei venuta qui al Sanctum?”
Quella alzò lo sguardo, assumendo un’aria pensierosa.
“Un paio di volte… Sai, il costo per la teleportazione non è sempre alla mia portata…”
Un paio di volte??- pensò spalancando la bocca.
Ma da dove era uscita questa? Quando mai un deva aveva messo piede al sanctum “un paio di volte”??
“Quindi non hai mai visto una manifestazione delle ali.” Concluse, salendo con sua immensa gioia sulla piattaforma, appena giunta dinanzi a loro.
“Mai.” Le rispose con la stessa semplicità. “Ha a che fare con le tue ali?”
Per un attimo la maestra di spiriti fu tentata di di risponderle in modo ironico, così, tanto per vedere la sua reazione ma ,vedendo l’altra sponda del santuario avvicinarsi, decise di liquidare velocemente l’argomento.
“Avrai tutto il tempo per scoprirlo, novellina.”
Dietro di lei Allegre si crucciò, continuando a seguirla silenziosamente e sempre un po’ a fatica.
Al loro ingresso Divine Road fischiò desertica più del solito. Persino a Nhefti, abituata a simili atteggiamenti da parte dei residenti del Sanctum ad ogni sua visita, la cosa puzzò. 
“Dove andiamo?” le grattò i timpani la voce della musicista.
Continuarono a camminare l’una dietro l’altra finchè Fenice Rossa non si bloccò di colpo, volteggiando elegantemente sui propri tacchi per ritrovarsi faccia faccia con la sua novella pupilla.
“Inizieremo con qualcosa di pratico.”Disse spassionata con un rapido gesto della mano alla propria sinistra.
Con suo immenso piacere vide le sopracciglia chiare della musicista alzarsi all’unisono, denotando un certo stupore.
“Manichini d’allenamento?”
Nhef lottò per non alzare gli angoli della bocca in un sorriso sadicamente divertito: quasi quasi il ruolo affibbiatole dalla legione non le dispiaceva più di tanto.
Sentendosi estremamente compiaciuta si allontanò dal manichino incantato arruginito, lasciando tutto lo spazio necessario alla biondina.
Si girò di nuovo incrociando le braccia al petto, la sua espressione mutata nuovamente, stoica e seria come un diamante. 
“Primo scenario, pensa e agisci in fretta: davanti a te arriva un asmodiano classe mago a gran velocità.”
La ragazza si irrigidì per un attimo, facendo poi, una volta capite le sue intenzioni, per estrarre con mani di pasta frolla la propria arpa, addirittura rischiando di lasciar cadere l’archetto.
Digrignò i denti. 
Si preannunciava una giornata lunga…






Dopo ore passate ad osservare la musicista reagire ai suoi continui ordini, saltellare davanti alla bambola inanimata come una cavalletta, simulando attacchi continui da parte di un nemico immaginario, e sfoggiare con vistosi movimenti di un archetto, usato a mo’ di bacchetta, continui incantesimi mai visti prima, Nhefti Fenice Rossa potè giungere ad una singola, preoccupante conclusione: i musicisti erano una classe assolutamente incomprensibile.
Inizialmente non le era sembrato così tanto strano il suo stile di combattimento: come ogni deva  dedito alle arti magiche si manteneva a debita distanza dal nemico, evitando di essere ferita fisicamente, usava uno scudo protettivo sferico per diminuire danni provocati da lame o frecce quando le ipotizzava l’attacco di un asmodiano cacciatore o assassino, e usava la sua arma per lanciare maledizioni ed incantesimi ad un ritmo impressionante, poi, però, aveva cominciato a notare qualcosa di strano: ad ogni ondeggio della sua bacchetta o vibrazione delle sue corde, Nhefti non l’aveva mai sentita formulare un’incantesimo, come se pronunciare ad alta voce le parole in elisiano, necessarie ad ogni mago per richiamare a sè la forza magica di Lady Ariel, non le servisse.
Andò quasi in paranoia, iniziando a masticarsi nervosamente l’unghia del pollice.
Poi le venne un’idea.
 “Da dietro le spalle un altro asmodiano ti ha resa muta con un’incantesimo.” Le disse concedendoi un po’ di cattiveria in più, simulando uno scenario più difficoltoso degli altri.
Davanti ai suoi occhi Allegre si bloccò come una bambola meccanica senza più carica, si girò verso di lei con occhi larghi per la sorpresa ed infine si rilassò, riponendo l’arma alle proprie spalle.
Fenice Rossa inarcò un sopracciglio, non capendo:
“Bhe? Che ti prende? Non reagisci?”
“Sono morta.”
Lo disse con così tanta semplicità che Nhefti non reagì in alcun modo, inizialmente, poi, riscossasi, si lasciò sfuggire un rantolo strozzato.
“Che..?”
“Non posso reagire se mi silenziano con un’incantesimo. Tempo un paio di secondi e sarei già a rantolare ai piedi di un totem della resurrezione.”
A quel punto Fenice Rossa si sentì quasi indignata.
La stava prendendo in giro? Aveva passato tutto il tempo ad eseguire in religioso silenzio ogni singola magia davanti ai suoi occhi!!
“Non p-!”
“Io sussurro… gli incantesimi.”
Ancora una volta gli occhi sottili della maestra di spiriti strabuzzarono.
“…Sussurri?”
La biondina annuì, indugiando con lo sguardo vergognoso verso terra, come se si vergognasse di dover giustificare un proprio ipotetico fallimento.
“È …una cosa tipica dei musicisti, non possiamo lasciare che le nostre parole intacchino gli effetti delle nostre melodie. Io in particolare ho una voce troppo profonda, quindi, se parlassi più forte sovrasterei il suono della mia arpa e di conseguenza gli effetti della mia magia sarebbero più deboli.”
Nhefti stava ancora boccheggiando.
“Sono… stata poco chiara? Vuoi che te lo rispieghi?”
“Ma io non ti ho sentita dire una parola!”
La bocca di Allegre prese la forma di una piccola “o”.
“È che io mi sono molto allenata per non farmi sentire durante i miei attacchi.” Si giustificò di nuovo con faccia dispiaciuta. “Ecco senti…”
Senza che le chiedesse nulla la bianchiccia si mise le mani attorno alla bocca, iniziando a muoverla velocemente e apparentemente senza suono. Incuriosita l’elisiana dalla pelle bruna vi accostò l’orecchio, lasciandosi quasi sfuggire un’altro rantolo quando, unendo in una frase di senso compiuto i debolissimi sibili che l’altra emetteva, riconobbe la frase:
«La mia arpa scandisce un tempo
Ove Regina oramai non giace,
Lady Siel, madonna pace,
A memoria tua canto il Tempio.»
Lady Siel??!
Era quasi finita sedere a terra per la sorpresa. Aveva sentito dire che i musicisti perpetrassero la parola di Lady Siel, la dama del Tempo, anzichè quella di Lady Ariel, dama della Luce, come la maggior parte degli elisiani. Era sì risaputo che Siel avesse evitato che Atreia finisse in mille pezzi con un ultimo disperato sacrificio, durante il Cataclisma, difatti era rispettata anche dagli asmodiani, ma vedere per la prima volta un deva fare apertamente il suo nome, pronunciandosi come suo devoto servitore, era…strano.
In un istante le fu chiaro il motivo di quel fuggi-fuggi più convinto del normale al loro arrivo: alcuni elisiani particolarmente idioti non vedevano di buon occhio la classe dei musicisti, devoti ad una icona amata e rispettata anche dal popolo dell’oscurità.
Dunque quest’ostilità non è per via della mia presenza…- pensò, sentendo lo stomaco stringersi per il nervoso,  -…, ma per la sua.
“C’è un solo incantesimo però che devo per forza pronunciare ad alta voce.” 
Nhefti non sapeva se essere grata alla sbadataggine dell’altra per non averle fatto notare quanto fosse rimasta scossa dal nome della dama del tempo, oppure arrabbiarsi e rimproverarla.
“E sarebbe?” chiese un po’ alterata, puntellando le mani ai fianchi.
La vide mettersi più vicina al manichino di latta per poi, con un gesto elegante del braccio, suonare la propria arpa e far apparire tre corde dorate lunghe e parallele davanti a sé.
Vingrakedizi.” Scandì a voce profonda e chiara, colpendo le corde magiche con un unico gesto orizzontale. 
Ci fu uno schioppo, poi una nuvola di fumo avvolse il manichino.
Dopodichè… apparve un enorme pinguino intento a ballare la break dance.
Fenice Rossa si sfregò gli occhi, certa che la stanchezza le avesse giocato un brutto tiro.
Il pinguino era sempre lì.
Allegre si voltò, di nuovo a sguardo basso e colpevole.
“La uso solo in casi estremi.” Fece a mo’ di giustificazione “Anche se può sembrare ridicola mi dà il tempo di curarmi o di preparare un attacco più potente, mentre il nemico…”
“Balla??” a Nhefti non parve vero di essere riuscita a tirare fuori quella parola. 
Sul serio, che razza di magia era mai quella? Chi era il malsano precettore che gliel’aveva insegnata? O meglio… Chi l’aveva ideata una simile pazzia??
“Dorme.” La corresse la biondina, con occhi da cucciolo impaurito. Con quella voce da contralto faceva impressione vederla atteggiarsi in maniera così passiva.
“Dorme?” ripetè lei, tornando a guardare il pinguino - chiaramente un’immagine illusoria- continuare la propria performance. Un falso pinguino ballerino che nasconde ad occhi estranei la figura di un nemico addormentato? Non era certamente una fattura convenzionale, ma a pensarci bene avere dinanzi una figura ridicola, anzichè un asmodiano assetato di sangue in procinto di svegliarsi, doveva essere molto rassicurante per chi doveva sbrigarsi e prepararsi a contrattaccare.
Raddrizzò le spalle, la solita sicurezza tornatale di colpo.
“Ah!” 
Sì, pensandola in questo modo, poteva anche accettare una mossa tanto assurda.
“In pratica, la tua ultima risorsa è…annoiare il nemico.”
Allegre ridacchiò a labbra strette, stupendo una volta di più la propria mentore.
Erano poche le persone che sapevano prendere per il verso giusto una sua battuta rivolta ad una propria mossa da combattimento.
Anche le labbra scure di Nhefti si erano incurvate in un sorriso, che si gelò prontamente non appena quest’ultima se ne rese conto. 
Lei non rideva, lei non sorrideva.
Al massimo ghignava o sghignazzava compiaciuta. 
Punto.
Fine della storia. 
Di colpo riecco Nhefti Fenice Rossa tornare in sè, e decretare con fare autoritario:
“Per oggi abbiamo finito. Andiamo a cercare qualcosa da metterti addosso, sembri un sacco di patate.” Concluse con una punta di disprezzo verso gli strati di tessuto consumati e sporchi che coprivano il corpo della musicista, dando addirittura l’impressione di appesantirla.
La bianchiccia si diede un’occhiata, tornando poi a guardarla spaesata.
“Ma io non ho soldi…”
I denti bianchissimi della maestra di spiriti si scoprirono in un ghigno.
“Chi ha parlato di comprare?”


A dispetto dei suoi iniziali sospetti, Allegre non si ritrovò costretta a fare da complice in un vero e proprio blitz illegale nei magazzini degli shugo, ma in compenso Nhef l’abbandonò, letteralmente, nella Hall of Prosperity davanti ad un baule pieno di suoi vecchi vestiti con solo l’inserviente addetto ai magazzini a farle la guardia. 
Dove fosse andata la sua mentore non ne aveva idea, ma la musicista optò per scegliere in velocità un vestito che le stesse bene e correre a cercarla.
Aveva un brutto presentimento…
“Allora? Non hai ancora scelto?”
Accanto a lei l’addetto ai depositi provati si irrigidì con un verso strozzato.
Nhefti Fenice Rossa era tornata, ma, al posto del vestito lungo bianco iridescente di prima, ricco di fronzoli e a collo alto,  stava sfoggiando un nuovo abito dal taglio audace di colore rosso fuoco con tanto di boa di ermellino bianco attorno alle spalle.
Allegre non ebbe difficoltà a riconoscere nello stile di quell’indumento la mano di un sarto asmondiano: non aveva mai visto niente di simile nelle boutique d’alta moda elisiane (che nonostante la sua perenne mancanza di denaro, aveva avuto modo di visitare) e, in più, a nessun deva elisiano sano di mente sarebbe saltato in mente di mettersi addosso qualcosa di tanto… succinto.
Non che a Nhefti non donasse, anzi, sul suo corpo generoso quell’abito stava pennello, donandole, come se non ne avesse già a sufficienza, un’aura di aggressiva sensualità che faceva sorgere dei dubbi sulle sue origini elisiane.
“Bhe?!”
La biondina si accorse di essere rimasta zitta qualche secondo di troppo.
“Ah..ehm… no. Cioé sì! Non ho… ancora… scelto.” 
“Umph…Quanto sei lenta.” Grugnì la maestra di spiriti, interponendosi senza tante cerimonie tra lei ed il baule.
“Ecco.” Disse  scegliendo e mettendole in mano un indumento piegato a dovere “Prova questo, se ti sta bene te lo regalo.”
Allegre guardò stupita prima Nhefti, poi il vestito, poi di nuovo Nhefti, e continuò per un paio di volte, finchè, dopo la terza volta di troppo, Fenice Rossa sbottò impaziente:
“Là. Dietro quel muro. Datti una mossa, novellina, su!”
Bastarono quelle parole, unite ad un gesto vago della mano per far scattare la musicista come una molla.
Non appena la vide sparire dietro il “tendone-depositi”, Nhefti ridacchiò.
Sì, decisamente il ruolo di capo le piaceva.
“Hai un nuovo vestito.”
La voce grattante di Allegre richiamò la sua attenzione, ma non la distrasse certamente dal custode del suo deposito personale che sembrava più che ansioso di lanciare un’occhiatina indiscreta oltre il muro che faceva da unica protezione alla musicista.
Nhef fulminò con occhi gelidi il ragazzo, il quale scattò sull’attenti sudando freddo.
“Importa qualcosa?” rispose, facendo finta di osservarsi annoiata le unghie.
“È un’abito asmodiano…”
La mascella di Fenice Rossa si irrigidì con scontento.
“…deve esserti costato molto.”
Di nuovo la maestra di spiriti si rilassò, tornando a ghignare malvagia.
“Uno shugo mi ha proposto un ottimo affare.” Ridacchiò allusiva, lanciando uno sguardo ammiccante allo shugo dalla testa fasciata che tremava dietro il bancone poco più lontano.
“Eccomi.”
Riemersa finalmente da dietro la pila di casse impilate ed accatastate contro il muro Allegre sfoggiava un abito corto viola scuro di taglio tipicamente elisiano, le spalle coperte da lunghe maniche aderenti e sottili di materiale luccicante, mezzi guanti neri, calze nere traslucide e stivaletti. A dare al tutto una nota di classe, una lunga collana di filamenti dorati che le partivano dal colletto.
Nhefti storse la bocca.
Le stava alla perfezione.
Come faceva a starle bene se a lei, dai tempi in cui si era concessa di comprare a scatola chiusa un vestito elisiano,  era risultato strettiss-?
Ah…giusto. - Pensò con una punta di malevolenza, osservando meglio la bianchiccia - Tette piccole.
“A-allora come sto?”




La prima volta che Nhefti portò Allegre ad Eltnen per vedere come se la cavava su un vero campo di battaglia… non andò così male.
L’asmodiano che le attaccò di sorpresa e alle spalle era solo un assassino avventato, nemmeno tanto forte, e la maestra di spiriti non dovette alzare neanche un dito per aiutare la musicista. 
Tempo un paio di colpi di archetto ed il deva del mondo oscuro era già a carponi che le guardava dal basso con disprezzo, zanne sguainate ed artigli conficcati nel suolo melmoso della palude.
Un tipo smilzo dalla pelle blu elettrica, capelli bianchi e tanti cicatrici quanti percing ad addobbargli la faccia.
Per un istante l’elisiana dalla pelle bruna si chiese se non fosse stato il caso di lasciarsi andare in un piccolo applauso in onore della velocità con cui si era svolto il combattimento. 
Poi però si accorse che, dopo averlo avvelenato con una maledizione di aria malsana , la musicista si era bloccata, quasi combattuta sullo sferrargli il colpo di grazia. 
Fenice Rossa alzò un sopracciglio, non capendo.
“Bhe? Che cosa aspetti?”
Allegre non si voltò a guardarla, nè accennò a voler lanciare un’altro attacco verso l’asmodiano morente ai suoi piedi , ma si limitò ad inclinare la testa e a risponderle con voce cavernosa:
“L’ho avvelenato, non gli resterebbe comunque molto.”
E mentre entrambe si allontanavano, lasciando l’assassino agonizzante a terra, a Nhefti venne spontaneo pensare che quella bianchiccia della sua allieva sembrasse quasi dispiaciuta per l’asmodiano appena sconfitto.
“Tse’. Quanto sei noiosa.”




La seconda volta che le due si ritrovarono insieme spalla a spalla in un combattimento accadde per caso.
Allegre stava vagando completamente spaesata  nella giungla di Eltnen, in pieno territorio Maduri, una razza di primati estremamente aggressivi, quando da lontano sentì una voce nota pronunciare un incantesimo da dietro una roccia coperta di muschio umidiccio. 
Si ritrovò davanti Nhefti intenta ad inculcare un po’ di buona educazione nel cervello di un immenso babbuino con la luna di traverso.
La musicista ci rimase tanto male nel vedere la compagna di legione tenere testa ad un simile colosso che le ci volle un po’ per notare quanto mana stesse effettivamente sprecando.
Decisamente troppo. - Pensò, accigliandosi con le labbra rosse storte in una linea scontenta.
L’arpa venne imbroccata con un unico gesto elegante del braccio e l’archetto vene mosso quasi immediatamente sulle corde.  
Da lontano alla maestra di spiriti bastò solo sentire il suono dello strumento per comprendere al volo chi si stesse intromettendo in una sua battaglia senza essere invitata, sentendosi poi investire da un’ondata di nuovo mana che le mozzò il fiato.
Tempo di mandare nel panico i nervi della palla di pelo gigante con un incantesimo di paura, schiacciarlo con un ultima maledizione urlata al cielo, ed eccola dirigersi a passo militare verso Allegre, ancora in piedi su una roccia più in alto, che la guardava con occhi da cucciolo spaventato ed il corpo del reato ancora tra le mani.
“Che cavolo ci fai qui?! Mi stavi seguendo?!”
La biondina tentennò.
“Mi sono persa.” Gracchiò “Ti ho vista e pensavo ti servisse un po’ di mana.”
“Ah sai anche rifornire di mana gli altri adesso?” puntellò le mani sui fianchi l’elisiana dalla pelle bruna, cercando di non dare a vedere quanto in realtà fosse rimasta sorpresa. Durante gli allenamenti non le era mai capitato di vederla usare un incantesimo simile.
“Bhe.” Sorrise imbarazzata l’altra “La mia musica può sia lenire le ferite che amplificare il mana altrui…”
“E quando aspettavi di dirmelo??”
Le ciglia, incredibilmente scure, della musicista sbatterono un paio di volte, mentre la testa le si inclinò in un’espressione indecifrabile, come se volesse dire qualcosa.
Per un attimo Nhef temette il peggio.
Che avesse intuito qualcosa? 
Che i suoi occhi si fossero infiammati di rosso per la prima volta in vita sua? 
Oppure nella sua espressione qualcosa aveva fatto scattare nell’altra quel campanello d’allarme tipico di quando le si avvicinava un asmodiano?
“Sai..” Iniziò la bionda ”…a volte mi fai paura…”
La maga, deglutì appena, pregando Lady Siel affinchè non illuminasse la mente bacata di quella sua particolare musicista.
Non era ancora pronta. 
Non avrebbe potuto mai accettare che qualcuno al di fuori di lei venisse a conoscenza della sua natura meticcia!
“In che senso, novellina?” simulò sicurezza, preparandosi mentalmente ad attaccare l’altra se necessario.
“Sei…” ricominciò Allegre con fare lento. 
Dannatamente lento. 
“…troppo nervosa.”
Le gambe di Fenice Rossa tremarono, minacciando di afflossciarlesi di colpo. 
Era appena stata miracolata. Avrebbe spupazzato meno shugo durante la prossima visita al Sanctum.
“Dovresti imparare a controllare meglio la rabbia, sai?” terminò con fare pensieroso voce-raspa, per grazia di Aion senza notare nulla.
Spaventare è una delle qualità che mi salva la vita in combattimento, pivella.” 
E liquidandola così, girò i tacchi, sentendo però gli stivaletti lucidi dell’altra picchiettarle dietro per tutto il tragitto, finchè insieme non raggiunsero un campo base.




La terza volta che le due collaborarono fu in pieno Abisso.
Nhefti si trovava a terra con un numero assurdo di frecce conficcate nel costato: un ricordino lasciatogli da un dannatissimo cacciatore asmodiano.
La loro legione si era, neanche ricordava come, decisa a conquistare la Fortezza Divina e sottrarla ai deva oscuri.
Rantolò.
E quello era il risultato.
Si girò su se stessa, il suo spirito protettore sconfitto minuti prima, cercando di strisciare il più lontano possibile dalla battaglia. Le sue orecchie riconobbero la voce di Ledylight e Raxelle in  mezzo alle altre.
Finchè ci fossero state almeno loro non sarebbero stati spacciati del tutto.
“Argh..!” tossì, ormai col sangue arrivatole al palato.
Un paio di stivali lucidi e metallici le si pararono davanti.

Rrrnv i hlu 'ejr ei ndwh nhsh.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui.»

 Riconobbe la voce, ma, non credendo alle proprie orecchie, Nhefti alzò gli occhi, incontrando un paio di occhi gialli per lei inconfondibili, ancor più della pelle scura come la propria e dei capelli viola brillanti e ricci tenuti fermi in una coda vaporosa.
La mascella rischiò di ciondolarle, ma si costrinse a storcere di malincuore le labbra in un ghigno.

Uhexvd.
«Medusa»

Davanti a lei la guerriera asmodiana dalla grande ascia assicurata dietro le spalle, si portò i lunghi artigli all’altezza del viso, rimirandoli con falsa attenzione.

Mvfdqloj lsrp zih amonloj ajlq, amvuhs? Esxme imvr hh zih zlph.
«Scappi dalla nave che affonda, sorellina?Sarebbe anche l’ora.»

A Nhefti venne quasi il voltastomaco, ma, con le unghie aggrappate al terrendo pietroso e tagliente della fortezza, frenò la propria irruenza.
Sua sorella Medusa, guerriera della legione asmodiana della Ala Tempestosa, era come lei una meticcia asmodiana, ma, a differenza sua, che poteva benissimo vivere in mezzo agli elisiani senza destare troppi sospetti, Medusa era nata con tutti i tratti tipici del popolo dell’oscurità. Non c’era mai stato un solo giorno in cui sua sorella non avesse cercato di farla fuori da quando entrambe si erano ritrovate, ascese a ruolo di deva, nell’Abisso.
Si odiavano, e questo era quanto.
Era sempre riuscita a tenere testa alla sorella, ma in quel momento la situazione non volgeva a suo favore.
Aveva esaurito troppo mana. Una sola mossa falsa e la sua adorabile sorella l’avrebbe rispedita al suo totem della risurrezione tagliandole di netto la testa.
E non era uno scherzo. L’avrebbe fatto.

Zr hh nrohvu q eev rrrnloj lrs i orre ndlseshvvhs, hxu q jr tru zilon qu esxme hh emvh zr aihn iewlfh lsrp gsx, hlj amv'.
«A dirla tutta stavo cercando un bravo parrucchiere, ma non credo sia saggio chiedere consiglio a te, sorellona.»

Boccaccia sua, ma aveva saputo resistere.
Ghignò vedendo la bocca scura dell’altra storcersi rabbiosa: se c’era una cosa che Medusa non sopportava, era essere accusata di avere un pessimo gusto in fatto di capelli.

Gsx bmhz ulssrs xhfhoumb, Tihg?”
«Ti sei vista allo specchio di recente, Nhef?»

Tihgul, era il suo nome asmodiano.
Fenice Rossa si morse le labbra, fingendo di star soffrendo per via delle frecce nel fianco.
Quanto lo detestava.

Truiloj zidu i rluumh 'udnh-cr kdo tru lly.
«Niente che un po’ di trucco non possa sistemare.» Ribattè sprezzante.

Ancora un po’.
Medusa rimase qualche secondo i più a rodersi il fegato, prima di tornare con le labbra storte in modo maligno.
Nhefti impallidì, vedendo le mani artigliate della sorella impugnare con estenuante lentezza la propria ascia ed estrarla con gioia.
Ancora un po’.

Gsx ioe gsxs lhduihshe rhjlro wg urmmxvfv ndwh udeh i osdwh ulvudnh hb zsbmoj zr zdnh izdb wxs lrsushvv.” 
«Tu e la tua legione di molluschi impiumati avete fatto un grave errore, cercando di toglierci la Fortezza.»

Ci fu una pausa. Nhef ormai si era dimenticata come si facesse a respirare.
La lama dell’arma brillò sinistra alla luce rossa del nucleo infuocato in cui si ergeva la fortezza.

Wi, eimm. Q khsudlomb jr tru ndwh zr krpqmdlo.” 
«Oh, bhe. Io non ho certamente di che lamentarmi.»

Sotto di lei la terra aveva appena iniziato a tremare, carica di promesse, ma ormai era troppo tardi perchè lo spirito che aveva cercato di evocare venisse fuori a farle da scudo.
Serrò gli occhi, aspettando che la lama le trapassasse di netto il collo.
Quanto detestava quella parte dell’essere un deva.
Morire più volte per poi risorgere tra atroci sofferenze era una vera fregatura.

Aih ge, amvuhs.
«Ci vediamo, sorella

Le sembrò quasi di sentire l’arma iniziare a fendere l’aria, accompagnato da un suono…un tintinnio?
Una nota musicale rischiarì l’aria sulfurea, seguita da uno scoppio e da un’imprecazione asmodiana. 
Ajlu!
Nhefti alzò la testa appena in tempo per vedere Medusa venire investita da un altro incantesimo sonante, stavolta composto da una forte sferzata d’aria che confuse l’asmodiana per qualche secondo.
Per la maestra di spiriti non fu una sorpresa vedere apparire dal nulla Allegre che, prima che l’avversaria riprendesse piena coscienza di cosa stesse accadendo… l’addormentò con lo stupidissimo incantesimo del pinguino danzante.
La musicista non perse tempo e si abbassò su di lei, carica di ansia.
“Nhef! Stai bene??”
“Sì pivella, ho solo qualche freccia che mi solletica le budella. Come credi che stia?!?!”
Sapeva di non essere stata troppo carina, ma… andiamo, era pur sempre ferita!!
Allegre non fece caso alle sue pessime maniere. Alzò la testa ed urlò in direzione del vero campo di battaglia:
“Rax!”
E da quando quelle due erano così amiche da usare i diminutivi? Argh, aveva perso troppo sangue. La vista le si stava annebbiando e cominciava a pensare a cose inutili.
Quel pinguino che copriva la forma addormentata di sua sorella non era poi così inutile … e se proprio doveva dirlo era anche abbastanza diverten- no! Non doveva cascarci. Doveva riprendersi. Niente sorrisi ebeti. Rimani lucida Nhefti Fenice Rossa, ne va della tua reputazione.
“Eccomi!”
La testa bionda di Raxelle fece capolino nella sua visuale annebbiata con fare trafelato.
Magnifico, salvata da due bionde bianchiccie.
“Non è la mia giornata.” Grugnì, passandosi una mano sulla fronte umida e fredda.
“Muoviamoci prima che si svegli. Io le tolgo le frecce e tu la curi. Pronta? Al mio tre. Uno…due…tre!!”
La velocità con cui Raxelle istruì la musicista non la stupì più di tanto - essendo un medico di professione, oltre che clerico, era cosa più che normale- , ma fu il dolore che seguì l’estrazione delle frecce a lasciarla senza fiato.
Fortunatamente la musica lenitiva di Allegre arrivò prima che un urlo le salisse alla gola.
Tempo pochi secondi e le ferite si erano richiuse, lasciando del dolore solo un vago ricordo.
Piena di energia e scattante più di prima, si alzò giusto in tempo per vedere la figura illusoria del pinguino ballerino che ricopriva Medusa dissiparsi.
Dietro di lei una nuova melodia a tre movimenti la ricaricò di mana e lei fu ben più che felice di sfruttarlo per richiamare uno spirito di terra.
La faccia di sua sorella fu impagabile.
“Allora?” sghignazzò lei da dietro il proprio spirito “Dove eravamo rimaste?”
Lanciò un piccolo incantesimo al viso dell’asmondiana, una scintilla, se confrontata ai suoi incantesimi più potenti.
Medusa incassò la provocazione con assoluta mobilità, senza mai staccarle di dosso il suo sguardo carico d’odio.
Un corno asmondiano suonò, rombando profondo per tutta la fortezza.
Si ritiravano.
“Ledy e gli altri hanno abbattuto il Generale!!” saltellò eccitata Raxelle, rimarcando l’ovvio.
A Nhef venne da sorridere: quella pazza di Ledy, come al solito riusciva nelle imprese più disperate. Lei, Nohant, Koichi, Kajan e Pam  dovevano essere andati avanti senza di loro, sperando di conquistare la Fortezza, mentre loro e gli altri facevano da diversivo all’esterno.
Lanciò uno sguardo di sfida alla sorella, sfidandola quasi a farsi avanti e darle un pretesto per distruggerla.
L’asmodiana indietreggiò a zanne scoperte, spiegando le grandi ali scure.

Mokrb zih ayo ejlmh gsx kdo, amvuhs.
«Goditi il sole finchè puoi, sorella»

Vedendola sparire oltre il varco del nucleo, Nhefti sospirò sollevata, grata di essere la sola a capire la lingua asmodiana.
“Nhefti?”
Si girò verso Allegre e per un attimo sentì il sangue defluirle dal viso.
La musicista la guardava ad occhi tondi e confusi.
Non poteva essere che…?
Raxelle le saltò addosso, appesantendola sulla schiena con un’abbraccio pieno di entusiasmo.
“Andiamo ragazze!!! Ledy e gli altri ci ruberanno tutti i trofei di guerra!”
La curatrice si gettò a capofitto nell’entrata della fortezza, preoccupata di potersi lasciar sfuggire qualche bell’armatura di alta qualità o accessorio di classe, lasciandola inevitabilmente sola con la musicista.
Optò per una ritirata strategica.
“Su, muovi i tacchi pivella. O per pagare il prossimo affitto dovrai svendere di nuovo le medaglie al banco dei pegni.” 
“Nhefti.”
Si bloccò di colpo, dandole le spalle. 
Aion, perchè?
“Va tutto bene?”
Non male, temeva avrebbe chiesto qualcosa di peggio. Forse si era fatta troppe paranoie. Che senso poteva avere che quella bianchiccia capisse l’asmodiano, dopotutto?
Schioccò la lingua .
“A meraviglia pivella. Grazie per il salvataggio tempestivo…” 
Grazie? Aveva appena detto grazie?? 
Doveva essere impazzita.
“…, Ma adesso basta con le smancerie, devo sfogarmi su qualcuno. Zazà stavolta non mi scapperà. Quella bastarda di un’asmodiana mi ha fatto passare un pessimo quarto d’ora e non sono nemmeno riuscita a fargliela pagare!”
Dietro di lei però sopraggiunse di nuovo la voce dell’altra, seguita da una mano sulla spalla che la costrinse a voltarsi:
“Nhefti.”
Di nuovo gli occhi neri dell’altra la sondarono, tanto fissi da sembrare quelli di un rapace, un gufo, capace di arrivarle fino all’anima.
“Tu non mi fai paura.”
La mezza asmodiana alzò un sopracciglio.
“Dovresti invece, pivellina. L’hai dimenticato? È la qualità che mi salva la vita, fare paura.”
Cercò di scostarsi da lei, ma Allegre la trattenne di nuovo, dimostrando una forza insospettabile.
“Dico davvero Nhef…” ricominciò con voce più garbata, cosa che le sembrò portare via molta energia a giudicare dal modo in cui si accigliò. 
Avere una voce così bassa non era una cosa semplice.
“Non mi farai mai pura…qualsiasi cosa accada.”
Nhef la vide sorridere sincera e sentì la sua mano pallida darle sulla spalla un paio di pacche amichevoli.
Non riusciva a crederci.
“Forza andiamo! O andrò avanti ad insalatine per un’altro mese!” ridacchiò superandola, con fare .
Fenice Rossa rimase basita ad osservarla.
Cos’era appena successo? Quanto aveva intuito su di lei?
Quella musicista… era incomprensibile.
Nhefti era certamente spaventosa, ma Allegre… era tanto noiosa da risultare letale.
Una temibile avversaria.
Sogghignò, colpita dall’assurdità dei suoi stessi pensieri.
Oppure una degna alleata.
Le venne ancora di più da ridere ed entrò nella Fortezza Divina, dandosi dell’idiota, certa di essersi fatta tanti problemi per nulla.
Lei, che spaventava meglio di un fantasma sussurrante, alleata di una biondina noiosa dalla voce grottesca.
Che barzelletta.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Aion / Vai alla pagina dell'autore: SunVenice