In The Mosaic.
Prologo.
8 Maggio 2012-
Amsterdam.
Sentivo il
marciare dei suoi passi. Un rumore fastidioso,
quasi insopportabile. Ricordo bene quel giorno come se fosse appena
passato.
Quell’uomo solo, indifeso, silenzioso. Come una colombina
appena nata in cerca
della sua mamma, come un uomo senza arte né parte. Ogni
volta riconoscevo i
suoi passi, che mi innervosivano per poi farmi sorridere. Sorrido tra
me,
riflettendo a quanto mi manca quel rumore, ormai divenuto una
dipendenza. Una
lacrima scorre sul mio viso, caccio indietro la rabbia ma, tentativo
vano. Lo
sento, dentro di me, nelle mie narici ancora il suo profumo. Nella mia
mente i
suoi occhi tristi e senza speranza, quegli occhi che avevo imparato a
conoscere
in fretta, quegli occhi che mi prendevano facendomi annegare nel loro
mare. Un
mare che non conosceva sentimenti alcuni, un mare dove una volta che
c’eri
dentro riuscivi a distinguere solo l’intensità
delle tenebre. Un mare che tempo
fa mi faceva paura, adesso quel mare sarebbe la mia unica ancora di
salvezza.
Dicono che il male esiste perché esiste anche il bene, che
c’è sempre la quiete
dopo la tempesta, che il sole c’è per tutti. Forse
tutto questo accade
solamente con determinate persone. Sono sempre stata una di quelle
ragazze
solari, una di quelle che sorride, anche se c’è
una catastrofe in corso…le mie
amiche mi hanno sempre adulato per il mio modo di riuscire a fari
sorridere
anche le persone che si credevano nell’oltretomba da secoli.
Per quello decisi,
allora, di laurearmi in psicologia. Ho sempre amato ogni aspetto che
caratterizza la gente, quindi mi sono chiesta perché no?
Perché non dare una
mano alla gente? Perché non far sbocciare quel fiore che
ognuno di noi ha
all’interno del proprio cuore? Caparbia, come mio solito
fare, riuscii a
laurearmi il più presto possibile. Mio padre, uno dei
migliori avvocati della
città, mi fece costruire uno studio tutto mio –
sì, lui e mia madre hanno la
tendenza a viziarmi, dato che hanno solo me come figlia –
cominciai a lavorare,
comprai una piccola villetta tutta per me, non avendo intenzione di
mettere su
famiglia e passarono cinque lunghissimi anni. Era una delle cose
migliori che
potessero capitarmi, il mattino, quando scendevo di casa e mi recavo
nel mio
bar preferito tutte le persone mi sorridevano, magari perché
avevo aiutato i
loro figli, nipoti, cugini. Non appena arrivavo a lavoro, trovavo i
miei
pazienti speranzosi mentre incontravano i miei occhi, velati da un paio
di
occhiali vecchio stile, io davo speranza a loro, e non c’era
cosa che poteva
rendermi più felice di come mi sentivo ogni volta. Ero
realizzata, ero in pace
con me stessa…sei mesi fa la mia carriera si
frantumò in tanti piccoli pezzi
diventando un mosaico senza forma, senza essenza. La mia vita oggi
è un mosaico,
ma non di quelli belli, un mosaico al quale manca il pezzo centrale, il
più
importante, quello di cui non può fare a meno. Un anno fa
esatto lo conobbi.
Era bello come il sole, aveva la testa chinata e avanzava verso di me
con quei
passi terribilmente suoi, con suo padre che gli stava col fiato sul
collo. Non
appena lo vidi sentii un certo senso di familiarità,
qualcosa sia dentro di lui
che dentro di me che ci legava, un senso di profonda appartenenza.
Questo prima
di incrociare i suoi occhi. Mi fecero paura. Un brivido mi percuote al
solo
pensiero. Erano arrabbiati, erano furiosi, sembravano quelli di un
demone
posseduto. Mi hanno sempre fatto paura i demoni, eppure riuscii ad
affrontare
quegli occhi, quel verde modificato dal senso di rabbia profonda,
dall’odio
verso tutto quello che lo circondava. Affrontai i suoi occhi, affrontai
il suo
silenzio che molte volte mi lacerò il cuore per poi
ricucirlo con un suo
invisibile sorriso, affrontai Edward Culle, il figlio del presidente
del
consiglio di Amsterdam, il trentenne più ricco dei paesi
bassi. L’uomo più
distrutto del pianeta.
Questa
è la storia di Edward Cullen.
Questa
è la mia storia.
Questo
è il racconto dei suoi demoni del passato. Il
racconto tenebroso che ha circondato quello che poteva essere un amore
puro e
sereno. La mia rivincita. La mia peggiore sconfitta.
**
Eccomi!
Ho pubblicato
questo prologo, solo perché adesso la mia vita
non ha più impegni…È bruttissima
questa cosa, lo so…ma almeno scrivo, mi
sfogo…Sapete
no?
È
piccolissimo perché comunque è una piccola
introduzione :’)
Fatemi Sapere.
Un bacione.
Roby <3