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Autore: Opalix    13/11/2004    5 recensioni
Può un mondo ormai morto risorgere dalle proprie macerie? Può un'anima spezzata ricominciare a credere nei sogni? Ginny non ha più lo stesso nome, non ha più la stessa vita, non crede più in nulla. Ma uno spirito dal passato ritornerà per far crollare la sua maschera di ghiaccio e costringerla a riafferrare la sua forza. Per chi crede che alla fine tutto sia possibile...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

Un fiore sporco di sangue

Draco aprì con un calcio nervoso la porta del suo appartamento, nel pieno centro di Londra.

Nessuno avrebbe creduto che quel ragazzino viziato proveniente da un’antica famiglia di maghi purosangue, cresciuto nella convinzione che i babbani e i mezzosangue si potessero soltanto disprezzare, potesse un giorno abitare una casa del genere. Era una casa piena di tutte le comodità e le tecnologie babbane: Draco era in grado di usare perfettamente televisione, computer, elettrodomestici… e li apprezzava; aveva studiato la storia babbana, conosceva la loro coltura, la loro scienza… cinque anni di viaggi in giro per il mondo l’avevano aiutato a capire molte cose. Aveva scoperto di amare l’arte: si era emozionato davanti ai capolavori dei grandi artisti italiani del rinascimento, davanti ai quadri degli impressionisti francesi, davanti alle meraviglie architettoniche del mondo moderno. Ma ancora di più aveva scoperto che, contrariamente a quanto credeva, la curiosità verso tutto ciò che era babbano non gli impediva di tenere vive le proprie tradizioni e che la conoscenza di entrambi gli aspetti del mondo gli permetteva di trovarsi bene in ogni situazione: sapeva prepararsi una pozione contro il mal di testa, ma ora sapeva che, in mancanza di un calderone, la caramella che i gabbani chiamavano “aspirina” poteva aiutarlo ugualmente… I babbani non erano poi così stupidi, in definitiva.
Draco avrebbe voluto con tutto se stesso raccontare a Ginny tutto ciò che aveva scoperto nei suoi viaggi, tutto ciò che aveva imparato… quanto profondamente era cambiato.
Ma lei non glielo aveva permesso.

Si diresse al lettore CD e mise un disco di musica classica.
Si guardò intorno. Era fiero di casa sua, come era fiero di se stesso e di ciò che aveva finalmente capito: tutto ciò che aveva intorno rispecchiava perfettamente quello che aveva appreso in quegli anni. La sua casa poteva sembrare una strana accozzaglia di antichità e tecnologia moderna, ma ai suoi occhi dimostrava che aveva raggiunto il suo scopo, aveva unito le cose buone del mondo babbano alla cultura della sua razza. Ad un lato del camino c’era un bel televisore a schermo piatto, mentre all’altro c’era un tavolo di legno macchiato, ricoperto di vecchie ampolle e scatoline e calderoni di varia misura. Draco aveva un telefono cellulare, ma in un angolo della sala c’era una grossa gabbia con un barbagianni addormentato: in alcuni casi la posta via gufo era decisamente più adatta. Di fianco a un computer portatile, chiuso sul tavolino di fronte al divano, era appoggiato un vecchio pensatoio di pietra…
Era stato nella casa di Ginny e non aveva visto nulla che appartenesse al mondo magico; Ginny si era lasciata tutto alle spalle e si era costruita una vita completamente babbana, dimenticando ciò che era, rinnegando la sua vera natura.

Su una cosa Ginny aveva ragione: il vecchio mondo non poteva rinascere, era morto.
Ma sulle sue ceneri, Draco era sicuro di poter ricostruire qualcosa di nuovo, un altro mondo magico, senza i punti deboli di quello vecchio.
Per la prima volta nella sua vita Draco aveva qualcosa per cui battersi: era questo che lo aveva cambiato così tanto… questo sogno. E ora aveva anche un altro sogno: avere vicino a sé la fonte della sua forza.
Il pensiero di Ginny lo aveva accompagnato e stimolato per tutto quel tempo: forse aveva pensato di potersi riscattare dalla colpa di non averla salvata, costruendo qualcosa di bello, per una volta nella vita, invece che distruggerlo. Ora l’aveva ritrovata viva… e la voleva con sè, voleva che combattesse con lui questa volta. Ginny era stata la sua forza da morta; da viva lo avrebbe reso imbattibile.
Draco non riusciva ad accettare che la sua fiamma si fosse spenta. Era sicuro che Ginny ci fosse ancora, nascosta da qualche parte, dietro questa nuova Giulie; la sua Ginny stava probabilmente urlando e battendosi come una furia per uscire dalla corazza di ghiaccio in cui il dolore e la sofferenza l’avevano rinchiusa. E lui l’avrebbe aiutata a ribellarsi a quella rassegnazione.
Colpì lo stereo con un pugno rischiando di farlo andare in frantumi. Se n’era andato da casa sua arrabbiato e deluso, con parole di cattiveria; il pensiero che forse sarebbero servite a scuoterla non lo consolava dalla paura di averle fatto troppo male… ancora.

Sprofondò nella poltrona con un bicchiere di scotch in mano; il suo sguardo addolorato non sfuggì a due occhi attenti che lo scrutavano da un angolo buio della grande sala. Una voce delicata interruppe i suoi pensieri.
“Non ha voluto ascoltarti?”
Draco non si voltò nemmeno.
“Non vuole ascoltare nulla…” mormorò lasciando il bicchiere sul tavolino e prendendosi la testa tra le mani. “Non è più lei.”
“Il dolore cambia le persone, Draco, ma le rende ancora più forti. La sua forza è solo nascosta, non è morta, ne sono convinta”
“La sua sofferenza è stata troppo grande. Forse l’ha macchiata per sempre. È tutta colpa mia, madre.”
Narcissa Malfoy si avvicinò lentamente.
“No. Non può essere. Se è forte come mi hai detto ce la farà. Avrà bisogno di tempo, ma si risveglierà.”
Draco le prese una mano e la strinse con affetto.
“Ho bisogno di lei.”
“E lei di te, Draco. Ne sono sicura.” Narcissa fece per allontanarsi. “Ora riposati; non hai dormito molto ultimamente.”
“Non dormo mai più di tanto.” Mormorò stancamente appoggiandosi allo schienale e chiuse gli occhi mentre Narcissa lasciava la stanza.

Lo stesso incubo, come ogni notte, la stessa immagine di quel corpicino martoriato, disteso insieme agli altri corpi, su quello che rimaneva del campo di battaglia; quella pelle bianca, splendente sotto la luce della luna, tutta macchiata di sangue.
Draco le spostò i capelli bagnati dal viso, per vederle gli occhi, le cercò freneticamente il battito del cuore sulla gola… batteva ancora!! Respirò, la prese in braccio e si smaterializzò.
Al San Mungo non c’era nessuno! Idiota! Chi credevi che ci fosse?! Cominciò a correre senza fiato, sotto la pioggia battente… Ma dove cazzo era un ospedale babbano? Finalmente un’insegna! Draco entrò correndo al pronto soccorso; venne accecato dalle luci al neon e non capì più nulla… Qualcuno gli tolse la sua Ginny dalle braccia, gli fecero delle domande, ma lui se ne stava lì, in ginocchio sul pavimento lucido, guardando una barella correre veloce lungo il corridoio…
Curarono anche lui. Draco non ricordava molto di quei momenti, probabilmente gli avevano dato un sedativo. Pochi giorni ed era di nuovo in sè, sufficientemente lucido per rispondere alle domande in modo non compromettente. Chiese come stava la ragazza che aveva portato, non disse che la conosceva, non disse nulla di lei… Con l’anima lacerata dal senso di colpa ascoltò il vecchio dottore parlargli di ferite gravi e profonde e di lesioni interne dovute a violenze, probabilmente ripetute, e a percosse disumane. Era priva di conoscenza ormai da molto tempo. Stavano facendo il possibile ma difficilmente si sarebbe salvata.
Draco se ne stava in silenzio, con i pugni stretti fino a piantarsi le unghie nella carne, cercando di non tradire la rabbia che lo divorava…Chiese di vederla; lo portarono da lei e lo lasciarono solo. Sembrava una bambina addormentata, su quel letto bianco. Draco le accarezzò i capelli pensando a quanto riusciva ad essere bella anche così, in coma profondo, con la pelle chiara piena di lividi ed escoriazioni.
“Addio piccola fiamma. Vorrei tanto che tu potessi aprire gli occhi almeno un istante, prima d andare via. Ma mi dicono che forse ti spegnerai in silenzio, senza accorgertene. Forse è meglio così, hai già sofferto tanto. Per me brillerai sempre, piccola, te lo prometto.”
Draco si concesse un ultimo abbraccio… poi se ne andò: non poteva sopportare di vederla morire.

Draco si svegliò sudato, senza riuscire più a respirare. Si era addormentato sulla poltrona. Odiava dormire: il ricordo del corpo pallido di Ginny tutto macchiato di sangue non gli dava tregua… ora più che mai. Si passò una manica sulla fronte.
Razza di idiota, perché non sei rimasto?! Se fossi stato con lei, quando si è svegliata… lei adesso non sarebbe… così! L’avresti aiutata, l’avresti portata con te…
No, è inutile piangere ora… Devi pensare a cosa fare con lei adesso! Sai cosa fare… Non puoi farle più male di quello che le hai già fatto. Devi farlo, devi provarle tutte.

Il mattino dopo una sorpresa attendeva Ginny: un barbagianni picchiettava con il becco al vetro della finestra, e aveva qualcosa tra le zampe. Ginny chiuse gli occhi sperando vivamente che sparisse, ma l’uccello rimaneva sul davanzale, in attesa.
Uscì dal letto maledicendo Draco con voce assonnata… aprì la finestra e slegò il pacchetto dalla zampina del gufo. Stava per richiudergli la finestra in faccia, poi si ricordò delle vecchie buone maniere e, sospirando, andò a prendere una ciotola d’acqua e qualche avanzo di cibo per metterli sul davanzale. L’animale le rivolse un’espressione compiaciuta… per quanto possa essere espressivo un barbagianni. Ginny non aveva mai avuto una gran passione per i gufi.
Si sedette sul divano e aprì il biglietto che accompagnava il pacco.

Ho interrotto la tua vita e ti ho fatto del male… di nuovo. Ma non posso permettere che tu dimentichi ciò che sei.
Su una cosa hai ragione: io non posso capire realmente quello che hai passato e non posso restituirti la vita che avevi sognato, tutte le persone che hai perso. Non ci sono stato quando avevi bisogno di me, e non potrò mai perdonare me stesso per quello che ti è successo. Però ti posso restituire qualcosa che ti appartiene. Viene da Malfoy Manor. D.

Ginny strappò la carta bianca attorno alla scatola. Tolse il coperchio e trovò una profumatissima gardenia dai petali screziati bianchi e rossi, come se sul fiore bianco fossero cadute delle gocce di sangue. Era bellissimo, Ginny lo sollevò: al gambo del fiore era legato con un nastrino un oggetto duro e sottile; lo girò tra le dita poi lo lasciò cadere, come se si fosse improvvisamente ustionata, con un’espressione di panico negli occhi.

   
 
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