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Autore: hussykawa    13/12/2013    2 recensioni
Le coincidenze nella vita sono troppe. Troppe perché noi possiamo ricollegarle con un filo logico. Come diceva il caro vecchio Sherlock Holmes, Se potessimo volare, tendendoci per mano, fuori da quella finestra per osservare dall’alto questa grande città, scoperchiare gentilmente i tetti e osservare le stranezze che accadono, le coincidenze bizzarre, i piani che vengono elaborati, le finalità contra­stanti, il meraviglioso concatenarsi degli eventi nell’arco delle generazioni e i risultati quanto mai outré che ne derivano, qualsiasi romanzo con i suoi convenzionalismi e le conclusioni scontate ci apparirebbe vieto e trito.
Ecco perché bisogna cercare il perché dei fatti, il motivo per cui accadono. Io, ad esempio, potrei es­sere nato maschio perché i miei genitori avevano mangiato un boccone di troppo a cena.
Ma spero di essere nato maschio perché qualcuno, da lassù, l’ha deciso.
Altrimenti saremmo tutti in balia del Caos, no? È sorprendente sapere che è così, e che se ci fosse stata una zanzara di meno, quel giorno, non sarei caduto in una botola. Sfiga, eh?
Ah, già, e il mondo sarebbe finito. Un peccato davvero.
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 1

ANONY

Non ero mai stata nella Rete, e credo neanche voi. Quindi cercherò di descrivervi in modo il più possibile fedele alla realtà tutto quello che mi è capitato. Sappiate che, se non impazzii nei primi 5 secondi, il merito è di Cross che, con la sua sicurezza, mi guidò in quello strano mondo fatto di pixel.

Dopo aver attraversato il portale seguita a ruota dal mio Vincolo, mi sentii subito male. Forse perché il mio corpo si stava lentamente trasformando in qualcosa di digitale, o forse perché tutti quei giri su me stessa mi davano la nausea.

Credevo di svenire da un momento all’altro, avevo gli occhi al posto dei reni e i reni al posto degli occhi, e pregavo con tutta me stessa che quell’incubo cessasse.

Ma non era colpa mia: la trasformazione era iniziata. Tutto era un vortice verde di pixel pulsanti, e io ero nell’occhio del ciclone. Una nuvola di elettricità mi avvolse, e piano piano il mio corpo cominciò a diventare parte di essa.

Cominciò dal basso: prima i piedi, poi le gambe, la vita, il petto, le braccia e la testa. Mentre ruotavo, un formicolio mi pervase e dalle mie dita sprizzarono scintille. Se all’inizio mi ero sentita talmente male da non poterlo sopportare, in quel momento invece stavo benissimo.

Ero potente, non so come dire, e il mio cervello già iniziava ad elaborare i dati.

“Wow, che brava, stai elaborando i dati!” la voce di Cross assunse un tono metallico e lievemente irritante –ma forse questo era voluto- entrando nella mia testa.

“Scusa se è una novità per me!” gli risposi. Già, ma dov’era lui? Mossi un po’ le gambe, come se nuotassi, e cercai di uscire da quel turbine. E ne fui letteralmente sputata fuori.

Una specie di bava di pixel mi avvolgeva come la placenta avvolge un neonato, rendendomi semplicemente ridicola. Ed è una cosa che odio. I ridicoli e farne parte.

Con una lieve scarica me la levai di dosso, e in quel momento non potei trattenere un’esclamazione di meraviglia.

«Oooh…» fece la mia nuova e stramba voce mentre ammiravo il meraviglioso panorama digitale che si estendeva ai miei piedi. Nella Rete c’era un viavai incredibile di persone. Nessuna di loro era a piedi: tutti avevano o uno skateboard, o una moto, o delle strane macchine a forma di fagiolo. Erano bellissime: si muovevano molto veloci ma con grande armonia, senza mai un’esitazione né un errore in quella specie di bellissima danza.

Ogni cosa emanava una luce propria, soffusa e piacevole.

Gli edifici erano molto bassi, senza porte né finestre: mentre mi chiedevo come facesse la gente a starci (e soprattutto ad entrare) Cross mi abbracciò di spalle: «Allora, ti piace?».

Io mi scansai dal suo abbraccio e lui ci rimase un po’ male. Ma poi, per consolarlo, esclamai: «È stupenda!» e Cross rise di gusto.

«Perché? Che hai da ridere?!» domandai.

«Rido per il modo in cui lo hai detto, non perché sei stupida. Lo dico per la meraviglia che hai trasmesso. E sì che non sei una persona molto... espressiva, o sbaglio?».

Io sbuffai sprezzante e mi voltai: «Allora, dove andiamo?».

«Non andrai proprio da nessuna parte con quelli» rispose lui indicando i miei piedi «Hai bisogno di un mezzo di trasporto e il caro Fred, unico detentore dell’unico portale che conduce alla Rete dal Piano di Sopra, te l’ha procurato».

Poi prese una pallina dalla tasca: era liscia e argentata, contornata da quel lieve bagliore che avvolgeva tutto in quel mondo, compresi gli Avatar.

Cross scagliò a terra quella piccola sfera, che si… aprì. Esatto, si estese! E diventò un magnifico skateboard volante, come quelli che avevo visto prima.

Poi comparve anche un casco dello stesso colore, dal design futuristico, che mi allacciai svelta.

Appoggiai un piede e poi l’altro negli incavi dello skateboard, che barcollò leggermente.

«Woooh» dissi mentre mi reggevo a Cross e acquistavo equilibrio.

Muoviti a stabilizzarti! pensai, e subito lo skateboard si raddrizzò.

«Ehi, ma è facile!» esclamai soddisfatta.

Cross mi sorrise e afferrò l’altra pallina.

«Anche il tuo è uno skateboard?» domandai curiosa.

«No. È…» rispose lui, e scagliò la sfera. Un attimo dopo era a cavalcioni di una grossa moto dai lineamenti sinuosi, che si adattò perfettamente alla forma delle forti gambe di Cross, strette intorno a lei.

«Che bella!» mi complimentai, e poi chiesi: «Ma tu non eri quello che detestava la Rete?».

«Sì ma adoro le moto! Probabilmente non ci hai fatto caso, ma io, da come parlo, come mi vesto e anche come sono fisicamente, incarno lo stereotipo del motociclista!».

«Io non so molto di cultura umana, specialmente di quella di due millenni fa» commentai «Però ora che mi ci fai pensare…» e scandagliai con il pensiero ogni cosa che sapevo sugli esseri umani. Non era complicato: il mio cervello era talmente potente da consentirmi di memorizzare ogni cosa che vedevo, facevo e sentivo, e da permettermi di conservarla fino alla fine dei miei giorni. Quindi mi bastò scavare nell’enorme archivio della mia memoria ed ecco che il ricordo affiorò…

 

“Anony” la voce risuonava chiara e neutra nella mia mente “Nel tuo viaggio incontrerai parecchie tipologie di persone, giusto? Oggi ne analizzeremo un’altra. Sappi che, nei lontani anni ’70 del XX secolo, alcuni ragazzi indossavano giubbetti di pelle ed enormi occhiali a specchio. Adoravano andarsene in giro con le loro enormi moto, che amavano e curavano come figlie. Questi erano i motociclisti”.

 

Mi scossi bruscamente dalla mia specie di trance e ripresi la mia frase: «…sì, so chi erano i motociclisti e ancora sì, tu ne sei un perfetto rappresentante. Ma l’Impero non ha vietato con la Legge del 4003 il ricordo o la propagazione di qualsiasi tendenza risalente al millennio III o IV?».

«Adesso ti spiego. Nel frattempo, dobbiamo assolutamente fare delle cose. E speriamo di riuscire a cavarcela perché, come ben sai, Fred ha apportato ‘alcune piccole modifiche’» tagliò corto Cross, infilandosi il casco.

Io annuii, certa che ci sarebbe stato da divertirsi.

Ma non l’avrei dato a vedere, nossignore. Più che altro , sarei stata troppo occupata a temere per la mia incolumità. Ciononostante ordinai allo skateboard di muoversi e quello obbedì, fluttuando a parecchi metri dal suolo digitale.

 

CROSS

Anony mi teneva dietro nonostante fosse la sua prima esperienza di volo con una skateboard ed io potevo finalmente rilassarmi e tirare un po’, senza alcun timore di perderla da qualche parte nello sconfinato mondo della Rete.

Ci muovevamo elegantemente ad onde morbide, incrociandoci di tanto in tanto e, per non suscitare alcun sospetto, parlavamo tramite il Conduttore.

«Allora, Anony, come ti sembra lo skateboard?» chiesi curioso di sentire il suo parere. Anche se odiavo la Rete (mi suonava troppo di finto e artificioso), era come se non volessi deludere le aspettative del mio Vincolo. Era la prima volta da tanto tempo che avevo qualcuno a cui tenevo e di cui non volevo deludere le aspettative: era un compito gravoso ma il solo sorriso di Anony mi ripagava di tutte le mie fatiche. “Aspetta, ma che sto dicendo? Sto farneticando sul serio. È meglio concentrarsi sulla strada, va’… e devo anche parlare con Anony del piano. Quindi concentriamoci, su!» pensai. Due secondi dopo, però, mi ricordai che molto probabilmente l’aliena mi aveva sentito. Ripromettendomi di non commettere mai più un errore del genere, continuai la conversazione.

«È molto bello! Noto che Fred lo ha reso più veloce ed agile. Insomma, me ne intendo abbastanza di tecnologia terrestre» concluse compiaciuta.

«Comunque… Hai visto il murales, no? I due della Stele… SIAMO NOI!» esclamai.

«Esatto. Per questo stiamo andando nell’Impero. Dobbiamo trovare le altre persone coinvolte e cercare di impedire questa catastrofe».

Annuii, un po’ sconvolto a dir la verità. Insomma, io ero una specie di eroe leggendario la cui venuta era stata predetta da millenni. Poco credibile, no?

Ma se ad accompagnarmi c’era il mio Vincolo, tutto sarebbe andato per il meglio. Potevo solo sperare che la Stele sbagliasse sulla parte Due sono coloro che porteranno la coscienza degli eventi, e uno morirà mentre l'altro fuggirà, al termine.

Non ci tenevo a morire, ecco. E soprattutto non volevo vedere lei morire.

«Allora, Cross, dove si va?» mi chiese l’aliena in questione.

«Dobbiamo innanzitutto raccogliere delle informazioni su chi o cosa guidi l’Impero attualmente. Dobbiamo arrivare alla cima della piramide e quale posto migliore per trovare informazioni della Rete?» sorrisi.

Dopodiché svoltai, addentrandomi sempre di più in quell’infinita città virtuale, mentre Anony mi sfrecciava dietro. Erano anni che non entravo più nella Rete (causa espulsione a vita dall’Impero e traumi vari), ma ricordavo perfettamente la strada.

Certo, la strada per il Pub.

 

ANONY

Cross mi disse di frenare, perché eravamo quasi arrivati. Arrivati dove, non sapevo. Avrei potuto, ma non volevo rovinarmi la sorpresa, essere più umana, per avvicinarmi a lui. Quella in fondo era l’unica cosa che desideravo, sentirmi un tutt’uno con lui.

Ah, ma che stavo dicendo! Tutte stupidaggini. I Caneliana non provano emozioni se non quelle base, come felicità o tristezza.

Non potevo perdermi in simili pensieri.

Seguii Cross ondeggiando sullo skateboard, che ormai padroneggiavo alla perfezione.

Scendemmo piano piano fino ad arrivare all’ingresso di una specie di locale.

Anzi, direi una sottospecie di locale. Il neon che lo contrassegnava veniva illuminato a scatti e già solo l’ingresso sapeva di sudicio.

Mi chiesi come in un luogo meraviglioso come la Rete potessero esserci posti del genere. Mi resi conto del realismo della puzza voltastomaco solo quando entrammo.

L’interno era in penombra, solo qualche lampadina faceva luce. Gli Avatar di alcuni uomini erano seduti a bere allegramente, mentre alcuni Avatar donna (probabilmente solo Androidi) servivano ai tavoli ed ogni tanto cedevano alle palpate di quei loschi tizi mezzi ubriachi.

Lanciai un’occhiata sinceramente disgustata a Cross, che mi sorrise luminoso e ridacchiò. Evidentemente doveva trovare divertente il rossore sulle guance del mio Avatar e il mio enorme imbarazzo.

Roteai gli occhi e lo seguii all’interno, cercando quasi di farmi scudo con il suo corpo. Era bello stargli così vicino… Oh no, devo smetterla. Così mi deconcentro solo.

Comunque, Cross sembrava perfettamente a suo agio; si aggirava fra i banconi osservando tutto con attenzione, poi si avvicinò al bancone.

«Cerco Johnny. Sapete dove posso trovarlo? Ditegli che è Cross. Cross Bone» disse rivolgendosi all’in carne barista, un donnone imponente dall’aria minacciosa.

«Cross? Cross Bone?» esclamò lei, sussultando. Che strano, avrei detto che nulla avrebbe potuto sorprendere quella donna.

«BONE! DA QUANTO TEMPO!».

«MA È PROPRIO LUI?».

«NON ERA STATO ESILIATO?».

Subito si alzarono gli schiamazzi degli uomini ubriachi, evidentemente conoscenti del mio Vincolo. Cross salutò tutti affettuosamente, presentandomi. Avrei evitato volentieri quest’ultima parte, visto che molti di quei tizi mi rivolsero occhiate poco gradite.

Uno azzardò anche un: «Ehi bellezza, vieni un po’ qui!» ma io mi scostai immediatamente. Avrebbe anche allungato le mani se Cross non mi avesse nuovamente trascinata al bancone.

“Vedi di non farti stuprare, Anony. Non voglio ti succeda nulla di male. Sono miei amici ma a volte si lasciano troppo prendere la mano. Spero che tu non te la sia presa, sono molto dispiaciuto” Cross fu molto cortese ed io lo ringraziai rassicurandolo.

Sì, quel pensiero mi aveva proprio fatto coraggio.

Sorrisi e, quando Cross mi presentò al proprietario del locale –un certo Johnny- mi mostrai più sicura di me.

Ci sedemmo ad un tavolo noi tre, e Johnny chiese alla barista di portarci un tris di cocktail.

«Allora, Cross, come sei arrivato fin qui? La Rete non è più la stessa da quando te e sei andato tre anni fa» esordì l’uomo.

Cross annuì un po’ dispiaciuto e raccontò a Johnny la storia. Ovviamente, non la versione ufficiale, ma quella ‘lievemente ritoccata’ da noi.

Mentre il mio Vincolo parlava, mi venne in mente una cosa, una domanda che avrei dovuto fare da tempo o comunque delle informazioni che avrei dovuto cercare comunque prima: perché Cross era stato Esiliato e costretto a vivere nel Soprasuolo?

Era una bella domanda, soprattutto importante… gliel’avrei posta appena ci sarebbe stato il tempo. Sperando, ovviamente, di non riportare alla luce brutti ricordi.

«Quindi vorreste… informazioni? Nient’altro?».

«Sì, solo informazioni. Dobbiamo sapere come muoverci, insomma è tre anni che non vengo qui».

«Bene. Sono abbastanza informato, come sai. L’Impero ha tirato parecchio la cinghia, da due anni a questo punto. Avrai anche tu notato la crescita esponenziale di Esiliati… ormai qualsiasi cosa è illegale, nella Realtà. Solo qui riescono a sopravvivere alcune attività, ma non si può restare in Rete a lungo, altrimenti il corpo si deteriora. Quindi appena qualcuno esce… BAM! Viene catturato. E l’Esilio è la cosa meno grave… Qualcuno scompare proprio. Non si sa dove vengano portati, fatto sta che non si rivedono mai più».

Cross abbassò lo sguardo, come se tutto il peso di quegli enormi problemi gravasse sulle sue spalle. No, gravava sulle spalle di tutti e due.

E uno di noi due sarebbe morto.

 

CROSS

Buttai giù il bicchierino di liquore: la bevanda alcolica mi risvegliò un attimo dal mio torpore e mi scosse i nervi.

Feci cenno ad Anony di seguirmi fuori dal Pub, mentre salutavo i miei vecchi amici.

Stavo per salire in sella alla mia moto quando ad un tratto comparve, appeso ad un muro, un manifesto con un annuncio formale da parte dell’Impero.

Ogni cittadino dell’Impero è tenuto a segnalare la presenza di questi due individui all’interno della Rete e la loro posizione. Ogni tentativo di nasconderli sarà punito. A chi li consegnerà alla giustizia verranno assegnate onorificenze e premi in denaro. Queste persone sono un pericolo per la nostra solidità e per la nostra vita stessa. Questo è ciò che l’Impero comanda.

E, dopo gli identikit miei e di Anony, lampeggiava il motto dell’Impero, con il suo simbolo: INFINITY IS EMPIRE’S POWER.

Una frase che poteva avere due sensi: L’INFINITO È IL POTERE DELL’IMPERO oppure IL POTERE DELL’IMPERO È INFINITO.

Due significati egocentrici, che ponevano quel castello di carte quale l’Impero al centro di tutto. Ma presto il mondo sarebbe finito, e così l’Impero.

Anche Anony aveva letto il manifesto, e scuoteva la testa affranta.

A quel punto qualcuno la afferrò da dietro. Feci per aiutarla ma non potevo competere contro la velocità di un Alieno: lei emanò una corrente di energia lungo il corpo, fulminando l’aggressore, dopodiché estrasse il Coltello dalla tasca del mantello e lo puntò contro a quell’uomo.

No, non era un uomo. Era una ragazza. Una ragazza bellissima, con affianco un bambino altrettanto splendido.

Ma il loro aspetto non era del tutto umano. La ragazza portava un paio di palchi da capriolo, e una piccola coda soffice spuntava dal suo coccige.

Il bambino aveva le morbide orecchie di un leone, e agitava nervoso una coda color sabbia.

«Anony, non muoverti. Sono Ibridi».

 

 

RICCHIE IN A CORNER'S CORNER

 

Non so chi segue ancora questa storia, ma ogni recensione sarà bene accetta ^_^ Fatemi sapere il vostro parere :D

 

Posto due immagini vecchissime di Cross e Anony... Adesso sono migliorata nel disegno per fortuna ma le riposto comunque :3

 

http://i39.tinypic.com/166faqp.jpg

 

http://i41.tinypic.com/20z30he.jpg

 

Sciauuu ;)

   
 
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