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Autore: BlueWhatsername    13/12/2013    10 recensioni
' Beh, ma tanto ritardatario è sempre stato, dopotutto.
E se non fosse che adora il pesce – in ogni maniera ed in qualsiasi momento – non correrebbe certo così.
Niall Horan lo sa, di essere un pasticcione nato, ritardatario cronico – ma forse un po’ ci marcia su questo, lo sanno tutti – e anche un po’ sbadato.
E se non fosse che la cosa verso cui si dirige è quella che ama sopra ogni altra di certo non si scapicollerebbe così. '
**
Hope you'll like it :)
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< Hai preso tutto? >>
Finn per poco non inciampò sulla porta della cucina, a sentire la voce di sua madre con quel timbro aspro.
E solo di prima mattina.
Le sorrise, avvicinandosi e poggiandole un bacio su una guancia.
<< Buongiorno mamma, la tua premura mi sconvolge sempre! >> ammiccò, mentre lei borbottava qualcosa ed infilava le mani nell’acqua insaponata dei piatti della colazione con fare minaccioso.
Il ragazzo sorrise ancora, inspirando il buon profumo che sua madre emanava.
A soli diciassette anni la superava di una buona spanna e poteva quindi facilmente imporsi sull’esile figura di Bessie, rimasta comunque incantevole nonostante tutti quegli anni passati. Era la solita intemperante e puntigliosa, ma il suo cuore era rimasto grande come una volta; i suoi capelli biondo cenere splendevano ancora, ed i suoi occhi saettavano sempre e comunque quando vedeva qualcosa che poco le stava bene.
Quindi quasi sempre.
<< Non mangi niente? >> domandò la donna poco dopo, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi con uno sbuffo scocciato << Ci sono le frittelle e… >>
<< No, non ho molta fame, a dir la verità… >> rispose prontamente il ragazzo, rimangiandosi quel che aveva appena detto quando gli occhi della madre lo perforarono come due lame infuocate << … Cioè, intendevo dire che… >>
<< Finn Keith Horan, ma chi pensi di prendere in giro, eh? >> domandò Bessie, seriamente.
Il ragazzo deglutì, preso in contropiede: certo, considerato che non c’era attimo che non stesse masticando qualcosa – somiglianza alquanto accentuata con ‘quell’idiota di tuo padre’, come le diceva sempre la madre – dire che mancasse d’appetito non era proprio cosa furba.
<< Stanotte non mi son sentito molto bene e… >> buttò a caso, sperando di convincerla al volo.
<< … E cos’hai avuto? Perché non mi hai chiamato? >>
Finn sorrise << Solo mal di stomaco, niente di che… >>
Bessie sembrò soppesare la questione per un attimo, poi annuì, accettando un altro bacio da parte del figlio. Lasciò che la stringesse in un abbraccio giocoso, prima di intimargli di non fare tardi per pranzo e di ricordarsi di telefonare a quell’idiota di suo padre, tanto per informarlo che quella sera avrebbero avuto una cena importante a cui non potevano proprio mancare.
Finn rise, uscendo di casa, zaino in spalla e sciarpa attorno al collo.
L’arietta fresca della prima mattina rischiava di fargli diventare le guance più rosse del solito, pure se pareva impensabile. Camminò di fretta, le mani affondate nel giacchino blu che aveva rubato dall’armadio del padre ed una canzoncina tra le labbra, che usciva dalla sua bocca assieme a qualche sbuffo di condensa per il troppo gelo. Quando arrivò a destinazione, quasi inchiodò, sentendo il cuore che prendeva un’accelerata storica lungo il rettilineo che portava alla sua gola e che, stranamente, era diventato come un percorso da Gran Premio.
Tuffò il viso nella vetrina del negozio, controllando che non avesse niente di anormale in faccia. Che poi… Che c’era di strano? Era sempre lui, lo stesso Finn che ogni giorno si guardava allo specchio, sperando che quel dannato apparecchio che era costretto a portare per raddrizzare i denti fosse scomparso nella notte – da bambino aveva creduto nell’esistenza degli Elfi, quante volte aveva sperato che glielo sequestrassero nel sonno! Era lo stesso ragazzo con i capelli castani – il rosso dell’infanzia era svanito, lasciando il posto ad un colore più scuro, permeato di riflessi poco fulvi – e gli occhi celesti che si chiedeva ogni mattina come mai fosse costretto ad andare al liceo quando lui avrebbe voluto iscriversi ad una scuola di musica come si deve – perché sì, quella chitarra che aveva trovato in soffitta, quella chitarra rossa ed impolverata, lui aveva imparato a suonarla, forse a stento, ma… I primi accordi che era riuscito a fare erano stati la sua più grande soddisfazione, così come il riuscire a nasconderla alle grinfie di sua madre.
Deglutì, aggiustandosi i capelli con la mano ed entrando, facendo tintinnare lo scaccia pensieri appeso sopra la porta.
L’odore del pane e dei dolci lo colpì in pieno, il suo naturale appetito spropositato ruggì, non essendo stato appagato dalla colazione di sua madre.
Il locale era vuoto; vide solo un ragazzo al di là del bancone, intento a sistemate quelle che sembravano pagnotte di pane, ma non ci diede peso, sperando intensamente che nemmeno lui l’avesse notato. Fece per uscire, sconsolato, quando questi si volse, in cerca della fonte del rumore che aveva fatto muovere lo scaccia pensieri.
<< Finn! >> esclamò quello, cordiale; il ragazzo si irrigidì all’istante, simulando un sorriso convincente << Vai a scuola? Le brioche sono appena state sfornate, se aspetti un attimo… >>
<< No, no… >> rispose Finn, indietreggiando quasi per riflesso << … Mi sono appena accorto di essere in ritardo, credo tornerò più tardi – decantò, sapendo di mentire – per prendere il pane, magari… Non preoccuparti, Ibrahim… >>
<< Oh no! >> il ragazzo fece saettare i suoi occhi scuri, mentre si sistemava alla ben’e meglio il cappellino bianco sui capelli neri << Devi assolutamente assaggiarle! Sei un cliente affidabile, tu, Horan! Vieni qui e fidati del tuo fido panettiere tunisino… >>
Il ragazzo rise, avvicinandosi al bancone e facendo per prendere quello che l’altro gli stava porgendo in un fazzoletto di carta. Morse delicatamente, sentendo la pasta della brioche sciogliersi in bocca, e il sapore forte degli aromi invadergli la gola.
<< Allora? Com’è? >> domandò Ibrahim, con gli occhi che luccicavano.
Finn fece per rispondere, quando il boccone gli si bloccò in gola.
Da una porta al di là del bancone qualcosa si mosse, una tendina verde venne scostata ed una piccola figura avanzò, tenendo tra le braccia una cesta immensa, piena di quelli che parevano panini appena sfornati.
<< Oh, Raniya, poggiali pure là… >> le disse il fratello, sorridendo << … Allora Horan, che ne pensi? >> disse poi, tornando a rivolgergli un sorriso caldo.
Finn tentò di fare mente locale, cercando almeno di ricordare per quale motivo fosse entrate in quel negozio.
Sì, perfetto, l’unico problema era che l’unico motivo per cui ci fosse entrato era dall’altra parte del bancone a sistemare panini lungo i ripiani, con gli occhi bassi ed il labbro tra i denti. Ed anche con il solito camice bianco che usava per lavorare, i capelli scuri raccolti in una cuffietta e la solita ciocca impertinente che scivolava sul viso.
Ignorano l’attacco di cuore in corso, Finn annuì all’amico, scoccandogli un cinque divertito. Ibrahim incartò qualche altra brioche, ficcandogliela tra le braccia e imponendogli di riporre il portafogli, a meno che non avesse voluto scatenare un’altra crociata.
Risero entrambi, mentre la ragazza si era spostata nuovamente, prendendo le brioche dalle mani del fratello e riponendole ordinatamente in tanto piccole pile nella vetrina del bancone. I suoi occhi scuri rimasero fissi verso ciò che stava facendo, pure se Finn riusciva a vedere bene come le dita le stessero lievemente tremando e il labbro inferiore stesse per essere scalfito dai denti, tanto lo stava tenendo stretto.
<< Allora buona giornata, Horan! E saluta tuo padre e tua madre da parte nostra… >> si sincerò Ibrahim, cominciando a rovistare di nuovo tra le pagnotte di pane.
<< Sicuro, papà dice sempre che le vostre crostate sono le migliori in assoluto… >> rispose Finn, ridacchiando; si ricompose immediatamente, all’occhiata divertita dell’amico << Oh beh… Non dirlo a mia madre! Sai… >>
Ibrahim rise, mentre si spostava nuovamente, e stavolta la ragazza chiamata Raniya fu costretta a sollevare gli occhi, tanto per non cadere nell’espositore del bancone. Gli occhi di poco allungati, le ciglia lunghe, la carnagione olivastra, quasi del colore della terracotta levigata richiamarono immediatamente lo sguardo di Finn: ci fu un breve istante in cui i due si fissarono, prima che lei tornasse a contare le brioche.
<< Non preoccuparti, amico! E poi lei detiene il miglior fish ‘n chips del mondo, no?! Quella sera che ci invitasti a cena da te pensavo di poter morire d’indigestione… >>
Finn annuì ancora, mentre le immagini di quella particolare serata gli si rincorrevano nel cervello: conosceva Ibrahim da una vita, erano anche andati a scuola insieme, prima che lui decidesse di dedicarsi a lavorare nella panetteria di famiglia – tunisina, ma parlavano la lingua d’adozione meglio di altri; tutti loro erano cordiali e gentili, assolutamente impeccabili nei modi e nel comportamento.
Non poche volte Bessie li aveva avuti come ospiti a cena, sia per la felicità del figlio, sia per quella del marito – che non rinunciava mai a rimpinzarsi di fish ‘n chips fino a scoppiare.
Sorrise ancora, prima di aprire la porta e uscire nell’aria fredda, il tintinnio dello scacciapensieri si fece sentire per qualche passo mentre camminava lungo il marciapiede. Il profumo delle brioche bollenti che teneva incartate tra le mani fecero attrito col suo stomaco.
Stranamente, però, l’appetito gli era passato davvero.
 
 
 
Si sente euforico.
Anzi no, dire euforico è dire niente.
Si sente esaltato e esagitato, anche un po’ scosso, a dire la verità, ma comunque…
Felice.
Sembra strano dirlo, ma il primo bacio non se lo sarebbe mai aspettato così.
Un po’ umido, un po’ appiccicoso, un po’ impacciato. Una roba strana, a dir la verità, gli viene da ridere – e lui ride sempre, e per qualsiasi cosa – se pensa ai discorsi che fa spesso con i suoi amici, a scuola, quei discorsi molto stupidi su quanto possa baciare bene quella o quanto ci mette quell’altra per fare chissà che gioco strano con la lingua e cazzate così, il fatto è che… Nemmeno il migliore dei discorsi potrebbe spiegare realmente quello che gli viene in mente dopo aver baciato Raniya.
Ed il bello è che è successo tutto così in fretta che nemmeno sa spiegarselo, insomma… Un secondo prima erano a parlare lì, nel suo giardino, ed il momento dopo lei lo aveva afferrato per il colletto e lo stava baciando come se niente fosse.
Finn ride, pensando che deve esserle sembrato un vero idiota, visto quanto c’è rimasto di sasso, inizialmente, ma gli è bastato poco per prendere confidenza con lei.
Con le sue labbra speziate e soffici, con le sue mani timide che stringevano le sue quasi con disperazione, con il suo respiro profumato e poco aritmico.
Non ha mai baciato nessuna ragazza prima di lei, ma la cosa non gli dispiace poi tanto. Raniya è così speciale e particolare che… Beh, come non rimanerne colpiti?
Impossibile.
Suo fratello Ibrahim è stato suo compagno di scuola per molti anni, fino a che non ha deciso di lavorare nella panetteria dei suoi. Lei ha (forse?) un anno in meno, , non lo sa nemmeno con esattezza, l’unica cosa certa è che nelle poche volte che l’ha vista le è sembrata la ragazza più gentile e riservata del mondo. Quasi muta, a dire il vero.
E quando la sera prima sono venuti a cena da lui, lei… Non ha quasi parlato, sinceramente. Finn si morde un labbro, mentre attraversa la strada, quasi rischiando di farsi mettere sotto da un carretto.
Sua madre aveva cucinato il suo magnifico fish ‘n chips – sì, dopo aver urlato contro suo padre per le ennesime macchie verdastre sul pavimento – e quindi gli era parsa una buona idea dire loro di venire, anche solo per passare una serata un po’ diversa. Sì… Molto diversa.
Finn ridacchia ancora – l’euforia lo divora, è questa la verità, non si è mai sentito così e la cosa lo eccita e lo spavento allo stesso tempo – mentre pensa che trovarla seduta in giardino, subito dopo cena, con uno scialle addosso ed i lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle anziché legati nel solito groviglio dietro la testa non era stato male, affatto. Né tantomeno sedersi vicino a lei, sorriderle e dirle che era proprio un ‘figata pazzesca essere tunisini’. Ma che cazzate aveva sparato?!
Ma lei aveva riso comunque, ricorda. Lo rammenta e sorride, quasi non prende in pieno un palo della luce. Una signora schiamazza nella sua direzione, lo ammonisce, ma a Finn basta scusarsi con un’alzata di mano perché dica ‘Ma perché gli Horan sono sempre così sbadati, si può sapere?!’.
E poi si erano baciati, appunto. Di slancio.
O lei aveva baciato lui, la cosa non faceva differenza.
Intonò una canzoncina che nemmeno ricordava di sapere, prima di imboccare il vicolo sicuro che si erano dati come appuntamento.
Inchioda sul selciato umido, l’odore di muffa è penetrante, quasi non lo fa starnutire.
Si guarda intorno, prima di vedere l’esile figura di Raniya che gli viene incontro, il giacchino viola che indossa fa a cazzotti con i pantaloni verdi, poco importa, si dice Finn andando da lei e stringendola di slancio in un abbraccio.
E poi non aspetta, quando si china di poco e incastra le sue labbra con quelle di lei. La sente sospirare contro la sua bocca, il fiato le si spezza, prima che inizi a stare al suo gioco, in maniera dolce e calcolata, proprio com’è lei.
Finn sorride, staccandosi piano e sorridendole. Gli fa strano una situazione simile: non che le ragazze  non l’abbiano mai interessato, ma c’è qualcosa in Raniya che è totalmente diverso. Loro sono diversi, forse proprio perché sono agli antipodi l’uno dall’altra.
Lui irlandese, lei tunisina.
Lui ha gli occhi celesti e limpidi, lei scuri e torbidi.
Lui ha la pelle chiara e le guance rosse, lei la carnagione olivastra ed il viso magro.
Lui è cristiano, lei musulmana.
Lui non sa gestire se stesso perché è davvero scapestrato e pasticcione, non riesce nemmeno a cucinare qualcosa da solo senza fare macchie ovunque – rischiando di scatenare le ire di ‘mamma Banshee Bessie’, per inciso – mentre lei è così… Sembra più grande degli anni che ha. I suoi silenzi parlano, i suoi sguardi urlano.
Proprio in quel momento pare gli stiano dicendo qualcosa che lui proprio non vuole capire.
<< Finn… >>
Lui non aspetta e la bacia ancora, stringendola forte a sé. Non sa cosa gli sta accadendo ma… Lo fa sentire bene. Il cuore gli va ad una velocità che avrebbe creduto possibile, tutto è migliore, è più colorato, è intenso a tal punto da agitargli lo stomaco e ribaltarglielo. Senza nemmeno rendersene conto schiude le labbra e morde quelle di lei; la sente spiazzata, il suo corpo è cedevole contro il suo, è leggero e delicato.
Ma è incisivo il suo tocco, quando gli poggia le mani sul petto e lo distanzia, rossa in viso. Le sue guance così colorite fanno un bell’effetto col suo incarnato quasi ambrato.
<< Finn… >> ripete, e lui riesce a leggerle nella voce una nota d’impazienza e di qualcos’altro che preferisce non soffermarsi ad analizzare << … Finn, noi… >> e scuote il capo, distaccandosi da lui.
Solleva una mano, portandosela agli occhi immensi e scuri.
Il ragazzo rimane immobile, pare tutto al rallentatore, pure se l’asfalto ha preso a vorticare sotto i suoi piedi.
<< Raniya, lo so che è successo tutto in fretta, ma… >> si fa coraggio, non sapendo nemmeno che dire.
Lei si volta, deglutendo.
<< Io… Capisci che non posso? >> scandisce, facendolo ammutolire; sospira, irrigidendo la postura e tentando di non correre via, è tutto ciò che vorrebbe fare: non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere da lui a tal punto, eppure è stata proprio lei a baciarlo << Io sono promessa, Finn. Ok? Tra qualche anno dovrò sposarmi e… >>
Il ragazzo sente il sangue sparirgli dalle guance, la testa sembra ruotare assieme al mondo, perché è diventato tutto improvvisamente grigio?
<< Dove siamo? >> domanda, la voce roca e in disappunto << In un film medievale, eh? Cosa… >>
<< Sono le leggi della mia religione, Finn. >> chiarisce lei, e la voce, invece, le trema in maniera spiacevole; è costretta a prendere un bel respiro per poter continuare come si deve << Mio padre ha concordato che… >>
<< Che… Che cazzo dici?! >> sbotta lui, gli occhi hanno smesso anche di percepirla, la realtà, è come trovarsi in un buco nero.
Non c’è suono, non c’è niente.
<< Ascolta, noi… >>
<< Ci siamo solo dati un bacio! >> scalpita Finn, sentendosi improvvisamente incazzato, disturbato, innervosito, scalfito da un sentimento che solo l’attimo prima l’ha portato in alto e che ora lo sta sgretolando << Un bacio, ok? Perché parli di… Tu… >> prende un bel respiro, le parole gli muoiono in gola se pensa che tutto ciò che vorrebbe dire è solo un vaffanculo al mondo e anzi, gli piacerebbe solo poterla baciare ancora perché, accidenti, sono solo due ragazzi, loro.
<< Non l’ho deciso io, ok? E… >>
<< Tu sei d’accordo? Tuo fratello lo è?! >>
Raniya sospira, abbassando gli occhi. E gli pare improvvisamente di roccia, incrollabile ed eterna, così dura da non poter essere scalfita da niente, nemmeno da quelle sue parole così stupide e incazzate.
<< Ma ti rendi conto di ciò che mi stai dicendo, mmh? Ci siamo solo baciati, abbiamo tutta una vita davanti e tu mi stai dicendo che non puoi perché… Tuo padre ha deciso che dovrai sposare uno che – magari – nemmeno ami?! >> scattò, scandalizzato dal suo stesso discorso e dalla rabbia che ci stava mettendo.
Raniya non gli rispose, facendo qualcosa passo avanti come per superarlo, ma lui la agguantò per un polso, costringendola a rivolgergli ancora l’attenzione necessaria.
<< Questo cosa è altamente idiota. >>
Lei rimase immobile, i suoi occhi scuri saettarono ma non fiatò.
<< Cosa c’è? Perché non dici a tuo padre che hai trasgredito alle sue regole e che hai baciato uno come me, mmh? >>
Ancora niente, ed il suo silenzio era peggiore di uno schiaffo.
Finn la lasciò, facendo qualche passo indietro, rinunciando a guardarla.
<< Ti è così difficile rinunciare a me? Lo hai detto anche tu, no? >> la ragazza incise il silenzio con quelle poche parole sussurrate << È stato solo un bacio, che ci vuole a seppellirlo sotto le innumerevoli esperienze della tua futura vita? >> concluse, sorpassandolo di corsa.
Finn sobbalzò, senza il coraggio di bloccarla.
Se ce l’avesse fatta anche col proprio cuore sarebbe stata una svolta.
 
 
 
<< Finn non è tornato a pranzo a casa, oggi, ha chiamato dicendo che aveva da fare in biblioteca. >>
Niall inarcò un sopracciglio, alla vista della moglie che usciva dal bagno con un orecchino in mano e l’altro semi infilato nell’orecchio.
Sorrise, poi, quando lei sbuffò, avanzando per prendere la sciarpa da mettersi al collo.
<< Non c’è da preoccuparsi… >> le rispose solo, sistemandosi la camicia allo specchio.
E non che quella cena – con suocera annessa – gli piacesse poi molto, ma…
<< Gli avevo anche chiesto di chiamarti per ricordarti della cena di stasera, lo ha fatto? >> chiese ancora Bessie andando a sistemargli il colletto di quell’affare che non voleva stare né su né giù.
Niall sobbalzò a quella domanda.
Fissò la moglie negli occhi, tentando di non farsi prendere dal panico: no, non l’aveva chiamato per niente, ma lui si era comunque ricordato solo grazie al post-it che aveva attaccato in macchina quella mattina, dopo che lei gli aveva detto che era ‘un povero idiota senza speranza che ancora era in grado di creare orme in casa come un bambino di quattro anni’ e che se avesse tardato avrebbe ‘ripulito il salotto con la lingua, alla prima buona occasione’.
Annuì, sperando che lei non notasse l’indecisione che ci stava mettendo, e sospirò, quando la vide voltarsi, in cerca della borsa.
La porta di casa sbatté in quell’istante, entrambi si scambiarono un’occhiata accigliata.
Bessie fu la prima ad uscire dalla stanza, andando incontro al figlio.
<< Tesoro, sei tornata! >> esclamò, vedendolo che lanciava lo zaino di scuola sul divano e si toglieva le scarpe all’entrata.
Il ragazzo mugugnò qualcosa, abbracciandola.
<< Ciao papà… >> disse poi, vedendo Niall comparire in corridoio, ancora intento a sistemarsi la camicia – la lotta coi polsini non sarebbe mai finita.
L’uomo ammiccò, mentre la moglie spariva di nuovo in camera, per gli ultimi ritocchi prima della grande serata.
<< Non avresti dovuto chiamarmi? >> sussurrò, poi, vedendo il figlio impallidire.
Scoppiò in una mezza risata quando Finn prese ad imprecare sottovoce, con tutta l’enfasi di questo mondo.
<< Mamma vuole uccidermi? >> chiese, allarmato.
Niall scosse il capo, divertito << Per cena c’è il fish ‘n chips che ti ha preparato prima, anche se ne ha fatto in quantità industriale… >>
Il ragazzo deglutì, mentre il nodo alla gola si andava facendo via via più stretto.
E doloroso.
<< Grazie… >> mormorò, assorto, facendo per sorpassare il padre, prima che questo lo bloccasse per una spalla.
Niall lo inchiodò coi suoi occhi celesti, scrutando a fondo nello sguardo del figlio, come per capire cosa ci fosse che non andava.
Finn era sempre stato un libro aperto, specie per lui, non capirlo gli risultava quanto mai inaccettabile.
<< Tutto bene, pa’? >> si sentì chiedere, infatti, lo sguardo di Finn era incerto.
Annuì, senza però mollargli la spalla.
<< E tu? Tutto bene? >> domandò, serio.
Attese qualche secondo, prima che l’altro annuisse, riuscendo a sgusciare dalla sua stretta.
<< Passa una buona serata con nonna… >> cantilenò, divertito.
Niall sbuffò, ridendo alla faccia divertita del figlio.
<< Anche tu! Perché non inviti qualcuno? Questo fish ‘n chips è davvero troppo… >> disse poi, visionando le molteplici teglie che la moglie aveva preparato per il figlio.
Finn si prese un bicchiere d’acqua, sorridendo lievemente al padre.
Lo vide scomparire dalla cucina, l’istinto di fermargli e dirgli tutto era quanto mai insopportabile.
Ingoiò il groppo, mentre resettava il cervello.
Fingere forse gli sarebbe riuscito meglio.
 
 
 
 
But I hold on, I stay strong,
Wondering if we still belong,
will we ever say the words we’re feeling,
reach down underneath and tear down all the walls,
will we ever have a happy ending
or will we forever only be pretending?

 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE.
Salve fanciulle.
Sì, lo so. Non ve l’aspettavate. Ma… Siccome ultimamente sono un po’ in fase drastica con tutta la storia Finn/Cory (ancora, non mi passerà mai a dire il vero), quindi…
… Siccome il figlioccio(?) di Niall e Bessie si chiama appunto Finn
… Beh, mi son detta che era il mio modo per averlo ancora qui, vicino. Se avete visto Glee sapete di che parlo.
Ergo… Boh, è uscita così. Spero vi piaccia.
Non ho molto da dire, in realtà.
Byeee :) xxx
  
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