Carissime amiche, sono ancora tra Voi e questo Vi sorprenderà molto!
Ormai la pubblicazione settimanale è un mesto ricordo... non so come facessi prima, ma ora di sicuro non riesco a tenere il ritmo.
Vi chiedo scusa, di cuore.
Siamo vicine a Natale, e ci tenevo a farVi i miei più sentiti auguri. Vi regalo un capitolo spero abbastanza corposo, dalle immagini interessanti, e un pensierino in più tutto per voi appassionate di questo Fandom.
Lo trovate in fondo al capitolo, in anteprima per le mie assidue lettrici.
Vi ringrazio di esserci sempre, Buone Feste a Voi ed alle Vostre famiglie.
Baci, Teresa.
Una
notte davvero straordinaria
Capitolo
ventinovesimo
(Alice)
Guardo
in alto godendomi, il fresco della sera.
Milioni di stelle risplendono nel cielo nero come la pece, luminose e
colorate
come non le avevo mai viste. Il buio assoluto del deserto,
così
straordinariamente profondo, rende la volta celeste quasi raggiungibile
alzando
una mano, e mi sento una minuscola formica nell’universo.
Se
mi concentro e mi dimentico di essere ancora sulla
Terra, posso benissimo immaginarmi già immersa nello spazio.
Uno
spontaneo giramento di testa, forse una vertigine,
mi conferma quanto questa sensazione sembri reale. Ma ritorno presto
coi piedi
ben piantati sul mio pianeta d’origine quando, alle mie
spalle, capto una serie
di passi silenziosi che si avvicinano.
«Fermo
dove sei, straniero: ti avverto che sono
armata».
Sono
all’interno del campo militare. E’ grande,
sì, ma
è recintato. Questa precauzione tiene fuori dai piedi
curiosi ed animali
selvatici, ed io so di potermi godere la solitudine notturna in tutta
sicurezza.
«Non
sono uno straniero, e tu non sei armata, dolcezza.»
Le parole e la risata sommessa di Jasper mi colgono piacevolmente di
sorpresa.
Cosa
ci fa
qui, a quest’ora?
«Potrei
stupirti. Fossi in te non rischierei». Gli
rispondo secca, facendo finta di non averlo riconosciuto.
«No,
non credo che tu voglia privare la missione di un
elemento cardine come me», mi stuzzica rispondendo per le
rime.
«Bah,
siamo tutti utili, ma nessuno è indispensabile,
sotto questo cielo.» Mi giro verso di lui, allargando le
braccia.
Mi
piace battibeccare con lui, anche se non riesco a
non stupirmi di questa improvvisa giocosità. Nelle ultime
settimane ci siamo
diplomaticamente ignorati, e ormai mi ci ero abituata.
O almeno
così mi sembrava.
Sorrido
tra me e me a questo cambio di programma: volevo
starmene un po’ in pace a sbollire lo stress e la fatica
della trasferta, nella
assoluta immobilità della notte texana. Ma ora è
arrivato lui.
La
sua sagoma scura si muove venendomi incontro
ulteriormente. Distinguo a malapena il bianco del suo sorriso, tra i
lineamenti
appena accennati. E’ una strana sensazione, quella che provo
mentre lo
percepisco vicino, un misto di eccitazione fisica e di atavica paura
dell’uomo
nero.
«Alice.
Sono io, Jasper.» Mi dice con voce cauta. La
mano, con cui stava per toccarmi, gli rimane a mezz’aria.
«Si,
certo, ti avevo riconosciuto». Gli rispondo
sicura, anche se intuisco che abbia percepito il sussulto che ho avuto
al suo
gesto.
«Bene.
Perché sono venuto ad ammirare questo
spettacolo insieme a te.» Sussurra
continuando il movimento della mano per rimettermi una immaginaria
ciocca di
capelli dietro l’orecchio. Il suo indice scende delicato
verso il collo ed io
non posso fare a meno di socchiudere gli occhi, mentre mi gusto il
brivido a
fior di pelle che mi provoca. Respiro profondamente. Sento odore di
cardi
selvatici e di lui. I suoi occhi, sempre più vicini, ora brillano maliziosi nel
tenue riflesso
delle stelle. Non so ancora cosa abbia in mente, ma nel mio profondo
spero che
sia intenzionato a spegnere l’incendio dei sensi che mi sta
causando.
«Sai,
oggi mentre ti osservavo, mi sono reso conto che
non abbiamo mai l’occasione di scambiare due parole
insieme». Sussurra.
E’
vero, ma preferisco non dire niente, aspettando che
arrivi al succo del suo discorso.
«Sei
così cambiata da come ti ricordavo. Ora sei una
donna forte e sicura di te, e il potere che emani è
così… eccitante.» Si
abbassa e mi appoggia le labbra sul viso e lo percorre di piccoli baci.
«E mi chiedevo
se, come sta
capitando a me, non ti pesi
mai essere single.»
Il
suo respiro sulla mia pelle è come benzina sul
fuoco. Le mie mani si
avventano sulle
sue braccia, attirandolo a me e ogni pensiero razionale si sconnette
per
lasciare il posto al desiderio.
«A
volte sì. Ma molti uomini sono intimoriti dai miei
modi ruvidi.»
«Perché
per mia fortuna sono degli smidollati» ansima,
mentre estrae con movimenti decisi la mia camicia dai pantaloni.
Insinua, poi,
le mani calde sotto la stoffa accarezzandomi la schiena e io mi perdo
al loro
tocco. Percepisco appena che ci stiamo spostando di qualche passo sulla
sinistra.
Mi aggrappo a lui mentre mi sento trascinare verso il basso. Si
è seduto su una
roccia, facendomi cadere sulle sue ginocchia.
«Maggiore
Brandon, ti chiedo il permesso di sfilarti i
pantaloni e di prenderti, qui, su questa pietra». La sua voce
è un solo un
sussurro roco, ma il mio corpo risponde, come ad uno squillo di tromba.
Il
cuore mi balza in gola e una scarica di adrenalina mi corre dalla testa
ai
piedi, causandomi un violento capogiro.
Con la bocca
asciutta e la mente confusa dalla sorpresa, cerco di impostare una
risposta
coerente. Sento dentro di me esplodere la stessa sua urgenza.
«Permesso…
accordato. Capitano… » balbetto fiondandomi
sulle sue labbra.
Oddio!
In tutto questo buio, il calore della sua pelle
che si propaga sulla mia, mi sconvolge. Una inaspettata frenesia mi
invade, e
mentre ancora sono indaffarata con le sue labbra mi affretto, con le
dita
impacciate dall’emozione, a slacciare i bottoni della sua
camicia. Sotto a
quella trovo una dannata maglietta, che mi impegno, ostinatamente, ad
estrarre
dalla cintura dei pantaloni.
Jasper
mi fa alzare e con una risatina armeggia veloce
con i suoi indumenti, per poi dedicarsi ai miei. Mi apre il bottone e
la zip
dei calzoni, e infilando i pollici sotto il tessuto, me li cala
velocemente
insieme agli slip. Barcollo eccitata dal gesto e dal colpo
d’aria fresca che mi
colpisce la pelle nuda delle gambe.
«Tieni
indosso la camicia, piccola. Non si sa mai che
capiti qualcuno da queste parti.»
Annuisco,
distratta, perchè in questo momento non me
ne importa proprio nulla di eventuali girovaghi guardoni. Sono troppo
impegnata
a fremere e sospirare al tocco delle sue mani sul mio seno scoperto.
Mmh…
e che dire poi, di quella lingua che mi sta
esplorando l’orecchio?
Mi
mordo forte il labbro inferiore, cercando di
trattenere la supplica che mi martella nella testa: presto,
Jasper, ti prego. Non resisto più…
Mentre
penso di essere ad un passo dallo svenire per
la tensione, sento un rumore di plastica che si stappa. Le sue mani non
sono
più su di me, ed io sono costretta ad aggrapparmi alle sue
spalle per non
cadere all’indietro a causa della debolezza
che mi ha colto.
Lo
sento armeggiare tra me e lui e inguainare con un
preservativo, l’erezione che, fino a pochi attimi fa, pulsava
tentatrice sul
mio pube. Le sue dita si insinuano tra le mie gambe esplorando il punto
che
ormai freme per l’attesa.
«Sei
pronta, scricciolo? Oh, sì, che lo
sei…» Lo sento
dire con una punta di estasi nella voce.
«Mmh,
ahh…» gli rispondo solo mentre mi riempie lento.
Rimaniamo un attimo immobili, senza respiro, prima di iniziare la
nostra danza
lenitiva. Ad ogni colpo se ne va un po’ di stanchezza. Ad
ogni sussulto la
mente diventa più leggera. Strizzo gli occhi mentre
l’intensità del fuoco dentro
di me cresce. Le stelle del cielo turbinano dietro le mie palpebre
serrate al
ritmo dei nostri sospiri. Gocce di sudore mi imperlano la fronte mentre
con le
dita sento che anche i suoi capelli si inumidiscono per lo sforzo. Ci
muoviamo
veloci, sempre di più. Finchè tutto diventa
troppo intenso, quasi doloroso.
Jasper esplode, con un ringhio soffocato sul mio collo, e io lo seguo
esaltata
dalla carnalità della sua eccitazione.
E
poi tutto si placa, tranne i respiri, che sembrano
sfondarci le gabbie toraciche. Scivoliamo senza forze sul terreno. Io
mi
accascio sul suo petto che sussulta vistosamente.
«Ahi,
mi sono graffiato il sedere », mi dice
sbuffando.
Rido,
rido di gusto. E’
una risata catartica. Mi sento in pace col
mondo e assolutamente incapace di riprendere il controllo del mio corpo.
«Dobbiamo
rientrare, prima che ci diano per dispersi» gli
comunico quando finalmente riacquisto un minimo di lucidità.
Ho ancora le
orecchie che mi fischiano, e la sensazione di levitare staccata dal
corpo.
Evito di interrogarmi sul significato di quanto è successo.
E’ stato magnifico,
punto. Non sento il cuore palpitare d’amore, ma sono
così appagata che metterei
in agenda un altro di questi incontri, a breve. Mi rivesto
faticosamente. Mi
chino, e prima di andarmene, gli prendo il mento tra le dita e gli
appoggio un
lieve bacio sulle labbra.
«Sei
veramente matto, Jaz. Aspetta qualche minuto
prima di rientrare.» Le sue labbra, sulle mie, si stirano in
un sorriso.
(Edward)
Fermo
davanti allo specchio incorniciato d’oro, cerco
di sistemarmi questo maledetto cravattino che non vuole proprio saperne
di
stare dritto. Sono molto tentato di chiedere aiuto a Bella, che nella
stanza da
bagno dell’Hotel Marriott di Boston, sta finendo di
truccarsi.
Ma
devo
riuscirci da solo, cazzo, l’ho fatto per più di
vent’anni, ed ora, che
sto per ritrovarmi “ufficialmente” fidanzato, sono
diventato già così
dipendente? Sorrido alla mia immagine
riflessa.
La
giornata di oggi, è stata solo un assaggio, del
gioco mediatico che ci aspetta stasera. Tutto si è svolto
come da programma:
Rose aveva previsto la presenza in sala di più di
cinquecento persone, e mi
pare di aver sentito dire che ce ne fossero anche di più.
Cameramen con
telecamera in spalla, si aggiravano tra i presenti per carpire ogni
espressione. Con Bella eravamo d’accordo che ci saremmo
seduti vicini, ma che
avremmo mantenuto un contegno formale.
Ora
in questa lussuosa camera, mi chiedo se sono
pronto per quello che stiamo per fare. Al pian terreno, nella splendida
sala da
ricevimenti, ci aspetteranno, oltre
ai
Media, anche i miei genitori e quelli di Bella, per annunciare il
nostro
fidanzamento al mondo intero. Nemmeno
fossimo rampolli di non so quale stirpe
regale!
Sono
nervoso. E il fatto che questa, non sia nemmeno la
mia prima volta, non aiuta.
E se qualcuno chiedesse se abbiamo intenzione di sposarci? Come potrei far capire a Bella che non mi sento ancora pronto per ripetere un passo così importante, senza offenderla? Non ne abbiamo mai parlato… ma Cristo Santo, ci conosciamo ancora da così poco tempo… Mi torna alla memoria, però, quel breve momento quella sera in cui eravamo di guardia all’osservatorio nel deserto texano. Sarà stata l’atmosfera romantica, o l’eccitazione fanciullesca di Bella, ma ho sentito una comunione così forte della mia anima con la sua che mi sono quasi commosso.
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=eDYc_ot_P08
Il
suo entusiasmo per la registrazione che mi stava
facendo sentire, andava ben oltre il suono stridente che sentivo, tanto
che ricordo
di aver pensato che la vita avesse molto più senso se
vissuta insieme a lei.
Mentre
ripenso con affetto a quella sera, un tocco
deciso alla porta mi distrae. Apro e dall’altra parte mi
trovo,
sorprendentemente, uno sconosciuto moro, sulla trentina, elegante in un
perfetto abito scuro a doppio petto. Lo guardo con una palese
curiosità, che mi
viene apertamente ricambiata.
«Buonasera.
Cerca qualcuno?» Gli chiedo formale. Lo
sconosciuto mi fissa un istante di troppo in silenzio. A pelle mi
sembra una
persona eccessivamente sicura di sé, e questo mi irrita.
«Effettivamente,
sì. Cerco la signorina Hale. Posso chiederle con chi ho
l’onore di parlare?» Lo
sconosciuto ha una voce profonda, ma tagliente. La mia irritazione
cresce.
«Sono
il Capitano Cullen. Se sta cercando Rose, la
trova nella sala ricevimenti.» L’uomo guarda
dubbioso me e il numero d’ottone appeso
alla porta, ma decide di non replicare e con un sorriso falso mi saluta
e si
dirige verso l’ascensore.
Con
un’alzata di spalle chiudo la porta e mi dirigo
verso il bagno, deciso a dimenticarmi immediatamente
dell’intruso.
«Chi era,
Ed?» Bella sta cercando di agganciare lo scollo dello
stupendo abito di
velluto rosso che avevo visto appeso
all’armadio fino a qualche minuto prima… Mmh,
non avevo notato che le
lasciasse completamente scoperta la schiena…
«Solo
un tizio che cercava Rose. Ti aiuto?» Le bacio
il collo, e per distrarmi dal fatto che mi sento già surriscaldato dalla visione la guardo riflessa nello
specchio.
Ha due leggere occhiaie, che il fondotinta non è riuscito a
nascondere del
tutto.
«Sì,
grazie. Mi eviteresti una distorsione del gomito,
mentre cerco di abbottonare questo stupido vestito». Sospira
e mi sorride con
aria stanca.
«Lavori
troppo, sai?» Affermo, mentre infilo il
bottone gioiello nell’asola, attento a non impigliarmi nei
capelli che le
ricadono sciolti sulla schiena nuda.
«Sì,
lo so. Ma non posso farci niente», sbuffa.
All’improvviso
si interrompe sgranando gli
occhi.
«Però
mi spiace
di non essere in perfetta forma. Stasera mi presenterai ai tuoi, e
avrei voluto
fare bella figura.»
Rido,
veramente divertito dalla sua rivelazione.
E’
davvero
questo quello che la preoccupa? Non l’ho mai vista insicura
mentre affrontava
generali e subalterni. E non mi pare che abbia titubato un secondo, nei
racconti che ho ascoltato, quando ha salvato Jake
dall’alligatore… Quindi ora
trema al pensiero di conoscere una comune coppia alla soglia della
pensione? Scuoto la testa allibito.
«Stai
tranquilla, Bella, non potranno che amarti.» La
rassicuro.
«Anzi,
pensandoci bene, loro saranno ancora più
preoccupati di te. In fin dei conti stanno per conoscere un Comandante
della
NASA.»
Non
ci avevo ancora riflettuto, ma credo che questa mia
intuizione sia giusta.
Bella
è un personaggio importante, e credo che loro,
ancora più di me, se ne stiano rendendo conto.
«Ah,
grazie. Così mi fai veramente coraggio», risponde
indispettita dalla mia risata.
«Visto
che hai nominato il lavoro, non ti ho ancora
chiesto che cosa ne pensi del sistema di guida automatico che monteremo
sulla Calypso… mi
sembra che i ragazzi abbiano imparato bene
il suo funzionamento.»
«Mh, sì.
Non
c’è dubbio, Jasper e Jake sono stati chiari ed
esaurienti, nella loro
spiegazione, ma hanno avuto tutto il tempo per prepararsi.»
Rispondo imbronciato.
«Gli altri, poi, in questi giorni si potranno
esercitare con
calma. Al nostro ritorno, io sarò il più
impreparato, e questo non mi piacerà
per niente.» Brontolo. «Per non parlare del fatto,
che Met non farà che ricordarmelo
prendendomi in giro in ogni occasione.» Bella si gira verso
di me e mi prende
il viso tra le sue mani fredde: è
davvero molto agitata poveretta. Penso
accantonando il momentaneo malumore.
«Di
questo non ti devi preoccupare assolutamente. Sono
sicura che saprai metterti in pari, senza che ti debba impartire
lezioni supplementari.
Che tralaltro sarei più che disposta a darti.» Mi
dice mentre mi guarda
maliziosa.
«Ok.
Vedremo. Ma sono lieto di sentire che sei così
sicura delle mie
capacità». La bacio con
un tocco leggero, per non rovinarle il trucco. E’ ora di
andare. Mi piacerebbe
che riuscissimo ad incontrare le nostre famiglie, prima
dell’arrivo di tutti
gli altri invitati. Ma prima di uscire, devo assolvere ad un ultimo
compito. Da
un angolo nascosto della mia valigia estraggo una scatola di raso
avorio di
discrete dimensioni. So che non è la persona giusta a cui
regalare un
solitario, non potrebbe
mai
portarlo, in servizio. Ma diamine, è sempre il nostro
fidanzamento! Gliel’allungo
titubante. Spero che apprezzi il contenuto. Dopo essermi consultato con Alice ho
scelto abbinarmi al
vestito di stasera. Bella guarda la scatola enigmatica. Ha sicuramente
notato
che le dimensioni non sono quelle classiche di un porta anello.
«Non
dovevi…» Obbietta. Le apro la confezione a
scatto, e le mostro il contenuto. All’interno della scatola
ci sono tre
bracciali rigidi in oro, smalto e zirconi. A mio avviso belli. Spero
che
piacciano anche a lei. Bella non sa dove guardare: passa lo sguardo da
me ai
bracciali, ripetutamente, emozionata.
«Oddio!»
Esclama. «Sono magnifici.» Ha gli occhi
lucidi, ed un sorriso radioso che mi riempie d’orgoglio
maschile. Se li infila
con cura nel polso sinistro, momentaneamente libero
dall’onnipresente orologio.
Poi lo alza e se li rimira facendoli scivolare su e giù per
il braccio.
Felice
le porgo il mio, galantemente. Bella si
appoggia con un sospiro ed usciamo.
(Alec)
La
pazienza è da sempre la mia migliore alleata.
Se
fossi stato una persona istintiva, non sarei mai
diventato uno dei migliori avvocati di Boston. Perciò,
aspetto che Rose esca
dalla sua stanza, nascosto in un corridoio laterale. Ho una buona
visuale della
porta, non può sfuggirmi. L’uomo che mi ha aperto,
prima, deve essere quello
fotografato con lei a San Francisco. Mi ha detto che non
c’è. Ma non mi fido.
Non
l’ho riconosciuto, in effetti, ma nell’immagine di
scarsa qualità, l’uomo
era di profilo.
Giocherello
col cinturino dell’orologio per ingannare
il tempo. Controllo per l’ennesima volta, il rigonfiamento
della tasca destra
della giacca: ok, la scatoletta della gioielleria è sempre
al suo posto.
Ripasso il discorsetto che mi sono preparato per quando
“casualmente” ci
incontreremo. Non potrà resistermi. Non ci riesce nessuna.
Mi
guardo intorno annoiato: quattro porte con numero
dispari… tre con numero pari. Ecco che la sua si apre.
Spunta per primo il
tizio in abito scuro. Poi la intravedo, inguainata in un fiammante
abito rosso.
E’ sulla soglia ma torna dentro. Forse ha dimenticato la
borsa. Sorrido, sempre
troppo distratta la mia Rose!
Peccato
che ci sia con lei quel gorilla in smoking:
devo inventarmi qualcosa per togliermelo dai piedi. Eccola che spunta
di nuovo,
finalmente. Esce in tutto il suo splendore.
Ho
un sussulto. Non è lei.
Eppure
quella camera è registrata a suo nome.
E’
la sua amica, Isabella Swan, quella con la quale
non ho mai avuto feeling; la stessa che ora comanda la squadra della
NASA per
cui lavora Rose.
Il
suo accompagnatore digita il codice di sicurezza
nel tastierino elettronico e si chiude la porta alle spalle, poi porge
il
braccio alla dama e si avviano verso l’ascensore.
Avevo
supposto che l’uomo mi stesse mentendo, a
proposito di Rose, ma a questo punto mi devo ricredere.
Aspetto
ancora un paio di minuti e mi dirigo
verso lo stesso
ascensore.
Avrei
preferito incontrarla in un luogo appartato come
questo, ma poco male. In mezzo alla gente sarà ancora
più facile isolarla da un
possibile compagno, e portare a termine il mio piano.
Raddrizzo
le spalle, sorrido, e mi preparo al bagno di
folla.
Spero che vi sia piaciuto. Il momento hot è stato di Alice e Jasper, non di Bella ed Edward... deluse? In compenso gli auguri ve li faccio portare dal nostro ex vampiro preferito...
sognatelo.
T