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Autore: Robinki    14/12/2013    3 recensioni
Dal Capitolo 4
< “Sco-Scorpius!” ansimò, tenendogli dietro e attirando l’attenzione del gruppetto di Serpeverde.
Non appena riconobbe la voce, Scorpius sollevò gli occhi al cielo. Claus Melotick gli diede di gomito beffardo, indicando con la testa la ragazzina minuta che gli si faceva in contro.
Scorpius si voltò a guardarla: Lily Potter non era quella che si poteva definire una ragazzina particolarmente graziosa, ma se anche fosse stato così Scorpius non l’avrebbe neppure guardata.
“Non me la faccio con le bambine, io!” ripeteva in continuazione a quella banda di coglioni dei suoi amici che insistevano a prenderlo per il culo.
“Ciao Lily! Tutto ehm… bene?” chiese incerto, notando un lungo graffio vermiglio che correva lungo la gamba della ragazzina.
Lei seguì il suo sguardo e subito tento di giustificarsi
“Oh, non è niente, dev’essere stato il gatto di Hugo, sai, mio cugino” e detto questo si aprì in un sorriso tutto denti e… macchinetta. >
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Lily/Scorpius, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 4

Di pubertà non si muore

 

Erano ore che non si smuovevano da lì sotto e lei iniziava ad avere una fame pazzesca. Ripensò al profumo del pasticcio di carne che sicuramente gli elfi domestici avevano già servito a cena.

Guardò nuovamente verso la sponda del lago nero e vide i quattro ragazzi sollevarsi dal prato, sprimacciarsi i vestiti e avviarsi ridendo verso il castello.

Si alzò allora dal suo nascondiglio dietro un basso cespuglio di more, posto a una decina di metri dal salice piangente sotto il quale Scorpius Malfoy e i suoi amici avevano trascorso tutto il pomeriggio a scherzare e studiare, e si affrettò a raggiungerli mentre si accingevano agli scalini d’ingresso.

“Sco-Scorpius!” ansimò, tenendogli dietro e attirando l’attenzione del gruppetto di Serpeverde.

Non appena riconobbe la voce, Scorpius sollevò gli occhi al cielo. Claus Melotick gli diede di gomito beffardo, indicando con la testa la ragazzina minuta che gli si faceva in contro.

Scorpius si voltò a guardarla: Lily Potter non era quella che si poteva definire una ragazzina particolarmente graziosa, ma se anche fosse stato così Scorpius non l’avrebbe neppure guardata.

“Non me la faccio con le bambine, io!” ripeteva in continuazione a quella banda di coglioni dei suoi amici che insistevano a prenderlo per il culo.

“Ciao Lily! Tutto ehm… bene?” chiese incerto, notando un lungo graffio vermiglio che correva lungo la gamba della ragazzina.

Lei seguì il suo sguardo e subito tento di giustificarsi

“Oh, non è niente, dev’essere stato il gatto di Hugo, sai, mio cugino” e detto questo si aprì in un sorriso tutto denti e… macchinetta.

In molti si erano chiesti per quale motivo sadico e bizzarro una coppia di maghi come Harry Potter e Ginny Weasley non avesse portato la figlia da un Magidentista, piuttosto che sottoporla al supplizio di un apparecchio babbano, ma in pochi sapevano che il tutto era stato fatto per non offendere i signori Granger, i genitori di Hermione. I coniugi, entrambi dentisti, da sempre erano diffidenti sulla possibilità di curare i denti con la magia e avevano più volte offerto il loro aiuto alla situazione alquanto disperata di Lily, tanto che alla fine Harry e Ginny si erano visti costretti ad accettare.

Scorpius ebbe un piccolo brivido lungo la schiena alla vista di quella schiera di denti ricoperta da mattoncini di metallo e si chiese cosa si dovesse provare ad avere la bocca perennemente tagliuzzata da quella roba.

Si costrinse a non pensare alle difficoltà nella pulizia e subito tagliò corto.

“Va beh, noi andiamo a cena, abbiamo piuttosto fame! Ci vediamo, eh?”

Lily provò ad obbiettare, ma non ebbe neppure il tempo di aprire bocca che i ragazzi si erano girati e si erano affrettati al portone.

Rimase per qualche secondo ferma sul posto, poi sospirando si decise a raggiungere la Sala Grande.

Margharet Patcher, sua compagna di dormitorio da un paio di mesi, la aspettava al tavolo dei Grifondoro: le aveva tenuto il posto e, Lily poté costatare felice, una porzione di pasticcio.

“Dove sei stata?” le chiese curiosa, non appena la vide avvicinarsi alla tavola. Lily fece spallucce, non erano ancora abbastanza in confidenza da confessarle della tremenda cotta che si era presa per Scorpius Malfoy sin da quando il 1 settembre scorso lui le aveva sfilato la sciarpa incastrata nella porta dello scompartimento.

“Cercavo di vedere la Piovra Gigante” rispose vaga, alludendo ai vari tentativi che avevano fatto assieme nelle scorse settimane.

Proprio mentre Margharet cercava di controbattere qualcosa, Rose Weasley occupò il posto accanto a Lily che un ragazzo del secondo anno aveva appena lasciato libero.

Sembrava visibilmente nervosa, si servì del pesce con patate e sbatté la pirofila forte sul piano di legno, si versò del succo di zucca che bevve in un unico sorso e poi prese a trangugiare senza ritegno.

Hugo, impegnato a chiacchierare con un compagno qualche posto più in là, la guardò stupito, era raro che sua sorella perdesse la pazienza così apertamente davanti a tutti.

Lily la sbirciò di sottecchi, non voleva rischiare di urtarla ulteriormente, era pur sempre una ragazzina sveglia.

I capelli della cugina le coprivano buona parte del viso ma Lily si ritrovò ugualmente a invidiarla. Ai suoi occhi Rose era bella, popolare e intelligente. Aveva dei lunghi capelli rossi che lisciava ogni mattina con doverosa devozione, occhi azzurri ereditati da suo padre ed era molto alta per i suoi tredici anni.

Esatto, Rose frequentava il suo terzo anno a Hogwarts ed era un vero asso in Pozioni, la materia preferita di Lily. Lily la venerava e peccava spesso di obiettività nel riferirsi alla cugina maggiore.

Rose era una ragazza carina, ma ancora incredibilmente acerba. Il suo corpo era ricoperto di lentiggini fino all’estremo e la sua figura non era esattamente quello che si poteva definire “slanciata”. Era sì la più alta della classe sia fra le ragazze sia i ragazzi, ma l’essere cresciuta così prematuramente non le consentiva di sentirsi a suo agio con il proprio corpo e tendeva ad incurvarsi leggermente. Per questo motivo cercava di sopperire ai disagi della buona vecchia pubertà comportandosi da gran schizzinosa nei confronti degli appartenenti all’altro sesso che sembravano dimostrarle un certo interesse.

Poco dopo il suo ingresso nella Sala, con un gran vociare James Potter e il suo gruppetto di amici si catapultò al tavolo dei Grifondoro, facendo un gran fracasso.

Julian Posh ululava selvaggiamente, aveva le lacrime agli occhi e indicava Rose che stava cercando di ingozzarsi il più velocemente possibile.

“Ehi Rose, perché sei scappata via?” la sbeffeggiò James, sedendosi di fronte la ragazza.

Rose lo ignorò continuando a darci dentro con la forchetta.

“Sì, sei sparita improvvisamente! Ed io che volevo proprio dirti che hai delle gran belle mutande!”

Aveva urlato abbastanza quell’ultima frase, così che buona parte del tavolo di Tassorosso e qualcuno per fino dal tavolo di Corvonero si affacciò incuriosito a origliare.

Rose si sollevò di botto dal tavolo e fissò l’ultimo ragazzo che aveva parlato. Estrasse la bacchetta dalla tasca e gliela puntò sulla fronte. 

Stava tentando disperatamente di non dare peso al fatto che una ventina di persone sembrasse decisamente interessate al piccolo teatrino e lei reagendo così stava solo peggiorando la situazione. Si appuntò mentalmente di uccidere James quanto prima e sibilò come una vipera velenosa:

“Ripeti ancora quelle parole, Julian, e ti assicuro che l’unica cosa di cui dovrai preoccuparti è il contenuto delle tue mutande”.

I ragazzi scoppiarono a ridere e Julian sollevò le mani in alto.

“James, cosa vi danno da mangiare a casa vostra? Io controllerei perché questa ragazzina è un po’ troppo nervosetta”

James fissò sua cugina con sguardo ilare e le disse.

“Dai Rosie, non è mica colpa nostra se ti sei trovata sulla traiettoria sbagliata! Giuro che non eri tu il bersaglio!”

Rose sbuffò e senza degnarlo di uno sguardo lasciò la Sala Grande.

Hugo allora si fece vicino a Lily per chiedere a James cosa fosse successo, ma James era troppo impegnato a ridacchiare con i suoi compagni per ascoltarlo.

Lily però credeva di sapere cosa dovesse essere successo e raccogliendosi con Margharet e Hugo spiegò.

“Sono sicura che quell’idiota di James deve averle sollevato la gonna, lo sapete no che si divertono a nascondersi e ad infastidire le ragazze?”

Il viso dei due ragazzini s’illuminò di comprensione, era perfettamente coerente con il carattere di Rose prendersela tanto per uno stupido incidente.

Lily dal suo cantò pensò che se fosse stato Scorpius a farlo a lei, si sarebbe sotterrata per l’imbarazzo.

Non appena formulò questo pensiero, si rattristò improvvisamente: tutti quei tentativi fatti per attirare l’attenzione di Scorpius, per diventare almeno sua amica e lui non l’aveva mai neppure degnata di uno sguardo.

Invece Rose aveva ottenuto subito l’attenzione del ragazzo che le piaceva da mesi, nonostante questo fosse di ben due anni più grande: anche se di certo a Julian non interessava, quanto meno la considerava!

Ma ovviamente era scontato che lei non sarebbe riuscita ad ottenere l’attenzione di nessuno. Lily si sentiva brutta e più volte era stata sbeffeggiata durante i suoi cinque anni di scuole elementari presso un istituto di Babbani. I suoi genitori avevano voluto che i loro figli imparassero che la vita è fatta di compromessi e comprendere la cultura dei Babbani era un passo necessario per renderli degli adulti consapevoli del mondo in cui vivevano e delle scelte che avrebbero fatto. In questo modo, li avrebbero messi in condizioni di comprendere che fra Babbani a maghi non c’era proprio alcuna differenza.

Quindi Lily aveva vissuto il suo piccolo inferno personale. Aveva imparato a preferire la compagnia maschile, alla quale la sua indole si adattava così naturalmente, a quella femminile.

Aveva sempre desiderato di poter essere trattata dalla gente come i suoi fratelli e non come una bambolina delicata. A tal proposito sporcava e distruggeva qualsiasi vestito lontanamente grazioso a causa del suo interesse verso le pozzanghere fangose e i giochi di guerra. Non era una ripicca, o almeno non apertamente, dato che provava una sorta di sadica soddisfazione nel vedere la disperazione negli occhi di sua madre, era piuttosto una questione di natura, temperamento, carattere.

 Tutto questo i primi anni di scuola era andato anche bene, le aveva fornito una popolarità senza precedenti fra i suoi compagni.

Tutti i ragazzini la vedevano come un punto di riferimento ed era sempre a capo di tutte le bande, ma crescendo Lily aveva notato che le attenzioni di cui i maschi la ricoprivano erano molto diverse da quelle che provavano verso le altre sue compagne di classe.

E allora erano cominciati i problemi: si guardava allo specchio e vedeva una ragazzina un po’ bassina e smilza, dalle ginocchia dinoccolate sporche, lunghi capelli rossi raccolti in un codino alla base del collo, un paio d’occhiali che le erano stati affibbiati all’età di sei anni e la terribile macchinetta ai denti.

Il tutto era peggiorato dalla sua carnagione chiara e dalle piccole lentiggini che le ricoprivano il naso.

Ma la sua situazione fisica non faceva che creare un circolo vizioso nella sua mente: se prima non le importava di apparire in un modo piuttosto che in un altro, crescendo aveva iniziato a sentirsi in imbarazzo e fuori posto in ogni caso. Se indossava i suoi soliti abiti, si sentiva orribile, se sua madre le proponeva un cambiamento di look per renderla più carina, lei pensava che tutti si sarebbero messi a ridere per il mesto tentativo.

SI, un disastro assoluto, ma una volta sua zia Fleur, che in quanto a schiettezza la sapeva lunga, le aveva detto che è sempre un bene sperare nell’adolescenza e soprattutto nel suo termine.

Così Lily Potter si era tramutata da maschiaccio tutto pepe a quieta e insipida ragazzina, che tentava soltanto di sfuggire all’attenzione altrui.

E ci riusciva fin troppo bene.

 

 

 

Natale era ormai alle porte e Lily stava preparando il suo baule. Quest’anno avrebbero trascorso le vacanze in Romania dallo zio Charlie e Lily aveva intenzione di costringere tutti a fare una capatina in Transilvania. Era sempre stata affascinata dalla terra dei vampiri!

Lucy, sua cugina nonché sua unica vera amica appartenente al genere femminile, le stava raccontando di come la professoressa Sprite l’avesse sgridata poche ore prima alla lezione di Erbologia, soltanto perché aveva voluto dissotterrare le Mandragore che quelli del secondo anno avevano appena finito di piantare.

Insomma, non era così un dramma che metà classe fosse svenuta sul colpo, no?

Si stava giusto lamentando della punizione che avrebbe dovuto scortare al ritorno dalle vacanze, che un gufo planò leggero dalla finestra, andando a depositarsi sulla testiera del letto.

Lily sganciò il nastrino che teneva la missiva ancorata alla zampa del volatile e srotolò la pergamena.

Il gufo emise un verso d’indignazione per il fatto di essere stato ignorato dopo la faticosa ascesa alla torre di Grifondoro. Lucy gli allungò una galletta.

Mentre Lily leggeva, un gemito sfuggì alle sue labbra dischiuse e le guance si colorarono immediatamente di un bel colore rosso porpora: aveva completamente dimenticato quello stupido incontro della Vigilia di Natale!

Lucy la guardò con fare interrogativo e, sporgendosi oltre la spalla della cugina, lesse il contenuto del bigliettino.

Aveva già qualche sospetto su cosa si trattasse e non appena riconobbe la calligrafia ordinata della zia, capì che aveva ragione: zia Ginny stava ricordano a Lily che l’indomani, una volta raggiunta la Tana grazie alla Polvere Volante, si sarebbero dovuti recare a Villa Malfoy.

Lily non si spiegava perché i suoi genitori e perfino gli zii si dovessero ostinare a mantenere i rapporti con Draco Malfoy e sua moglie Astoria quando gli annali di Hogwarts gridavano ai quattro venti il loro odio reciproco.

In una normale circostanza sarebbe stata felice di avere l’opportunità di vedere Scorpius un giorno in più, ma non quel 23 dicembre. Non        quel giorno in cui non appena alzata dal letto aveva percepito che qualcosa stava già andando irrimediabilmente storto.

E quando si era guardata nel luminoso specchio del bagno del suo dormitorio non aveva potuto fare a meno di pensare che forse al suo terzo anno avrebbe dovuto iscriversi a Divinazione.

Due bernoccoletti rossi, bastardamente alla medesima altezza, rilucevano sulla sua fronte. “Cazzo!” aveva pensato, “il mio corpo mi odia!”. Insomma undici anni non avrebbe dovuto essere un’età tanto tragica per i brufoli, e invece no! Per Lily Potter non c’è mai limite al peggio e, anzi, gliene spuntavano anche due orridi e purulenti sulla fronte se necessario.

“Magari il karma vuole che mi uccida”, aveva pensato poco dopo, non riuscendo a togliersi dalla testa l’idea di assomigliare ad un piccolo aiutante di Satana.

Con il morale sotto la suola delle scarpe, Lily accartocciò la lettera di sua madre e tentò di non ricordare l’orrida mattinata passata. Nel tentativo di nascondere i suoi due nuovi amici, aveva pettinato i capelli con una fila in mezzo. Aveva cercato di renderli vaporosi e boccolosi alle estremità, giusto per non assomigliare ad una banshee, ma dato che non era molto brava con gli incantesimi di bellezza, aveva ottenuto l’unico risultato di bruciarsi dieci centimetri sudati di capelli rosso fuoco.

Sull’orlo di una crisi di nervi aveva preso un ciuffo e tagliandolo in malo modo aveva prodotto una sorta di frangetta tutta storta.

Alcune ciocche le ricadevano sula testa, altre portavano i segni della bruciatura, mentre la maggior parte erano arricciate in piccoli boccoletti. Il tutto era coronato dalla linea diagonale segnata dalla frangetta che le ricopriva la fronte.

“Forse se mi vedono in Sala Comune mi uccideranno per oltraggio al pudore” aveva pensato, lasciando il bagno demoralizzata.

Rose l’aveva vista pochi attimi dopo mentre attraversava il corridoio dei dormitori e si era pietrificata.

“Lily…”, l’aveva chiamata piano “Hai…ehm… hai tagliato i capelli?”

Lily l’aveva guardata con sguardo omicida, ma dato che stava pulendo gli occhiali in quel momento, e lei era più orba di una talpa, l’effetto fu sciupato dal fatto che si fosse rivolta ad un’armatura piuttosto che alla cugina.

“Stavo cercando di tagliarmi la gola, ma a quanto pare neppure suicidarmi mi riesce bene” aveva biascicato, prima di infilarsi una berretta di lana color verde pisello in testa.

La mattinata era proseguita anche peggio, perché la Professoressa McGranitt aveva insistito affinché togliesse il cappellino durante le lezioni, facendo appello al fatto che fosse una condotta oltremodo vergognosa che lei lo tenesse in classe.

Lily aveva cercato con tutte le sue forze di tenerlo sul capo mentre con un movimento rapido della bacchetta la professoressa glielo aveva sfilato dal capo. Ovviamente non fu abbastanza veloce, così che le risate iniziarono prima ancora che lei potesse correre fuori dall’aula in lacrime.

Lucy l’aveva trovata nel dormitorio rannicchiata in un angolo e aveva cercato di tirarle su il morale progettando assieme a lei le prossime vacanze.

Lily poteva quasi dire di aver raggiunto un sentimento molto simile alla contentezza, che quel biglietto le aveva rovinato ogni prospettiva rosea.

Sarebbe stata orribile a quello stupido incontro e non poteva farci nulla.

 

 

Qualche anno dopo Lily avrebbe definito quella sera come “Il chiaro segno che un dio deve pur esistere in quest’universo e indubbiamente ce l’ha a morte con me”.

Villa Malfoy era come Lily la ricordava, sontuosa fino al vomito e fredda, fredda da morirci assiderati se anche un solo centimetro di pelle fosse stato esposto.

Si strinse forte la mantellina rossa che aveva sapientemente portato, anche per coprire il fiocco orribile che il suo maglione aveva appuntato sul petto. Sua mamma aveva inscenato una piccola tragedia quando aveva visto lo stato dei suoi capelli, ma poi, armatasi di bacchetta, le aveva quanto meno donato un aspetto ordinario. Lily si spostò la corta frangetta dalla fronte, non ci avrebbe fatto l’abitudine tanto presto, guardando invidiosa Rose nel suo vestitino giallo senape. In quel momento Scorpius scendeva le scale d’ingresso per dargli il benvenuto. Sospirò piano affiancandosi a suo fratello Albus nel tentativo di essere salutata per prima dal padrone di casa, ma quello la superò con naturalezza per deporre un piccolo bacio sulla mano di sua cugina.

Lily e Rose non erano riuscite ad ottenere informazioni decenti sul perché di quella riunione, solo che in qualche modo Draco Malfoy avrebbe dovuto aiutare i loro reciproci padri in un caso delicato.

In verità Harry, Ron, Hermione e Ginny non avevano ancora alcuna intenzione di confessare ai figli che quelle circostanze erano tutte frutto di una situazione che riguardava Lily e Rose molto da vicino.

Potter, Weasley e Malfoy avevano convenuto che l’eventuale scelta di una ragazza piuttosto che l’altra avrebbe dovuto avere luogo nella maniera più controllata possibile e che adesso che i ragazzi frequentavano tutti assieme Hogwarts bisognava fare in modo che si conoscessero e imparassero ad apprezzarsi in un modo qualsiasi. Né Harry, né Ron erano entusiasti all’idea che Scorpius potesse scegliere una delle rispettive figlie, quindi questo si traduceva nel tentativo di deviare l’attenzione dei Malfoy dalle virtù delle due ragazzine.

Ginny preferiva definirle “veri e propri tentativi di sovversione”, descrizione coniata dopo che Harry aveva dipinto Lily come un’instabile e distruttiva adolescente che certamente avrebbe finito col portare in un baratro di disperazione il suo sfortunato marito.

Ron preferiva soffermarsi su particolari più scabrosi, quali la terribile tendenza di Rose a voler spennare personalmente tutte le galline della Tana.

Anche quella sera si ritrovarono tutti attorno alla lunga tavolata, imbandita a buffet con pietanze dall’aspetto minimale. Astoria l’aveva chiamato “finger food” e aveva detto che era l’ultima tendenza Babbana in fatto di cibo.

Lily e Hugo preferivano credere che sotto quell’aria da nobildonna si nascondesse un animo da grandissima taccagna.

Rose li aveva guardati male mentre si serviva una mini-dose di pasticcio di zucchine da un piattino della dimensione di un bottone.

Scorpius sembrava piuttosto a suo agio, parlottava amabilmente con Albus di Quidditch e ogni tanto lanciava sguardi di sottecchi a Rose.

Albus e Scorpius avevano sviluppato una specie di feeling del quale si vergognavano profondamente, dato che entrambi sapevano che una volta tornati a scuola si sarebbero ostinati ad ignorarsi.

James invece riteneva di essere troppo maturo per seguire le loro ciance e quindi sedeva accanto a suo padre, ascoltando i discorsi “da grandi”.

A metà pasto Lily sgusciò via assieme ad Hugo alla ricerca del bagno, che ricordava essere al primo piano.

Hugo l’aveva maledetta perché non aveva voluto chiedere esplicitamente ai signori Malfoy dove si trovasse, millantando di “ricordarsi perfettamente”. Lungo il corridoio costellato di decine di porte, i due si divertirono a immaginare cosa si nascondesse dentro ciascuna stanza, quando si ritrovarono all’ultima porta del corridoio. Senza alcuna reale argomentazione a suo favore, Lily si era impuntata che era proprio quella la stanza in cui era entrata la volta scorsa per lavare le mani e quindi abbassò la maniglia e vi s’introdusse all’interno.

Si ritrovarono dentro una stanza rettangolare bella spaziosa. Un letto a baldacchino dai drappeggi blu cobalto, un paio di poster alle pareti, una scrivania di legno scuro coperta di spezzoni di pergamene troppo corti da poter essere usati e una cabina armadio chiusa dalle stesse tende che attorniavano il letto.

Ai piedi di quest’ultimo c’era un baule aperto.

Quella doveva essere la camera di Scorpius.

Hugo l’aveva seguita dopo pochi secondi e stava analizzando quelle strane mappe affisse alla parete, chiuse in bacheche di vetro.

Lily invece aveva già puntato la porta posta al lato della cabina armadio sulla quale faceva bella mostra di se una placchetta in porcellana con la dicitura W.C.

Vi si diresse di gran carica, iniziando ad aprire la patta dei pantaloni che indossava. Non ce la faceva più, aveva bevuto talmente tanto succo di zucca che se la sarebbe fatta addosso se non avesse svuotato la vescica al più presto.

“Lily!” le sussurrò Hugo, comprendendo le intenzioni della cugina.

“Che c’è? Un bagno vale l’altro no? Non lo saprà nessuno! Non ce la faccio più Hugo”.

E detto questo abbassò la maniglia della porta, mentre già calava i pantaloni.

S’immobilizzò pochi secondi dopo sulla porta, incapace di muoversi di un solo centimetro.

“Che ca…” furono le uniche cose che le uscirono di bocca, quando capì che aveva appena fatto irruzione in un bagno occupato e proprio mentre Scorpius Malfoy si rilassava dopo quello che sembrava uno sforzo enorme.

Lily lo guardò negli occhi, mentre nella mente di entrambi la consapevolezza si faceva spazio. Lily aveva i pantaloni abbassati a metà coscia, le sue mutande con i panda multicolore in bella mostra. Scorpius era seduto sul gabinetto, con il viso rosso e lucido, allucinato per l’improvvisa e inattesa intrusione.

La ragazzina indietreggiò rapida prima che l’altro potesse dire qualcosa e sbatté forte la porta, col fiato mozzo per l’imbarazzo.

“Merda!” pensò Lily, scacciando dalla mente l’infelice imprecazione scelta, questa volta l’aveva fatta grossa… anche se a quanto pareva, non era stata l’unica.

 

 

 

 

Erano passati diversi mesi da quella fatidica volta in cui Lily aveva fatto irruzione nel bagno di Scorpius e da allora, si era rifiutata per ben due volte di presenziare ai ridicoli incontri con i signori Malfoy. In primavera sarebbero venuti loro alla Tana, ma Lily fece in modo di trovarsi a Villa Conchiglia, mentre a metà luglio si fece venire la scarlattinosi, una malattia esantematica piuttosto fastidiosa. Insomma, piuttosto che incontrare apertamente Scorpius aveva preferito ricoprirsi di bolle purulente.

Scorpius non la degnava di uno sguardo ormai neppure per sbaglio. Se prima si limitava a dimostrarsi gentile con lei e a fuggire quando diventava troppo insistente, adesso, se la intravedeva per i corridoi mentre gli si faceva incontro, cambiava precipitosamente strada e si dileguava in un mezzo minuto.

Lily, dal suo canto, non riusciva a sopportare l’imbarazzo nel trovarselo davanti da quando aveva capito che lui non solo non aveva intenzione di ascoltare le sue scuse, ma sembrava voler fingere che nulla fosse successo, anzi che lei non esistesse più.

La notizia non era arrivata agli adulti, e di questo gli era riconoscente, ma Lily non poteva sostenere quel comportamento così umiliante da parte del ragazzo che le piaceva e quindi preferiva evitare di incontralo se poteva.

Purtroppo Lily non riuscì a sottrarsi ad un nuovo incontro in occasione delle feste di Natale dell’anno dopo, quando ormai lei frequentava il suo secondo anno ad Hogwarts e Rose il quarto.

Erano tutti alla Tana, dove fervevano i preparativi. Oramai nessuno faceva più domande su quelle occasioni, percependo che evidentemente tra gli adulti era nata questa sorta di reciproco apprezzamento, che faceva si che avessero piacere ad incontrarsi gli uni con gli altri. Ron e Hermione avevano in programma di raccontare a Rose tutta la verità da qualche mese, ma quando ne avevano l’occasione, gli mancavano le parole adatte a spiegare una cosa del genere. Per quanto riguardava Lily, Harry e Ginny avevano deciso che era troppo piccola per poter sostenere il peso di questa rivelazione: volevano far crescere i loro figli nella spensieratezza dei loro piccoli problemi, non di situazioni più grandi perfino dei loro genitori.

Quella sera Ginny aveva costretto James e Albus ad indossare degli orridi maglioncini, roba che vorresti che tuo figlio indossasse per fare colpo sulla figlia della tua collega e robe simili.

James si guardò allo specchio sbuffando, si sentiva un perfetto idiota con quel coso addosso, gli sembrava che gli facesse per fino un po’ di pancia!

“Giuro che questa è l’ultima volta che mamma mi dice cosa mettere!” disse più allo specchio, che a suo fratello, steso sul letto.

Quindici anni, capelli scuri ed occhi azzurri, James Potter era un ragazzino un po’ minuto per la sua età, ma possedeva una grande determinazione, segno che la cocciutaggine di Ginny Weasley aveva lasciato il segno in lui. Albus roteò gli occhi al cielo, spostando lo sguardo sulla copia di “Quidditch attraverso i secoli” sciupata, che teneva fra le mani. Era più piccolo di James, ma l’aveva già raggiunto in altezza. Inoltre la sua struttura ossea lasciava intendere che sarebbe diventato un ragazzo alto, un po’ emaciato se avesse continuato a fare lo schizzinoso in fatto di cibo.

“Adesso mi sente, Al vieni con me?” continuò imperterrito con la tipica cocciutaggine Grifondoro nella sua invettiva.

Albus sollevò le spalle “Per me è lo stesso, sempre meglio di quella roba con le spalline che dobbiamo metterci per andare a Villa Malfoy”

James sbuffò ancora, alzando una mano e sventolandola davanti al suo viso, come a dire che quelle erano inezie.

Lasciò la stanza diretto dalla madre con la vena polemica di una tragica adolescente da telenovela. James stravedeva per sua madre, da buon amante del Quidditch era sempre stato orgoglioso del fatto che lei fosse stata una giocatrice professionista, la stimava e la riteneva una persona da ammirare. Inoltre l’affinità dei loro caratteri rendeva vivaci le loro conversazioni; purtroppo, però, i loro litigi erano altrettanto esplosivi.

Il più grande dei piccoli Potter trovò sua madre intenta ad abbellire il salotto della Tana assieme a Nonna Molly, zia Fleur e zia Hermione. Dominique e Roxanne trasportavano piatti dalla cucina, Lily e Lucy confabulavano in un angolo, piegate su un modellino di un bosco sul quale muovevano delle minuscole figure.

Harry e Percy stavano trasportando delle sedie a mezz’aria, mentre Ron e nonno Arthur spulciavano una lunga serie di dischi da inserire nel grammofono che era stato regalato proprio quell’ultimo Natale all’anziano ex-dipendente del Ministero.

I restanti membri della famiglia si alternavano in un viavai continuo nelle varie stanze, così James si arrese all’idea di dover aspettare per poter fare a sua madre il discorsetto che aveva in mente. Insomma, non era più un bambino!

Alle venti in punto tutto era pronto, si attendevano solo gli ospiti che mai avevano ritardato di un solo minuto. Nonna Molly stava sistemando un segnaposto già impeccabilmente posizionato, quando si udì il trillo del campanello d’ingresso.

Ginny scattò in piedi per andare ad aprire e la serata ebbe inizio.

L’atmosfera era molto più festosa e informale di quella che gravava sulle lunghe serate in casa Malfoy e nel caos della miriade di parenti le chiacchiere accompagnarono l’ottimo pasto ricco di pietanze.

Tutti sembravano piuttosto felici, tranne Lily. Era capitata proprio nel posto di fronte quello di Scorpius, di fianco a Rose. Poteva vedere benissimo da quella posizione come lui ignorasse lei, come di consueto, e occhieggiasse verso Rose in maniera piuttosto insistente.

Sembrava l’unica ad accorgersi di quelle attenzioni, Lucy le aveva detto che era paranoica.

“Vedi sempre cose strane nelle situazioni più impensate!” le ripeteva sempre, tanto che lei aveva finito col convincersi davvero di essersi immaginata tutto.

Eppure quel modo di scherzare leggero e sottile, come sorrideva sotto i baffi quando lei sembrava indignarsi ad una sua battuta…

Rose dal suo canto sembrava confusa tanto quanto sua cugina. Aveva sempre provato una sorta d’indifferenza nei confronti di Scorpius, nonostante avesse pensato più volte che lui potesse essere interessato a lei.

Certo, il Serpeverde non aveva mai palesato nulla, ma c’era qualcosa negli sguardi mesti che le rivolgeva che le faceva pensare che quella testa bionda nascondesse più di quanto volesse mostrare.

Rose stava crescendo, ed era consapevole del fatto che stava iniziando a sviluppare al meglio le sue qualità più attraenti. Il seno che iniziava a gonfiarsi in maniera più soddisfacente, i brufoli che iniziavano a diradarsi, le gambe lunghe che si arrotondavano in curve più gentili.

Cominciava a sentirsi più a suo agio col suo corpo, anche se ci sarebbero voluti ancora diversi anni prima che il processo potesse terminare e donare i risultati più appaganti.

 

Fu nel bel mezzo del pasto, tra il terzo secondo e la nuova carrellata di contorni, che nonno Arthur se ne uscì con una battuta poco felice.

Si stava parlando, nel lato sinistro del tavolo, della vecchia Ford Anglia abbandonata al suo destino nella Foresta Proibita, quando il suo vecchio proprietario affermò di essersi sentito tremendamente in colpa per quell’abbandono, quasi come se avesse dato in sposa sua figlia ad un Malfoy.

Tutti si zittirono imbarazzati dall’assenza di freni inibitori del nonno, che iniziava a perdere qualche colpo.

Un paio di occhi azzurri però, parvero cogliere qualcosa di anomalo e s’insospettirono ulteriormente. A quelle parole, James aveva notato uno strano rossore diffuso sulle guance della madre che, anziché occhieggiare verso suo marito, aveva cercato con lo sguardo un paio di occhi grigi al lato opposto della stanza. Per un secondo Draco Malfoy e Ginny Weasley si guardano in maniera molto intensa, o almeno così percepì James, dall’alto dei suoi quindici anni e della sua (così adorava definirla) proverbiale intuitività.

 

Nel dopocena i presenti si sparpagliarono, concentrandosi in gruppetti disomogenei per la casa. James si ritrovò a parlare con Albus e Scorpius della stagione di Quiddich, quando notò qualcosa che destò un sospetto nella sua mente sveglia. Suo padre stava seduto sulla poltrona del nonno e parlottava con George, Astoria era stata messa spalle al muro da zia Fleur che le stava spiegando per filo e per segno come trattare i capelli con un nuovo prodotto che li rendeva leggeri e spumosi, ma per quanto si sforzasse di cercare lungo la stanza, non riuscì ad individuare sua madre e Draco Malfoy.

 

Si alzò di scatto, sotto lo sguardo interrogativo di suo fratello e si allontanò rapido. Cercando di evitare Louis che stava contando con il viso contro il muro del sottoscala (sapeva che se lo avesse visto, avrebbe voluto che giocasse con lui), salì al primo piano.

Non dovette fare molta strada, dal salottino che era stato la camera dei suoi zii da giovani sentì due voci che parlavano concitate.

Avvicinò l’occhio alla fessura della porta socchiusa e quello che vide lo colse impreparato, nonostante la sicurezza che aveva ostentato nell’indagine.

Sua madre era seduta sul letto e guardava con sguardo ansioso un Draco Malfoy di spalle.

Questo doveva appena averle rivolto una domanda, perché sembrava in posizione di attesa.

Dopo pochi secondi sua madre parlò

“Non possiamo ancora dirglielo Draco, dobbiamo aspettare…”

Si tormentava le mani mentre parlava, le teneva attorcigliate in grembo.

“Cosa? Che lo vengano a scoprire in qualche modo da soli? Non sono così stupidi, prima o poi faranno due più due!”

Draco parlava con un tono di voce che non gli aveva mai sentito, sembrava preoccupato.

James sbarrò gli occhi, di cosa stavano parlando? Il cuore iniziò a battergli all’impazzata quando sua madre pronunciò le parole successive.

“Facciamo almeno trascorrere quest’anno, lo sai che Harry non ha un minuto col lavoro al Ministero…”.

“Non dobbiamo mica per forza farlo assieme! Io non posso più aspettare, Astoria non se lo merita, è…”

Ma James non seppe mai cos’era Astoria, e neppure gli importava, perché stava correndo il più lontano che poteva da quella stanza, le lacrime agli occhi e la consapevolezza che non avrebbe mai più guardato sua madre con gli stessi occhi.

 

 

 

Rose Weasley era una ragazzina all’apparenza piuttosto sicura di sé (anche piena di sé ciarlavano le più pettegole), ma di una cosa non era affatto certa.

Di chi diavolo poteva essere quel bigliettino abbandonato sul suo comodino? Il contenuto lasciava presagire che si trattasse di un qualche omaggio da parte di un ragazzo, anche se di quei tempi nulla poteva darsi per scontato.

Qualcuno aveva scritto con una stretta grafia su di un cartoncino color rosso le parole “Sei una Rosa rara”. Non poteva negare che la cosa non l’avesse compiaciuta, ma quanto meno avrebbe voluto sapere da parte di chi venisse quel complimento.

Insomma, non le sarebbe piaciuto molto se fosse stato quel Wolton di Tassorosso che la settimana scorsa le aveva rivolto un paio di occhiolini. Green invece non sarebbe stato male, ma Julian Posh sarebbe stato davvero il massimo.

 Julian, l’amico di James dai biondi capelli riccioluti che Rose avrebbe tanto voluto affascinare almeno un quarto di quanti lui affascinava lei.

Proprio mentre rimuginava sulla possibilità di trovare qualche incantesimo che rivelasse da chi provenisse, Laura, una delle sue compagne di dormitorio, uscì dal bagno massaggiandosi lo stomaco.

Rose la guardò in tralice

“Tutto bene lì dentro?” le chiese cauta.

Laura non era granchè in salute da qualche mesetto a questa parte, era sempre più pallida e smunta e passava molte ore nel bagno.

Sicuramente insonorizzava la stanza con un incantesimo perché non si sentiva mai alcun rumore provenire da dentro.

Rose si soffermò sulle piccole smagliature che le erano spuntate sulle braccia, a simboleggiare la massiccia perdita di peso avvenuta in poco tempo.

“Devo avere un po’ d’influenza”, la liquidò guardando da un’altra parte.

Rose sollevò un sopracciglio

“Sarebbe la terza volta questo mese, forse dovresti passare da Madama Chips, non credi?”

Laura distolse lo sguardo da lei, mentre si gettava sul letto. Rose non era solita farsi gli affari altrui, ma Laura era passata dall’essere una ragazza piuttosto pienotta ad un pelino troppo magra.

Questa situazione impensieriva i professori già da un po’ di tempo ,ma nonostante i numerosi richiami, i suoi genitori non sembravano intenzionati a fare nulla per indagare.

“Laura…” iniziò pino Rose

“Mi sono fidanzata” la interruppe Laura, prima che potesse finire la frase.

Rose rimase per un secondo attonita, capì che c’era qualcosa che non andava in quella frase, lanciata lì come un baluardo di difesa. Decise di stare al suo gioco, magari se l’avesse fatta parlare del ragazzo si sarebbe aperta un po’. Cercò di ordinare i pensieri e di capire quale fosse la cosa giusta da dire.

“Davvero? Congratulazioni! E lui chi è?” le chiese, nel tono più leggero che riuscì ad imprimere alla sua voce.

Le si fece incontro, sedendosi sul letto della compagna.

Quella si sollevò a sedere e incrociò le gambe, giocando con il coprimaterasso.

“David Pollock, sai il battitore di Serpeverde”

Rose fece mente locale, un tipo un po’ arcigno, silenzioso, con una bella mascella sporgente. Sapeva che doveva avere degli avi francesi e infatti nella sua testa lo aveva ribattezzato “il guascone”.

“E quando è successo? I tuoi lo sanno?”

A questa domanda qualcosa parve sbloccarsi in Laura, le raccontò che lei e David si erano incontrati in vacanza in Scozia e che le loro famiglie si erano dimostrate entusiaste della coincidenza fortunata, e avevano deciso di proseguire il viaggio assieme.

Così Laura e David avevano trascorso molto tempo assieme, cercando di tenere a bada il fratellino di quest’ultimo, che sembrava avere un grande interesse per i luoghi alti.

Al termine di Agosto, Laura era completamente cotta di David e lui sembrava ricambiare abbastanza intensamente i suoi sentimenti. Laura parlò di un tramonto struggente sula torre di un castello molto antico e intriso di magia e di un bacio dato a fior di labbra.

I loro genitori erano inspiegabilmente spuntati proprio in quel momento dalle scalette che li avrebbero condotti dai due ragazzi e vedendoli in un atteggiamento così intimo, si erano detti piuttosto felici della situazione.

Laura se n’era un po’ stupita, ma fu felice della cosa: non avrebbe dovuto mentire o fingere con la sua famiglia.

E così da quel giorno i due stavano felicemente insieme.

“Felicemente mi sembra un’interpretazione poco appropriata” pensò Rose, collegando il dimagrimento della compagna alla pressione provocatale da quella relazione.

Rose si appuntò mentalmente di approfondire l’indagine in momenti meno sospetti e si disse molto felice per l’amica, l’abbracciò e le due passarono il tempo che avevano libero prima della cena a spettegolare di cose stupide, a parlare di ragazzi e a progettare il regalo di compleanno per David.

 

Era orario di cena, lo sapeva benissimo, ma non aveva alcuna voglia di presentarsi in quella Sala asfissiante.

Sapeva già che ci sarebbe stata Lily Potter a guardarlo di nascosto.

Sbuffò a quel pensiero, “di nascosto”, se così si poteva definire il ridicolo tentativo di nascondere uno sguardo fisso per poi distoglierlo impacciatamente non appena lui si sarebbe girato a guardarla.

Si domandò se quella ragazzina avrebbe mai smesso di perseguitarlo. Da quella volta in cui lei aveva fato irruzione nel suo bagno, la mal tollerava talmente tanto da creargli fastidio l’idea di trovarsi nella stessa stanza in cui era c’era lei.

Immaginava i suoi discorsi con le amichette su quanto fosse stato eccitante vederlo quella sera, senza pensare neppure per un secondo che vederlo in quelle condizioni non doveva essere stato esattamente stimolante.

Ma i ragazzini di quattordici anni sono così, egocentrici fino all’estremo, soprattutto se un bel gruzzoletto di ragazze avevano manifestato un certo interesse nei loro confronti.

Scorpius ricordò quella volta in cui Claus, in uno dei suoi pochi momenti seri, gli aveva domandato cosa pensasse di Lily realmente.

Non aveva saputo rispondere, non si era mai soffermato su di lei abbastanza a lungo da essersi fatto un’idea.

Pensò ai suoi denti “di ferro” e rabbrividì come ogni volta, quella era l’aspetto più raccapricciante che potesse immaginare in una ragazza. Se poi si considerava che non l’aveva mai vista senza i suoi occhiali-schermo, dietro i quali palesemente si nascondeva, non poteva aggiungere molte altre considerazioni. Insomma, Lily Potter non era proprio quello che si potrebbe definire “il suo chiodo fisso”, né tanto meno “saltuario”, a dirla tutta.

Sua cugina, Rose, sembrava occupare un gradino più alto nei suoi interessi, era decisamente carina e a detta di tutti i ragazzi che frequentavano Hogwarts dal quarto ano in su, prometteva piuttosto bene per il futuro.

Non che Scorpius ne fosse innamorato, intendiamoci, altrimenti avrebbe dovuto dirsi innamorato di almeno un’altra dozzina di ragazze, ma indubbiamente nutriva un forte interesse per quella Grifondoro che sembrava sempre volergli sfuggire.

Sperò che il suo biglietto pomeridiano le avesse messo la pulce nell’orecchio e che, con le dovute attenzioni, nelle prossime settimane sarebbe riuscito ad avvicinarla a lui.

 

 

 

 

 

  
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