Capitolo 4
Di pubertà non si muore
Erano ore che non si smuovevano da lì sotto e lei
iniziava ad avere una fame pazzesca. Ripensò al profumo del pasticcio di carne
che sicuramente gli elfi domestici avevano già servito a cena.
Guardò nuovamente verso la sponda del lago nero e vide
i quattro ragazzi sollevarsi dal prato, sprimacciarsi i vestiti e avviarsi
ridendo verso il castello.
Si alzò allora dal suo nascondiglio dietro un basso
cespuglio di more, posto a una decina di metri dal salice piangente sotto il
quale Scorpius Malfoy e i suoi amici avevano trascorso tutto il pomeriggio a
scherzare e studiare, e si affrettò a raggiungerli mentre si accingevano agli
scalini d’ingresso.
“Sco-Scorpius!” ansimò, tenendogli dietro e attirando
l’attenzione del gruppetto di Serpeverde.
Non appena riconobbe la voce, Scorpius sollevò gli
occhi al cielo. Claus Melotick gli diede di gomito beffardo, indicando con la
testa la ragazzina minuta che gli si faceva in contro.
Scorpius si voltò a guardarla: Lily Potter non era quella
che si poteva definire una ragazzina particolarmente graziosa, ma se anche
fosse stato così Scorpius non l’avrebbe neppure guardata.
“Non me la faccio con le bambine, io!” ripeteva in
continuazione a quella banda di coglioni dei suoi amici che insistevano a
prenderlo per il culo.
“Ciao Lily! Tutto ehm… bene?” chiese incerto, notando
un lungo graffio vermiglio che correva lungo la gamba della ragazzina.
Lei seguì il suo sguardo e subito tento di
giustificarsi
“Oh, non è niente, dev’essere stato il gatto di Hugo,
sai, mio cugino” e detto questo si aprì in un sorriso tutto denti e…
macchinetta.
In molti si erano chiesti per quale motivo sadico e
bizzarro una coppia di maghi come Harry Potter e Ginny Weasley
non avesse portato la figlia da un Magidentista, piuttosto che sottoporla al
supplizio di un apparecchio babbano, ma in pochi sapevano che il tutto era
stato fatto per non offendere i signori Granger, i genitori di Hermione. I
coniugi, entrambi dentisti, da sempre erano diffidenti sulla possibilità di curare
i denti con la magia e avevano più volte offerto il loro aiuto alla situazione
alquanto disperata di Lily, tanto che alla fine Harry e Ginny si erano visti
costretti ad accettare.
Scorpius ebbe un piccolo brivido lungo la schiena alla
vista di quella schiera di denti ricoperta da mattoncini di metallo e si chiese
cosa si dovesse provare ad avere la bocca perennemente tagliuzzata da quella
roba.
Si costrinse a non pensare alle difficoltà nella pulizia
e subito tagliò corto.
“Va beh, noi andiamo a cena, abbiamo piuttosto fame! Ci
vediamo, eh?”
Lily provò ad obbiettare, ma non ebbe neppure il tempo
di aprire bocca che i ragazzi si erano girati e si erano affrettati al portone.
Rimase per qualche secondo ferma sul posto, poi
sospirando si decise a raggiungere la Sala Grande.
Margharet Patcher, sua compagna di dormitorio da un
paio di mesi, la aspettava al tavolo dei Grifondoro: le aveva tenuto il posto
e, Lily poté costatare felice, una porzione di pasticcio.
“Dove sei stata?” le chiese curiosa, non appena la vide
avvicinarsi alla tavola. Lily fece spallucce, non erano ancora abbastanza in
confidenza da confessarle della tremenda cotta che si era presa per Scorpius
Malfoy sin da quando il 1 settembre scorso lui le aveva sfilato la sciarpa
incastrata nella porta dello scompartimento.
“Cercavo di vedere la Piovra Gigante” rispose vaga,
alludendo ai vari tentativi che avevano fatto assieme nelle scorse settimane.
Proprio mentre Margharet cercava di controbattere
qualcosa, Rose Weasley occupò il posto accanto a Lily che un ragazzo del
secondo anno aveva appena lasciato libero.
Sembrava visibilmente nervosa, si servì del pesce con
patate e sbatté la pirofila forte sul piano di legno, si versò del succo di
zucca che bevve in un unico sorso e poi prese a trangugiare senza ritegno.
Hugo, impegnato a chiacchierare con un compagno qualche
posto più in là, la guardò stupito, era raro che sua sorella perdesse la
pazienza così apertamente davanti a tutti.
Lily la sbirciò di sottecchi, non voleva rischiare di
urtarla ulteriormente, era pur sempre una ragazzina sveglia.
I capelli della cugina le coprivano buona parte del viso
ma Lily si ritrovò ugualmente a invidiarla. Ai suoi occhi Rose era bella,
popolare e intelligente. Aveva dei lunghi capelli rossi che lisciava ogni
mattina con doverosa devozione, occhi azzurri ereditati da suo padre ed era molto
alta per i suoi tredici anni.
Esatto, Rose frequentava il suo terzo anno a Hogwarts
ed era un vero asso in Pozioni, la materia preferita di Lily. Lily la venerava
e peccava spesso di obiettività nel riferirsi alla cugina maggiore.
Rose era una ragazza carina, ma ancora incredibilmente
acerba. Il suo corpo era ricoperto di lentiggini fino all’estremo e la sua
figura non era esattamente quello che si poteva definire “slanciata”. Era sì la
più alta della classe sia fra le ragazze sia i ragazzi, ma l’essere cresciuta
così prematuramente non le consentiva di sentirsi a suo agio con il proprio
corpo e tendeva ad incurvarsi leggermente. Per questo motivo cercava di
sopperire ai disagi della buona vecchia pubertà comportandosi da gran
schizzinosa nei confronti degli appartenenti all’altro sesso che sembravano
dimostrarle un certo interesse.
Poco dopo il suo ingresso nella Sala, con un gran
vociare James Potter e il suo gruppetto di amici si catapultò al tavolo dei
Grifondoro, facendo un gran fracasso.
Julian Posh ululava selvaggiamente, aveva le lacrime
agli occhi e indicava Rose che stava cercando di ingozzarsi il più velocemente
possibile.
“Ehi Rose, perché sei scappata via?” la sbeffeggiò James,
sedendosi di fronte la ragazza.
Rose lo ignorò continuando a darci dentro con la
forchetta.
“Sì, sei sparita improvvisamente! Ed io che volevo
proprio dirti che hai delle gran belle mutande!”
Aveva urlato abbastanza quell’ultima frase, così che buona
parte del tavolo di Tassorosso e qualcuno per fino dal tavolo di Corvonero si
affacciò incuriosito a origliare.
Rose si sollevò di botto dal tavolo e fissò l’ultimo
ragazzo che aveva parlato. Estrasse la bacchetta dalla tasca e gliela puntò
sulla fronte.
Stava tentando disperatamente di non dare peso al fatto
che una ventina di persone sembrasse decisamente interessate al piccolo
teatrino e lei reagendo così stava solo peggiorando la situazione. Si appuntò
mentalmente di uccidere James quanto prima e sibilò come una vipera velenosa:
“Ripeti ancora quelle parole, Julian, e ti assicuro che
l’unica cosa di cui dovrai preoccuparti è il contenuto delle tue mutande”.
I ragazzi scoppiarono a ridere e Julian sollevò le mani
in alto.
“James, cosa vi danno da mangiare a casa vostra? Io
controllerei perché questa ragazzina è un po’ troppo nervosetta”
James fissò sua cugina con sguardo ilare e le disse.
“Dai Rosie, non è mica colpa nostra se ti sei trovata
sulla traiettoria sbagliata! Giuro che non eri tu il bersaglio!”
Rose sbuffò e senza degnarlo di uno sguardo lasciò la
Sala Grande.
Hugo allora si fece vicino a Lily per chiedere a James
cosa fosse successo, ma James era troppo impegnato a ridacchiare con i suoi
compagni per ascoltarlo.
Lily però credeva di sapere cosa dovesse essere
successo e raccogliendosi con Margharet e Hugo spiegò.
“Sono sicura che quell’idiota di James deve averle
sollevato la gonna, lo sapete no che si divertono a nascondersi e ad
infastidire le ragazze?”
Il viso dei due ragazzini s’illuminò di comprensione,
era perfettamente coerente con il carattere di Rose prendersela tanto per uno
stupido incidente.
Lily dal suo cantò pensò che se fosse stato Scorpius a
farlo a lei, si sarebbe sotterrata per l’imbarazzo.
Non appena formulò questo pensiero, si rattristò
improvvisamente: tutti quei tentativi fatti per attirare l’attenzione di
Scorpius, per diventare almeno sua amica e lui non l’aveva mai neppure degnata
di uno sguardo.
Invece Rose aveva ottenuto subito l’attenzione del
ragazzo che le piaceva da mesi, nonostante questo fosse di ben due anni più
grande: anche se di certo a Julian non interessava, quanto meno la considerava!
Ma ovviamente era scontato che lei non sarebbe riuscita
ad ottenere l’attenzione di nessuno. Lily si sentiva brutta e più volte era
stata sbeffeggiata durante i suoi cinque anni di scuole elementari presso un
istituto di Babbani. I suoi genitori avevano voluto che i loro figli
imparassero che la vita è fatta di compromessi e comprendere la cultura dei
Babbani era un passo necessario per renderli degli adulti consapevoli del mondo
in cui vivevano e delle scelte che avrebbero fatto. In questo modo, li
avrebbero messi in condizioni di comprendere che fra Babbani a maghi non c’era
proprio alcuna differenza.
Quindi Lily aveva vissuto il suo piccolo inferno
personale. Aveva imparato a preferire la compagnia maschile, alla quale la sua
indole si adattava così naturalmente, a quella femminile.
Aveva sempre desiderato di poter essere trattata dalla
gente come i suoi fratelli e non come una bambolina delicata. A tal proposito sporcava
e distruggeva qualsiasi vestito lontanamente grazioso a causa del suo interesse
verso le pozzanghere fangose e i giochi di guerra. Non era una ripicca, o almeno
non apertamente, dato che provava una sorta di sadica soddisfazione nel vedere
la disperazione negli occhi di sua madre, era piuttosto una questione di natura,
temperamento, carattere.
Tutto questo i primi
anni di scuola era andato anche bene, le aveva fornito una popolarità senza
precedenti fra i suoi compagni.
Tutti i ragazzini la vedevano come un punto di
riferimento ed era sempre a capo di tutte le bande, ma crescendo Lily aveva
notato che le attenzioni di cui i maschi la ricoprivano erano molto diverse da
quelle che provavano verso le altre sue compagne di classe.
E allora erano cominciati i problemi: si guardava allo
specchio e vedeva una ragazzina un po’ bassina e smilza, dalle ginocchia
dinoccolate sporche, lunghi capelli rossi raccolti in un codino alla base del
collo, un paio d’occhiali che le erano stati affibbiati all’età di sei anni e
la terribile macchinetta ai denti.
Il tutto era peggiorato dalla sua carnagione chiara e
dalle piccole lentiggini che le ricoprivano il naso.
Ma la sua situazione fisica non faceva che creare un
circolo vizioso nella sua mente: se prima non le importava di apparire in un
modo piuttosto che in un altro, crescendo aveva iniziato a sentirsi in
imbarazzo e fuori posto in ogni caso. Se indossava i suoi soliti abiti, si
sentiva orribile, se sua madre le proponeva un cambiamento di look per renderla
più carina, lei pensava che tutti si sarebbero messi a ridere per il mesto
tentativo.
SI, un disastro assoluto, ma una volta sua zia Fleur,
che in quanto a schiettezza la sapeva lunga, le aveva detto che è sempre un
bene sperare nell’adolescenza e soprattutto nel suo termine.
Così Lily Potter si era tramutata da maschiaccio tutto
pepe a quieta e insipida ragazzina, che tentava soltanto di sfuggire
all’attenzione altrui.
E ci riusciva fin troppo bene.
Natale era ormai alle porte e Lily stava preparando il
suo baule. Quest’anno avrebbero trascorso le vacanze in Romania dallo zio
Charlie e Lily aveva intenzione di costringere tutti a fare una capatina in
Transilvania. Era sempre stata affascinata dalla terra dei vampiri!
Lucy, sua cugina nonché sua unica vera amica
appartenente al genere femminile, le stava raccontando di come la professoressa
Sprite l’avesse sgridata poche ore prima alla lezione di Erbologia, soltanto
perché aveva voluto dissotterrare le Mandragore che quelli del secondo anno
avevano appena finito di piantare.
Insomma, non era così un dramma che metà classe fosse
svenuta sul colpo, no?
Si stava giusto lamentando della punizione che avrebbe
dovuto scortare al ritorno dalle vacanze, che un gufo planò leggero dalla
finestra, andando a depositarsi sulla testiera del letto.
Lily sganciò il nastrino che teneva la missiva ancorata
alla zampa del volatile e srotolò la pergamena.
Il gufo emise un verso d’indignazione per il fatto di
essere stato ignorato dopo la faticosa ascesa alla torre di Grifondoro. Lucy
gli allungò una galletta.
Mentre Lily leggeva, un gemito sfuggì alle sue labbra
dischiuse e le guance si colorarono immediatamente di un bel colore rosso
porpora: aveva completamente dimenticato quello stupido incontro della Vigilia
di Natale!
Lucy la guardò con fare interrogativo e, sporgendosi
oltre la spalla della cugina, lesse il contenuto del bigliettino.
Aveva già qualche sospetto su cosa si trattasse e non
appena riconobbe la calligrafia ordinata della zia, capì che aveva ragione: zia
Ginny stava ricordano a Lily che l’indomani, una volta raggiunta la Tana grazie
alla Polvere Volante, si sarebbero dovuti recare a Villa Malfoy.
Lily non si spiegava perché i suoi genitori e perfino
gli zii si dovessero ostinare a mantenere i rapporti con Draco Malfoy e sua
moglie Astoria quando gli annali di Hogwarts gridavano ai quattro venti il loro
odio reciproco.
In una normale circostanza sarebbe stata felice di
avere l’opportunità di vedere Scorpius un giorno in più, ma non quel 23
dicembre. Non quel giorno in cui
non appena alzata dal letto aveva percepito che qualcosa stava già andando
irrimediabilmente storto.
E quando si era guardata nel luminoso specchio del bagno
del suo dormitorio non aveva potuto fare a meno di pensare che forse al suo
terzo anno avrebbe dovuto iscriversi a Divinazione.
Due bernoccoletti rossi, bastardamente alla medesima
altezza, rilucevano sulla sua fronte. “Cazzo!” aveva pensato, “il mio corpo mi
odia!”. Insomma undici anni non avrebbe dovuto essere un’età tanto tragica per
i brufoli, e invece no! Per Lily Potter non c’è mai limite al peggio e, anzi,
gliene spuntavano anche due orridi e purulenti sulla fronte se necessario.
“Magari il karma vuole che mi uccida”, aveva pensato
poco dopo, non riuscendo a togliersi dalla testa l’idea di assomigliare ad un
piccolo aiutante di Satana.
Con il morale sotto la suola delle scarpe, Lily
accartocciò la lettera di sua madre e tentò di non ricordare l’orrida mattinata
passata. Nel tentativo di nascondere i suoi due nuovi amici, aveva pettinato i
capelli con una fila in mezzo. Aveva cercato di renderli vaporosi e boccolosi
alle estremità, giusto per non assomigliare ad una banshee, ma dato che non era
molto brava con gli incantesimi di bellezza, aveva ottenuto l’unico risultato
di bruciarsi dieci centimetri sudati di capelli rosso fuoco.
Sull’orlo di una crisi di nervi aveva preso un ciuffo e
tagliandolo in malo modo aveva prodotto una sorta di frangetta tutta storta.
Alcune ciocche le ricadevano sula testa, altre portavano
i segni della bruciatura, mentre la maggior parte erano arricciate in piccoli
boccoletti. Il tutto era coronato dalla linea diagonale segnata dalla frangetta
che le ricopriva la fronte.
“Forse se mi vedono in Sala Comune mi uccideranno per
oltraggio al pudore” aveva pensato, lasciando il bagno demoralizzata.
Rose l’aveva vista pochi attimi dopo mentre
attraversava il corridoio dei dormitori e si era pietrificata.
“Lily…”, l’aveva chiamata piano “Hai…ehm… hai tagliato
i capelli?”
Lily l’aveva guardata con sguardo omicida, ma dato che
stava pulendo gli occhiali in quel momento, e lei era più orba di una talpa,
l’effetto fu sciupato dal fatto che si fosse rivolta ad un’armatura piuttosto
che alla cugina.
“Stavo cercando di tagliarmi la gola, ma a quanto pare
neppure suicidarmi mi riesce bene” aveva biascicato, prima di infilarsi una
berretta di lana color verde pisello in testa.
La mattinata era proseguita anche peggio, perché la
Professoressa McGranitt aveva insistito affinché togliesse il cappellino durante
le lezioni, facendo appello al fatto che fosse una condotta oltremodo
vergognosa che lei lo tenesse in classe.
Lily aveva cercato con tutte le sue forze di tenerlo
sul capo mentre con un movimento rapido della bacchetta la professoressa glielo
aveva sfilato dal capo. Ovviamente non fu abbastanza veloce, così che le risate
iniziarono prima ancora che lei potesse correre fuori dall’aula in lacrime.
Lucy l’aveva trovata nel dormitorio rannicchiata in un
angolo e aveva cercato di tirarle su il morale progettando assieme a lei le
prossime vacanze.
Lily poteva quasi dire di aver raggiunto un sentimento
molto simile alla contentezza, che quel biglietto le aveva rovinato ogni
prospettiva rosea.
Sarebbe stata orribile a quello stupido incontro e non
poteva farci nulla.
Qualche anno dopo Lily avrebbe definito quella sera
come “Il chiaro segno che un dio deve pur esistere in quest’universo e
indubbiamente ce l’ha a morte con me”.
Villa Malfoy era come Lily la ricordava, sontuosa fino
al vomito e fredda, fredda da morirci assiderati se anche un solo centimetro di
pelle fosse stato esposto.
Si strinse forte la mantellina rossa che aveva
sapientemente portato, anche per coprire il fiocco orribile che il suo maglione
aveva appuntato sul petto. Sua mamma aveva inscenato una piccola tragedia
quando aveva visto lo stato dei suoi capelli, ma poi, armatasi di bacchetta, le
aveva quanto meno donato un aspetto ordinario. Lily si spostò la corta
frangetta dalla fronte, non ci avrebbe fatto l’abitudine tanto presto, guardando
invidiosa Rose nel suo vestitino giallo senape. In quel momento Scorpius
scendeva le scale d’ingresso per dargli il benvenuto. Sospirò piano affiancandosi
a suo fratello Albus nel tentativo di essere salutata per prima dal padrone di
casa, ma quello la superò con naturalezza per deporre un piccolo bacio sulla
mano di sua cugina.
Lily e Rose non erano riuscite ad ottenere informazioni
decenti sul perché di quella riunione, solo che in qualche modo Draco Malfoy
avrebbe dovuto aiutare i loro reciproci padri in un caso delicato.
In verità Harry, Ron, Hermione e Ginny non avevano
ancora alcuna intenzione di confessare ai figli che quelle circostanze erano
tutte frutto di una situazione che riguardava Lily e Rose molto da vicino.
Potter, Weasley e Malfoy avevano convenuto che
l’eventuale scelta di una ragazza piuttosto che l’altra avrebbe dovuto avere
luogo nella maniera più controllata possibile e che adesso che i ragazzi
frequentavano tutti assieme Hogwarts bisognava fare in modo che si conoscessero
e imparassero ad apprezzarsi in un modo qualsiasi. Né Harry, né Ron erano
entusiasti all’idea che Scorpius potesse scegliere una delle rispettive figlie,
quindi questo si traduceva nel tentativo di deviare l’attenzione dei Malfoy
dalle virtù delle due ragazzine.
Ginny preferiva definirle “veri e propri tentativi di
sovversione”, descrizione coniata dopo che Harry aveva dipinto Lily come
un’instabile e distruttiva adolescente che certamente avrebbe finito col
portare in un baratro di disperazione il suo sfortunato marito.
Ron preferiva soffermarsi su particolari più scabrosi,
quali la terribile tendenza di Rose a voler spennare personalmente tutte le
galline della Tana.
Anche quella sera si ritrovarono tutti attorno alla
lunga tavolata, imbandita a buffet con pietanze dall’aspetto minimale. Astoria
l’aveva chiamato “finger food” e aveva detto che era l’ultima tendenza Babbana
in fatto di cibo.
Lily e Hugo preferivano credere che sotto quell’aria da
nobildonna si nascondesse un animo da grandissima taccagna.
Rose li aveva guardati male mentre si serviva una
mini-dose di pasticcio di zucchine da un piattino della dimensione di un
bottone.
Scorpius sembrava piuttosto a suo agio, parlottava
amabilmente con Albus di Quidditch e ogni tanto lanciava sguardi di sottecchi a
Rose.
Albus e Scorpius avevano sviluppato una specie di
feeling del quale si vergognavano profondamente, dato che entrambi sapevano che
una volta tornati a scuola si sarebbero ostinati ad ignorarsi.
James invece riteneva di essere troppo maturo per seguire
le loro ciance e quindi sedeva accanto a suo padre, ascoltando i discorsi “da
grandi”.
A metà pasto Lily sgusciò via assieme ad Hugo alla
ricerca del bagno, che ricordava essere al primo piano.
Hugo l’aveva maledetta perché non aveva voluto chiedere
esplicitamente ai signori Malfoy dove si trovasse, millantando di “ricordarsi
perfettamente”. Lungo il corridoio costellato di decine di porte, i due si
divertirono a immaginare cosa si nascondesse dentro ciascuna stanza, quando si
ritrovarono all’ultima porta del corridoio. Senza alcuna reale argomentazione a
suo favore, Lily si era impuntata che era proprio quella la stanza in cui era
entrata la volta scorsa per lavare le mani e quindi abbassò la maniglia e vi s’introdusse
all’interno.
Si ritrovarono dentro una stanza rettangolare bella
spaziosa. Un letto a baldacchino dai drappeggi blu cobalto, un paio di poster
alle pareti, una scrivania di legno scuro coperta di spezzoni di pergamene
troppo corti da poter essere usati e una cabina armadio chiusa dalle stesse tende
che attorniavano il letto.
Ai piedi di quest’ultimo c’era un baule aperto.
Quella doveva essere la camera di Scorpius.
Hugo l’aveva seguita dopo pochi secondi e stava
analizzando quelle strane mappe affisse alla parete, chiuse in bacheche di
vetro.
Lily invece aveva già puntato la porta posta al lato
della cabina armadio sulla quale faceva bella mostra di se una placchetta in
porcellana con la dicitura W.C.
Vi si diresse di gran carica, iniziando ad aprire la
patta dei pantaloni che indossava. Non ce la faceva più, aveva bevuto talmente
tanto succo di zucca che se la sarebbe fatta addosso se non avesse svuotato la
vescica al più presto.
“Lily!” le sussurrò Hugo, comprendendo le intenzioni
della cugina.
“Che c’è? Un bagno vale l’altro no? Non lo saprà nessuno!
Non ce la faccio più Hugo”.
E detto questo abbassò la maniglia della porta, mentre
già calava i pantaloni.
S’immobilizzò pochi secondi dopo sulla porta, incapace
di muoversi di un solo centimetro.
“Che ca…” furono le uniche cose che le uscirono di bocca,
quando capì che aveva appena fatto irruzione in un bagno occupato e proprio
mentre Scorpius Malfoy si rilassava dopo quello che sembrava uno sforzo enorme.
Lily lo guardò negli occhi, mentre nella mente di
entrambi la consapevolezza si faceva spazio. Lily aveva i pantaloni abbassati a
metà coscia, le sue mutande con i panda multicolore in bella mostra. Scorpius
era seduto sul gabinetto, con il viso rosso e lucido, allucinato per
l’improvvisa e inattesa intrusione.
La ragazzina indietreggiò rapida prima che l’altro
potesse dire qualcosa e sbatté forte la porta, col fiato mozzo per l’imbarazzo.
“Merda!” pensò Lily, scacciando dalla mente l’infelice
imprecazione scelta, questa volta l’aveva fatta grossa… anche se a quanto pareva,
non era stata l’unica.
Erano passati diversi mesi da quella fatidica volta in
cui Lily aveva fatto irruzione nel bagno di Scorpius e da allora, si era
rifiutata per ben due volte di presenziare ai ridicoli incontri con i signori
Malfoy. In primavera sarebbero venuti loro alla Tana, ma Lily fece in modo di
trovarsi a Villa Conchiglia, mentre a metà luglio si fece venire la
scarlattinosi, una malattia esantematica piuttosto fastidiosa. Insomma,
piuttosto che incontrare apertamente Scorpius aveva preferito ricoprirsi di
bolle purulente.
Scorpius non la degnava di uno sguardo ormai neppure
per sbaglio. Se prima si limitava a dimostrarsi gentile con lei e a fuggire
quando diventava troppo insistente, adesso, se la intravedeva per i corridoi
mentre gli si faceva incontro, cambiava precipitosamente strada e si dileguava
in un mezzo minuto.
Lily, dal suo canto, non riusciva a sopportare
l’imbarazzo nel trovarselo davanti da quando aveva capito che lui non solo non
aveva intenzione di ascoltare le sue scuse, ma sembrava voler fingere che nulla
fosse successo, anzi che lei non esistesse più.
La notizia non era arrivata agli adulti, e di questo
gli era riconoscente, ma Lily non poteva sostenere quel comportamento così
umiliante da parte del ragazzo che le piaceva e quindi preferiva evitare di
incontralo se poteva.
Purtroppo Lily non riuscì a
sottrarsi ad un nuovo incontro in occasione delle feste di Natale dell’anno
dopo, quando ormai lei frequentava il suo secondo anno ad Hogwarts e Rose il
quarto.
Erano tutti alla Tana,
dove fervevano i preparativi. Oramai nessuno faceva più domande su quelle
occasioni, percependo che evidentemente tra gli adulti era nata questa sorta di
reciproco apprezzamento, che faceva si che avessero piacere ad incontrarsi gli
uni con gli altri. Ron e Hermione avevano in programma di raccontare a Rose
tutta la verità da qualche mese, ma quando ne avevano l’occasione, gli
mancavano le parole adatte a spiegare una cosa del genere. Per quanto
riguardava Lily, Harry e Ginny avevano deciso che era troppo piccola per poter
sostenere il peso di questa rivelazione: volevano far crescere i loro figli
nella spensieratezza dei loro piccoli problemi, non di situazioni più grandi
perfino dei loro genitori.
Quella sera Ginny aveva
costretto James e Albus ad indossare degli orridi maglioncini, roba che
vorresti che tuo figlio indossasse per fare colpo sulla figlia della tua
collega e robe simili.
James si guardò allo
specchio sbuffando, si sentiva un perfetto idiota con quel coso addosso, gli
sembrava che gli facesse per fino un po’ di pancia!
“Giuro che questa è
l’ultima volta che mamma mi dice cosa mettere!” disse più allo specchio, che a
suo fratello, steso sul letto.
Quindici anni, capelli
scuri ed occhi azzurri, James Potter era un ragazzino un po’ minuto per la sua
età, ma possedeva una grande determinazione, segno che la cocciutaggine di
Ginny Weasley aveva lasciato il segno in lui. Albus roteò gli occhi al cielo,
spostando lo sguardo sulla copia di “Quidditch attraverso i secoli” sciupata,
che teneva fra le mani. Era più piccolo di James, ma l’aveva già raggiunto in
altezza. Inoltre la sua struttura ossea lasciava intendere che sarebbe
diventato un ragazzo alto, un po’ emaciato se avesse continuato a fare lo
schizzinoso in fatto di cibo.
“Adesso mi sente, Al vieni
con me?” continuò imperterrito con la tipica cocciutaggine Grifondoro nella sua
invettiva.
Albus sollevò le spalle
“Per me è lo stesso, sempre meglio di quella roba con le spalline che dobbiamo
metterci per andare a Villa Malfoy”
James sbuffò ancora,
alzando una mano e sventolandola davanti al suo viso, come a dire che quelle
erano inezie.
Lasciò la stanza diretto
dalla madre con la vena polemica di una tragica adolescente da telenovela.
James stravedeva per sua madre, da buon amante del Quidditch era sempre stato
orgoglioso del fatto che lei fosse stata una giocatrice professionista, la
stimava e la riteneva una persona da ammirare. Inoltre l’affinità dei loro
caratteri rendeva vivaci le loro conversazioni; purtroppo, però, i loro litigi
erano altrettanto esplosivi.
Il più grande dei piccoli
Potter trovò sua madre intenta ad abbellire il salotto della Tana assieme a
Nonna Molly, zia Fleur e zia Hermione. Dominique e Roxanne trasportavano piatti
dalla cucina, Lily e Lucy confabulavano in un angolo, piegate su un modellino di
un bosco sul quale muovevano delle minuscole figure.
Harry e Percy stavano
trasportando delle sedie a mezz’aria, mentre Ron e nonno Arthur spulciavano una
lunga serie di dischi da inserire nel grammofono che era stato regalato proprio
quell’ultimo Natale all’anziano ex-dipendente del Ministero.
I
restanti membri della famiglia si alternavano in un viavai continuo nelle varie
stanze, così James si arrese all’idea di dover aspettare per poter fare a sua
madre il discorsetto che aveva in mente. Insomma, non era più un bambino!
Alle
venti in punto tutto era pronto, si attendevano solo gli ospiti che mai avevano
ritardato di un solo minuto. Nonna Molly stava sistemando un segnaposto già
impeccabilmente posizionato, quando si udì il trillo del campanello d’ingresso.
Ginny
scattò in piedi per andare ad aprire e la serata ebbe inizio.
L’atmosfera
era molto più festosa e informale di quella che gravava sulle lunghe serate in
casa Malfoy e nel caos della miriade di parenti le chiacchiere accompagnarono
l’ottimo pasto ricco di pietanze.
Tutti sembravano piuttosto felici, tranne
Lily. Era capitata proprio nel posto di fronte quello di Scorpius, di fianco a
Rose. Poteva vedere benissimo da quella posizione come lui ignorasse lei, come
di consueto, e occhieggiasse verso Rose in maniera piuttosto insistente.
Sembrava l’unica ad accorgersi di quelle
attenzioni, Lucy le aveva detto che era paranoica.
“Vedi sempre cose strane nelle situazioni
più impensate!” le ripeteva sempre, tanto che lei aveva finito col convincersi
davvero di essersi immaginata tutto.
Eppure quel modo di scherzare leggero e
sottile, come sorrideva sotto i baffi quando lei sembrava indignarsi ad una sua
battuta…
Rose dal suo canto sembrava confusa tanto
quanto sua cugina. Aveva sempre provato una sorta d’indifferenza nei confronti
di Scorpius, nonostante avesse pensato più volte che lui potesse essere
interessato a lei.
Certo, il Serpeverde non aveva mai palesato
nulla, ma c’era qualcosa negli sguardi mesti che le rivolgeva che le faceva
pensare che quella testa bionda nascondesse più di quanto volesse mostrare.
Rose stava crescendo, ed era consapevole
del fatto che stava iniziando a sviluppare al meglio le sue qualità più
attraenti. Il seno che iniziava a gonfiarsi in maniera più soddisfacente, i
brufoli che iniziavano a diradarsi, le gambe lunghe che si arrotondavano in curve
più gentili.
Cominciava a sentirsi più a suo agio col
suo corpo, anche se ci sarebbero voluti ancora diversi anni prima che il
processo potesse terminare e donare i risultati più appaganti.
Fu nel bel mezzo del pasto, tra il terzo
secondo e la nuova carrellata di contorni, che nonno Arthur se ne uscì con una
battuta poco felice.
Si stava parlando, nel lato sinistro del
tavolo, della vecchia Ford Anglia abbandonata al suo destino nella Foresta
Proibita, quando il suo vecchio proprietario affermò di essersi sentito
tremendamente in colpa per quell’abbandono, quasi come se avesse dato in sposa
sua figlia ad un Malfoy.
Tutti si zittirono imbarazzati dall’assenza
di freni inibitori del nonno, che iniziava a perdere qualche colpo.
Un paio di occhi azzurri però, parvero
cogliere qualcosa di anomalo e s’insospettirono ulteriormente. A quelle parole,
James aveva notato uno strano rossore diffuso sulle guance della madre che,
anziché occhieggiare verso suo marito, aveva cercato con lo sguardo un paio di
occhi grigi al lato opposto della stanza. Per un secondo Draco Malfoy e Ginny
Weasley si guardano in maniera molto intensa, o almeno così percepì James,
dall’alto dei suoi quindici anni e della sua (così adorava definirla)
proverbiale intuitività.
Nel dopocena i presenti si sparpagliarono,
concentrandosi in gruppetti disomogenei per la casa. James si ritrovò a parlare
con Albus e Scorpius della stagione di Quiddich, quando notò qualcosa che destò
un sospetto nella sua mente sveglia. Suo padre stava seduto sulla poltrona del
nonno e parlottava con George, Astoria era stata messa spalle al muro da zia
Fleur che le stava spiegando per filo e per segno come trattare i capelli con
un nuovo prodotto che li rendeva leggeri e spumosi, ma per quanto si sforzasse
di cercare lungo la stanza, non riuscì ad individuare sua madre e Draco Malfoy.
Si alzò di scatto, sotto
lo sguardo interrogativo di suo fratello e si allontanò rapido. Cercando di
evitare Louis che stava contando con il viso contro il muro del sottoscala (sapeva
che se lo avesse visto, avrebbe voluto che giocasse con lui), salì al primo
piano.
Non dovette fare molta
strada, dal salottino che era stato la camera dei suoi zii da giovani sentì due
voci che parlavano concitate.
Avvicinò l’occhio alla
fessura della porta socchiusa e quello che vide lo colse impreparato,
nonostante la sicurezza che aveva ostentato nell’indagine.
Sua madre era seduta sul
letto e guardava con sguardo ansioso un Draco Malfoy di spalle.
Questo doveva appena
averle rivolto una domanda, perché sembrava in posizione di attesa.
Dopo pochi secondi sua
madre parlò
“Non possiamo ancora
dirglielo Draco, dobbiamo aspettare…”
Si tormentava le mani
mentre parlava, le teneva attorcigliate in grembo.
“Cosa? Che lo vengano a
scoprire in qualche modo da soli? Non sono così stupidi, prima o poi faranno
due più due!”
Draco parlava con un tono di
voce che non gli aveva mai sentito, sembrava preoccupato.
James sbarrò gli occhi, di
cosa stavano parlando? Il cuore iniziò a battergli all’impazzata quando sua
madre pronunciò le parole successive.
“Facciamo almeno
trascorrere quest’anno, lo sai che Harry non ha un minuto col lavoro al
Ministero…”.
“Non dobbiamo mica per
forza farlo assieme! Io non posso più aspettare, Astoria non se lo merita, è…”
Ma James non seppe mai
cos’era Astoria, e neppure gli importava, perché stava correndo il più lontano
che poteva da quella stanza, le lacrime agli occhi e la consapevolezza che non
avrebbe mai più guardato sua madre con gli stessi occhi.
Rose Weasley era una ragazzina all’apparenza piuttosto
sicura di sé (anche piena di sé ciarlavano le più pettegole), ma di una cosa
non era affatto certa.
Di chi diavolo poteva essere quel bigliettino
abbandonato sul suo comodino? Il contenuto lasciava presagire che si trattasse
di un qualche omaggio da parte di un ragazzo, anche se di quei tempi nulla
poteva darsi per scontato.
Qualcuno aveva scritto con una stretta grafia su di un
cartoncino color rosso le parole “Sei una Rosa rara”. Non poteva negare che la
cosa non l’avesse compiaciuta, ma quanto meno avrebbe voluto sapere da parte di
chi venisse quel complimento.
Insomma, non le sarebbe piaciuto molto se fosse stato
quel Wolton di Tassorosso che la settimana scorsa le aveva rivolto un paio di
occhiolini. Green invece non sarebbe stato male, ma Julian Posh sarebbe stato
davvero il massimo.
Julian, l’amico
di James dai biondi capelli riccioluti che Rose avrebbe tanto voluto
affascinare almeno un quarto di quanti lui affascinava lei.
Proprio mentre rimuginava sulla possibilità di trovare
qualche incantesimo che rivelasse da chi provenisse, Laura, una delle sue
compagne di dormitorio, uscì dal bagno massaggiandosi lo stomaco.
Rose la guardò in tralice
“Tutto bene lì dentro?” le chiese cauta.
Laura non era granchè in salute da qualche mesetto a
questa parte, era sempre più pallida e smunta e passava molte ore nel bagno.
Sicuramente insonorizzava la stanza con un incantesimo
perché non si sentiva mai alcun rumore provenire da dentro.
Rose si soffermò sulle piccole smagliature che le erano
spuntate sulle braccia, a simboleggiare la massiccia perdita di peso avvenuta in
poco tempo.
“Devo avere un po’ d’influenza”, la liquidò guardando
da un’altra parte.
Rose sollevò un sopracciglio
“Sarebbe la terza volta questo mese, forse dovresti
passare da Madama Chips, non credi?”
Laura distolse lo sguardo da lei, mentre si gettava sul
letto. Rose non era solita farsi gli affari altrui, ma Laura era passata
dall’essere una ragazza piuttosto pienotta ad un pelino troppo magra.
Questa situazione impensieriva i professori già da un
po’ di tempo ,ma nonostante i numerosi richiami, i suoi genitori non sembravano
intenzionati a fare nulla per indagare.
“Laura…” iniziò pino Rose
“Mi sono fidanzata” la interruppe Laura, prima che
potesse finire la frase.
Rose rimase per un secondo attonita, capì che c’era
qualcosa che non andava in quella frase, lanciata lì come un baluardo di
difesa. Decise di stare al suo gioco, magari se l’avesse fatta parlare del
ragazzo si sarebbe aperta un po’. Cercò di ordinare i pensieri e di capire
quale fosse la cosa giusta da dire.
“Davvero? Congratulazioni! E lui chi è?” le chiese, nel
tono più leggero che riuscì ad imprimere alla sua voce.
Le si fece incontro, sedendosi sul letto della
compagna.
Quella si sollevò a sedere e incrociò le gambe,
giocando con il coprimaterasso.
“David Pollock, sai il battitore di Serpeverde”
Rose fece mente locale, un tipo un po’ arcigno,
silenzioso, con una bella mascella sporgente. Sapeva che doveva avere degli avi
francesi e infatti nella sua testa lo aveva ribattezzato “il guascone”.
“E quando è successo? I tuoi lo sanno?”
A questa domanda qualcosa parve sbloccarsi in Laura, le
raccontò che lei e David si erano incontrati in vacanza in Scozia e che le loro
famiglie si erano dimostrate entusiaste della coincidenza fortunata, e avevano
deciso di proseguire il viaggio assieme.
Così Laura e David avevano trascorso molto tempo
assieme, cercando di tenere a bada il fratellino di quest’ultimo, che sembrava
avere un grande interesse per i luoghi alti.
Al termine di Agosto, Laura era completamente cotta di
David e lui sembrava ricambiare abbastanza intensamente i suoi sentimenti.
Laura parlò di un tramonto struggente sula torre di un castello molto antico e
intriso di magia e di un bacio dato a fior di labbra.
I loro genitori erano inspiegabilmente spuntati proprio
in quel momento dalle scalette che li avrebbero condotti dai due ragazzi e
vedendoli in un atteggiamento così intimo, si erano detti piuttosto felici
della situazione.
Laura se n’era un po’ stupita, ma fu felice della cosa:
non avrebbe dovuto mentire o fingere con la sua famiglia.
E così da quel giorno i due stavano felicemente
insieme.
“Felicemente mi sembra un’interpretazione poco
appropriata” pensò Rose, collegando il dimagrimento della compagna alla
pressione provocatale da quella relazione.
Rose si appuntò
mentalmente di approfondire l’indagine in momenti meno sospetti e si disse
molto felice per l’amica, l’abbracciò e le due passarono il tempo che avevano
libero prima della cena a spettegolare di cose stupide, a parlare di ragazzi e
a progettare il regalo di compleanno per David.
Era orario di cena, lo sapeva benissimo, ma non aveva
alcuna voglia di presentarsi in quella Sala asfissiante.
Sapeva già che ci sarebbe stata Lily Potter a guardarlo
di nascosto.
Sbuffò a quel pensiero, “di nascosto”, se così si
poteva definire il ridicolo tentativo di nascondere uno sguardo fisso per poi
distoglierlo impacciatamente non appena lui si sarebbe girato a guardarla.
Si domandò se quella ragazzina avrebbe mai smesso di
perseguitarlo. Da quella volta in cui lei aveva fato irruzione nel suo bagno,
la mal tollerava talmente tanto da creargli fastidio l’idea di trovarsi nella
stessa stanza in cui era c’era lei.
Immaginava i suoi discorsi con le amichette su quanto
fosse stato eccitante vederlo quella sera, senza pensare neppure per un secondo
che vederlo in quelle condizioni non doveva essere stato esattamente
stimolante.
Ma i ragazzini di quattordici anni sono così,
egocentrici fino all’estremo, soprattutto se un bel gruzzoletto di ragazze
avevano manifestato un certo interesse nei loro confronti.
Scorpius ricordò quella volta in cui Claus, in uno dei
suoi pochi momenti seri, gli aveva domandato cosa pensasse di Lily realmente.
Non aveva saputo rispondere, non si era mai soffermato
su di lei abbastanza a lungo da essersi fatto un’idea.
Pensò ai suoi denti “di ferro” e rabbrividì come ogni
volta, quella era l’aspetto più raccapricciante che potesse immaginare in una
ragazza. Se poi si considerava che non l’aveva mai vista senza i suoi
occhiali-schermo, dietro i quali palesemente si nascondeva, non poteva
aggiungere molte altre considerazioni. Insomma, Lily Potter non era proprio
quello che si potrebbe definire “il suo chiodo fisso”, né tanto meno
“saltuario”, a dirla tutta.
Sua cugina, Rose, sembrava occupare un gradino più alto
nei suoi interessi, era decisamente carina e a detta di tutti i ragazzi che
frequentavano Hogwarts dal quarto ano in su, prometteva piuttosto bene per il
futuro.
Non che Scorpius ne fosse innamorato, intendiamoci,
altrimenti avrebbe dovuto dirsi innamorato di almeno un’altra dozzina di
ragazze, ma indubbiamente nutriva un forte interesse per quella Grifondoro che
sembrava sempre volergli sfuggire.
Sperò che il suo biglietto pomeridiano le avesse messo
la pulce nell’orecchio e che, con le dovute attenzioni, nelle prossime
settimane sarebbe riuscito ad avvicinarla a lui.