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Autore: AlyssaR    15/12/2013    1 recensioni
Chiunque ami l'universo della Rowling è consapevole dell'enorme portata simbolica del primo di settembre. È, nei fatti, una data spartiacque, una netta cesura fra un "prima" e un "dopo", un fondamentale giro di boa. La presente raccolta di One Shots si ripromette di rivivere questa giornata speciale tramite gli occhi di tre personaggi d'eccezione: apparentemente "slegati", i tre brani della raccolta hanno una peculiarità che li sottende e li accomuna. Volete un indizio? Leggete attentamente il titolo.
Fanfiction partecipante al contest "3x3 Tre Prompt per Tre Storie", indetto da Lui_LucyHP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Immobile.

 
Si svegliò in un letto che non era il suo. C’era di più, perché non era neppure un letto dove era abituato a dormire.
Ci mise un po’ a capire dove fosse.
Non sono a Privet Drive. Dudley non mi ha ancora dato il cazzotto del buongiorno.
Non è il letto della Tana. Non c’è quel bozzetto che mi tormenta la schiena, all’altezza delle scapole. Non c’è quell’odore familiare, di coperte vecchie e detersivo. Però …
«… Siamo in ritardo, Ronald! La senti tua mamma? Va’ di sopra a svegliare Harry»
Da un paio di piani più giù due voci strillavano come aquile, al punto che erano a stento distinguibili.
«DI QUESTO PASSO PERDERETE L’ESPRESSO PER HOGWARTS! QUALCUNO SVEGLI HARRY, PRESTO!»
«… DISONORE! DISONORE IN QUESTA CASA! NON POSSO CREDERCI, SANGUESPORCO E SEMIUMANI INSOZZANO L’ANTICA DIMORA DEI BLACK, COSA HANNO DOVUTO VEDERE QUESTI OCCHI!»
Ah, giusto. Sono a Grimmauld Place. È il primo settembre, mi hanno scagionato dal processo. Tonerò ad Hogwarts.
Si sentiva molto strano, Harry. Aveva passato una notte piena d’inquietudine. Non che fosse una novità, questo doveva ammetterlo. Ormai erano mesi che non dormiva bene. Faceva incubi strani, spesso disarticolati, che non sembravano significare neppure qualcosa di chiaro o decifrabile, eppure lo lasciavano stordito per il resto del giorno.
Quella notte, ad esempio, aveva sognato Molly Weasley piangere disperata sul corpo esanime di Kreacher, mentre Ron ed Hermione, silenziosi, non facevano che portare fiori vicino al suo cadavere. Aveva la sensazione di aver sognato anche i suoi genitori, poi, come sempre, Harry si era ritrovato a percorrere un corridoio che finiva di fronte ad una porta chiusa a chiave.
« … Meglio muoversi, la mamma è fuori di sé, dice che perderemo il treno[1]» stava dicendogli Ron all’orecchio.
Bene, Harry si sentiva sbattuto come se avesse subito un paio di Cruciatus, la cicatrice gli prudeva ed erano anche in ritardo. Provò a tirarsi su, ma niente: si era puntellato con i gomiti sul cuscino, ma poi era crollato immediatamente sulla schiena; quei sogni sembravano togliergli la forza persino per tirarsi in piedi.
«Harry, mi hai sentito?»
Fece appena in tempo ad inforcare gli occhiali che Hermione comparve nella stanza tenendo Grattastinchi fra le braccia.
«Harry, tutto bene?»
«Sì, piuttosto bene. Perché?»
«Non sembri, ehm, scoppiare di salute, ecco».
Lo sguardo di Harry corse allo specchio che si trovava al di sopra del comò al lato del letto. Aveva gli occhi cerchiati di viola ed era visibilmente pallido e sudato.
«Ho fatto un incubo» si risolse a dire alla fine.
«Un altro, Harry? Credo che tu debba parlarne con Silente appena puoi»
«Certo, ammesso che lui voglia parlare con me»
«Insomma, state facendo salotto?» sbraitava la signora Weasley dal piano di sotto «Quale parte non vi è chiara di “siamo in ritardo, di questo passo perderete il treno”?»
Harry si stava mettendo le scarpe, mentre gli altri erano già scesi a fare colazione.
Faceva sempre più fatica a sentirsi come i suoi coetanei, Ron ed Hermione esclusi, naturalmente.
Non era una questione di mal celata superiorità, è che proprio non riusciva a sentirsi normale. È chiaro, a volte faceva dei pensieri molto consoni e adatti alla sua età, ma trascorreva la maggior parte del suo tempo a riflettere su Voldemort, su Silente e sulla morte di Cedric, di cui faceva fatica a non incolparsi.
Harry scese gli scalini in uno stato di trance, ormai si muoveva secondo automatismi predefiniti, di fatti si ritrovò seduto a mangiare la sua colazione senza che neppure si fosse reso conto del tragitto.
«Siete in ritardo, muovetevi!» continuava a sbraitare la signora Weasley, anche se Harry avrebbe potuto giurare che guardava Ron con un brillio negli occhi, a seguito della sua nomina a Prefetto; la stessa carica era stata assegnata ad Hermione.
Non sapeva neppure dire come si sentisse rispetto a questa notizia. Era ovvio che fosse felice per loro, eppure non riusciva a far tacere una vocina che continuava a ripetergli che, in fondo, lui lo meritava più dei suoi amici, o per lo meno più di Ronald, dato che Hermione aveva preso voti altissimi. Naturalmente si sentiva molto in colpa per pensare cose del genere, pertanto metteva tutto a tacere e faceva del suo meglio per mostrarsi entusiasta e felice per Ron ed Hermione.
La sera precedente Molly Weasley aveva proposto a Ron, come premio per la carica ricevuta, la consueta valanga di maglioni nuovi.
Ron, arrossendo sulle orecchie e tenendo gli occhi bassi, aveva chiesto di rimando una scopa da corsa. Aveva precipitosamente aggiunto che non era necessario che fosse buona, ma semplicemente nuova, per una volta.
Harry, prima di allora, aveva sempre pensato che l’espressione “sorriso incrinato” fosse niente più che una metafora letteraria.
Eppure, quella sera, lui vide quello della signora Weasley congelarsi e perdere calore in una maniera così violenta che non avrebbe saputo definirlo in altro modo. Le scope erano notoriamente molto costose. Era chiaro che Molly Weasley avrebbe fatto di tutto per esaudire i desideri di suo figlio, ma che le ristrettezze economiche le impedivano di farlo. Quell’enorme tristezza e quello sconfinato amore erano racchiusi nello spazio di un istante, negli occhi più materni che Harry avesse mai visto. Stava quasi per offrirsi di pagare una quota, ma la famiglia di Ron era molto orgogliosa e non avrebbe mai accettato soldi da lui, che neppure lavorava. I Weasley ne facevano una questione di principio. Pur avendo davvero poco, erano le persone più generose che Harry conoscesse e soffriva enormemente al pensiero che fossero così coinvolti e martoriati dalla situazione.
Che anche loro fossero saturi, infatti, era ormai lapalissiano, anche se cercavano di non renderlo manifesto per non oberarle ulteriormente lui, Ron ed Hermione. La sera precedente, ad esempio, la signora Weasley non era stata in grado neppure di sconfiggere un semplice Molliccio che le aveva mostrato i corpi dei figli e –non senza una punta di calore all’altezza del cuore– anche quello di Harry. Non che fosse contento del dolore di Molly, figurarsi, in fondo era come una mamma per lui, ma era stato davvero bello che temesse per lui alla stregua di uno dei suoi figli. Si sentiva amato e coinvolto e parte di qualcosa. In quella situazione così disperata, non poteva chiedere di essere più fortunato di così.
Non deve essere facile, rifletteva Harry, mentre i suoi occhi si spostavano sull’orologio di famiglia che la signora Weasley si era portata con sé dalla Tana. Lo sapeva che quell’orologio non riportava l’orario, ma niente da fare, aveva la forma di un pendolo, quindi ogni volta che la signora Weasley gridava che erano in ritardo –cosa che accadeva una volta ogni due minuti circa–  il suo sguardo vagava dove pensava che avrebbe trovato riscontro alle parole di Molly.
Da qualche tempo, tutte le lancette con i visi dei figli Weasley si erano spostate su “pericolo mortale”. Improvvisamente, Harry si sentì molto stupido per aver perso tempo a riflettere sulla carica di Prefetto dei suoi due migliori amici. C’erano cose più urgenti e importanti a cui pensare, adesso.
Avere quindici anni non gli impediva di sentirsene almeno il doppio.
Non l’avrebbe mai cambiata per niente al mondo, ma a casa Weasley regnava sempre una certa confusione, che si rispecchiava non solo nel disordine concreto della Tana, ma anche in una perpetua difficoltà organizzativa. Infatti, pur trovandosi a Grimmauld Place, si respirava comunque una certa aria di familiarità. Capelli rossi sfrecciavano a tutta velocità in ogni direzione, bagagli e borse erano buttati in ogni angolo, voci concitate lo circondavano. Era forse la prima volta che Harry, ancora spossato dal sogno, dal processo, dalla morte di Diggory, non riusciva a ritrovare l’entusiasmo per tornare a casa. Perché Hogwarts era la sua casa, lui lo sapeva, soltanto che adesso una parte di lui avrebbe voluto seppellirsi nel caldo della Tana, fra le braccia materne di Molly, quelle paterne di Sirius e scordarsi il resto.
Non voleva lasciare andare il suo padrino, gli sembrava di impazzire all’idea che non avrebbe potuto vederlo per tutto l’anno, che avrebbe dovuto sentirlo soltanto clandestinamente.
Non era giusto.
Sirius era un eroe, eppure non solo non poteva condurre una vita normale, era anzi ricercato.
Ogni volta che pensava che sì, Sirius era il suo padrino, provava sempre un feroce moto d’orgoglio, un calore alla bocca dello stomaco. Rappresentava tutto per lui: la sua famiglia, la sua casa, il filo rosso molto robusto che lo collegava ai suoi genitori. Lui non li aveva semplicemente conosciuti, era stato loro amico, uno dei migliori per di più.
Tutto questo bisogno di calore, di famiglia, di Sirius, erano acuiti dal fatto che aveva saputo da poco che il Ministero aveva intrapreso una feroce politica atta a screditare il suo padrino, lui e Silente. Aveva quasi paura di mettere piede a scuola. Come l’avrebbero presa i suoi compagni? Avrebbero creduto a lui, no? Almeno i suoi amici. Una parte di lui si diceva, sperava che, insomma, gli avrebbero creduto.
Siamo cresciuti insieme, giusto? Avranno capito che genere di persona sono.
Eppure c’era sempre quel losco presentimento che albergava in Harry. Lui non pensava che la maggior parte delle persone che non gli credeva fosse cattiva. Aveva capito forse troppo presto che le persone preferiscono vivere in un mondo rassicurante, che non tutti erano fatti per la prima linea. Credere alla Gazzetta del Profeta, in ultima analisi, non era un torto fatto a lui come persona, era una scelta di comodo.
Bello pensare che la scuola dove tuo figlio passa la maggior parte dell’anno sia il posto più sicuro al mondo, vero? Che il Ministero abbia tutto sotto controllo, o che Voldemort non è affatto tornato, ma si tratta solo di una combriccola di cretini, quel vecchio rimbambito di Silente in testa, che  ama fare allarmismi per un nonnulla.
Facile, così è facile.
Erano in ritardo, tutto si muoveva così velocemente, i capelli delle persone che amava, le espressioni di Ron, Hermione, il pelo nero di Sirius che, pur di accompagnarlo a scuola come avrebbe fatto qualsiasi genitore, stava rischiando la vita. Tutto gli sfrecciava davanti agli occhi e la paura di Harry era che fosse semplicemente troppo veloce e che lui non avrebbe ricordato ogni minimo dettaglio.
Erano in ritardo, erano veloci. Eppure lui si sentiva immobile, congelato.
Percepiva il fiato della morte lambirgli il collo, l’avvertiva nei suoi sogni, negli occhi del padrino, nelle ombre del caminetto, nei silenzi di Silente. Era ovunque.
Siamo in ritardo, ma in che senso? Solo per andare a scuola?
Era la domanda giusta?
Sarò più veloce della morte?
 



 
[1] Frase realmente pronunciata da Ronald Weasley in Harry Potter e l’Ordine della Fenice, Salani Editore, Milano, p. 179.








Buona domenica a tutti!!! Come preventivato, ecco a voi l'ultima delle mie One-Shot. Spero tanto che sia stata di vostro gradimento.
Inutile ripetervi che sarei felice di ottenere un vostro riscontro, positivo o negativo che sia, ammesso abbiate un attimo di tempo :)
Dunque, ripeto brevemente che questa raccolta partecipa al contest indetto da Lui_LucyHP (3 Prompt x 3 storie). Io avevo scelto il pacchetto n. 1, che prevedeva come tema comune alle tre One Shot il primo di settembre, e come prompt Buio (adoperato per la storia di Merope), Gocce (per quella di Tom Riddle Jr.) e Ritardo (per la qui presente).

Naturalmente, come tutti avrete capito, il titolo della raccolta si riferisce allo stato emotivo di ogni personaggio:
Per Merope si tratta della fine del suo sogno di allontanarsi dalla sua famiglia: la lettera per Hogwarts,infatti, non le è mai arrivata.
Per Tom è l'inizio della sua vera vita, quella da mago.
Per Harry è ufficialmente iniziata la fine della sua sicurezza: che sia per Silente, per Hogwarts come istituzione, per la fiducia sulla vita e sul futuro, per lui niente sarà più come prima.


Ne approfitto per ringraziare "ufficialmente" Elisewin Granger, per aver recensito il primo capitolo e per aver inserito la racolta tra le "seguite", insieme a Giuly V e Xalia (che avrà la mia perpetua riconoscenza per avermi ascritta fra le sue autrici favorite. GRAZIE ancora, davvero!) 
Infine, grazie infinite anche a Lupacchiotta 94 che mi ha inserita fra le "ricordate".

Un abbraccio a tutti voi!
A presto :)
  
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