Narnia's
Rebirth
44th Chapter
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-Lucy
troverà Aslan, in qualche modo. È
sempre stata la sua diletta.-
Susan non aveva avuto torto: Lucy
Pevensie era sempre stata
la preferita di Aslan, forse per la sua natura dolce ed estremamente
buona, ed
era l’unica fra loro che avrebbe avuto qualche
possibilità di incontrarlo – forse
perché era proprio l’unica a credere ancora in lui.
Il piano che i Re e la Regina
avevano ideato per ritrovare
il grande leone le era parso incredibilmente ben congegnato, tanto da
spingerla
ad accettare la preghiera che Edmund le aveva rivolto per chiederle di
accompagnare la piccola in una delle foreste più profonde e
pericolose di
Narnia.
Avevano superato da circa
un’ora il Prato Ballerino e si
stavano addentrando sempre di più fra quegli alberi
dormienti di cui Talia,
soffrendo, non poteva più avvertire il respiro quieto ma
costante; aveva però
avvertito la presenza di una squadra di telmarini ad una manciata di
iarde
dietro di loro sin dal momento in cui avevano lasciato la Tana di Aslan
e,
adesso, aveva mandato avanti Lucy al galoppo, fermandosi per rallentare
i loro
inseguitori.
-Non
rischiare inutilmente, Talia.
Trattieni i telmarini, se riesci, ma non mettere a repentaglio la tua
vita.-
Mirime era riuscita a cogliere
immediatamente il lampo cupo
nei suoi occhi, sì: l’Ancella dell’Aria
l’aveva presa da parte e le aveva
bruscamente messo in chiaro quella scomoda verità,
pronunciando le esatte
parole che Talia non avrebbe voluto sentire.
Saggiò la corda del
proprio arco, sentendolo vibrare
delicatamente sotto le dita.
I suoi poteri erano scomparsi,
debilitati dalla brusca
sparizione di Siria, ma possedeva ancora forza e velocità a
sufficienza per
sterminare almeno quel manipolo di telmarini che, adesso, poteva vedere
distintamente a poche iarde dinanzi a lei, mentre frustavano i cavalli
già
lanciati al galoppo.
-Ti
amo.-
Soltanto Caleb era riuscito a far
breccia in quell’armatura
dietro cui si era trincerata dopo aver avvertito la morte della propria
amica.
Caleb le aveva ricordato quanto
l’amava, con quelle parole
semplici eppure piene di sentimento; Caleb aveva voluto farle presente
che non
tutto era perduto, che – insieme
– avrebbero potuto avere ragione di
quel dolore pulsante che non si era minimamente acquietato nel cuore
della
mezz’elfa; Caleb le aveva permesso di rimettersi in sesto
abbastanza a lungo
per darle la forza di sorridergli, esausta ma ancora in piedi, prima
che
Destriero s’impennasse per poi scagliarsi nella folle corsa
attraverso il
bosco.
Ma nemmeno lui aveva potuto aver
ragione della sete di
vendetta che, adesso, le riempiva la bocca del sapore acre e disgustoso
del
sangue.
-Fatevi avanti, su. Non chiedo
altro.- sibilò, portando
l’arco lungo in tensione ed accostando l’asta della
freccia alla guancia: così
facendo, però, sentì il polsino della casacca
sfiorare un punto del collo più
sensibile del normale – l’angoletto di pelle su cui
il sigillo di Iona aveva
perdurato per tanti anni –, rammentandole così
ciò che aveva perduto e
l’assenza simile ad una voragine che avvertiva dentro di
sé.
Siria aveva adempiuto alla sua
promessa, portando con sé il
marchio di quel giuramento che le aveva unite l’una
all’altra.
Talia serrò le unghie
sul legno, digrignando i denti ma
sforzandosi di non piangere: tirò a sé la corda,
mentre l’odio le pulsava nelle
orecchie uccidendo ogni altro rumore attorno a lei, focalizzando
l’attenzione
sulla maschera di ferro del telmarino che stava per attaccarla.
E poi non rimase altro che morte.
-Dai, Destriero!- gemette Lucy,
spaventata, spronando il
bellissimo frisone quando, guardando indietro, vide uno dei guerrieri
telmarini
farsi sempre più vicino a lei.
Il cavallo di Caspian
lanciò un nitrito disperato,
abbassando la testa e spingendosi al massimo delle proprie
possibilità – ma era
stanchissimo, avevano corso per un sacco di tempo senza mai rallentare
e aveva
già la schiuma alla bocca, Lucy sapeva che avrebbe dovuto
farlo riposare subito
per evitargli un mancamento…
Un lampo dorato nel verde della
foresta.
La ragazzina lanciò
un’occhiata incredula agli alberi che,
sfocati, scorrevano attorno a lei ad una velocità
straordinaria: le era
sembrato di scorgere qualcosa di familiare fra quei tronchi
così immobili…
-Aslan?- sussurrò,
speranzosa, le iridi celesti che
s’illuminavano di una nuova speranza: tirò
bruscamente le redini di Destriero,
lanciandolo alla propria sinistra quando scorse ancora una volta il
baluginio
della folta criniera del familiare, imponente signore di Narnia.
Il ruggito del leone precedette di
pochi attimi la sua
trionfale apparizione: l’enorme felino si scagliò
fuori dalla macchia arborea
con la rapidità di una freccia scoccata, balzando
sull’inseguitore di Lucy
senza la minima esitazione e squarciandogli il petto dalla spalla al
ventre
quando il telmarino provò a colpirlo.
Rotolò a terra, Aslan,
riempiendosi la criniera di foglie
secche mentre il cavallo dell’uomo scappava via; Lucy, senza
esitare, fermò
Destriero e ne discese, sentendo il cuore battere forte nel suo piccolo
petto.
-Aslan!- chiamò,
più felice di quanto non fosse mai stata
nell’ultimo periodo.
E Aslan si voltò,
sorridendole con quegli occhi bruni e
lucenti che lei non aveva mai dimenticato, annuendo ed alzandosi in
piedi
giusto un istante prima che Lucy gli si lanciasse addosso per
abbracciarlo con
tanta forza da far capitombolare entrambi, nuovamente, a terra.
Rise, il leone, rise di quella
risata calda e rassicurante
che Lucy adorava, chinando la grande testa per avvolgerla nel profumo
di
muschio e di Sole della sua folta criniera.
-Sapevo
che eri tu,
fin dall’inizio…- singhiozzò lei,
ridendo a sua volta, stringendosi forte a
quel pelo morbido con la meravigliosa consapevolezza di sapere,
finalmente, che
le cose stavano per sistemarsi.
Si staccò da Aslan
soltanto dopo essersi calmata un poco,
squadrandolo dal basso verso l’alto e sgranando gli occhi.
-Sei cresciuto!-
esclamò, stupita: non credeva che anche Aslan potesse
cambiare, lo aveva sempre
immaginato come un essere immutabile ed eterno – un
po’ come il cielo e le
stelle.
-Come tu cresci un po’
ogni anno, anche io cambio col passare
del tempo.- le spiegò lui, con la voce più calda
e profonda di quanto lei non
rammentasse. Lucy annuì, sentendo un nuovo groppo in gola
annodarsi ed
impedirle di parlare, limitandosi ad accoccolarsi un’altra
volta contro di lui.
-Cosa ti è successo,
Aslan? Perché non sei venuto a
salvarci, questa volta?- mugolò, sentendo
l’angoscia ripresentarsi dentro di sé
al pensiero di quante cose erano successe in quell’anno che
era trascorso dal
momento in cui, per la seconda volta, avevano messo piede a Narnia.
Aslan non rispose immediatamente.
Si sedette con grazia
nell’incavo delle radici di un grosso faggio, lasciando che
Lucy s’accomodasse
fra le sue gigantesche zampe e volgesse gli occhioni pieni di domande
verso di
lui.
-Le cose non accadono mai due volte
allo stesso modo.- si
limitò ad affermare, enigmatico come sempre, strappando uno
sbuffo esasperato
alla bambina.
-Ma… avresti potuto
impedire tante cose!- protestò, infatti,
la piccola Lucy: Aslan avrebbe potuto evitare che Siria venisse rapita,
assieme
alle sue amiche, da Angus Flynch… avrebbe potuto far
sì che la rossa non
scappasse dalla Tana e non si sacrificasse per tutti loro, avrebbe
potuto fare
tante cose per impedire ciò che, invece, aveva lasciato
accadere.
Aslan abbassò il capo,
mentre i suoi occhi s’incupivano al
pensiero di quella figlia che non era riuscito – ancora
una volta – a
proteggere come avrebbe voluto e dovuto fare.
-Cose che vi hanno insegnato
più di quanto io avrei mai
potuto.- contraddisse, pacatamente, la piccola Lucy: se lui fosse
intervenuto
per proteggere le sue Figlie, Caspian e i giovani Pevensie, nessuno di
loro
avrebbe mai imparato nulla di ciò che quell’anno
di guerriglia e preparazione
aveva permesso loro di capire e accettare. Era un concetto difficile e,
per
certi versi, crudele, ma Lucy era una giovane intelligente e Aslan
sapeva che,
alla fine, avrebbe capito.
La vide però
intristirsi, probabilmente al pensiero della
morte orribile di Siria. Lucy era sempre stata molto dolce ed
estremamente
sensibile, non lo sorprendeva affatto vederla tanto sconvolta per la
sparizione
di una persona a lei cara… -Non piangere chi se
n’è andato, Lucy. La vita è
piena di sorprese.- la consolò, cullandola fra le zampe e
strofinando il muso
contro di lei.
La bimba ridacchiò,
tirando su col naso ed asciugandosi gli
occhi, incapace di tenergli il broncio troppo a lungo.
-E, ora come ora, tu che sorpresa
hai in serbo per questo
disastro?- gli chiese, ironica e spigliata come sempre, strappandogli
una
risata enigmatica ed un lungo sguardo di quelle profonde, antiche iridi
brune.
-…rawr?- tentò allora Lucy, mimando un ruggito ed
un’artigliata con la manina
piccola e soffice.
Il leone si alzò in
piedi, divertito, guardandola con
orgoglio ed infinita pazienza.
-Esattamente, mia piccola Lucy.-
annuì, prima di rovesciare
la testa verso il cielo e lanciare un ruggito che poté
udirsi in tutta Narnia.
La terra stessa tremò,
quando il canto di Aslan richiamò
alla vita le creature che per lunghi secoli avevano celato se stesse.
Le fronde degli alberi fremettero
d’impazienza quando driadi
e silfidi comparvero danzando fra i loro rami, accogliendo le ninfe dei
boschi
e dei venti in un abbraccio materno ed amorevole; dalla penombra della
foresta
emersero le figure, dapprima sfocate, di decine di creature di Narnia
che Lucy
non credeva esistere ancora – troll, goblin, lupi delle
montagne e tantissimi
altri – mentre, alle loro spalle, si delineava il profilo
più familiare delle
impalpabili nereidi e delle ben più concrete naiadi.
Lucy trasalì, sentendo
un sorriso entusiasta schiudersi sul
proprio volto quando riconobbe le inconfondibili iridi dorate della sua
adorata
amica Shaylee.
-Shaylee!- esclamò,
incapace di trattenersi, correndo ad
abbracciarla e stringendosi forte alla vita esile di quella giovane
ninfa a cui
tanto si era affezionata durante l’ultimo anno.
Shaylee sorrise, emozionata,
stringendo a sé la piccola
Pevensie e chiudendo per un istante gli occhi per assaporare quel
minuscolo
attimo di gioia che si era appena acceso dentro di lei: era
così bello rivedere
Lucy dopo tante settimane…
-Ciao, piccola.-
mormorò, chinando il capo e lasciandosi
confondere – per un breve istante – dal profumo
fresco e frizzante intriso
nella lunga chioma castana di Lucy.
Sapeva di casa, quella bambina.
Rimase abbracciata alla ragazzina
per quella che le parve
un’eternità, sotto gli sguardi orgogliosi di Aslan
e di Mairead; ma, quando si
accorse di essere osservata, alzò il volto e si ricompose,
permettendo però a
Lucy di rimanere stretta a lei.
-È arrivato il momento,
Aslan?- domandò, dominando
l’emozione che sentiva agitarle il cuore al cospetto del
signore incontrastato
di tutta Narnia – era passato talmente tanto tempo dal loro
primo incontro che
Shay, vergognandosene, si era convinta di averlo solamente
sognato…
Le iridi grandi e lucenti del leone
si posarono su di lei,
spingendola a chinare la testa in segno di rispetto; sorrideva, Aslan,
fiero di
quella naiade che aveva osservato a lungo e che, finalmente, vedeva
sicura di
sé e della strada che aveva deciso di percorrere.
-Sì, mia cara.- annuì, prima
di volgersi verso la bellissima Sovrana che aveva guidato il popolo di
Narnia
da quando lui se n’era andato. -Mairead, mia signora.- la
salutò, abbassando la
grande testa davanti a lei.
Mairead sorrise, altera e
misteriosa come sempre,
comprendendo il muto ringraziamento che Aslan le stava rivolgendo con
quell’inchino.
-Ti affido Lucy.- aggiunse lui,
rialzando il muso e vedendo
la ninfa annuire in risposta.
Mairead sapeva bene dove lui doveva
andare, adesso.
-Sarà al sicuro.- gli
assicurò, stringendo le lunghe dita
affusolate sullo scettro incantato che Aslan stesso le aveva donato
secoli e
secoli prima; la pietra azzurra incastonata
nell’estremità superiore sfolgorò
di bagliori argentati quando la Sovrana s’inchinò
a sua volta al cospetto del
grande leone, rispettosa, prima che il felino si voltasse per avviarsi
verso il
profondo della foresta.
-Mairead?- sentì
squittire, e si voltò per rivolgere un
sorriso alla più giovane dei Quattro regnanti venuti dal
passato. -L’ultima
volta che vi ho incontrato eravate completamente d’acqua,
maestà.- la salutò
Lucy, riconoscendola con entusiasmo e lasciando andare Shaylee per
rivolgere
una riverenza molto aggraziata all’antica naiade.
-Come Shaylee, anche io e le altre
naiadi abbiamo dovuto
adattarci quando Narnia è cambiata.- le spiegò,
intenerita dalla dolcezza
speciale di quella ragazzina che non era cambiata nemmeno dopo tutti
quegli
anni. -L’acqua di ogni mondo è sempre collegata,
non esiste una polla che possa
vivere a sé stante; Aysell ha perduto il controllo sul
proprio elemento, e
tutte noi soffriamo con lei.- continuò, vedendo Shaylee,
alle spalle di
Lucy, incupirsi
quando nominò la sua
adorata sorellina.
La giovane umana annuì,
rammentando le lezioni che le erano
state impartite durante il periodo in cui aveva vissuto e regnato a
Narnia.
“Le naiadi e le nereidi
sono ninfe dell’acqua e da acqua
sono composte, ma soltanto le prime fra loro possono assumere altre
forme come,
ad esempio, quella umana.
È un processo di
trasformazione non istantaneo, che richiede
molta energia ed una notevole capacità di concentrazione: la
maggior parte di
questa razza di ninfe preferisce, infatti, assumere una forma sola
durante la
propria esistenza.
Una volta mutate, però,
le naiadi sono in grado di adattarsi
perfettamente al proprio nuovo aspetto fino a che non sarà
necessario tornare
alla propria forma originaria: in questo caso, tuttavia, la spesa di
forze sarà
uguale – se non maggiore – a quella utilizzata
durante il cambiamento
precedente.
Si dice che soltanto creature come
la Guardiana dell’Acqua,
la Terza delle Figlie di Aslan, sia in grado di trasformarsi in pochi
attimi e
senza dispendio di energie: questa mitologica creatura (non ancora
ritrovata)
appartiene sicuramente ad una di queste due famiglie di ninfe, essendo
esse
tutte collegate dall’indissolubile legame che unisce le
creature dell’acqua.”
-Potremmo non essere in grado di
combattere se assumessimo
la nostra forma originaria, Lucy. Saremmo troppo instabili.- la voce di
Shaylee
strappò la piccola Pevensie dai propri ricordi, facendola
sussultare. Lucy alzò
lo sguardo, mortificata dalla propria distrazione, appena in tempo per
vedere
l’amica naiade lanciare un’occhiata pensierosa alla
figura già lontana di
Aslan. -Fino a che Aslan non avrà sistemato le cose, la
soluzione più sicura è
rimanere umane.- aggiunse, ma la piccola capì che stava
parlando più a se
stessa che con lei e non rispose, rimanendo a guardare il leone fino a
che non
lo vide scomparire nel folto del bosco.
Sarebbe tornato, Lucy non aveva mai
smesso di crederci e
certo non lo avrebbe fatto adesso: eppure vederlo andare via le fece
male come
mai prima di quel momento.
Shay sospirò,
ravviandosi la treccia bruna dietro la spalla
e drizzando appena la schiena.
-Forza, non abbiamo tempo da
perdere.- affermò, prendendo
Lucy per mano e conducendola con sé alla destra di Mairead.
-Peter e gli altri
stanno aspettando soltanto noi.-
§
Il clangore delle spade era
assordante.
Peter rotolò su se
stesso, sfilandosi dal letale ingaggio di
Miraz appena in tempo; alzò lo scudo, proteggendo il braccio
– ferito pochi
attimi prima – quando la pesante spada di Miraz si
lanciò in una nuova scarica
di colpi che lui riuscì a malapena a parare.
Aysell represse il desiderio di
imprecare mordendosi un labbro,
tenendo gli occhi inchiodati sul duello in corso a pochi metri da lei.
-Così si farà
ammazzare!- mugugnò, lanciando una veloce
occhiata a Edmund Pevensie che, come lei, non riusciva a staccare lo
sguardo
dallo scontro che vedeva coinvolto suo fratello maggiore. -A cosa
può servire
un Supremo Re morto!? Edmund, fai qualcosa!-
aggiunse la giovane naiade,
indicando il biondo con un ampio gesto del braccio.
Edmund, però, scosse la
testa.
-Peter non ha bisogno di me,
adesso.- le rispose soltanto,
senza allontanare le iridi scure da Peter – aveva
uno sguardo tremendamente
intenso, notò Mirime, studiando
l’espressione corrucciata e pensierosa del
più giovane dei Re.
L’idea che Caspian aveva
proposto poche ore prima era stata
approvata praticamente all’unanimità dal consiglio
improvvisato che avevano
tenuto in una delle salette della Tana: il Re Supremo aveva sfidato a
duello
l’usurpatore telmarino, pungolandone l’orgoglio
tramite il messaggio che Edmund
stesso si era premurato di riferire a Miraz, per decidere la sorte di
quella
battaglia senza inutili spargimenti di sangue.
Tutti quanti sapevano perfettamente
quanto quello fosse
soltanto un tentativo di prendere tempo per permettere a Lucy e a Talia
di
trovare Aslan e risistemare l’equilibrio delle Figlie
superstiti, ma l’idea era
che Peter tentasse almeno di sopravvivere…
L’Ancella
dell’Aria tornò a soppesare l’Alto Re di
Narnia,
pensierosa.
Peter Pevensie combatteva con una
furia che aveva visto ben
poche volte nel volto di un uomo: aveva, negli occhi, la rabbia e la
determinazione di un innocente condannato a morte – metteva
tutto se stesso nei
colpi della propria spada, attaccando come se stesse cercando di
vincere non
soltanto Miraz ma, soprattutto, tutti i pensieri che gli avevano
corroso lo
spirito da quando Siria se n’era andata.
Combatteva per dimenticare
ciò che le aveva fatto, comprese la pleiade, guardando il
biondo balzare in piedi
e scagliarsi addosso al nemico con forse anche più furia di
quanta ne avesse
usata sino a quel momento.
Combatteva contro i propri demoni, Peter Pevensie, e nessuno avrebbe
potuto arrestare la
determinazione con cui stava lottando in quell’istante.
-Vincerà.-
mormorò Caspian, fermo sull’attenti al fianco
della ninfa mora, serrando convulsamente la mano destra
sull’elsa della spada.
Da quando era arrivata alla Tana,
poche ore prima, Mirime
gli aveva sentito pronunciare giusto una manciata di parole: tutto
ciò che il
principe Caspian aveva detto le era sembrato corretto, misurato ma,
purtroppo,
estremamente e profondamente sofferto.
C’era l’ombra
della morte, negli occhi di quel futuro Re.
Il ragazzo digrignò i
denti, masticando un’imprecazione
quando vide Peter, esausto, chiedere una breve pausa
all’avversario.
-Le deve almeno questo.-
sussurrò, rivolto più a se stesso
che alla ninfa dei venti, prima di farsi avanti per sostenere il
proprio Re.
§
“È
giunto il momento, Siria.”
Riversa a terra in quel talamo di
cenere che l’aveva vista
sacrificarsi per il più nobile dei motivi, velata soltanto
da quella sua
cascata di lucenti capelli rossi, la Paladina del Fuoco dormiva il
primo vero
sonno tranquillo della sua vita.
Mosse appena il capo, scacciando la
polvere nera che le
irritava le palpebre socchiuse, mentre le iridi si muovevano, agitate,
sotto il
velo di quella pelle sottile.
“È
ora di svegliarsi, figlia mia.”
Scosse ancora una volta la testa,
imbronciandosi persino nel
dormiveglia: non aveva la minima intenzione di sottrarsi a quella pace
in cui
si stava lasciando naufragare da quando la presenza di sua madre
l’aveva abbandonata,
no… in quel mondo selvaggio e ostile la aspettavano
solamente dolore e
solitudine, non aveva proprio voglia di ricominciare a combattere
così presto.
Voleva godersela soltanto un altro po’, non c’era
niente di male… rotolò su se
stessa, avvolgendosi ancor di più in quel lenzuolo scarlatto
intessuto di
capelli e braci morenti, scacciando la sensazione – piuttosto
vivida,
oltretutto – di non essere sola.
“Avrai
tutto il tempo del mondo per
imparare ad amarti, mia cara… adesso, però, devi
aprire gli occhi e tornare
alla vita.”
A chi apparteneva quella voce? Le
sembrava di averla
conosciuta molto tempo prima… eppure, nonostante le suonasse
familiare, non
riusciva a dare un nome alla sensazione di calore e affetto che
sembrava
trasparire da quelle parole sussurrate alla sua mente assopita.
Era quasi come se una presenza che
le era mancata per
tantissimo tempo fosse finalmente tornata da lei, abbracciandola e
cullandola
in una stretta piena d’amore e di sollievo per averla
ritrovata.
Le diceva di svegliarsi, quel
qualcuno che la amava ma che
lei non era in grado di riconoscere; le diceva che doveva andare, che
doveva
tornare alla vita che la stava aspettando al di là di
ciò che rimaneva delle
colline di Archen – ma se poi l’avesse perduta? Se,
destandosi, quella persona
sconosciuta se ne fosse andata un’altra volta?
Qualcosa, dentro di lei, si
ribellava all’idea di lasciarla
andare: aveva aspettato così tanto per
riabbracciarla…
Una risata calda e rassicurante le
riempì l’anima,
strappandole un sorriso spontaneo e sincero che distese i lineamenti
contratti
del suo bel volto.
“Sii
serena, mia cara bambina. Io non
ti lascerò più.”
§
Aysell scambiò
un’occhiata pensierosa con Mirime, per nulla
rassicurata dalla presenza del piccolo drappello di soldati che, appena
dietro
i luogotenenti di Miraz, si era avvicinato al colonnato in rovina in
cui si
stavano fronteggiando Peter ed il re telmarino.
Miraz era in ginocchio, ferito ed
inerme davanti alla spada
di Peter. Contro ogni aspettativa – nonostante le
ferite, il dolore, la
rabbia – il giovane Pevensie era riuscito a
ribaltare le sorti di quel
duello e ora era lì, con in pugno la vita di
quell’uomo che tanto male aveva
liberato a Narnia, impugnando una lama che tremava della stessa furia
che gli
brillava negli occhi.
Aysell si morse un labbro,
preoccupata.
Non conosceva bene nessuno dei
Pevensie, vero, ma le era
parso di capire che Peter fosse un guerriero estremamente leale
– un idiota,
certo, ma di sicuro non qualcuno in grado di giustiziare un uomo
disarmato.
Miraz aveva fatto del male a tutti
loro, era vero, ma non
meritava una fine del genere: la sua morte non avrebbe risolto quella
guerra né
fermato l’esercito che si era ammassato davanti alla Tana
– avrebbe
solamente portato ancora più oscurità nel cuore
dell’Alto Re di Narnia.
Edmund, accanto a lei, fissava il
fratello: forse era
d’accordo con la sua riflessione, forse anche lui pensava che
Peter non dovesse
finire Miraz… ma sussultò, sorpreso, nello stesso
istante in cui la naiade
trasalì: Peter aveva abbassato la spada e si era voltato
verso Caspian,
porgendogliela e facendosi, poi, da parte.
Quella vendetta non gli spettava, sembrava voler dire
l’atteggiamento del Re Supremo: aveva
ceduto il posto a Caspian, dandogli la possibilità di
vendicare tutti coloro che
il principe aveva perduto a causa di quel malvagio essere umano
– suo padre,
il suo regno, Siria…
Da quel poco tempo che aveva
passato alla Tana, Aysell era
riuscita a comprendere quanto forte e solido fosse stato il legame fra
la
raminga e Caspian: non osava nemmeno pensare a
quanto dolore stesse
provando il ragazzo in quel momento…
Peter – incredibile a
dirsi – aveva compiuto un gesto molto
onorevole nei confronti del moro: gli aveva dato la
possibilità di uccidere il
responsabile di mille e mille atrocità e, soprattutto, non
lo stava lasciando
solo ad affrontare Miraz, rimanendo al suo fianco come avrebbe fatto
soltanto
un vero amico.
Nemmeno Caspian avrebbe dovuto
uccidere quell’uomo.
Aysell strinse i pugni, imponendosi
l’autocontrollo
necessario per non scoppiare di nuovo in lacrime: uccidere Miraz non
avrebbe
riportato indietro Siria… niente e nessuno avrebbe mai
potuto restituire la
raminga alle persone che l’avevano amata.
Ma Caspian lo avrebbe capito?
Sarebbe stato in grado di
vedere oltre l’odio e la sofferenza?
Sentì il principe
mormorare qualcosa, vide Miraz
rispondergli e chinare il capo, sconfitto dinanzi a quel nipote che
aveva
tentato di uccidere in tutti i modi; e chiuse gli occhi, la giovane
naiade,
voltando la testa per non costringersi a guardare
quell’esecuzione che avrebbe
tanto voluto poter fermare.
Il grido disperato, sofferto,
ruggito di Caspian le ghiacciò
il sangue nelle vene, appena prima che il sibilo della spada ed un
tonfo
alquanto sinistro la facessero trasalire ancora una volta.
Sentì Mirime espirare al
proprio fianco, avvertì il fiato di
Edmund mozzarsi all’improvviso: aprì gli occhi,
incapace di capire che cosa
stesse succedendo, giusto in tempo per vedere Caspian voltarsi verso la
Tana
con gli occhi pieni di lacrime mentre Miraz, incredulo, guardava la
spada del
giovane principe vibrare a pochi centimetri dal proprio volto.
La ninfa sentì qualcosa
di simile ad una scossa elettrica
attraversarla, mentre un sorriso incredulo le si apriva in viso: Caspian
non
lo aveva ucciso!
Incredula, vide Peter sorridere
stancamente e dare una pacca
sulla spalla al ragazzo, ottenendo in risposta uno sguardo confuso ma,
in un
qualche modo, trionfante; il biondo annuì, lanciandogli
un’occhiata che poteva
essere definita soltanto orgogliosa, passandogli un
braccio intorno alla
spalla e conducendolo verso la delegazione narniana mentre
l’intero esercito li
acclamava.
-Siria sarebbe fiera di loro. Di
tutti e due.- mormorò
Edmund a bassa voce, in modo da non farsi sentire dai due ragazzi,
permettendosi
un breve sorriso che, tuttavia, non illuminò del tutto il
suo sguardo rapace.
Aysell si sfregò gli
occhi, sentendosi pienamente concorde a
quell’affermazione: Peter non le piaceva e lo avrebbe odiato
– forse per sempre
– ma sì, Siria sarebbe stata fiera di entrambi, se
fosse stata lì sarebbe stata
così felice di vederli uscire trionfanti ed immacolati da
quella sfida…
-Era molto legata a Peter?-
sentì domandare Mirime al bruno.
Edmund annuì.
-Più di quanto si possa
spiegare.- fu la risposta che diede
alla pleiade, prima di farsi avanti per controllare che il fratello
fosse
ancora tutto intero; Peter però lo fermò
immediatamente, facendogli cenno di
seguirlo mentre lo superava assieme a Caspian.
-Torniamo alla Tana e prepariamoci.
Non è ancora finita.- lo
sentì sussurrare Aysell mentre il Re passava accanto alle
due ninfe col passo
determinato di sempre; Mirime, rapida, le toccò una spalla
per farle cenno di
seguirla, accodandosi ai tre Re assieme alla naiade.
-È andata bene, no?- le
domandò la bionda, mentre
camminavano fra le rocce semidivorate dal muschio che costellavano quel
pezzo
di prateria.
-Più che bene.- le
confermò l’altra, intrecciando una ciocca
di capelli alle lunghe dita e lanciando un’occhiata
pensierosa ai tre ragazzi.
-Edmund Pevensie ha ragione: hanno dimostrato entrambi di essere degni
di
essere chiamati Re.- aggiunse, in quel tono lontano e distaccato che
– Aysell
lo sapeva bene – assumeva quando stava riflettendo su
qualcosa di importante.
Avanzò di qualche passo,
rispettando il bisogno dell’amica
di riflettere, lanciando un’occhiata intorno a sé:
una volta quel pianale era
stato l’altare sacrificale della Strega Bianca ma, ora non
rimanevano altro che
sconnesse pietre bianche oramai spezzate…
Uno strano riflesso grigiastro.
Aggrottò le
sopracciglia, perplessa: era cresciuta fra le
alte montagne che dividevano Narnia da Ettins e, nel corso dei secoli,
aveva
imparato a riconoscere tutti i modi in cui la luce poteva rifrangersi
sulla
roccia… ma quella non era una luminescenza normale.
Un riflesso metallico.
Si voltò di scatto,
improvvisamente spaventata… appena in
tempo per vedere il luogotenente di Miraz pugnalare il proprio re con
una
freccia dalle piume scarlatte.
-CASPIAN! PETER!-
strillò, inorridendo quando vide
l’usurpatore cadere e le guardie del nobile –
Sopespian, si chiamava? – rompere
le righe e scagliarsi verso di loro.
-TRADIMENTO!- urlò il
telmarino, sorridendo trionfante
davanti all’agonizzante corpo di Miraz. -NARNIA CI HA
TRADITI!-
I tre ragazzi si voltarono di
scatto, sguainando le spade e
lanciandosi verso i nemici senza esitare nemmeno un istante; anche
Mirime,
senza scomporsi, distese una mano ed evocò la propria arma
prediletta dal limbo
in cui la sua energia la teneva racchiusa – Mirime
era magica anche senza i
propri poteri, rammentò Aysell, vedendo la lunga
asta apparire fra le dita
dell’amica e le lame gemelle lampeggiare nel sole di Narnia; non
aveva
problemi ad evocare qualcosa creato da una magia diversa da quella
dell’Aria,
e__
Aysell si batté una mano
sulla fronte, stupita dalla propria
lentezza: si concentrò sulla propria energia vitale,
guardando le pietre
incastonate nei propri bracciali illuminarsi e prendere istantaneamente
la
forma dei pugnali che aveva utilizzato anche contro Nikabrik.
Anche lei poteva evocare quel tipo
di magia, perché si
legava alla sua mente e non all’Acqua: come aveva fatto a
dimenticarlo!?
Scuotendo la testa, esasperata,
Aysell corse verso il cuore
dello scontro; schivò il primo colpo abbassandosi di scatto
e pugnalando
l’aggressore al ventre, allontanandosi quasi subito per
volgersi verso un altro
avversario.
Peter, più accorto di
lei, vide l’uomo ferito agguantare la
propria lancia per prendere Aysell alle spalle; reprimendo il desiderio
d’imprecare, brandì Rhindon e calò con
forza la fidata spada sul braccio del
telmarino, mozzandoglielo di netto e rendendolo innocuo.
-Mettiti al sicuro, accidenti!-
abbaiò in direzione di
Aysell che, sorpresa dal suono delle ossa che si spezzavano, si era
voltata
verso di lui e adesso lo stava fissando con un’espressione
totalmente allibita.
-Me la cavo benissimo!- fu
l’unica risposta che Peter
ottenne da lei ma, prima che potesse urlarle in faccia quanto si stesse
comportando da sciocca, la ragazza incespicò, schivando per
un pelo la lama di
un’ascia leggera scagliata contro di lei.
-Certo, come no!- sbottò
lui, esasperato; però, vedendo che
Aysell non gli dava minimamente retta, sbuffò e la prese per
un braccio,
costringendola a guardarlo in faccia. -Senti, fila subito da Susan e
rimani
fuori dai piedi fino a che non potrai annegarli tutti!- le impose,
bruscamente,
in un tono talmente perentorio da farla sussultare.
-D’accordo!-
pigolò la ragazza, allibita
dall’autorità che
aveva sentito vibrare nella voce di lui, scivolando via dalla sua presa
e
dirigendosi di corsa verso la Tana di Aslan.
Certo che quell’idiota sa
come dare ordini,
si disse, mentre si arrampicava sulla scala pericolante
che l’avrebbe condotta dagli arcieri che Susan aveva disposto
sopra l’accesso
della cripta; scosse la testa, imbronciata e sorpresa, in risposta
all’occhiata
interrogativa che le lanciò la Regina nel vederla arrivare.
-Accidenti a lui, stavo quasi per
mettermi sull’attenti!-
mugugnò fra sé, contrariata, ma non
poté fare a meno di provare una fitta di
ammirazione quando, lanciando uno sguardo verso i tre Re e Mirime, vide
il
biondo sterminare i telmarini senza una briciola di esitazione.
Forse, con una guida come lui, non
tutto era perduto…
§
Gli occhi di Siria si schiusero con
dolcezza, accompagnati
dalla delicata sensazione di affetto che aveva avvertito durante il
sonno e
che, contrariamente a quanto aveva temuto, non si stava dissolvendo.
Le colline di Archen erano soltanto
un ricordo: sotto le sue
mani c’era, adesso, un terreno nerastro e brullo che si
stendeva fino a dove
istanti, ore, giorni prima c’era stata solo tanta erba
spazzata dal vento…
sarebbero rimaste nere di cenere per sempre,
Siria lo sapeva.
Lì la fenice era morta.
Era morta per poi risorgere.
Inspirò profondamente,
serena come mai prima, sentendo i polmoni
riempirsi di quell’aria fredda e pura che le trasmise un
profondo senso di pace
e di libertà.
Non c’era più
odio nel suo cuore, non c’era più quel mostro
che Jadis aveva impiantato fra le sue carni: la sua anima, adesso,
aveva la
possibilità e la forza di volare via, di ardere e di
esplodere in un tripudio
di luci e di fiamme.
Sorrise, chiudendo ancora gli occhi
e sentendo la magia
scoppiettare liquida e pura appena sotto la sua pelle: era un fiume in
piena
che la riempiva, che donava ai suoi muscoli ed al suo cuore nuovo
coraggio,
nuovo vigore.
Un solo battito d’ali, e
le colline di Archen rimasero alle
sue spalle.
Si guardò intorno, una
volta abbandonato il fuoco che
l’aveva riportata indietro, trovando nella foresta di Narnia
una vita che non
vi aveva mai scorto prima – un lento battito appena
celato sotto le cortecce
immote degli alberi. Gli occhi di una strega potevano
distinguere ogni
anelito di magia, ogni sprazzo di vita in ciò che la
circondava: l’energia che
le scorreva nelle vene non era più malvagia ed
incontrollata, ma impaziente di
bruciare con tutto il proprio ardore.
Per la prima volta nella sua vita
Siria si sentì davvero Siria.
Una strega, una donna, una
guerriera; un’amante, una
compagna, un’amica fedele; era in grado di essere tutto
ciò che desiderava,
tutto ciò che il suo cuore aveva bisogno di sentire.
Si era finalmente liberata della
bestia che Jadis aveva
impiantato dentro di lei, costringendola a temere se stessa e la
propria
natura: ora non era più un’agonia lasciar scorrere
fra le dita rivoli di magia,
densi come il sangue, scoppiettanti come il fuoco.
Era bello.
Si sentiva a suo agio, si sentiva
come se non avesse mai
davvero assaporato appieno la propria esistenza: una magia molto
più antica
della Strega Bianca la chiamava, incantandola con la meraviglia che
emanava
ogni essere che la circondava, avvolto dall’opalescente aura
della sua stessa
natura.
L’intera Narnia, ora lo
vedeva, era impregnata di magia.
La palpava, l’assaporava;
la sentiva scendere fra le labbra,
lungo la gola, riempiendole il ventre del sapore caldo e denso di una
magia che
diventava parte di lei, assorbita dalla sua stessa carne che si
confondeva, che
si mischiava con quel nettare troppo a lungo negatole.
E lei non era più una
creatura a sé stante: non era più una
reietta, non rifiutava più il posto che quella terra aveva
riservato
esclusivamente a lei fin dalla notte dei tempi; sentì la
natura gioire,
estasiata, quando prese finalmente il posto che le spettava da sempre.
Là, figlia dello stesso
sangue di Aslan.
Ma ora, ora doveva andare: avrebbe
avuto tanto tempo per
scoprire le meraviglie che la magia le aveva riservato, che quella
meravigliosa
comunione le aveva offerto e che lei, finalmente, aveva accettato.
Aveva un compito, adesso.
C’era una guerra, in
corso, una guerra in cui avrebbero
combattuto tutte le persone che amava e che avevano bisogno di
lei…
I suoi soldati, che così
duramente aveva addestrato.
Aaron, Caleb e Talia che,
sicuramente, la stava aspettando –
Talia, che di lei si era sempre fidata, anche quando Siria stessa aveva
dubitato di sé.
Mirime, che aveva sempre creduto
nella sua forza, vedendola
le avrebbe sorriso e sarebbe stata felice di ritrovarla, fiera della
vittoria
che la sua giovane amica aveva conquistato.
Aysell, che invece
l’avrebbe certamente affogata: chissà
quanto si era spaventata, quanto aveva sofferto nel sentire la magia
strapparle
la presenza di una sorella appena ritrovata…
Shaylee…
chissà se Shaylee sarebbe entrata in battaglia,
occupando finalmente quel posto che Mairead aveva serbato tanto a lungo
per
lei.
Peter, che non era riuscito a
ucciderla. Peter, che aveva
visto ogni suo tormento, ogni suo dolore, ogni segreto nascosto nel suo
animo
tormentato. Peter, a cui non avrebbe permesso di lasciarsi ammazzare
– non da
qualcuno che non era lei, perlomeno.
Caspian.
Non sapeva cosa
l’aspettava. Non sapeva se il principe
sarebbe stato in grado di perdonarla, di accettarla per quello che era.
Non
sapeva quanto avrebbe sofferto, non sapeva se avrebbe ancora avuto il
coraggio
di guardarlo negli occhi. Non sapeva se in quelle iridi color pece
avrebbe
ancora trovato quell’amore che l’aveva salvata, che
le aveva restituito la
vita.
Ma sarebbe andata. Sarebbe andata
comunque, avrebbe
combattuto comunque.
Sentì il suo cuore
incendiarsi quando le fiamme arsero
dentro e fuori di lei, il volto del suo principe bene impresso sulla
retina.
Caspian.
Qualunque cosa fosse successa, lei
sarebbe andata – anche
solo per vederlo un’ultima volta.
Si volse in direzione della Tana di
Aslan, a nord rispetto a
dove si trovava in quel momento, accorgendosi soltanto in quel momento
di
calzare degli abiti che non ricordava di aver mai posseduto: aveva
addosso un
semplice corsetto di un bel rosso cupo, resistente e perfetto per
combattere,
un paio di polsiere in cuoio rinforzato e una calzamaglia tanto ben
modellata
sulle sue gambe da darle l’impressione di non indossarla
nemmeno.
Saggiò il proprio corpo
dondolandosi sui talloni, stupendosi
di quanto morbidi fossero i nuovi stivali da viaggio che le erano
apparsi ai
piedi assieme a tutto il resto: un gesto che non le costò il
minimo sforzo,
sostenuta com’era dall’amorevole aiuto della terra
e del fuoco che vi pulsava
all’interno, impaziente di eruttare.
Narnia voleva vendetta.
Siria lo sentiva, avvertiva la
richiesta muta ma pressante
del mondo che l’attorniava, del suo
mondo: non poteva ignorarla, non
avrebbe potuto nemmeno volendo… i suoi stessi desideri
coincidevano con quello
del canto che avvertiva attorno a sé ovunque i suoi occhi
cercassero, in
qualunque modo ascoltasse la natura.
Vai,
Strega Rossa.
Vai
e combatti, fenice, spiega le tue
ali e ardi nel cielo azzurro della tua terra.
Combatti, Paladina del Fuoco, ultima delle Quattro di Aslan. Combatti per Narnia.
..
..
..
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.
.My Space:
.
Lasciatemelo dire, perché oramai ci siamo: PER NARNIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!
Come siamo messi male xD
È arrivato Aslan! Incredibile ma vero, anche quel grosso gatto si è fatto vivo (finalmente U_U). Non so se ve l'ho mai detto, ma Aslan mi sta davvero antipatico ^^''''
In questo capitolo succedono un sacco di cose: Talia dà sfogo alla sua rabbia, Peter affronta in parte i suoi demoni, Aysell e Mirime si inspessiscono come presenze nella storia e Siria si dà, finalmente, una svegliata. La nostra Strega Rossa ha da fare un bel po' di casino, non c'è che dire xD oh, ed è tornata Shaylee! Non dimentichiamoci di Shaylee xD
A proposito, una nota mia: ho adorato scrivere di Edmund, in questo capitolo. È così... *-*
A parte questo, ecco i due outfit, di Mirime (che mi sono scordata di postare prima) e di Siria, sempre opera di DreamWanderer che trovate su DeviantArt cliccando su questo link ^^ cliccando sulle immagini, invece, potete ingrandirle!
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Noticilla:
Età narniane. Alcuni mi hanno chiesto le età dei baldi giuovani che calcano le scene di questa fanfiction, quindi eccovi accontentati! Ovviamente ho modificato le età definite da C. S. Lewis, ma non mi sento in colpa perché anche Andrew Adamson (il regista, mi pare - confondo sempre i ruoli di regista e produttore - di "Le Cronache di Narnia: il Principe Caspian") l'ha fatto xD
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Famiglia
Pevensie Peter: 20 anni Susan: 18 anni Edmund: 16 anni Lucy: 12 anni |
Figlie
di
Aslan Siria: 20 anni Talia: 1136 anni (dimostrati: 19 circa) Mirime: indefinito (dimostrati: 20 circa) Aysell: 904 anni (dimostrati: 15/16) |
Mercenari Tara: 14 anni Caleb: 22 anni Aaron: 22 anni |
Altri
personaggi Caspian: 18 anni Shaylee: 1528 anni (dimostrati: 17/18) Mairead: 1987 anni (dimostrati: 30/35) |
Noticilla:
Sul mio canale di Youtube sono online un po' di video, se vi va di guardarli, relativi a questa fanfiction: l'ultimo che ho pubblicato è un breve teaser trailer sulle Figlie di Aslan, se vi va di darci un'occhiata li trovate sul mio PROFILO o direttamente al link: http://www.youtube.com/watch?v=u2FMUv7DXRM
N.B. la canzone del capitolo 40° si chiama "Demons" ed appartiene al gruppo "Imagine Dragons". Il video che ho messo come collegamento, però, è farina del mio sacco e riguarda Peter e Siria ^^'
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Tabella prossimi aggiornamenti:
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22/12 - Capitolo 45 (regalo di Natale!)
05/01 - Capitolo 46
19/01 - Capitolo 47
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Nota dell'Autrice:
Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U
Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.
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