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Autore: Lacus Clyne    16/12/2013    3 recensioni
"Cominciò con un incubo. Un incubo tornato dalle profondità dell’anima in cui avevo cercato di relegarlo innumerevoli volte, da quando ne ho memoria." Per Aurore Kensington i sogni si trasformano in incubi sin da quando era una bambina. Sempre lo stesso incubo, sempre la voce gentile del fratello Evan a ridestarla. Finchè un giorno l'incubo cambia forma, diventando reale. Aurore è costretta a fare i conti con un mondo improvvisamente sconosciuto in cui la realtà che le sembrava di conoscere si rivela essere una menzogna. Maschere, silenzi, un mistero dopo l'altro, fino al momento in cui il suo adorato fratello Evan e la loro mamma scompaiono nel nulla...
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera! :) Ultima parte del capitolo, come promesso, di lunedì! :D Intanto, giusto per la cronaca, il mio Jack è tornato e sono felicissima!! *------* E capisco che non ve ne possa fregare niente, ma lo scrivo lo stesso! u_u Ok, che altro dire... un grazie a chi mi segue, a chi recensisce, a chi tace semplicemente... e boh, poi se vi va di dire qualcosa non mi offendo mica, eh? A Natale non siamo tutti più buoni?? ç____ç Siccome riceverò pochissimi regali, una recensioncina ina ina ina me la fa-- 

Damien: ehm... lasciatela perdere.

Aurore: sì, concordo! u_u

Uff, senti questi altri... e pensare che vi aspetta un momento dolce dolce... ç____ç Va beh, non date retta a loro, datela a me! Se ce la faccio, la settimana prossima vi faccio pure un pensierino natalizio! u_u Perché adorare Santa Klaus fa bene... :Q___ No, scherzo! XD Ok, sto delirando, la smetto! 

Buona lettura, alla prossima! :D

 

 

 

 

Quando tornammo alla residenza, Ruben organizzò il da farsi. Oramai erano passate diverse ore e il mattino era incipiente. Per prima cosa, portammo Damien in una stanza già fatta preparare da Rose (e Violet fu davvero felice nel rivederlo in buona salute, sebbene ancora privo di sensi). I ragazzi decisero di tornare nella dimora di Amelia, che del canto suo, protestò per il trattamento ricevuto.

- Non mi hanno nemmeno dato il tempo di rivestirmi.

Protestò, mentre Alanora le metteva addosso una coperta di seta lucida che ben si intonava con la sua carnagione. Rose la guardò di sottecchi.

- Come se ti dispiacesse, esibizionista.

Amelia affilò lo sguardo, sogghignando.

- Hai una servitù alquanto rozza, Rose, ma quantomeno riconosce la bellezza. Sai com’è, quando sei abituato a un certo standard e ti ritrovi davanti la vera meraviglia, non puoi esimerti dal riconoscerla.

L’espressione annoiata di Rose era tutto un programma.

- E immagino che la vera bellezza saresti tu, vero?

- Hai bisogno di chiederlo? Rose, sei sempre così insicura…

Violet, accanto a me, soffocò una risatina. Effettivamente, l’unica cosa che non si poteva affermare su Rose Rubinia Cartwright era che fosse insicura.

- Lascia che ti dica soltanto una cosa, Amelia Dobrée. Se vuoi parlare di insicurezza, riferisciti ad Amber, che maschera la sua dietro quel contegno irritante, ma se vuoi riferirti a me, cara, sappi che non ho alcun problema ad ammettere che, diversamente da te, che porti a letto gli uomini per ottenere qualcosa, dal momento che sei totalmente incapace di farcela con le tue sole forze, la sottoscritta lo fa per puro piacere. Dunque, se pensi ancora che io sia insicura, prova a chiedere a Maximien Audrun. Dovresti conoscerlo, ricordo che eravate insieme alla festa della Renaissance, l’anno scorso.

Non avevo idea di chi fosse la persona di cui Rose stesse parlando, ma a giudicare dal fatto che Amelia rimase a bocca aperta, incredula e poi rossa di rabbia, immaginai che dovesse essere qualcuno che per lei contava qualcosa. Guardai Rose che osservava la Lady dello smeraldo con aria compiaciuta, poi sospirai, pensando alla facilità con cui conversavano di certi argomenti. Per Violet e per me erano del tutto tabù. Io stessa avevo dato il mio primo bacio soltanto poche ore prima. Deglutii, arrossendo al pensiero di quel bacio… anzi no, quei baci. Nonostante Damien non fosse in sé, nonostante le parole così crudeli che mi aveva rivolto, le labbra che mi avevano baciata erano le sue e sue erano le braccia che mi avevano cinta. Violet mi urtò col gomito e sbattei le palpebre, guardandola.

- C-Che c’è?

La mia amica indicò Rose e Amelia, e mi voltai a guardarle. Entrambe mi stavano guardando.

- Perché mi guardate in quel modo?

Domandai loro.

Rose sospirò.

- Hai una faccia lasciva, sei imbarazzante.

- L-Lasciva?!

Mi affrettai a schiaffeggiarmi.

- Lascia perdere, Rose. Non è stata nemmeno capace di soddisfare Damien, dunque…

Arrossii violentemente alle parole di Amelia, mentre Rose e Violet mi guardarono incredule.

- C-Che vuol dire, Aurore?

Mi domandò Violet, sconvolta.

- N-Non è vero!

Gesticolai totalmente preda della voglia di sprofondare fino al centro della Terra.

- Tu e Warren… oh… va bene che tifo per voi, ma non mi aspettavo che sareste stati così celeri…

Continuò la mia amica, rimuginando.

- Violet, piantala! Non è successo niente!

- Ma se non fossi arrivata, forse… no, non sarebbe accaduto nulla lo stesso. Sei del tutto incapace, ragazzina.

- Amelia Dobrée, un’altra parola e non risponderò delle mie azioni!

Amelia accavallò le lunghe gambe nude, poi si stiracchiò sensualmente.

- Davvero? Cosa vorresti fare?

- Dio, questa è una pervertita!

Sbuffai, inorridita.

Rose mi dette una pacca sulla spalla.

- Ascoltami.

Mi disse, seriamente. Sostenni il suo sguardo, annuendo.

- Adesso che Amelia e Damien sono qui, è soltanto questione di tempo e molto presto, verrà il momento di affrontare il mondo esterno.

Annuii, pensando al fatto che oramai, non avremmo più potuto tergiversare.

- Rose…

- Pensavo che se tu non fossi mai giunta in questo mondo…

Sussultai, mentre rifletteva sulle parole da utilizzare. Amelia, dietro di lei, ancora morbidamente seduta sul divano, ci guardava interessata.

- … probabilmente avremmo potuto mantenere tranquillamente i nostri privilegi. Sai, i miei genitori tenevano particolarmente al nome della famiglia e al prestigio che ne conseguiva. I Cartwright sono la sola famiglia reggente di Camryn e possiedono il potere da generazioni. Siamo sempre stati molto orgogliosi di questo e sempre determinati a proteggerlo. E poi, sei arrivata tu. La figlia di Greal Valdes e della Lady del diamante, Cerulea Rosenkrantz, scombinando le nostre vite al punto da mettere in discussione l’intera gerarchia dell’Underworld. Potrei dire che buon sangue non mente, ma la verità è che se ci sei riuscita è perché c’è davvero necessità di cambiare. Questo mondo ha visto troppi massacri e le vecchie strutture sono obsolete. Aurore, oramai non puoi più tirarti indietro, così come non possiamo farlo noi. Ne sei consapevole?

Quella domanda così difficile, che tanto mi spaventava, considerando la mia innata capacità di mandare al diavolo la saggezza per scelte scriteriate, come diceva mio fratello alla mamma, in quel momento mi parve un tentativo da parte di Rose di avere una rassicurazione. Forse, Amelia non era del tutto in torto riguardo a lei, sebbene Rose apparisse sempre determinata. Annuii, pensando che adesso, avevamo anche degli alleati, primo tra tutti, mio padre. Non me l’ero ancora sentita di dire loro che si era nascosto dietro la maschera del Cavaliere Nero, l’uomo che stava ostacolando i piani di Liger e degli imperiali, ma sapere che lui c’era, finalmente e che era lì per combattere al nostro fianco, mi aveva donato una sferzata di fiducia, persino in me stessa.

- Sì, Rose, lo sono. E sono pronta ad affrontare Liger, la Croix du Lac o chi diavolo verrà, al vostro fianco.

Violet sorrise, prendendomi sottobraccio. Rose annuì soltanto, poi ghignò.

- Va bene. Allora comincia col risvegliare il tuo bel cavaliere, sperando che quest’idiota non gli abbia cancellato del tutto i ricordi. Ne ho abbastanza di personalità multiple.

Disse, rivolgendosi ad Amelia, che ne approfittò per sdraiarsi sul divano rosso cremisi.

- Ehi, non metterci i piedi sopra!

Protestò Rose.

- Non gli ho cancellato affatto i ricordi. Mi sono limitata soltanto a modificare qualcosa e a ristabilirne gli originali. E comunque, il fatto che lui sia un Ealing non cambia. Come non cambia il fatto che intendo fare di lui il nuovo Despota e rimanere al suo fianco per molto tempo.

Violet mi guardò perplessa, mentre Rose si limitò a rigirare una ciocca rossa attorno all’indice. Guardai Amelia, che mi osservava con aria di sfida.

- Sai qual è la differenza tra me e te, Amelia?

- Da cosa vuoi che cominci?

Mi chiese, arricciando le labbra allo stesso modo di Damien. Un segno inequivocabile del fatto che fossero realmente imparentati. Ma ciò non mi spaventava più, perché Amelia mi aveva appena fatto capire che non avrebbe mai potuto spuntarla contro il sentimento che provavo per Damien, qualunque cosa avesse fatto.

- Tu vuoi rimanere al suo fianco. Io voglio stare al suo fianco.

- Aurore…

Violet mi sorrise dolcemente, mentre Amelia incassò quel colpo con un laconico “Mpf” . Rose mi scoccò un’occhiata di approvazione, poi si rivolse ad Alanora, che per tutto il tempo, era rimasta nella stanza.

- Per favore, avvisa Amber che ci sono degli sviluppi. Sarà meglio non ricorrere alle pietre, per ora.

- Non ho ancora capito come funzionano, a dire il vero…

Dissi a Rose, mentre Alanora assentì e ci lasciò sole.

- Pensavo che te l’avesse spiegato.

Rispose.

- Non proprio… anzi, a dire il vero, non ho nemmeno ancora capito come facciate a comunicare a distanza senza dei telefoni…

- Telefoni?

Mi fece eco Rose.

- Ecco qui!

Violet prese dalla tasca il suo, mostrandoglielo. A differenza del mio, alquanto spartano e perso chissà dove a palazzo Devereaux, il suo era un tripudio di pon-pon e ciondoli.

- E questo cos’è?

Sospirai.

- Magari me lo spieghi un’altra volta…

Le dissi, dal momento che sembrava piuttosto interessata a quell’oggetto ignoto, proprio come Leandrus quando aveva visto il mio. Rivolsi un’ultima occhiata ad Amelia, scorgendola a guardare distrattamente dalla finestra e mi congedai dalle ragazze, per andare a trovare Damien.

Quando arrivai davanti alle sue stanze, esitai a entrare. Sapevo che era irrazionale avere timore, in quel momento, ma non potevo nascondere che mi sentivo inquieta. Ero più che mai sicura di voler stare con lui, ma avevo paura delle sue reazioni. Quel ragazzo era sempre stato un’incognita e adesso che la sua memoria aveva subito una shakerata tale da fargli definire il suo stesso, amato fratellino il fantoccio bastardo di Warrenheim, senza contare le parole che aveva detto a me e che mi facevano male, ogni volta che ci ripensavo, sebbene ripetessi a me stessa che fossero state dette sotto l’impulso di quello che Amelia gli aveva fatto, non potevo non pensare che in fin dei conti, una parte di lui era convinta di ciò che aveva detto. Nonostante papà avesse detto che sarebbe stato bene, temevo che qualcosa, dentro di lui, fosse ancora rotto. E pensai a Lady Octavia, quando gli aveva detto che portava un grande dolore nel cuore. Quante cose Damien mi aveva taciuto. Ma del resto, non potevo accusarlo di avermi mentito. Si era semplicemente limitato a non dirmi nulla. Posai la mano sul pomello. Il mio cuore batteva così forte che avevo l’impressione che stesse uscendomi dal petto.

- Coraggio, Aurore… hai detto ad Amelia che vuoi stare con lui, è ora di dimostrarlo!

Mi dissi, ad alta voce, sperando che sentire le mie stesse parole mi aiutasse a calmarmi. Presi un enorme respiro e mi feci coraggio, entrando. La stanza era in penombra, appena illuminata dalla flebile luce del mattino. Damien era ancora addormentato, per fortuna, e tirai un sospiro di sollievo, almeno per quel momento. Facendo attenzione a non fare rumore, chiusi la porta e lo raggiunsi, sedendomi sulla poltrona accanto al letto dall’alta testiera. Lo guardai, mentre ancora riposava, così serafico e tranquillo. Era come se il sonno gli avesse dato quella pace che la veglia non gli aveva concesso. Osservai il suo profilo rilassato, sperando che da qualche parte, dentro di sé, stesse vivendo un sogno piacevole.

- Damien…

Sussurrai appena, avvicinando le mie dita alle sue. Con l’indice, toccai il palmo aperto. Aveva l’avambraccio nudo, recante ancora le ferite inflitte da Livia, steso sul lenzuolo, ma non reagì. Rimasi a guardarlo per diversi minuti, fissando quel viso che soltanto un giorno prima, temevo di non vedere più. Mi chiesi come avesse fatto ad arrivare fino a Dourand, e poi ricollegai, pensando che fosse stata Amelia a portarcelo, in qualche modo. Sicuramente era stata aiutata, ma doveva essergli accaduto qualcosa, perché non ci sarebbe mai andato volontariamente. Non senza aver salvato Jamie prima. E magari, quando lo avesse salvato, entrambi vi sarebbero andati insieme. Mi chiesi come sarebbe stato quel momento, sfumato la sera prima, quando si era presentato alla Croix du Lac come Damien Ealing e ignorando del tutto Jamie. Chissà com’era stato triste nel vedere che suo fratello non l’aveva nemmeno degnato di uno sguardo. E chissà quali parole gli aveva detto il professor Warren per convincerlo dell’ennesima e assurda bugia. Quell’uomo aveva una carriera come bugiardo. Aveva persino circuito Evan con le sue menzogne. E mi ritrovai a pensare a mio fratello. Proprio durante la notte della Renaissance, quando mi ero risvegliata a palazzo Trenchard in preda all’ennesimo incubo, Damien mi aveva rassicurata imitando malamente Evan. E poi, era rimasto al mio fianco per tutta la notte. Quanto avrei voluto condividere tutto quello che mi stava accadendo con lui… probabilmente, conoscendolo, non avrebbe mai approvato ciò che provavo per Damien. Già, a lui non era mai piaciuto. Sai, Evan… nonostante tutto, Damien è una brava persona… avresti dovuto trascorrere più tempo con lui, magari l’avresti rivalutato… chissà, magari sareste diventati persino amici… mi ritrovai a fantasticare su una realtà in cui Evan era ancora vivo e la nostra famiglia era al completo, a Darlington. Immaginai Evan e Arabella. Era così strano pensare a loro come gemelli, eppure, era ciò che erano. Chissà, magari se Arabella fosse stata con noi, Evan sarebbe stato più diligente e meno scavezzacollo. Pensai a una giornata tipo, a scuola. Violet e io, amiche come sempre. Evan, Arabella e Damien… e se per caso Damien avesse rivolto le sue attenzioni alla mia stupenda sorella maggiore? Scacciai quel pensiero dalla mente come fosse stato un attacco di peste bubbonica, pensando non solo alla mia reazione, ma anche a quella di Evan. Se era geloso fino al midollo di me che ero sua sorella minore, quanto lo sarebbe stato di Arabella che era la sua gemella? Sarebbe stato peggio di una carneficina, conoscendo mio fratello. E addio ai miei sogni di vedere quei due amici. Decisamente, qualunque fosse stato lo scenario, Evan e Damien non erano nati per conversare davanti a una pizza… o a dei bigné.

- Che disastro!

Sbottai, per poi rendermi conto che non ero affatto in quella illusoria realtà del tutto inventata.

Damien mormorò qualcosa nel sonno e mi ritrovai a sudare freddo pensando di averlo svegliato. Non capii quello che stava dicendo, così mi avvicinai, cercando di stare attenta a non toccarlo.

- … or--  

- … or?

Gli feci eco.

- … ordine…

Ordine? Di che stava parlando? Lo guardai, portando indietro i capelli affinché non ricadessero sul suo viso. Sentii la sua mano stringersi ad artiglio attorno alle mie dita, e trasalii, quando si voltò sul fianco, verso di me. Cercai di togliere la mano, ma la sua presa era ferrea anche nel sonno.

- In… in classe… ora…

Mormorò ancora. Sgranai gli occhi, incredula, poi tornai a sedermi soffocando qualcosa a metà tra una risata e il pianto. Damien stava sognando il liceo. Il mio despota del liceo di Darlington.

- Non cambi mai, eh, despota?

Domandai, dolcemente, a voce bassa.

- Damien…

Con la mano libera, gli accarezzai piano la guancia.

- Quando torneremo a casa, prenderai di certo il diploma… già ti vedo, sai? Con tunica e tocco, aria compiaciuta per la riuscita di qualcosa che già sapevi di avere in tasca e dispiaciuta perché sarai costretto a lasciare la tua scuola nelle mani di qualcun altro. E già mi immagino i pianti delle tue ammiratrici… ah, io però sarò felice. Sì, perché francamente, non potrei sopportarti ancora a lungo come compagno di scuola.

Chissà se i documenti che provavano il trasferimento dei Warren potevano essere annullati. E lo stesso valeva per quelli che riguardavano noi. Victor Kensington. Chissà chi era… un parente, certamente, ma non ricordavo nessuno con quel nome, e visto il risvolto che la mia vita familiare aveva preso, non serviva certo a sbrogliare la matassa. E mentre pensavo a chi fosse Victor Kensington, Damien riaprì gli occhi, ancora offuscati dal sonno.

- Ehi… ben svegliato…

Dissi. Ci mise un po’ per mettere a fuoco, e poi probabilmente per capire dove fosse. Quando se ne rese conto, inspirò, guardandomi. Aveva un’espressione inintelligibile e feci un enorme sforzo per mantenermi concentrata. La verità era che quello sguardo era capace di abbattere tutte le mie difese.

- Quanto… parli?

- Eh?

Sbattei le palpebre, incerta. Spostai lo sguardo sulla mano che stringeva ancora la mia e deglutii, cercando di toglierla, ma lui mantenne salda la presa.

- Già… sei talmente chiacchierona che mi hai svegliato…

Disse, pungente nonostante avesse il tono roco di chi si fosse appena ridestato dal mondo dei sogni e si puntellò su un braccio, sollevandosi.

- B-Beh, tu parli nel sonno…

Mormorai, imbronciandomi.

- Anche tu.

- E questo che c’entra? Io non…

Sobbalzai. Si era ricordato qualcosa che sapevamo solo lui e io, in quel momento.

- D-Damien? S-Stai… stai dicendo che… tu ricordi?

Domandai, incerta.

Lui sospirò, poi mollò la presa, cosa che mi sbilanciò. Non feci in tempo a recuperare l’equilibrio che mi attirò a sé, stringendomi forte. Non riuscii nemmeno più a respirare, tanto ero incredula.

- C-Cosa…

- Non ti ho mai mentito, Aurore. Ma sono stato impulsivo e mi sono lasciato prendere dalla rabbia per ciò che mi avevi detto, a palazzo Devereaux. Ho infranto una sola delle tre promesse che mi hai strappato.

 Quelle promesse, durante la notte del mio sedicesimo compleanno. Se le ricordava, allora voleva dire che la sua memoria come Damien Warren era tornata, proprio come aveva detto papà. Mi morsi le labbra e lo strinsi con tutta la forza che avevo.

- Ehi, ehi… devo dedurne che non ti va bene?

Domandò, con un appena accennato tono scherzoso. Scossi la testa, soffocando le lacrime.

- Sei tornato… sei tu…

Non rispose stavolta, ma mi tenne stretta a sé, poi mi scostò delicatamente, guardandomi. La sua espressione era combattuta. Raccolse alcune delle mie ciocche d’ebano, portandomele dietro all’orecchio e mi sfiorò la guancia con le nocche.

- Sono io… ma al tempo stesso è come se non lo fossi. Non lo so, Aurore. Ho una grande confusione in testa, in questo momento. Come se i ricordi di due persone stessero ancora cercando di amalgamarsi tra loro.

Era strano, ma in un certo senso, riuscivo a capirlo. Sorrisi, guardandolo.

- E’ difficile, Damien… ma sono sicura che ne verrai a capo…

Mi guardò per un istante lunghissimo senza proferire parola, al punto che mi accigliai, preoccupata.

- Grazie.

Mi disse poi.

- F-Figurati, non c’è di che…

Dissi io, distogliendo lo sguardo.

- No, davvero, Aurore. Grazie… per non avermi abbandonato.

Sgranai gli occhi, singhiozzando. Non era vero. Io l’avevo abbandonato. Era colpa mia se era finito tra le grinfie di Amelia. Se non gli avessi detto quelle parole, non avrebbe sofferto così tanto. Io ero una persona terribile. Mi morsi con forza le labbra, sentendo il sapore ferroso del sangue in bocca.

- Non dirmi così… è colpa mia quello che ti è accaduto…

Dissi, senza più il coraggio di guardarlo in faccia. Lui attese, poi mi prese il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo.

- E’ vero. Mi hai sorpreso a Boer. Non credevo che mi potessi parlare in quel modo e quelle parole mi hanno spiazzato. Io non sono abituato a essere ripreso così e in quel momento, mi sono ritrovato a fare i conti con qualcuno capace di mettermi davanti all’evidenza dei fatti. Eppure, quando ti ho vista correre via, inseguendo Livia, quando sei scomparsa dalla mia vista, ho capito che proprio questo tuo modo di fare ti rende unica, Aurore. Però… mentre mi apprestavo a raggiungerti, ho sentito un dolore forte dritto sulla nuca e non ho visto più nulla. Quando mi sono risvegliato, davanti a me c’era Amelia… e nella mia testa c’erano i ricordi del mio passato come Damien Ealing. Ma nonostante questo e tutto ciò che ne è conseguito, nonostante Amelia mi avesse messo in guardia su di te, tu non hai gettato la spugna, nemmeno dopo le parole che ti ho detto e ciò che ti ho fatto. Per questo… grazie, Aurore Kensington.

In quel momento, non ce la feci più e scoppiai in un pianto dirotto. Damien mi guardò incredulo, poi mi accarezzò dolcemente i capelli.

- Non è umanamente possibile che tu pianga così tanto, lo sai?

Mi disse.

Singhiozzai e lo guardai. Dovevo avere un’espressione terribile.

- E’ colpa tua che mi dici certe cose così, all’improvviso…

- Beh, tu hai detto che mi ami. Più all’improvviso di quello. Eppure non ho pianto.

Per poco non mi venne un colpo e al singhiozzo si aggiunse un’abbondante dose di imbarazzo, misto a vergogna, con una punta di batticuore talmente forte da provocarmi quasi un capogiro.

- C-Cosa c’entra ora? I-Io non… io…

Avevo la salivazione totalmente azzerata e la cosa peggiore era che Damien aveva ancora in pugno il mio viso.

- Vuoi dire che te lo rimangi, Aurore?

Aprii la bocca per provare a ribattere, ma non ci riuscii. Damien mi stava mettendo decisamente in una situazione senza alcuna uscita. In condizioni normali, avrei dovuto rispondere che non me lo rimangiavo affatto, che nonostante tutto, lui era la persona di cui mi ero innamorata e sì, lo amavo, e anche tanto. E gliel’avevo persino detto, ma in quel momento mi sembrava tutto così difficile… proprio come davanti a un compito di biologia.

- Allora?

Domandò, indagatore.

- I-Io…

Presi un enorme respiro, ma non riuscii a dirlo ancora una volta. Damien aveva affilato lo sguardo. Il despota pronto a tutto pur di ottenere quello che voleva. E invece, dopo pochi secondi i suoi pollici furono sulle mie labbra, percorrendole.

- Aurore Kensington.

- Eh?

- Il tuo amore è qualcosa di prezioso.

Mi sentii le guance bollenti, mentre lo diceva.

- Riporlo nei confronti di uno come me…

- No.

Dissi, prima ancora che potesse continuare. Mi stupii di quanto avessi pronunciato quel no in maniera determinata. A giudicare dall’antifona, immaginai cosa Damien mi avrebbe detto. C’erano troppe questioni da risolvere. E per lui non era il momento di impelagarsi in una storia, per giunta con me. Dopotutto, ero una buona a nulla, per come una certa parte di lui mi considerava. Mi studiò, con quegli occhi verdi così magnetici, e feci un enorme sforzo per recuperare un minimo di contegno. Se fino a quel momento mi aveva spiazzato, almeno adesso volevo avere quel poco di dignità necessaria per tenermi dentro almeno quel bel sentimento che era nato, quantomeno da parte mia.

- V-Va bene così, Damien… non andare oltre… eh?

Dissi, scostandomi.

- Aurore…

- E’ tutto ok… i-io ora torno di là… riposa ancora un po’…

Mi alzai, traballando per le troppe emozioni. Damien fu veloce nell’alzarsi dal letto e mi ritrovai con le spalle contro il suo petto. Deglutii, poi feci per scostarmi, ma mi trattenne. Sentii la sua fronte che si accomodava nell’incavo della mia spalla e trasalii. Una scarica di adrenalina mi attraversò l’intera colonna vertebrale.

- D-Damien…

- Lasciami finire.

Trattenni il fiato, e lui continuò.

- Riporre il tuo amore in uno come me, che riesce soltanto a farti piangere è davvero masochista da parte tua. Ma nonostante questo, per me… è qualcosa di inaspettato… e di prezioso. Quando sei arrivata a Darlington ero convinto che saresti stata una spina nel fianco, una minaccia per la mia famiglia… e invece, conoscendoti, vedendo il tuo lato buffo, quello infantile e quello determinato, quello gioioso e quello triste, persino… beh… possibile che ancora non ti sia resa conto di quanto tu sia diventata importante per me?

In quell’istante, non sentii altro che la sua voce. Non c’era nulla intorno, soltanto lui e io, proprio come quando ci eravamo baciati. Ci misi un po’ per realizzare quelle parole, tanto ero incredula per ciò che avevo appena udito. E ci misi ancora un po’ per rendermi conto che nonostante avessi la sensazione di trovarmi sospesa nel nulla più assoluto assieme a lui, non stavo affatto sognando né immaginando quello che stava accadendo. Inspirai a fondo, cercando di recuperare lucidità, ma era alquanto difficile, con le braccia di Damien che mi serravano e il suo viso praticamente incollato al mio. E quando voltai la testa verso di lui, vedendo i suoi occhi verdi che cercavano i miei, le mie paure si sgretolarono come un castello di carte.

- Damien…

Mi sorrise appena, nello stesso modo in cui sorrideva a Jamie. Il sorriso per una persona amata, proprio come quello che mio fratello riservava solo a me e alla mamma. E quando mi voltai, lui lasciò scivolare le braccia fino a cingermi la vita. Io gli avvolsi le braccia al collo e ci ritrovammo occhi negli occhi. Quanta felicità poteva esistere anche soltanto nello stare così vicini? Non avevo mai provato niente di tutto quello in tutta la mia vita. E mai avrei immaginato che sarebbe stato proprio con Damien. Quanta strada avevamo fatto da quando ci eravamo incontrati a scuola, per la prima volta? E quanta ironia in tutto questo. Noi, figli di un mondo d’oscurità, avevamo incrociato i nostri destini. Se nulla di tutto ciò che aveva scosso le esistenze delle nostre famiglie fosse accaduto, probabilmente, se anche le nostre strade si fossero incrociate, non saremmo mai stati così vicini come in quel momento. Pensai ai miei genitori, separati da un destino crudele. Pensai ai suoi genitori, separati dalle irragionevoli convenzioni di quel mondo. Quale futuro avremmo avuto? Oramai, ciò che ci attendeva era dietro l’angolo e scintillava in un modo così forte da riportare la luce in questo mondo, se solo avesse voluto. Il sentire le guance inumidite dalle mie stesse lacrime mi risvegliò da quei pensieri e Damien mi osservò, aggrottando appena le sopracciglia.

- Aurore?

Scossi la testa, scacciando via quel pensiero. Non importava il futuro in quel momento. Avremmo avuto tempo per curarcene. Ciò che importava era il fatto che lui era lì, a stringermi teneramente a sé. Gli sorrisi e si tranquillizzò.

- Mpf. Sei davvero un tipo strano, lo sai?

Domandò, punzecchiandomi con spocchia.

- E tu invece sei davvero un id-- 

Non riuscii a rispondergli, perché le sue labbra mi impedirono di continuare. Sgranai gli occhi per un istante e poi li chiusi, affidandomi soltanto alle sensazioni che quel bacio stava risvegliando dentro di me. Avrei potuto dire felicità, magari stupore, a volte imbarazzo, soltanto per cominciare, ma la realtà era che avevo l’impressione che si trattasse di una pioggia di sentimenti riflessi nelle migliaia di frammenti di uno specchio infranto. Già… quello specchio che intrappolava la donna che era dentro di me e che stava finalmente sbocciando. Quel bacio, le mani di Damien che risalivano lungo la mia schiena e che mi accarezzavano i capelli. I battiti condivisi dei nostri cuori così vicini. La pelle calda di Damien sotto i miei palmi. Oh mamma, se è così che ci si sente, vorrei averne per sempre…

E quando tornammo a guardarci, ancora un po’ col fiato corto per quel bacio così profondo, mi sentii incredibilmente bene, come se tutto ciò che avevo patito fino a quel momento fosse stato cancellato, in qualche modo.

- Era così che doveva essere…

Mi disse, dolcemente. Annuii, sentendo le labbra turgide e calde.

- S-Sono d’accordo…

Damien sembrò sul punto di ridacchiare, per un istante, e quando fece per baciarmi di nuovo, lo sentii mormorare in silenzio qualcosa di simile a un “Proprio ora”. Sbattei le palpebre, poi mi resi conto di che era successo. Qualcuno aveva bussato alla porta. Lo guardai, sorridendo. Poi, quando sentii la voce di Violet chiamarmi a voce bassa e vidi l’incredulità sul viso di Damien, capii che era il momento di raccontargli cos’era accaduto. Sciolsi l’abbraccio e mi guardò stupito, ma fu nulla rispetto alla faccia che fece quando, aprendo la porta, si ritrovò la nostra amica davanti a sé. Stropicciò gli occhi almeno un paio di volte, poi posò la mano sulla nuca, cercando di collegare i pezzi. Per sua sfortuna, quella visione non aiutava la sua confusione. Violet, del canto suo, sorrideva serafica.

- Ti trovo bene, Warren! Oh… sei Warren, vero?

Domandò poi, temendo un eventuale errore.

Damien fece per rispondere, ma poi si voltò verso di me.

- Che ci fa qui Violet Hammond?

Misi le mani sui fianchi, sospirando.

- Glielo dici tu o glielo dico io?

Domandai a Violet.

La mia amica si mise a ridere e fu così, che poco dopo, Violet e io sedute sul grande letto che Rose aveva riservato a Damien e lui in piedi di fronte a noi, gli raccontammo tutto ciò che era accaduto. Se mi ero stupita del suo scetticismo quando Shemar ci aveva messi al corrente dell’esistenza dell’Underworld, fu nulla rispetto al vederlo sgranare gli occhi più volte nel sentire il racconto di come Violet avesse raggiunto quel mondo, assieme  a Ruben (e lì Damien si rese conto di dove si trovasse in quel momento) e al vederlo davvero incredulo nell’ascoltare le peripezie che avevo vissuto in quegli ultimi giorni, compresa la rivelazione sulla mia famiglia.

- A-Aspetta. Ricordo di aver visto tua madre sul sagrato della cattedrale, e la Croix du Lac le somigliava davvero tanto… proprio come avevi detto tu… dunque, la spiegazione a tutto questo è che hai una sorella maggiore.

Scosse la testa più volte tentando di realizzare al meglio quella scena, poi portò nuovamente la mano alla nuca.

- Ti fa male?

Domandai, indicandolo. Mi guardò un po’ perplesso, poi capì a cosa mi riferivo.

- Sì, quando il Cavaliere Nero mi ha colpito, mi ha preso proprio qui.

Spiegò, accarezzando il punto ancora dolente. Sospirai, portando istintivamente la mano al collo. Con tutto quello che era successo, non avevo nemmeno messo un cerotto.

- Ragazzi… c’è una cosa che devo dire a entrambi… riguardo al Cavaliere Nero.

Dissi, facendomi coraggio. Mi fidavo ciecamente di loro, e sebbene fosse lo stesso anche per Rose, Ruben o Amber, la presenza di Amelia o di altre orecchie indiscrete mi aveva fatto desistere dal dire loro la verità, almeno per il momento. Ma Violet e Damien dovevano essere messi al corrente di quello che avevo scoperto. Li guardai entrambi, deglutendo.

- Il Cavaliere Nero mi ha salvata, portandomi con sé a Challant… e anche adesso, è stato lui a proteggermi… e ad aiutarmi con te, Damien… però, c’è dell’altro. L-Lui è…

Dirlo avrebbe significato ufficializzare che mio padre, che quel mondo credeva morto, era vivo, in realtà. E tutto ciò che ne sarebbe conseguito, sarebbe stato una mia responsabilità. Ma soprattutto, dirlo era l’equivalente dell’ammettere che finalmente, in qualche modo, una parte fondamentale del puzzle che era la mia vita, era tornata al suo posto, per renderlo quasi completo. Già, perché completo non lo sarebbe stato più, ma quantomeno, mio padre c’era. Il re della mia storia, colui che mi era sempre mancato. Sorrisi, pensando al suo sguardo.

- Il Cavaliere Nero è l’uomo che l’Underworld conosce come Greal Valdes. Mio padre.

Violet portò la mano alla bocca, sconvolta.

- T-Tuo padre? Il Cavaliere Nero? Ne… ne sei sicura, Aurore?

La guardai, annuendo.

- Mai stata più certa, Violet.

E poi guardai Damien, che scosse la testa, incerto. Portò le dita alla tempia, cercando probabilmente il ricordo dell’averlo visto in volto.

- Sotto quella maschera che tu stesso hai distrutto, Damien… ricordi il suo viso?

- Non esattamente… ero confuso, in quel momento, ma la cosa che mi ha colpito maggiormente è stato il sigillo sul suo guanto.

Annuii.

- Hai urlato che era in combutta con tuo padre… so che si sono conosciuti in passato, ma non mi ha detto nulla di più... ma sono sicura che non siano in buoni rapporti.

Damien sospirò.

- Come se ci fosse una sola persona in grado di tollerarne anche la sola presenza. Certo che è davvero assurdo. Alla fine, Leandrus aveva ragione.

- Già.

Dissi, pensando alle parole che mi aveva rivolto quando sospettava la parentela, data la nostra somiglianza.

- Quindi… tuo padre è vivo, Aurore…

Disse Violet.

- Sì… sì, Violet! Il mio papà è vivo…

Mi commossi a quel pensiero. Solo Violet sapeva quanto mi mancasse, a parte la mia famiglia, certo. Nemmeno a Damien avevo mai detto tanto riguardo a quello che provavo.

- E’ una cosa bella!

Esclamò la mia amica, sorridendo. Poi, con la spontaneità che solo lei aveva, mi abbracciò forte e mi scoccò un bacio sulla guancia.

- Sono davvero contenta, Aurore!

La guardai stupita, poi sorrisi.

- Anch’io!

Ci mettemmo a ridere, sotto lo sguardo appena aggrottato di Damien.

- Devi dirmi assolutamente com’è!

Continuò Violet.

- B-Beh… ha dei lunghi capelli brizzolati… li porta legati in una treccia, ma da giovane erano nerissimi, come i miei. E poi ha gli occhi del mio stesso colore…

Guardai Damien.

- Gli occhi del colore dei lillà…

- Mpf.

Sollevò un angolo delle labbra, disegnando un sorrisetto.

- Mh… allora mi chiedo… ma da chi ha preso Evan?

Sbattei le palpebre, guardandola. Effettivamente non aveva tutti i torti. Evan aveva ben poco di papà… tantomeno della mamma.

- Magari dai nonni materni…

Dissi.

- Boh…

Mi fece eco Violet, che guardò Damien.

- E tu a chi somigli, Warren?

Colpito da quella domanda, inizialmente Damien fu riluttante a rispondere, ma vedendo che Violet non accennava a distogliere né sguardo né attenzione, si vide costretto a farlo.

- A mia madre. Sia mio fratello che io le somigliamo. Anche se ho qualcosa di William Ealing. Il colore dei miei capelli e anche gli occhi, ad esempio… dobbiamo parlare per forza di somiglianze?

Violet sorrise sorniona.

- Potremmo parlare di voi.

Disse.

In quel momento, vidi l’anima del despota del liceo di Darlington lasciare il corpo. E la mia fece altrimenti.

- Violet, no!

Esclamai, e a giudicare dal modo in cui la mia amica mi guardò, dovevo essere più rossa degli occhi di mio fratello. Damien recuperò contegno con velocità, poi scoccò qualche colpetto di tosse.

- Ti hanno mai detto che chi si fa gli affari suoi campa cent’anni, Hammond?

Violet lo guardò. Era la verecondia fatta persona.

- Certo, ma non punto a vivere tanto. Insomma, aspettavo qualcosa tra voi due da quando Aurore si è trasferita a Darlington, e ora che finalmente qualcosa c’è stato non capisco cosa ci sia da nascondere… a meno che non abbiate la coscienza sporca, certo.

Giuro. Avrei voluto sprofondare e portarmela dietro per almeno cento chilometri.

- Non abbiamo la coscienza sporca!

Rivolsi un’occhiata timida a Damien che ricambiò bieco.

- Perché mi guardi così?

Domandai.

- Niente, lascia stare.

Si voltò dandoci le spalle, ma quando feci per replicare, qualcuno bussò alla porta.

- Sarà Rose…

Mormorai.

- E se fosse Amelia?

Mi fece notare silenziosamente Violet. Avvampai a quel pensiero, e quando Damien fece per aprire, all’idea di ritrovarcela davanti mi fiondai a precederlo. Aprii la porta di soppiatto, sotto il suo sguardo perplesso.

- Ro-- 

Non potei finire, perché quando guardai il nostro interlocutore, mi ritrovai davanti Alanora, assieme al professor Warren. Rimasi a bocca aperta, incapace di proferire parola. La mia ametista prese a brillare nell’istante stesso in cui Damien mi tirò indietro, senza mezzi termini, ponendosi tra noi e suo padre. Guardai Alanora, che si limitava a tenere lo sguardo basso, e poi il professore, che ci osservava compiaciuto.

- Tu… qui?

Domandò Damien, con un tono che trasudava rabbia.

Il professore lo guardò di sottecchi, poi sollevò la mano a mezz’aria.

- Damien. Aurore. Oh, c’è anche la signorina Hammond. Certo, non mi aspettavo una riunione scolastica al di fuori dei confini del mondo conosciuto. Ma di sicuro, sono alquanto contento di rivedervi. E mi auguro che abbiate buonsenso a sufficienza per non farmi innervosire.

- C-Come ha fatto, professore?!

Domandai, tutto d’un fiato. Era così assurdo che fosse proprio lì, davanti a noi. E Rose?

Puntò i suoi occhi scuri nei miei. Indossava l’uniforme che avevo imparato a conoscere, e al fianco portava la spada, segno inequivocabile che non avrebbe ammesso alcuna insubordinazione.

- Dovresti chiedere ad Alanora. Non è così, mia cara?

Aveva una voce talmente cantilenante che mi fece rabbrividire. Violet ci raggiunse, prendendomi per mano.

- Alanora, perché?!

Domandò, preoccupata. Dopotutto, lei l’aveva conosciuta da prima di me.

- Mi dispiace, signorina… non potevo fare altrimenti.

Disse soltanto, chinando il capo.

- Cosa le hai preso in cambio, eh, papà?

Domandò Damien.

Il professor Warren lo guardò stupito.

- Adesso mi chiami di nuovo papà? Devo dire, Damien, che mi hai davvero sorpreso, l’altra sera. E mi hai dato un’ulteriore prova di quanto tu sia inadatto a diventare il nuovo Despota. Sei stato così irresponsabile da rivelare la tua identità, pur sapendo che questo avrebbe messo a rischio Aurore e i vostri amici. Davvero, ragazzo, il tuo solo e unico regno è quel patetico liceo. Non puoi andare oltre. Sei tale e quale a quell’idiota di William.

- Dannato!

Damien strinse il pugno e, in un impeto di rabbia, si avventò contro il professore.

- Damien!

Esclamai, nello stesso istante in cui Violet lo chiamò per cognome. Ma Lionhart Warrenheim non era tipo da essere messo al tappeto, tantomeno da un ragazzo, che per giunta si era ripreso da poco. Bloccò l’attacco di Damien con rapidità ed efficienza, torcendogli il braccio e sbattendolo sulla pesante anta chiusa della porta. Vidi Damien subire il colpo e gemere di dolore. Il professore lo immobilizzò, poi si rivolse a me.

- Aurore. Devo andare oltre perché raccogliate il mio invito a palazzo? La Croix du Lac desidera incontrarvi di persona e non credo sia particolarmente saggio farla attendere. Oltretutto… immagino che anche tu voglia conoscere tua sorella, non è così?

Sgranai gli occhi, guardandolo. Con quanta freddezza pronunciava quelle parole? Nello stesso momento in cui parlava, suo figlio stava soffrendo e a lui non importava niente.

- Li lasci andare! Verrò soltanto io!

- Non dire stronzate, Aurore!

Incalzò Damien.

- Damien ha ragione. L’invito è rivolto a tutti, non soltanto a te. Alanora?

Alanora fece un cenno col capo, poi mi guardò.

- Per favore, seguitemi.

Disse, rivolgendoci un inchino. Poi fece strada.

Il professore lasciò libero Damien, che si rivolse a lui con piglio seccato. Poi, ci raggiunse, guardandomi con la coda dell’occhio mentre scendevamo per raggiungere gli altri.

- Il braccio?

Domandai.

- Sta bene. Sempre meglio che essere infilzato…

Mormorò, ricordando evidentemente quanto accaduto con Livia. Lo guardai, prendendogli la mano. E lo stesso feci con Violet.

- Credi che siamo in pericolo, Aurore?

Bisbigliò la mia amica.

Sospirai.

- Les jeux sont faits. Rien ne va plus.

Dissi, memore delle parole profetiche che Rose mi aveva detto, soltanto tre quarti d’ora prima. E quando raggiungemmo i ragazzi, trovammo altre guardie che ci attendevano. Rose ci guardò e lo stesso fece Amelia, ridacchiando.

- Ma guarda, eccoli qua. Sembrate dei bambini sperduti.

Damien le scoccò un’occhiataccia che non passò inosservata.

- Morditi la lingua, Amelia.

Replicò Rose, poi ci raggiunse, guardando storto il professore.

- Non la passerete liscia, Warrenheim.

- Milady. Non mi riguarda affatto. Mi limito semplicemente a esaudire la volontà di Sua Grazia. Se vogliamo andare, adesso…

Rose mormorò qualcosa, poi guardò Damien.

- Come stai?

- Prima la facciamo finita e prima starò meglio.

Disse, stringendomi la mano.

Lo guardai, sperando che non facesse niente di avventato. Aveva infranto una sola delle nostre promesse… e non volevo che accadesse di nuovo.

Fu così che all’ordine del professore, lasciammo la residenza Cartwright per recarci al palazzo di diamante. Là dove la Croix du Lac ci stava aspettando.

 

 

 

 

 

 

  
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