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Autore: zainsmoon    16/12/2013    2 recensioni
"Non chiamarmi bambola." Ringhiai.
“Aggressiva la ragazza.” Disse sollevandomi il mento con due dita.
Assottigliai gli occhi, per poi allontanarmi da lui infastidita. Girai i tacchi e mi avviai verso Abbie, che mi guardava confusa. Prima di entrare nell’aula di filosofia però, sentii chiaramente Liam urlare.
“Bel culo Hemmings!”
Prima o poi gli avrei spaccato la faccia, poco ma sicuro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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6° Capitolo

Socchiusi gli occhi, unimidendomi le labbra subito dopo, rese secche e dure a causa della mancanza di idratazione nella notte. Mi guardai intorno; niente era cambiato dal giorno prima, mi trovavo ancora in quella stanzetta piccola e senza finestre che in un certo senso mi infastidiva. Tastai poi con due dita ciò che realizzavo avere sotto di me. Un materiale morbido e caldo, che però non erano le lenzuola di flanella che mi avvolgevano la schiena. Pelle. Liam. Alzai lo sguardo, trovando il suo, luminoso come sempre. Dopo svariati secondi, decisi di aprire bocca, giusto per rompere quel silenzio opprimente che ci avvolgeva.
“Buongiorno.” Miagolai con la voce ancora impastata dal sonno.
 Mi sollevò dai fianchi, portandomi con il viso vicino al suo. Posò delicatamente le sue labbra sulle mie, come se avesse paura di rompermi da un momento all’altro. Mi accarezzò poi i capelli, con una dolcezza che mi fece sciogliere come neve al sole. Mi abbandonai completamente al suo tocco, beata delle sue carezze così delicate e minuziose.

“Buongiorno a te micia.” Mi apostrofò, facendomi tingere le guance di un rosa più carico e scuro rispetto al mio normale colorito di pelle.

Mi ancorai a lui, posando le mani sulle sue forti spalle, dischiudendo le labbra. Poggiai l’orecchio sul suo petto, sentendo poi quel caratteristico pulsare. Il battito era regolare e tranquillo. Accarezzai con un dito lo stomaco duro, disegnando le righe che contornavano le fasce muscolari, tese e toniche. Sentii il suo battito cardiaco accelerare di qualche ottava.

“Vuoi alzarti?” Gli chiesi, sussurrando appena. Non c’era bisogno di parlare ad alta voce, il silenzio ci circondava fino nelle anime.

“Se tu non vuoi, non mi alzo.” Mormorò a sua volta, sfiorandomi la guancia con un dito.

“Allora non alzarti.” Risposi baciandogli l’ombelico. Lo sentii sospirare.

Infondo gli ero in debito, mi aveva in un certo senso salvata. Che fosse un gran ruffiano ormai era risaputo, ma dopo tutto questo, sentivo che qualcosa tra di noi stesse cambiando, e volevo scoprire di più su di lui, volevo conoscere la sua storia.
Toccai l’elastico dei suoi boxer, sollevandolo appena, ancora sovrappensiero e senza rendermi realmente conto di ciò che stavo facendo.

“Liz.” Mi chiamò appena.

Sollevai lo sguardo, trovando due chiazze rosse a coprirgli le guance e il petto a muoversi velocemente verso l’alto e il basso.
Sgranai gli occhi, rilasciando all’istante la stoffa leggera, ancora scioccata per ciò che avevo fatto. Mi morsi l’interno della guancia, in imbarazzo. Mi sollevai col busto, raccattando il mio giubbotto e i suoi vestiti, lasciandoli cadere sul materasso subito dopo.

“Cambiati che andiamo via.” Annunciai girata di spalle, cercando di nascondere il mio evidente imbarazzo.

Lo sentii ridacchiare, mentre un fruscio di vestiti rimessi aleggiava nell’aria.

***
 
Liam aprì la porta della sua stanza, invitandomi ad entrare subito dopo. Era sabato, e mi aveva costretta a rimanere per un po’ a casa sua.
 Mi sedetti sul materasso morbido, respirando l’odore di pulito che abitava in quella stanza. Chiusi poi gli occhi, abbassando il busto verso i cuscini di cotone. Sentii un po’ di trambusto intorno a me, e mentalmente mi chiesi cosa stesse facendo. Dopo pochi minuti, sentii il rumore di un plettro scorrere sulle corde di una chitarra. Sentii poi un fruscio di carte sollevate e uno scorrere di biro su di esse.

I see what it's like, I see what it's like for day and night. Never together , ‘cause they see things in a different light, like us, did they ever try, like us?” 

Spalancai gli occhi, come scioccata. Aveva una voce angelica, un timbro mai sentito prima d’ora, che mi entrava non solo nelle orecchie, ma nel cuore, nell’anima, nelle ossa. Mi percuoteva le membra, come a svegliarmi, come a farmi rendere conto della realtà di questo mondo, che di bello non aveva nulla.
Lo guardai, con la bocca aperta per lo stupore. Mi guardò a sua volta, curioso.

“Oh mio Dio.” Riuscii solamente a dire, con le mani che mi tremavano.

Quelle parole poi, così tristi e vere al contempo. Si poteva amare una voce? Non sapevo se ci fosse una risposta, solo che ne avevo la certezza, perché la sua voce ormai mi era penetrata nella parte più profonda di me, fino a stremarmi. Era strano, anche perché erano solo poche parole, eppure era successo.
Posò delicatamente la chitarra in un angolo della stanza, avvicinandosi al letto dove ero poggiata.

“Di chi è questa canzone?” Chiesi boccheggiando.

Possibile che ero così scioccata da tutto ciò? Non me lo aspettavo che un ragazzo come lui conoscesse musica così buona, che tra l’altro non avevo mai avuto l’onore di ascoltare prima d’ora, e una voce così indescrivibile. Oddio, dovevo calmarmi.

“E’ mia, la sto scrivendo da tempo. E’ per una persona.” Mi confessò lui, evidentemente colpito da tutto quel mio improvviso interesse.

“E’…bellissima.” Lo guardai, sospirando. Tutta quella bellezza mi stravolgeva, non sembrava umano.

“Grazie.” Abbassò lo sguardo, sorridendo. Si morse un labbro, in evidente imbarazzo. Lo avevo intimidito?

Decisi di cambiare discorso, ancora visibilmente scossa.

“I tuoi genitori?” Non sapevo esattamente perché glielo avevo chiesto.

Volevo sapere di più su di lui, volevo conoscerlo a fondo, volevo scoprire i mostri e i fantasmi che abitavano nella sua anima, e provare a scacciarli via in qualche modo.
Fu come vederlo sprofondare nel materasso. Alzò lo sguardo, ora li vedevo più lucidi.

“Ehi, cosa è successo?” Domandai allarmata. Non volevo vederlo così. Oh, diamine.

Sollevò la felpa che si era messa precedentemente, mostrandomi un tatuaggio che non gli avevo mai visto prima d’ora. Lo sfiorai con le dita, come incantata. Quattro disegni geometrici, quattro frecce, rivolte verso l’alto. Andavano dal gomito all’avambraccio.

“Questi, sono i miei genitori. Karen e Geoff.” Mi disse indicando le prime due frecce, quelle più in basso.

“E queste, le mie due sorelle più grandi. Ruth e Nicole.” Sfiorò le altre due, guardandomi subito dopo.

“Sono morti, tutti e quattro, a causa di un incendio appiccato alla nostra vecchia casa che si trovava in montagna, nella periferia di Wolverhampton.”

Poggiai una mano sulla sua spalla, incoraggiandolo a continuare. Mi accarezzò la mano, come a ringraziarmi, sorridendo lievemente.
 

“ “Liam, andiamo a casa.” Mi chiamò mio padre dolcemente, che si trovava dietro di me.

Posai la canna da pesca sul terreno fangoso e afferrai il secchio pieno di trote appena pescate, sorridendogli con entusiasmo.


“Si papà.” Acconsentii prendendolo per mano, avviandoci poi verso casa.

Era primavera, ma già avevamo addosso delle misere canotte, ed era strano, qui, a Wolverhampton. Amavo il caldo, l’aria leggera che mi sferzava le guance. “Le carezze di madre natura”, le chiamava Ruth.
Entrai nella villa, abbracciando mia madre che stava preparando una gustosa frittata con uova e bacon per cena. Mi sorrise amabilmente, accarezzandomi i capelli.
Salii le scale, e dopo una doccia veloce, entrai in camera delle mie sorelle, per controllare cosa stessero facendo. Nicole era al computer, come al solito, mentre Ruth guardava fuori dalla finestra, giocando con un pupazzino a forma di orsetto a cui da piccola vi era molto affezionata.

“Quando è pronto vi chiamo.” Annunciai guardandole.

Nicole alzò il capo e annuì, dando segno di aver capito, mentre Ruth mi baciò una guancia, sorridendo.

Scesi le scale e uscii nuovamente dalla casa maestosa, sedendomi sull’erba fresca del giardino. Osservai il sole tramontare, facendosi largo tra due montagne in lontananza.
Sentii la lavatrice al piano di sotto rullare borbottando, e il forno suonare.
Notai del fumo nel retro dell’abitazione e una puzza di bruciato far largo nelle mie narici. Mi alzai di scatto, sentendo delle urla ai lati delle orecchie penetrarmi nel cervello. D’un tratto la casa si rabbuiò, per poi illuminarsi completamente, immersa in lingue di fuoco che l’avvolgevano con prepotenza. Urlai, in preda al panico, con le mani nei capelli, gli occhi spalancati per il terrore. Sentii nuovamente degli strilli provenire dalla casa, e poi più nulla. Come impazzito, provai a rientrare nella dimora, ma una trave di ferro cadde a pochi metri da me, facendomi cadere all’indietro. Una pietra accuminata mi tagliò un lembo di pelle, al lato del sopracciglio sinistro, facendo fuoriuscire fiotti di sangue.
Corsi verso il retro della casa, entrando dai sotterranei. La puzza di bruciato mi stordii, ma resistendo, misi una mano davanti alla bocca e, camminando a carponi, riuscii ad arrivare nella sala da pranzo, dove trovai Ruth, una pozza di sangue a circondarle la gamba.

“Ruth! Ruth!” La chiamai scuotendole le spalle gracili. Mi sorrise lievemente, toccandomi una guancia.

“Salvati, vai via di qui. Ti prego.” Sussurrò lievemente con voce roca.

“No, io non vado da nessuna parte senza di te!” Risposi, e delle gocce salate mi segnarono le guance, cadendo copiose fino alle labbra.
“Ti voglio bene Liam.” Furono le ultime parole che mi disse, prima di chiudere gli occhi per sempre.

Urlai, scuotendola di nuovo, la chiamai centinaia di volte, ma non rispose.

Gattonai nuovamente fin fuori dall’abitazione, tossendo per il troppo fumo ingerito. Chiusi gli occhi, desiderando di morire. Non volevo più vivere, non senza la mia famiglia. Desiderai che una trave mi cadesse sopra, bruciandomi completamente. Un pezzo di legno infuocato volò fuori dalla finestra sul retro, frantumando i vetri in mille pezzi. I cocci volarono sulle mie braccia, tagliandomi subito dopo.

“Uccidetemi, vi prego.” Mormorai sentendo un liquido caldo cadere sui gomiti, scivolando fino sulle dite.

“Uccidetemi.” Ripetei ancora una volta, sentendomi improvvisamente più debole. Socchiusi gli occhi, prima di svenire.”
 
“Oh, Liam.” Senza rendercene conto, stavamo piangendo tutti e due.

Lui per i ricordi mostruosi appena riaffiorati nella sua mente, io per il suo passato. Lo abbracciai, stringendolo a me, cercando in un modo o nell’altro di consolarlo, sapendo però che non sarebbe bastato. Presi il suo viso fra le mani, guardandolo per un attimo negli occhi. Erano rossi, e pieni di rabbia e risentimento. Lo baciai, come non avevo mai fatto prima di allora. Lo baciai per calmarlo, lo baciai perché ne avevo il bisogno. Lo baciai perché volevo. Volevo sentire le sue labbra sulle mie, volevo accarezzarlo, volevo toccarlo.
Il nostro era un bacio sofferto, inaspettato, colmo di gratitudine silenziosa reciproca, colmo di affetto, di angoscia.
Colmo di noi. 


Buonasera people aaaaawww ahfuchs
(si sono sempre sclerata quando pubblico dei capitoli nuovi, comprendetemi) in ogni caso, come state? Tutto bene?
Natale si avvicina oh oh oh, e anche il compleanno di Lou.. *piange*
Ecco un nuovo capitolo di questa fanfiction, finalmente Liam ha parlato del suo passato, ha scoperto uno squarcio della storia della sua vita.
Se non lo avete magari capito, ho preso una frase del pezzo di Louis in You And I quando cantava Liam aw.
I rapporti tra Elizabeth e Liam comunque si stanno via via addolcendo, sono così teneri, non trovate anche voi? Vomito arcobaleni ajfivh.
No okay lol. Scusate se mi sono dilungata un pò, ma è da tanto che non scrivevo e questo capitolo l'ho ideato ieri sera e scritto in un'ora e un quarto perchè poi dovevo andare a dormire trolol.
Come sempre, se vi piace recensite. <3
Un bacio, Valentina. x

(Se volete seguirmi su twitter o chiedermi informazioni per questa storia questo è il mio account: https://twitter.com/zainsmoon hihi)

Zài jiān! (Significa "arrivederci" in cinese, dato che io studio cinese come terza lingua lolll)

Okay, addio :')
 
 
 
 
  
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