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Autore: Dzoro    17/12/2013    1 recensioni
In un mondo abitato da manichini meccanici, dominato dai Vampiri e con seri problemi di immigrazione aliena, succede un evento impensabile: Carmilla, una bambina vampiro, torna umana. Il compito di proteggerla viene affidato ad un improbabile eroe, il medico-manichino Verzetti. Riuscirà a salvarla dalle grinfie del perfido tenente Controcazzi e a conquistare il cuore di Samanta, la bella manichina dal morbido seno di Seitan, e a pagare l'affitto?
Storia in pausa natalizia, ci vediamo a gennaio!
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finalmente diamo un occhiata da vicino alla civiltà dei pipistrelli, benvenuti a Golconda! Continuate a dirmi cosa vi piace, così ne metto di più, e cosa non vi piace, così ne metto di meno:) Ciao!
Dzoro
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Dieci

Verzetti scambiò velocemente di posto il cappellino di alluminio e quello di lana: il trucco dell’alluminio era conosciuto dalla maggior parte delle forze dell’ordine dei pipistrelli, non era saggio girare in quel modo.
“Ecco fatto. Andiamo.” Disse, prima di prendere la bambina per mano, e montare sulle scale mobili che spuntavano dal marciapiede, inabissandosi sotto terra. Le scale terminavano in una sala d’attesa circolare decorata con un grosso mosaico di tonalità rosso cupo, che mostrava un pipistrello in tenuta militare, con i canini nella bocca aperta bene in mostra, tanto che sembrava che ruggisse. Stringeva nella mano i capelli di una testa di sapiens, mentre questa gocciolava dal collo mozzato dentro un lago di sangue e membra amputate, nel quale il pipistrello sguazzava fino alle ginocchia. Nel cielo, anch’esso rosso sangue, volteggiavano angeli d’assalto, impegnati a sganciare bombe chimiche sulle città sapiens. Sotto il mosaico si trovava la biglietteria, e dall’altra parte della sala, oltre un pavimento di piastrelle bianche e nere, i tornelli che portavano alla metropolitana.
“Due per favore” fece Verzetti affacciandosi alla cassa, pagando con una delle sue ultime banconote. Ricevette in cambio due biglietti da una pipistrella di mezz’età vestita con una abito color topo.
“Signor robot, ma quindi queste persone sono tutte vampiri?” Chiese Carmilla, mentre attraversavano i tornelli. I loro biglietti vennero masticati dall’obliteratrice e restituiti sotto forma di coriandoli colorati dall’altra parte del tornello.
“Pipistrelli, chiamali pipistrelli per l’amor di Dio!” sibilò Verzetti a denti stretti, lanciando un occhiata spaventata a quattro Pipistrelli skinhead lì vicino, che bevevano cavie e ascoltavano musica hardcore da uno stereo portatile, seduti sopra degli scatoloni di cartone appiattiti sul pavimento dell’ampio corridoio che conduceva ai binari.
“Ma perché?” chiese incuriosita Carmilla, tenendo la boccuccia aperta.   
“È molto offensivo, è il nome che usavano i sapiens per chiamarli! Pipistrello è il nome originale.”
“Ma i pipistrelli sono degli animali! Dei topi volanti!” rise Carmilla.
“Gli animali pipistrelli si chiamano così perché sono simili ai… pipistrelli-pipistrelli. Non viceversa.”
“Ah.” Carmilla sembrò aver capito solo a metà, ma non chiese altro. “Quindi, sono tutti vamp…ipistrelli?”
“Sì.”
“Ma non sono immortali e bellissimi? Ne ho visti anche di vecchi, come la cassiera di prima.”
I due erano arrivati ai binari, in un ampio locale di marmo grigio, sorretto da colonne decorate con bassorilievi astratti e squadrati. Aspettarono dietro alla linea gialla prima delle rotaie.
“In realtà un pipistrello cresce fino ad avere un aspetto di un trentenne, quindi si può dire che invecchia. Però questo invecchiamento non è come quello degli umani, viene chiamato metamorfosi. All’inizio sembra che il pipistrello invecchi come un sapiens, poi la sua massa muscolare si espande innaturalmente, i suoi canini si fanno sempre più aguzzi, la sua pelle diventa sempre più tirata e pallida, i suoi occhi più grossi e gialli. Ad alcuni addirittura dicono che spuntino le ali! Ma è un processo che richiede secoli, e ormai ci sono cliniche che lo rallentano: i pipistrelli sono diventati troppo vanitosi per volersi trasformare in mostri.”
Sulle rotaie arrivò ululando un treno della metropolitana, simile a un convoglio di lattine squadrate color verde sporco. Le porte scorrevoli si aprirono di scatto, e i due le oltrepassarono, ritrovandosi in un vagone con dentro un paio di sacerdoti del culto di Caino, con il colletto bianco e l’abito talare; una fila di sedili era occupata da un gruppo di ragazze otrafu, con i loro gonnellini di pizzo, i bustini ricamati e gli ombrellini tenuti chiusi sulle spalle. I loro abiti erano ornati con nastrini e decorazioni color verde acceso, viola e blu elettrico, e le loro acconciature erano alte torri arzigogolate piene di spille, e tinte degli stessi colori delle decorazioni.
“È carnevale?”chiese Carmilla.
“No, è una moda.” Rispose verzetti.”Otranto Fusion, quest’anno i revival gotici vanno molto… Dobbiamo trovarti un vestito nuovo, tra l’altro, non pensi?”
“Io sono comoda.” Carmilla guardò compiaciuta la sua vaporosa camicia da giorno.
Le porte del vagone si chiusero violentemente, come una ghigliottina di vetro e gomma. Il treno riapartì.
“Non ne dubito, ma anche se i pipistrelli sono abituati alle stranezze, non possiamo tentare troppo la fortuna. Stiamo andando in un quartiere dove ci sono molti negozi di vestiti, sono sicuro che troveremo qualcosa.”
La fermata successiva salì un folto gruppo di pendolari, vampiri vestiti con abiti vecchi e lisi, che fissavano il pavimento mogi. Verzetti e Carmilla, schiacciati contro i loro sedili dalla calca, procedettero in silenzio fino alla loro fermata. Quando arrivarono, Verzetti prese per mano Carmilla, e si lasciò trascinare al flusso di folla fuori dal vagone. Attraversato il corridoio e i tornello alla fine di esso, giunsero in un’altra sala d’attesa circolare, decorata da statue color ottone di vampiri celebri, addossate alle pareti. Verzetti riconobbe la sagoma ingobbita di Varnie, i baffi ricurvi di Vlad Tepes e i lineamenti scarni e appuntiti di Max Shriek.
Salirono su una scala mobile, che s’innalzava verso la superficie. Lungo il nastro scorrevole spuntavano file di lampioncini dorati a forma di basilisco, che reggevano tra le fauci globi elettrici luminosi.
“Uau!” esclamò Carmilla, una volta che i gradini mobili li ebbero trasportati fino alla superficie: si trovavano in una larga piazza, circondata da palazzi di pietra grigia e vetrate nere, con le facciate decorate con gargolle, rosoni ricoperti di fregi e ampi bassorilievi che mostravano scene di battaglia tra esseri angelici e demoniaci. In cima ai palazzi, colossali insegne al neon inondavano la notte di luce. Maialini Lombardoni sono belli sono buoni! Cantava un altoparlante sotto l’immagine accecante di un maialino che ballava sulle due zampette posteriori, per poi improvvisamente rimanere decapitato e spruzzare sangue verso il cielo. Carmilla si stupì di constatare che il sangue non era parte dell’insegna, ma vero sangue spruzzato da grossi tubi, che terminava in una cascata nella piazza sottostante.
“Pubblicitari, cosa non si inventano.” Sogghignò Verzetti. Accanto all’insegna dei maialini, se ne trovava un'altra: lettere decorate da grazie appena accennate formavano la scritta Otranto, con la seconda o che conteneva dentro di se la figura dei fiori delle carte da gioco. Anche la Riprogen aveva affittato uno spazio pubblicitario: sotto la scritta del nome della ditta, era possibile leggere il loro slogan: dal 2060 riprogrammiamo il vostro dna.
In cielo, sopra le insegne, si scorgevano tappeti volanti e grifoni meccanici, che trasportavano i loro ricchi proprietari piroettando tra i tetti degli edifici.
“Che spettacolo, eh? Benvenuta a Golconda.” Disse Verzetti.
Usciti dalla piazza, i due si inserirono dentro il flusso di folla che occupava i marciapiedi di viale Murnau, la via più popolata e più alla moda di Golconda. Tra i due marciapiedi si trovavano quattro corsie, in cui sfrecciavano taxi bianchi modellati su macchine di lusso del secolo scorso. Carmilla notò anche diversi carri funebri, e una limousine con il tettuccio aperto, dal quale spuntavano alcune vampire in abiti da sera succinti, che si divertivano a lanciarsi tra di loro un maialino, dandogli ogni tanto un bacio, lasciando tracce di rossetto sulla sua cotenna rosata. Sui marciapiedi, accanto a loro, camminavano giovani vampiri yuppie, dentro completi eleganti neri dai riflessi viola metallizzato, che parlavano ininterrottamente dentro ai loro auricolari. Donne dell’alta società incedevano fiere, vestite con abiti aderenti di cuoio rosso con cuciture laterali vintage fatte a macchina. Le loro spalle erano coperte da mantellini bordeaux che gli arrivavano a metà schiena, e in testa portavano tricorni neri con bordature rosso metallizzato. Un gruppetto di ragazze di ritorno dalla discoteca barcollavano su tacchi vertiginosi, sotto probabile effetto di zucchero nel sangue, facendo ondeggiare le loro generose curve (chiaramente frutto da una clinica della Riprogen) dentro tubini aderenti decorati con spacchi che ricordavano le fantasie di un merletto. Ridendo, tentavano di far fermare un taxi, riuscendo perfino a distrarre dalle sue conversazioni di lavoro via auricolare alcuni yuppie. Poi, ogni tanto si scorgevano la corazza d’assalto di un soldato granchio, impegnato in una pattuglia. Al che Verzetti accelerava il passo, e cercava di frapporre qualche buon metro quadrato di folla tra lui e loro. Era sicuro di non essere stato visto da Controcazzi e i suoi uomini, ma non volle rischiare.
Dopo un po’ arrivarono ad un incrocio, e si fermarono per un attimo davanti ad un attraversamento pedonale, regolato da un semaforo color ottone, sorretto da un braccio metallico decorato di fregi fitoformi e putti alati. Carmilla fissò incuriosita una delle vie dell’incrocio, murata da una gabbia di metallo dentro alla quale era stata colata della schiuma a presa rapida.
“Che brutto! Ma cos’è?” chiese Carmilla.
“Un’amputazione. Si dice così quando tolgono un braccio ad un incrocio. Però è provvisorio, ci costruiranno una casa lì, probabilmente. Sai, le croci possono causare anche un attacco cardiaco ai pipistrelli, gli incroci di solito causano una fortissima nausea, a volte svenimenti. Parliamo sottovoce, mi raccomando.” Rispose Verzetti. Non voleva che qualche pipistrello la attorno si accorgesse che stava spiegando concetti così ovvi: anche uno sprovveduto avrebbe capito che la piccola era un sapiens. A tal proposito, si accorse di essersi ormai rassegnato al fatto che la bambina si comportava davvero come una sapiens del secolo passato, e non sapeva nulla della civiltà vampirica.
“Uau, come nei film! È vero che non si riflettono negli specchi?”
“No, è una bugia inventata da un venditore di specchiere Rumeno del quindicesimo secolo. I sapiens erano molto creduloni in quel periodo.”
“E muoiono con un paletto infilato nel cuore?”
“Chiunque morirebbe con un paletto infilato nel cuore.”
“E brillano ala luce?”
“Solo se hanno malattie veneree.”
Scattò il verde, la folla traghettò da un marciapiede all’altro.
Sopra i passanti incombevano, maestose ed accecanti, le vetrine e le insegne delle boutique. Carmilla non riusciva a staccare lo sguardo da esse. Una gioielleria esponeva in vetrina cascate di collane di oro bianco e rubini rossi. I negozi di mobili vendevano bare di ogni tipo, da quelle di nuova generazione con condizionatore e frigobar, a qualche rivisitazione dal gusto barocco della classica doppia-imbottitura-bordata-di-velluto-laccata-nera. Poi iniziarono i negozi di vestiti, e a Carmilla sfuggì un gemito eccitato.
“Signor robot! I manichini si muovono!”
“Che ti dicevo?” Sorrise Verzetti.
Nelle vetrine si trovavano formosi modelli di manichino femminile, o muscolosi modelli maschili, che indossavano le ultime novità in fatto di moda a Golconda, muovendosi e girandosi su se stessi in modo da mostrarle per bene ai passanti. Lo sguardo di Carmilla si incontrò con quello di una manichina, che indossava una folta pelliccia di volpe argentata, che lasciva scoperte due gambe affusolate, fasciate da pantaloni aderenti neri. La manichina notò il suo faccino con la bocca spalancata, e le fece un occhiolino.
“Muovono la faccia! Com’è che tu non muovi la faccia?” esclamò stupita Carmilla.
“Beh, io… sono un vecchio… un modello vecchio, ecco.” Ammise imbarazzato Verzetti, a capo chino.”Loro hanno delle protesi molto avanzate, le fanno con dei tessuti di proteine vegetali molto simili alla carne. Ormai i volti li fanno solo con quello, la ceramica di solito è utilizzata solo per le articolazioni e gli arti. Eccoci, siamo arrivati!”
Si fermarono davanti ad un vicoletto, che portava in una piazzola circondata da muri di mattoni, occupata da una decina di pipistrelli e pipistrelle. Gli uomini erano vestiti con giubbotti di cuoio, magliette a righe e a scacchi,e scarpe da ginnastica dalla suola altissima. In testa portavano alte creste, che terminavano in ciuffi affusolati. Le ragazze erano vestite gonne a vita alta ed abiti retrò di tonalità sgargianti abbinate con toni di grigio, e in testa portavano i capelli raccolti in elaborate pompadour, raccolti da cerchielli e  bandane colorate, scelte in tinta con rossetti dal colore acceso.
“Un'altra moda?” chiese Carmilla.
“Sì, questa risale perfino all’epoca del dominio sapiens.” Confermò Verzetti.
Uno dei lati della piazzola era occupato da un negozio, la vetrina del quale era sormontata da un’insegna disegnata a mano con colori accesi: Nekromantix.
   
 
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