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Autore: CheshireMad    17/12/2013    1 recensioni
Un tempo, in una terra magica e lontana, c'era... il caos.
L'ordine si era perso da molto tempo, così come la speranza.
Coloro che avrebbero posto rimedio a tutto... svanite nel nulla.
Anche i bambini scomparivano e non facevano più ritorno.
E le Tenebre invadevano e inghiottivano le terre e tutto ciò che incontravano.
Tutto sembrava perduto, ma forse...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La neve era ammucchiata a sinistra e a destra, creando così un ampio sentiero percorribile senza troppe difficoltà. Il sole – ben visibile perché non c'era una sola nuvola pronta a coprirlo – splendeva e rendeva luminosa quell'immensa distesa bianca, filtrato appena dai rami secchi e privi di foglie di qualche albero ai lati della stradina.
Presto Alice udì un forte gorgoglio d'acqua, e dopo qualche decina di passi eccolo lì: il fiume, e ovviamente, seguendo il sentiero battuto, un grande cavalcavia in pietra che collegava le due sponde; doveva essere quello il ponte di cui Gerda le aveva parlato, e ora non le restava che attraversarlo! L'acqua scorreva limpida e cristallina, e conigli, furetti e fringuelli si abbeveravano presso la riva. Il viaggio fino ad allora era stato abbastanza stancante, perciò la bambina si concesse una piccola pausa e – alzate fino ai gomiti le maniche della mantellina di lana – raccolse un po' d'acqua con le mani e bevve; era così rinfrescante, e già si sentiva di nuovo piena di forze! "Anche quest'acqua deve avere qualcosa di magico, come l'aurora!", pensò Alice.
Non appena fu di nuovo pronta, raccolse il cestino e riprese a camminare attraverso il ponte e poi lungo la strada; intanto, gli animali si allontanavano dalla riviera e fuggivano in preda ad un silenzioso panico: il riflesso del cielo e del sole sul fiume era ormai indistinguibile, perché quest'ultimo era diventato nero come la pece.
Avanzando e tenendo stretto tra le mani il suo cestino – che grazie ad una magia di Gerda ora era bello, bianco e senza sporgenze pungenti –, Alice notò che gli alberi si facevano sempre più numerosi e i rami più fitti e intrecciati, tanto che ormai le pareva di camminare all'interno di una caverna; il cielo chiaro ed azzurro era stato rimpiazzato da folte chiome e lunghi rami appuntiti, ma lei non si fermava e invece accelerava il passo, perché sapeva che star ferma l'avrebbe fatta sentire ancora più insicura e intimorita.
Dopo diversi minuti tutto si fece buio ed Alice fu costretta a guardarsi intorno per capire se stesse ancora seguendo la strada, ma non c'era neanche uno spiraglio di luce che indicasse da che direzione fosse venuta. Brancolò un po' nell'oscurità con le braccia tese in avanti, e finalmente trovò col tatto la corteccia di un'albero; prese un fiammifero e lo strofino su di essa, e finalmente una piccola fiammella rossa rischiarò i dintorni. Non c'era più alcuna traccia di una strada o di un sentiero: si era persa.

Vagò a lungo in quella foresta tenebrosa e piena di brutti rumori. Non c'era traccia di civiltà: nè un cartello, nè qualche recinto e nemmeno un piccolo orto, anche incolto. Non viveva nessuno lì, quindi era sola, ricoperta di vecchi abiti che ormai si erano trasformati in stracci per via di ripetute cadute e strappi provocati da rami bassi in cui si erano ingarbugliati sfilacciandosi.
Era tardi, ormai, e solo la matassa costituita dai suoi lunghi capelli biondi e smossi era distinguibile sotto la luce sfocata della luna. Si accovacciò all'interno di un albero cavo, e aspettò il giorno seguente senza battere ciglio.


Se era notte ci sarebbe stata almeno una stella in cielo, se non anche la luna! Ma quello non era il firmamento, e non era neanche lontanamente sera; fino a poco prima, d'altro canto, Alice camminava mentre la luce ed i primi accenni di calore le facevano arrossare le guance. Possibile che il tempo fosse trascorso così rapido e che avesse camminato più a lungo di quanto si fosse immaginata, perdendosi?
Il fiammiferò si spense, ma non poteva di certo restare lì, in mezzo alle tenebre, con la possibilità che ci fossero animali feroci pronti ad attaccarla! Doveva trovare un rifugio. Rovistò nuovamente nella cesta e ne tirò fuori qualche altro cerino per farsi ancora luce; non ne aveva molti già quando si trovava ancora in città e li vendeva, però ce n'erano abbastanza per farle luce almeno per un'altra ora o due. Giusto il tempo per venir fuori da quell'orrendo bosco e trovare finalmente il paesino indicato da Gerda.

Il mattino arrivò così lento che la ragazza finì per addormentarsi senza accorgersene. Quando si risvegliò il sole era già alto in cielo, ma poco più in là c'era anche una colonna di fumo e quindi qualcuno che avesse acceso un fuoco . Corse come un cerbiatto tra gli alberi alti e slanciati e quando finalmente raggiunse la fonte del fumo scoprì che si trattava di una casa, e che esso fuoriusciva dal comignolo. Qualcuno pur doveva abitarci e poteva darle aiuto, così bussò e attese; nessuno venne ad aprire, nè alcun suono confermò che effettivamente ci fosse qualcuno dentro. Bussò ancora, questa volta più energicamente nel caso chi vivesse lì stesse dormendo.
«C'è qualcuno? Mi sono smarrita», provò quindi, ma senza alcun risultato.
Sbirciò attraverso le finestre e vide un letto e diversi mobili di paglia
così come il tetto e un caminetto in pietra; sul tavolo c'erano anche un piatto da minestra ed una pagnotta, e lei aveva tanta fame...
Controllò ancora che non vi fosse nessuno al suo interno, e, avendo la conferma che l'abitazione fosse davvero vuota, andò alla porta e
poiché per fortuna non era stato messo il catenaccio la aprì, andando in fretta a mangiare; la zuppa era molto calda e il pane sembrava essere stato sfornato da poco. Dopo poco finì, ma se ne andò di corsa poiché sentiva troppo caldo e quel posto le metteva ansia: delle sedie si trovavano rovesciate per terra e c'era una grande macchia rossa che prima non aveva notato proprio davanti alla porta.
Non troppo in lontananza, ad ovest, c'era un'altra colonna di fumo; una baita, questa volta, di nuovo apparentemente inabitata. Entrò anche qui perché vide che la porta era spalancata, e siccome aveva ancora fame raccolse qualche mela da una cesta. Il fuoco nella brace era stato spento non da molto tempo, però le finestre erano aperte e faceva freddo. In più da fuori provenivano dei rumori, e accanto all'entrata c'era una balestra... La prese perché aveva un brutto presentimento, e scappò.
Altro fumo, più a sud: una grande casa di mattoni nel bel mezzo di una radura, ma questa volta al suo interno c'era qualcuno.


Non aveva senso continuare a sprecare fiammiferi in quel modo. Alice aveva girovagato per una buona decina di minuti senza però trovare qualcosa, qualcuno o un'uscita. Era un'inutile perdita di tempo e di energie, perciò la cosa migliore da fare sarebbe stata accendere un fuoco per fermarsi e allo stesso tempo restare in una zona illuminata, invece che alla mercè di qualunque belva inferocita. Inoltre col fuoco avrebbe potuto difendersi, in qualche modo! Era stato papà ad insegnarglielo, quando tornava dalla caccia e le raccontava ciò che aveva fatto e visto in attesa che la mamma finisse di preparare la cena. Una volta era buono, e premuroso...
Raccolse dei rami e un po' di foglie ai piedi di un grosso albero, e proprio lì sotto ammucchiò tutto e accese l'ennesimo fiammifero, sperando che le spiegazioni di suo padre fossero servite a qualcosa.
Chissà cosa faceva, ora che lei se n'era andata...

Due meravigliose bambine giocavano con un orso sotto l'occhio vigile della mamma. L'animale era innocuo e tanto affezionato a loro, e incredibilmente si comportava quasi come un comune cane domestico.
Fuori faceva veramente tanto freddo, e la neve aveva già attecchito al suolo rendendolo duro e ghiacciato.
«Forza, è ora di andare a dormire!», disse la mamma dopo cena quando si accorse che era tardi.
«Ancora un po', mammina», fecero le due in coro.
Era molto piacevole stare seduti davanti al camino a guardare i fiocchi che scendevano lenti e vorticavano oltre il vetro della finestra. L'inverno quell'anno era arrivato prima del solito, e allo stesso modo, improvvisamente, se n'era andato come se qualcuno lo avesse portato via con sè.
Fu doloroso per tutti, ma quando comparvero i primi bucaneve l'orso dovette tornare all'aperto, a contatto con la natura e i suoi simili.
«Coraggio, bambine... Magari anche lui avrà una famiglia: una mogliettina e un caro orsetto che lo aspettano a casa!», tentò di consolarle la madre.
«Vedrai che il prossimo inverno Orso tornerà a trovarci», fece la bambina dai ricci chiari e luminosi per consolare la sorella, che invece aveva una lunga chioma rossiccia e spettinata, e piangeva.
«Bianca ha ragione», aggiunse la donna mentre l'animale si allontanava, scomparendo in breve tempo tra la vegetazione del bosco. «Su, Rossella, torniamo dentro...»


La legna scoppiettava vivacemente, mentre le foglie si contorcevano e bruciavano subito. C'era riuscita: aveva acceso un piccolo falò senza l'aiuto di nessuno!
Alice stava seduta a pochi metri di distanza dal fuoco e tentava di riscaldarsi, ma continue folate di vento continuavano a gelarle schiena e nuca. Non c'era più traccia di neve, e questo era un bene; gli alberi non erano spogli, ma rigogliosi – anche se cupi –, però probabilmente era proprio questa fitta vegetazione ad impedire ai raggi del sole di toccare il suolo e riscaldare l'aria, causando quel freddo pungente che superava persino la calura del fuoco.
Stava a gambe incrociate e il cestino era al suo fianco; il suo sguardo era rivolto fisso verso le fiamme che danzavano per lei, ma di colpo si ricordò di quel posto, di dove si trovava, e si guardò intorno. Che si era persa non c'erano dubbi, ma se non avesse mai trovato un'uscita? Come sarebbe sopravvissuta in quella foresta, da sola?

«Fate attenzione, e tornate prima di cena!», urlò la mamma da lontano, sorridendo tranquilla e salutandole con la mano.
Le bambine agitarono le mani in alto per ricambiare il saluto, e ridendo saltellarono allegramente nella boscaglia. Andavano ogni giorno per raccogliere bacche, frutta e legna da ardere nel focolare, ma in realtà era molto più un divertimento che un dovere: era il loro 'posto segreto'
sotto un grandissimo albero che faceva ombra non troppo lontano dal fiume dove potevano correre, rotolare nell'erba fresca, cantare e giocare con gli animaletti selvatici. Rossella li adorava; non aveva paura di nulla, neanche dei più grandi che a loro volta sembravano provare fiducia nei suoi confronti.
Una volta una volpe, un'altra un cervo dalle enormi corna affusolate, poi nientedimeno che un orso, ferito su un fianco. Rossella gli diede subito tutte le ghiande e le more che aveva raccolto, e intanto Bianca tornava da casa con un secchiello che subito andò a riempire al fiume. La mamma diceva sempre che quell'acqua era speciale, perciò sarebbe stata perfetta per curare la ferita dell'animale!
Passarono l'intero pomeriggio a coccolarlo, e a parlare.
«Tu... ricordi com'era papà?», domandò Bianca dopo un lungo silenzio.
«Sì, credo. Be'... non proprio, ma ci ha abbandonate, perciò non m'importa»
Cominciò a nevicare e da lontano la voce della mamma intimava loro di tornare a casa.
«Orso viene con noi», disse Rossella con decisione, e lui si alzò sulle zampe come se avesse capito.


Passò qualche anno, ma non tornò. Forse si era solo dimenticato di loro...
«Sei pronta?», chiese Bianca con la solita voce dolce che riservava solo per la sorella.
«Sì... andiamo...»
Come sempre si incamminarono nel bosco. Era una bella giornata estiva, e quelle due piccole rose erano sbocciate più belle che mai: era il giorno del loro quindicesimo compleanno. Riempirono le ceste prima dell'ora di pranzo, così poterono passare il resto della mattinata a divertirsi. La rossa non era proprio di buon umore, ma l'allegria dell'altra riuscì a contagiarla; scherzarono e si rincorsero, ma si allontanarono troppo e senza accorgersene Rossella cadde in una buca nascosta da un mantello di foglie. Bianca sarebbe andata a cercare aiuto per tirarla fuori e si allontanò. Sembrava essere stata scavata da tanto, ed era impossibile uscirne da soli. Presto nuovi passi si avvicinarono lenti e leggeri al ciglio della buca: doveva senz'altro essere Bianca!
«Hai fatto presto», disse di nuovo felice Rossella, ma non fu il visino angelico della sorella ad affacciarsi.
«Che accidenti...», gracchiò un vecchio nano, che evidentemente non era altrettanto contento.
Le porse un lungo ramo, e quando finalmente la tirò fuori si mise a brontolare e si premurò di ricoprire il fosso.
«Faccio una trappola per orsi e invece cosa prendo? Una brutta mocciosa!»
«La... ringrazio...», disse lei a testa bassa mentre provava ad aiutarlo, ma quello la allontanò furibondo.
«Dovrò rifare tutto da capo, accidenti a te!»
Com'era sgarbato... In fondo non era mica finita lì dentro di propria volontà!
«Mi dispiace... Ma ha per caso detto che vuole catturare un orso?»
«Mh? Ah, sì... Anche se poi non è davvero un orso perché tanto tempo fa mi ha rubato dell'oro e... e adesso insomma voglio sbarazzarmene», borbottò velocemente come se parlasse da solo; «MA A TE COSA IMPORTA?»
Rossella indietreggiò e scosse la testa. Doveva aver capito male... Trasformato?
«Al diavolo questa buca! Quei dannati cacciatori me lo stanno nascondendo, ne sono sicuro. Erano suoi amici, in fondo, quei...
porci!», urlò l'omino, e si voltò verso di lei. «Tu hai per caso visto un orso, di recente? No, ma chi se ne importa... Sei solo una bambina...»
Di colpo ghignò e le si avvicinò col suo bastone in mano mentre si lisciava la barba.
«Io... Io devo andare», disse Rossella in preda al panico e fece per indietreggiare ancora, ma inciampò su una radice e cadde, sbattendo la testa.
«Ho sentito che la regina paga bene, per
voi...»
Bianca era appena arrivata: non avendo trovato nessuno era tornata indietro, ma quando vide la sorella in pericolo capì che doveva assolutamente avvertire la mamma. Correva disperatamente per il bosco, però casa sua era da tutt'altra parte.


Il fuoco si stava man mano riducendo e a breve sarebbe rimasto nient'altro che carbone ardente. Avrebbe dovuto far bruciare altra legna, ma Alice riuscì a trovare solo un grosso bastone che aveva deciso di conservare per difendersi da eventuali pericoli. Però come avrebbe fatto a difendersi, senza vedere nulla?
Si alzò dopo averlo afferrato e averne acceso l'altra estremità su ciò che restava delle fiamme, in modo da poter illuminare i dintorni mentre cercava legna. Girò per un po' senza allontanarsi dalla grande corteccia, ma a terra c'erano solo foglie secche e fiori appassiti; alzò gli occhi al 'cielo' ma non vide che la sagoma in controluce di qualche lungo ramo.
Dei cespugli più in là presero a muoversi, e istintivamente puntò la sua fonte di luce in quella direzione.
Ne venne fuori un grande orso zoppicante, seguito da una figura incappucciata e armata.

La casa era molto alta e probabilmente contava due o tre piani. Era un bel posto, senza dubbio, ma ciò non bastava a ridurre la paura che incuteva alla bambina. Dentro c'era qualcuno che urlava, e chiaramente gli altri rumori appartenevano ad oggetti che si rompevano.
Un ruggito fece trasalire la bambina e probabilmente anche le persone che si trovavano dentro, e poi una finestra si frantumò perché un ometto gli era stato violentemente gettato contro; finì fuori, per terra, ma si rimise subito in piedi. Stava.. sorridendo.
Si voltò verso la bambina con un'orrenda smorfia impressa in volto, una smorfia che già conosceva: era lo stesso uomo
o qualunque cosa fosse che aveva preso sua sorella. Gli puntò la balestra contro, le gambe tremanti perché non sapeva nemmeno come usarla.
«Dov'è?», disse abbastanza forte da farsi sentire. «Mia sorella... DOVE L'HAI PORTATA?»
Il suo ghigno si allargò ancora di più, e dopo aver alzato una delle sue piccole mani grinzose fece schioccare le dita. Una nuvola di fumo lo avvolse e Bianca premette il grilletto senza neanche rendersene conto, scagliando la freccia; non si aspettava di prenderlo, o comunque di prendere qualcosa, ma invece sentì un lamento. Quando la nuvola si dissolse, lì per terra c'era qualcuno che la ragazza conosceva bene.
«Orso!»


«Chi sei?», domandò intimorita Alice, col suo bastone ancora puntato verso l'estraneo.
«Potrei farti la stessa domanda», rispose una voce femminile. Si tolse il cappuccio dalla testa, scoprendo lunghi ricci che illuminati da quella fiamma sembravano risplendere come oro. Abbassò la balestra per dimostrare di non avere cattive intenzioni, ma Alice invece puntò la sua 'arma' contro la bestia al suo fianco.
«Ehi! Lui è innoquo», fece la sconosciuta mettendosi davanti all'orso.

Lo aveva colpito proprio nel punto che, tempo prima, aveva curato. Bianca entrò nell'abitazione per chiedere aiuto, ma non c'era più nessuno. Riuscì ad estrarre la freccia e con delle garze che aveva preso dentro gli coprì la ferita.
Ora aveva ritrovato il suo vecchio amico, ma Rossella? E la loro casa? Ormai doveva essere troppo lontana da quest'ultima, perché la foresta non era più come la ricordava lei...
Ed era tutta colpa di quel vecchio mostro.


«Tu l'hai visto?»
La questione si era risolta, e i tre – o meglio, loro due e l'orso – si erano seduti attorno al fuoco, che avevano ravvivato col bastone e la balestra. Bianca le aveva spiegato che non servivano a nulla, poiché l'unico pericolo era costituito da quel crudele folletto, e non potevano fargli nulla con dei pezzi di legno.
«Lo cerco da non sai quanto», aggiunse; «Ha preso mia sorella...»
«Ma è terribile», bisbigliò Alice. «E non sai proprio come trovarlo?»
La ragazza guardò l'orso per un attimo e scosse la testa.
«Ma immagino che sia qui. Questo posto era diverso, prima... La foresta, intendo. Non era così tetra, e...»; alzò lo sguardo. «Quest'albero...»
Scattò in piedi e sorrise. Andò a toccare il tronco, poi si girò.
«C'è un fiume da queste parti!», e guardò l'animale con la gioia negli occhi; la ferita ancora gli impediva di camminare bene, ma con quell'acqua avrebbe potuto guarirlo!
«Be', io vengo da lì ma -»
Bianca si mise a correre indifferente, ma tornò dalla parte opposta senza capire cosa fosse successo. L'orso cominciò a ringhiare e si alzò anche lui come meglio poteva, mentre Bianca gli si avvicinava.
«Hai sentito qualcosa?», chiese accarezzandogli il dorso.
Alice capiva solo che c'era di che preoccuparsi, ma se prima la ragazza aveva ragione, poteva trattarsi solo di una cosa.
Un bassissimo vecchietto si fece largo tra le foglie appoggiandosi ad un bastone molto più alto di lui. Avanzava e ridacchiava con tranquillità, e raggiunse Bianca come se avesse visto solo lei.
«Mi hai mancato?», ghignò superbamente.
«Bastardo... Dov'è mia sorella?»
Quello si strinse tra le spalle e rise malvagiamente. Poi fu un attimo: l'orso gli diede una zampata e lo gettò sul rogo. Quello prese fuoco come una foglia e in un tremendo grido bruciò, avvolto da fiamme altissime che raggiunsero le chiome degli alberi, tra le quali si aprì uno squarcio da cui penetrò il sole. Poco alla volta tutto si illuminò come per magia e le fiamme si abbassarono fino a spegnersi.
Essendo state totalmente abbagliate dalla luce le due non si accorsero subito dell'orso accasciato a terra, ma quando lo vide, Bianca gli corse subito incontro e si inginocchiò accanto a lui. La ferita doveva essersi riaperta per lo sforzo e sanguinava. Alice si avvicinò, ma capì anche lei che ormai non c'era più nulla da fare. Poggiò una mano sulla spalla della ragazza e l'altra sulla pelliccia dell'orso, che però era così calda che entrambe dovettero allontanarsi.
Prese fuoco, ma non lo consumò del tutto: fece sparire solo il manto bruno, lasciando steso sull'erba un uomo ricoperto di stracci sporchi di sangue.
«P-papà..?», singhiozzò Bianca a bocca aperta. «Papà... La freccia...»
«Non è colpa tua...», disse lui prendendole la mano con le ultime forze che gli restavano in corpo. «Gli altri cacciatori... pensavano fossi un orso, ma tu e Rossella mi avete aiutato, ricordi?»; tossì e un rivolo di sangue gli colò dalle labbra che nonostante il dolore formavano un sorriso.
Bianca fece sì con la testa, non trovando la forza di rispondere.
«Trovala...» fu la sua ultima parola, poi chiuse gli occhi.
 

Angolo dello scrittore
Sì... Ci ho messo un po'... Perché? Perché sto male da quasi due settimane. Ma shh, non importa: il capitolo è qui!
A me sembra tanto una pazzia ma boh, il risultato in fin dei conti mi soddisfa. Fatemi sapere cosa ne pensate voi!

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Se avete letto fino ad ora, vi ringrazio di avermi dato un'opportunità.
Se avete consigli – li accetterò più che volentieri: non c'è una trama ben definita e ogni idea potrà quindi essere considerata e sviluppata –, dubbi o notate qualche errore, recensite OPPURE inviate un messaggio alla mia casella di posta. In particolare, fatemi sapere se vi interesserebbe leggere di una fiaba in particolare, o se avete curiosità che non ho ben spiegato nel capitolo.
E se la storia vi piace, al prossimo capitolo e ancora una volta grazie!

  
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