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Autore: Larriesh    18/12/2013    5 recensioni
Harry e Louis non si conoscono, non si sono mai incontrati, non sanno l'uno dell'esistenza dell'altro.
Almeno fino a quando Harry sbaglia destinatario di un messaggio e inizia ad affezionarsi a questo 'sconosciuto', e anche Louis sembra ricambiare, ma non sempre tutto è facile come sembra. Come andrà a finire?
Sarò l'amore a vincere? O forse la paura è più forte di tutto?
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi ricordo: 

Normale: Harry

Sottolineato: Liam

 

 

 

 

 


<3

 

Colgo l'occasione per dedicare il capitolo (di nuovo)
aFrancesca,
e farle ancora tanti auguri di buon compleanno <3
I love you Nialler! 

 

 

 

 

 

(18.31)

Harry, a te e Lou va di andare a ballare stasera? Hanno organizzato la festa dei diplomandi al Babylon!

 

(18.33)

Di già? E’ solo gennaio! Ci diplomeremo tra cinque mesi! 

 

(18.35)
Non l’ho organizzata io Hazza, mi chiedevo solo se ci venivate.

 

(18.41)
Sì, verremo. Dove ci troviamo? 

 

(18.45)

Alle 23 là davanti, okay?

 

(18.52)
Okay. Avverti tu Nialler?

 

(18.58)
Sì, ci penso io. A stasera!

 

 

Harry alzò lo sguardo verso il suo ragazzo, che stava chiacchierando in cucina con sua mamma, di chissà cosa. Si diresse verso di loro e abbracciò Louis dalla schiena.
“Di che parlottate voi due?” chiese.

Louis si voltò a sorridergli, mostrandogli la foto che aveva in mano che lo ritraeva bambino, con un costume da banana addosso.

Harry arrossì di botto, e cercò di strappare la foto dalle mani del suo ragazzo.

“Mamma! Ti avevo detto niente racconti o foto imbarazzanti!” sbottò.

Anne e Louis risero, e quest’ultimo si affrettò a mettersi la foto nella tasca posteriore dei jeans. Sapeva che il riccio non si sarebbe mai azzardato a toccargli il culo in presenza di sua madre. E così effettivamente fu, perché Harry, ancora tutto rosso in faccia, sbuffò. “Io e te facciamo i conti dopo.” 

“E’ una minaccia?” gli chiese Louis facendogli l’occhiolino. 

“Ci puoi scommettere.” gli rispose malizioso Harry.

A quel punto intervenne Anne. “Basta, voi due siete da diabete! Andate a farvi una passeggiata mentre preparo la cena!” disse, spingendoli verso la porta. 

Harry e Louis scoppiarono a ridere, ma la assecondarono. 

Presero le loro giacche all’ingresso e dopo essersi vestiti, Louis con tanto di sciarpone bordeaux e cappello in tinta e Harry con il suo solito cappello di lana nero, uscirono. 

Una volta in strada, Harry allungò la mano per prendere quella di Louis tra le sue, e il più basso non si fece problemi a lasciarsela stringere: si guardò comunque intorno e non notò nessuna persona a fissarli. Sarebbe stato bello crescere in un paese dalla mentalità così aperta, pensò Louis, ma non lasciò tempo all’amarezza di prendere campo e strinse più forte la mano del suo ragazzo, sorridendogli. 

“Dove andiamo?” gli chiese. 

Harry sorrise. “Nel mio posto speciale.” 

“Tu hai un posto speciale?” chiese Louis. 

Harry annuì. “Sì. Sai, sono un ragazzo molto popolare, devo pur avere un posto solo mio quando le ragazzine mi inseguono!”

Louis gli diede un pugno leggero sulla spalla con la mano libera. 

“Cretino!” lo riprese, ma rideva. 

“Comunque, sì, ce l’ho. E’ il posto dove mi ritrovo a pensare, a sfogarmi, o semplicemente a stare con me stesso. E non ci ho mai portato nessuno.” spiegò serio Harry.

“Mai?” chiese Louis, sorpreso.

“Mai. Nemmeno Liam o Niall.” confermò Harry. 

Louis si sentì invadere il cuore di affetto e orgoglio al pensiero che Harry volesse condividere quella cosa privata solo con lui. 

“Anche se..” iniziò Harry, incerto. 

Louis aspettò in silenzio che Harry continuasse, con il timore che ci avesse ripensato.

“In realtà c’è qualcun altro che conosce questo posto, Lou.” disse.

“Oh. Non importa Harry, cioè, se non importa a te, per me non fa nulla, cioè, è una cosa tua, scegli tu con chi condividerla..” si impappinò Louis, imbarazzato, non sapendo che dire.

“No, Lou, fammi parlare. La persona che conosce questo posto..” disse Harry, interrompendosi subito. “Forse sarebbe meglio dire conosceva.” sospirò, triste. 

Louis gli strinse la mano. “Se non ne vuoi parlare non c’è problema Harry.”

Il riccio scosse la testa. “No, no, ne voglio parlare. A te voglio dirlo. Quando ero più piccolo papà comprò una piccola tenuta di campagna qui vicino. Era in disuso, da ristrutturare completamente, e pensavamo di trasferirci lì nei mesi estivi, poiché era più fresca, in mezzo agli alberi, e più tranquilla. Purtroppo non riuscimmo nemmeno ad avviare i lavori di ristrutturazione, perché la macchina di papà, mentre guidava tornando a casa, fu travolta da un camion che non si era fermato ad uno stop e procedeva a tutta velocità. Fu fatale: papà morì sul colpo.” 

Lou sgranò gli occhi. Non sapeva cosa fare: non aveva mai saputo come comportarsi in situazioni del genere. Non voleva mostrare pietà, ma non voleva nemmeno passare per insensibile. 

Ma Harry continuò. “In quel breve periodo che passò dall’acquisto della tenuta all’incidente, però, qualcosa papà la fece in quella casa. Mi costruì una casetta sull’albero. Per un bambino come lo ero io era un sogno, anche perché quella, più che una casetta sembrava una reggia: era costruita sull’albero più grande del piccolo bosco della tenuta, e papà aveva creato più piccole stanze su livelli diversi. Come si reggesse, per me rimane un mistero. Eppure è sicura, ancora oggi. Si mantiene su qualche palo e qualche gancio metallico, ma non so dire quale materiale sia così resistente. Per me era una specie di magia. Quando fu pronta, papà mi organizzò una caccia al tesoro: mi disegnò una mappa, fingendo di averla trovata per caso, e insieme seguimmo gli indizi per arrivarci. Quando la vidi per la prima volta ne rimasi estasiato: salimmo insieme e passammo tutta la giornata a giocare ai pirati nelle varie stanzette. Non mi ero mai sentito più felice, e stavo già pianificando tutti i giochi che io e papà potevamo fare.

Ma tutte le cose belle finiscono, no? Pochi giorni dopo avermi mostrato la casa, avvenne l’incidente. Non sto a spiegarti come mi sono sentito, perché è una ferita che ancora fa troppo male. So solo che mi sono ritrovato con questo posto che nessuno conosceva: dopo la morte di papà, né mamma né mia sorella Gemma sono mai tornate alla tenuta, e mamma non l’ha mai venduta, forse per timore di infangare la memoria di papà. Io sono rimasto l’unico a sapere dell’ultimo dono che mi aveva fatto papà, e negli anni la casetta divenne il luogo in cui mi trovavo meglio, in cui più mi sentivo a casa. Forse perché lo sento vicino quando sono lì.” 

Harry smise di parlare, e anche di camminare, e Louis lo vide trattenere le lacrime. 

Lo abbracciò subito, stretto a sé. 

Non disse che gli dispiaceva, ma cercò di trasmetterglielo. 

Non espresse la sua tristezza, ma la lasciò scorrere nei suoi gesti. 

Non disse che lo amava, ma lo impresse nel bacio che gli diede. 

Lasciò la fronte contro la sua, e lo guardò dritto negli occhi.
“Io non posso prevedere il futuro, Harry, ma ora sono qui e ci voglio restare. Non tutte le cose belle finiscono.” 

“Non te ne andare, ti prego..” mormorò Harry. 

“Non lo farò.” disse Louis. “E se vuoi, se non te la senti, possiamo andare da qualche altra parte.” 

Harry scosse la testa. “No. Voglio avere un altro bel ricordo legato a quella casetta, e voglio che sia legato anche a te.” 

Louis sorrise, un sorriso colmo d’amore, e insieme ripresero la via.

Non parlarono, in quel pezzo di tragitto che rimaneva, beandosi della presenza l’uno dell’altro.

Una volta arrivati davanti alla tenuta, Harry la aggirò, recandosi sul retro. Si trovarono davanti ad un piccolo posto, e si inoltrarono in esso. Dopo pochi passi, si ritrovarono davanti ad uno spiazzo con un enorme albero al centro.

“Eccola.” sorrise Harry. 

Ma Louis non vedeva nulla. “Eccola dove?” chiese.

Harry sorrise ancora di più. “Guarda bene.” 

Louis lo fece, e dopo poco riuscì a scorgere la casa, rimanendo a bocca aperta dallo stupore.
“Oddio Harry ma è gigantesca!” esclamò. Non era riuscito a scorgerla a primo colpo poiché era stata ricavata dal legno dello stesso albero ed era coperta dai rami cresciuti con gli anni, e si mimetizzava perfettamente.

Il riccio annuì. “Saliamo?” chiese.

Louis non se lo fece ripetere e lo seguì verso la scala intagliata nel tronco dell’albero. 

Il padre di Harry era un architetto mancato. pensò Louis, meravigliato.

Harry davanti a lui aprì una botola e si arrampicò, aiutando poi lui a salire. 

Si trovarono in una piccola anticamera, dove Harry prese un paio di coperte da una piccola cassapanca. Poi gli fece segno di seguirlo attraverso una porta più avanti, dopo aver salito un paio di gradini si trovarono in una stanza più ampia, che aveva tanto di stufetta elettrica, televisione e un paio di grandi cuscini appoggiati davanti ad essa. 

“Harry.. ma quelle funzionano?” chiese Louis indicandole. 

Il ragazzo annuì. “Non chiedermi come, ma papà aveva previsto anche questo. Deve aver allacciato i fili al punto più vicino, facendo finire le - minime - spese sulla nostra bolletta di casa. Io lo dicevo sempre che era un genio.” 

Louis emise un fischio basso, ammirato. Poi si guardò meglio intorno e notò che quelle che credeva essere delle decorazioni sulle pareti erano in realtà migliaia di parole. Si avvicinò per leggere, e si perse nei racconti, nei pensieri, nelle idee che vi erano scritti. 

“Anni e anni di pensieri.. scritti su 4 mura.” sentì Harry sussurrare al suo orecchio, e sobbalzò leggermente: era talmente concentrato da non sentire che l’aveva abbracciato alle sue spalle. 

“Mi sento.. come se stessi andando a spasso nel tuo cervello.” disse Louis.

Harry rise. “E’ vero, può dare questo effetto. Semplicemente, quando mi passa qualcosa per la testa, prendo i pennelli e i colori che ci sono nell’altra stanza e scrivo.” spiegò. 

Louis si guardò intorno. “Hai scritto anche di me?” chiese, curioso.

Harry annuì. “Vieni, ti faccio vedere.” 

Lo prese per mano e gli indico una scritta poco distante. Era una semplice data.
“16 settembre 2012.” la lesse Louis. “E’ il giorno che mi hai scritto il primo messaggio per sbaglio.” 

“Esatto.” annuì il riccio. “E anche questa.”

“28 settembre 2012, 4.” lesse ancora Louis. “Okay, questa non la so.”

Harry sorrise. “Il 28 settembre mi hai detto che in partita hai segnato 4 gol, pensandomi ad ognuno di esso.” 

Louis rimase colpito. “Hai segnato questa cosa.”

“Sì. Il calcio è importante per te.” mormorò Harry. Louis gli scoccò un bacio su una guancia prima di farsi trascinare alla prossima scritta. 

“Ancora una data, 16 ottobre 2012.” lesse Harry. 

“Questa la so. E non riesco a credere che tu abbia scritto anche quando mi hanno preso nel Manchester!” esclamò felice Louis.

“Ero fiero di te.” fece spallucce Harry. “Ce n’è un ultima..” 

Lo condusse dall’altra parte della stanza, indicandogli una scritta più grande delle altre.

“Written with no end, so many words we’re not saying, don’t wanna wait till it’s gone, you make me strong. I’m sorry if I say, I need you but I don’t care, I’m not scared of love ‘cause when I’m not with you I’m weaker, is that so wrong? Is it so wrong that you make me strong?” lesse Louis. “E’ bellissima Harry. Ma da dove l’hai presa?” 

“L’ho scritta il giorno in cui mi hai detto che tra te e Eleanor non c’era nulla perché a te non piacevano le ragazze. Il giorno in cui mi hai fatto capire che poteva esserci qualcosa per noi. Ero talmente arrabbiato, talmente triste, che sono corso qui. E ho composto una canzone. Quelle che hai letto sono alcune frasi, tra cui il ritornello.” spiegò Harry. 

Louis lo guardò, sempre più ammirato. “Voglio sentirla.” 

Harry scosse la testa. “No, davvero. E’ ancora da perfezionare, e la mia voce non è granché..” 

“Sono sicuro che sia perfetta, e la tua voce è meravigliosa, Harry. Fammela sentire.” lo interruppe Louis.

Harry non si fece pregare troppo, e acconsentì. “Okay, okay. Siediti sui cuscini, recupero la chitarra e arrivo.” 

Louis fece come gli aveva detto e aspettò che il ragazzo recuperasse la chitarra dalla stanzetta vicino e si sedesse vicino a lui. 

“Non aspettarti troppo, eh!” lo avvertì, accordando la chitarra, prima di iniziare a cantare. 

 

My hands, your hands

Tight up like two ships

drifting Weightless,

waves try to break it

I’d do anything to save it

Why is it so hard to say it?

 

My heart, your heart

Sit tight like book ends

Pages between us

Written with no end

So many words we’re not saying

Don’t wanna wait till it’s gone

You make me strong

 

I’m sorry if I say, I need you

But I don’t care, I’m not scared of love

‘Cause when I’m not with you I’m weaker

Is that so wrong? Is it so wrong?

That you make me strong

 

Think of how much love that’s been wasted

People always trying to escape it

Move on to stop their heart breaking

But there’s nothing I’m running from

You make me strong

 

I’m sorry if I say, I need you

But I don’t care, I’m not scared of love

‘Cause when I’m not with you I’m weaker

Is that so wrong? Is it so wrong?

 

So baby hold on to my heart

Need you to keep me from falling apart

I’ll always hold on

‘Cause you make me strong

 

I’m sorry if I say, I need you

But I don’t care, I’m not scared of love

‘Cause when I’m not with you I’m weaker

Is that so wrong? Is it so wrong?

 

I’m sorry if I say, I need you

But I don’t care, I’m not scared of love

‘Cause when I’m not with you I’m weaker

Is that so wrong? Is it so wrong?

That you make me strong

 

I’m sorry if I say, I need you

But I don’t care, I’m not scared of love

‘Cause when I’m not with you I’m weaker

Is that so wrong? Is it so wrong?

That you make me strong

 

 

Harry cantò tutta la canzone ad occhi chiusi, perso nella sua arte. 

Louis era ammaliato: non riusciva a credere di avere davvero la fortuna di avere una persona come Harry accanto. Quella canzone era poesia pura, e pensare che l’avesse scritta pensando a lui lo riempiva di orgoglio. Un po’ amaro pensando a cosa aveva combinato quando il ragazzo l’aveva composta. 

“Harry.. è perfetta.” sussurrò.

Lui lo guardò, ad occhi spalancati, cercando approvazione. “Dici sul serio?” 

Louis continuò ad annuire mentre gli toglieva la chitarra dalle mani per spostarla dietro di loro e attirare a sè Harry per un lungo bacio. 

“Sì, dico sul serio. Non so cosa ho fatto per meritarmi qualcuno come te.” sussurrò Louis sulle labbra del riccio. 

Harry rise. “Oh, taci!” esclamò, prima di riattirarlo a sè. 

E trascorsero attimi felici, ignorando la madre di Harry che continuava a chiamarli per una cena che ti sicuro avrebbero mangiato fredda. Di bollente, in quel momento, c’erano le loro anime unite che ne formavano una sola, perfetta. 

 

 

 

 

 

 

 

***

Sì, la discoteca in cui andranno i nostri ragazzi nel prossimo capitolo si chiama proprio Babylon. 
Gli amanti di QAF come me mi capiranno <3

La canzone che canta Harry la conoscete, credo :)
E' "Strong" dei One Direction, ma al link nel testo ho voluto mettervi un video Larry che mi piace molto.


***

 

 

Ehi guys!
Sì, sono viva, e finalmente sono in vacanza! :D

Lo so che vi avevo promesso la Nosh in questo capitolo maaa.. quando ho iniziato a scrivere dei Larry non sono riuscita a fermarmi. Quindi ho spezzato il capitolo, e loro arriveranno nel prossimo, che spero di pubblicare entro Natale!

Nel mentre, vi abbraccio! 

xxx

Bonnie

  
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