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Autore: elenri    19/12/2013    7 recensioni
E' la sera della vigilia di Natale. Bella, ultima arrivata da Macy's è ancora al lavoro. Ma non è sola come crede. Anche Edward, suo collega ma di un altro ufficio, è dovuto restare. Insieme si lasceranno trasportare dall'atmosfera magica, trasformando una serata triste e solitaria, in una notte davvero speciale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Natale

Carissime amiche, siamo vicinissime al Natale, ed io vorrei regalarvi una storia.

E' una cosa di poche pretese, dalla classica trama, che però spero riesca a farvi sospirare.

Come è nel mio stile, l'ho ben farcita di immagini.

Vi auguro di trascorrere le feste in modo sereno insieme alle persone a voi care.

Baci,

Teresa

 

«E’ tardi, cara, e sei ancora in ufficio?»

«Sì, mamma» ,le dico alzando gli occhi al cielo, «sai che devo finire il lavoro prima di andare a casa.»

«Ma non puoi fare uno strappo alla regola? E’ la Vigilia di Natale!» Si lamenta.

No, se vuoi che domani pomeriggio sia a casa con voi a Seattle, devo proprio concludere stasera.» Le ripeto mantenendo un tono paziente.

«Ma da te sono già le otto di sera, amore, non ci sarà più nessuno fuori a quest’ora.»

«Oh, non puoi immaginarti quanta gente ci sia ancora in giro, invece. Soprattutto in un centro commerciale grande come Macy’s.»

La mamma è preoccupata per me e la capisco. Ma sono arrivata dalla filiale di San Francisco solo pochi mesi fa, e non essendo ancora riuscita a crearmi una vita sociale, mi sono offerta volontaria in ufficio, per registrare la chiusura dell’incasso settimanale. 

Per l'unico impegno di stasera, la Messa di mezzanotte, sono abbondantemente in anticipo.

Saluto, finalmente, mia madre e decido di alzarmi dalla scrivania per un veloce spuntino.  Attraverso l’ufficio desolatamente scuro e vuoto e scendo di qualche piano verso la zona acquisti, dove ci sono i locali ristoro dedicati al pubblico, certa di trovarvi ancora un po’ di movimento.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=gCjuKFJNCEE

Nell’ascensore, come nei negozi, la filo diffusione trasmette una allegra melodia tradizionale. Non mi sono sbagliata, nei vari reparti commerciali, c’è ancora molto viavai: mamme con bambini che fanno i capricci davanti agli scaffali dei giocattoli, coppie di adulti di ogni età alla ricerca dell’ultimo regalo, persone sole che passeggiano per passarsi il tempo. Entro decisa nella mia caffetteria preferita, ordino un caffè doppio con panna e cannella, e un enorme sandwich al salmone, quindi con la mia cena della vigilia ,mi sposto verso un tavolino libero.

«Anche tu di corvè stasera?» Mi sento chiedere da una calda voce maschile. Alzo lo sguardo verso un ragazzo di bell’aspetto, di età tra i venticinque e i trent’anni, che mi sorride sornione reggendo un vassoio in mano. E’ un neoassunto come me, dell’ufficio acquisti, credo. Dal badge che gli pende dal collo vedo che si chiama Edward.

«Sì, mi sono offerta volontaria al posto dei miei colleghi con famiglia, e tu?»

«A me lo hanno chiesto sfacciatamente», ride, « naturalmente non ho potuto dire di no a tanto buon cuore. Posso?» Mi chiede indicando la sedia vuota di fronte a me.

«Prego, accomodati.»

Mentre sbocconcello il mio cibo, lo osservo con finta indifferenza. Ha un viso molto attraente, naso dritto dalla cui radice partono due sopracciglia lievemente corrucciate. Sotto brillano due magnifici occhi chiari, grandi ed espressivi. La bocca ben disegnata, si muove sensuale mentre addenta un pezzo della fetta di crostata che ha nel piattino.

«I tuoi occhi… non capisco, sono verdi… o azzurri?» Mi scappa detto mio malgrado.

Arrossisce leggermente, sotto il mio sguardo indagatore. Il mio filtro bocca-cervello, sembra già andato malauguratamente in vacanza e mi sento arrossire anch’io per la mia sfacciataggine.

«Scusami, devo essere proprio stanca, stasera.» Lo supplico imbarazzata.

«Verdi. Ma non preoccuparti se ti senti confusa, è tutta colpa del mio fascino… sotto le feste poi, riesco a dare il meglio di me.» Mi piace, ha  una forte dose di autoironia, ma in fondo ha ragione, è proprio carino.

«Cosa fai quando stacchi, Isabella?» Mi chiede occhieggiando il mio nome sul badge, mentre sorseggia il suo cappuccino.

Alzo le spalle glissando. «Niente di ché. Andrò alla Messa di Natale, poi a casa.»

«Mmh, un gran bel programma, e ci vai con un ragazzo o con delle amiche?» Indaga.

«No, da sola. Sono single, e le mie coinquiline sono andate dalle loro famiglie per le feste.» Gli svelo.

«Beh, se mi permetti, potrei accompagnarti io», mi dice titubante, estraendo un biglietto da visita dal taschino della giacca, «ecco il mio numero di cellulare, quando hai finito, fammi uno squillo. In che chiesa pensavi di andare?» Si informa.

«St. Patrick, perché è qui vicino.»

«Mi sembra perfetto. Poi potremmo andare a pattinare al Rockefeller Center.» Suggerisce allegro.

«… Okay…» gli rispondo perplessa. Tutto ad un tratto la serata si fa interessante.

«A dopo, allora. Chiamami.» Mi dice alzandosi.

«Contaci, buon lavoro.»

Lo guardo mentre si allontana. Non ha solo un gran bel viso, anche il resto del fisico non è niente male. E’ alto, asciutto, aggraziato nel movimento. “Dovrà anche essere intelligente, se lavora qui”. Penso con un immaginario filo di bava che scende dalla bocca.

Non avevo chiesto nessun regalo per Natale, ma sembra che Santa Claus conosca i miei gusti…ironizzo tra me e me mentre me ne torno al mio piano.

Il deserto umano che mi accoglie nell’ufficio, stavolta non mi fa più effetto. Mi siedo  alla mia scrivania intenzionata a concludere al più presto il lavoro. Ma non resisto al vizio del gossip e mando un sms alle mie amiche: non ci crederete mai, ma ho un appuntamento per la serata.

Poi, con calma, e con il sorriso sulle labbra, torno a concentrarmi sui miei conti.

Alzo gli occhi sfinita. Sono le undici e un quarto, e ho la schiena a pezzi, ma sono contenta perché sono finalmente riuscita a terminare l’arduo compito.

Mi stiracchio, prendo in mano il telefono, e compongo il numero che trovo stampato sul cartoncino che mi ha dato, prima, Edward. La sua voce sexy mi risponde al secondo squillo.

«Ehi, pensavo che ci avessi ripensato. E’ quasi mezz’ora che aspetto la tua chiamata.»

«Scusa, ma ho finito ora. Dove sei?»

«Al piano terra, nell’atrio.»

«Bene, chiudo tutto e ti raggiungo.» Con impazienza faccio il giro delle luci, dei modem, striscio il badge in uscita e mi chiudo la porta alle spalle.

Lo trovo dove mi ha detto, comodamente seduto sullo scranno usato da Babbo Natale per distribuire i regali ai bambini. Il cuore mi sussulta nel petto. Ha un’aria di imbronciata attesa, e la consapevolezza che stia aspettando me, lo rende ancora più intrigante. Gli sorrido, mentre lo raggiungo. Lui ricambia e si alza.

«Stavi comodo? Ti mancava solo la barba e il vestito rosso, poi saresti stato perfetto per il ruolo.»

Lo sbeffeggio.

«Perché, tu non credi a Babbo Natale?» Mi dice con una finta espressione incredula.

Rido. «Non più. Da tanto tempo, ormai.»

Usciamo nella notte rigida dopo aver augurato Buon Natale alla guardia di turno. La chiesa grigia dalle lunghe guglie gotiche, dista solo pochi isolati da noi. Percorriamo la strada semideserta, a piedi. Mi reggo, riconoscente, al braccio che mi ha galantemente offerto. Il marciapiede è ghiacciato, e ai bordi ci sono i cumuli della neve caduta nei giorni scorsi. Pronunciamo solo poche parole, quelle essenziali. Fa veramente freddo, e il respiro si condensa in bianche nuvolette, che si gela sul bordo del cappotto. Meglio rimanere ben coperti dalla sciarpa!

Arriviamo presto davanti alla Cattedrale. Ci accodiamo alla gente in entrata e saliamo i gradini verso il maestoso portale. L’interno è caldo e accogliente. C’è però già una gran folla, e di comune accordo ci dirigiamo verso una navata laterale, e ci posizioniamo in piedi vicino al muro attendendo l’inizio della funzione.

Un soave Adeste Fidelis, cantato da un coro di grandi e piccini in tonaca oro accompagna l’inizio della celebrazione. L’emozione per l’atmosfera magica, e la stanchezza si aggiungono al torpore che invade le mie membra gelate dalla passeggiata. Barcollo, e cerco sostegno al muro per non cadere. Edward dietro di me, si accorge del mio cedimento.

«Stai bene?» Sussurra al mio orecchio. «Appoggiati a me.» Gentilmente accompagna le sue parole tirandomi delicatamente verso di lui. Quindi, mi sostiene in una specie di abbraccio infilando le mani nelle tasche del mio cappotto. Sono sorpresa e imbarazzata da questo gesto così premuroso, e confidenziale, (che mi piace, non posso negarlo). Continuo a seguire la liturgia con gran fatica, distratta dal contatto del suo corpo , ed annego nell’emozione che, come un’onda, mi sale verso il cuore.

Finita la messa, veniamo spinti verso l’uscita dal fiume di gente. Le campane suonano a festa e ci ritroviamo, nostro malgrado, immersi nella folla che si stringe la mano e si fa gli auguri. Catturata dall’atmosfera di festa, mi volto verso di lui e lo abbraccio.

«Buon Natale, Edward», gli auguro. Lui si china un poco, io mi allungo per quanto posso per baciargli una guancia. Non riesco perché lui muove il capo, ed allora io mi sposto, e anche lui manca il bersaglio.

«Stai ferma un attimo», mi dice divertito mentre gli occhi gli luccicano nella notte. Mi prende il viso tra le mani coperte dai guanti e appoggia leggero le sue labbra fredde sulle mie. Tutto mi sarei aspettata tranne questo, ed un senso di calore mi esplode nello stomaco per poi salire verso la testa dove si evidenzia con un gran rossore al volto.

«Buon Natale anche a te, Isabella».

Purtroppo si stacca dalle mie labbra troppo presto e mi prende per mano domandandomi: «Ti va ancora di andare a pattinare?»

Come potrei rifiutare? In questo momento con lui andrei anche all’inferno. Anche perché è noto che sia un posto bello caldo!

«Sì» rispondo solamente, per non rendere troppo evidente il turbamento che provo per lui.

“E’ possibile prendersi una cotta nel giro di un’ora?”

Lui mi lancia uno sguardo dolce e mi sorride.

«Andiamo, allora.»

Di nuovo mi porge il braccio, a cui mi appoggio felice. Da St. Patrick al Rockefeller sono veramente pochi passi.

Un angolo di isolato che percorriamo con calma tra le vetrine festose dei negozi, e gli alberi con i rami illuminati da catene di lucine bianche. La brina sotto i nostri piedi scricchiola subdola.

«Scusa se mi impiccio degli affari tuoi, ma domani, anzi oggi per la precisione, sei stata invitata a pranzo da qualcuno?» si informa con tono leggero.

«No, ma parto nel tardo pomeriggio per Seattle e resto con la mia famiglia fino a capodanno.»

«Ahi, allora questo vuol dire che non ti rivedrò prima dell’anno nuovo.» Il suo tono è scherzoso, ma i suoi occhi mi sembrano veramente dispiaciuti.

Voltato l’angolo che dalla 5th strada porta alla 47th strada, scorgo i palazzi a gradoni del Rockefeller. Al centro del complesso di diciassette edifici, raggiunta da alcune scalinate,  si apre una piazza in cui nella stagione invernale viene allestita una spettacolare pista di pattinaggio. Con i pattini a noleggio ai piedi, cominciamo a scivolare tra la gente.

«Sei bravo, dove hai imparato?» Gli chiedo mentre mano nella mano slalomiamo evitando gli altri pattinatori.

«A Chicago, da ragazzo. Ero nella squadra di Hockey della mia scuola superiore.»

Ci fermiamo un attimo per riprendere il fiato, a bordo pista sotto il grande albero pieno di luci.

Il suo volto è raggiante. Le sue labbra sorridenti, mi fanno venire voglia di sentirle ancora sulle mie. Anche a lui deve essere venuto lo stesso pensiero, perché lo vedo abbassarsi lentamente. Tutto intorno scompare, non percepisco altro che lui e le grandi fronde dell’abete illuminato alle sue spalle. Mi abbraccia e mi bacia, con una passione che non mi aspettavo. Nell’inebetimento del momento, perdo l’equilibrio e scivolo trascinandolo nel capitombolo. Cado malamente sul ghiaccio, e lui sopra di me. Anche se ho il sedere dolorante, non mi muovo, gustandomi l’equivoca posizione. Ci fissiamo per un tempo indefinito. Sento come un coro d’angeli cantarmi soavemente nelle orecchie. Ma è più probabile, invece, che stiano solo fischiando poverette, a causa del repentino svuotamento dei polmoni dovuto alla caduta…

«Credo che sia ora di andare. Non ci reggiamo più in piedi.» Ridacchia fissandomi intensamente.

«Lo penso anch’io.» Gli rispondo con un filo di voce. Poi mi ricordo che “andare” significa separarsi, quindi mi precipito ad aggiungere: «Mi accompagni a casa? Potrei offriti qualcosa di caldo.» Non so cosa legga nei miei occhi, forse la supplica che sto mentalmente recitando: “ti prego dimmi di sì…”

«Speravo me lo chiedessi. Avevo paura di essere troppo invadente a importi di nuovo la mia presenza», sospira. Siamo ancora sdraiati sul ghiaccio. Ce ne rendiamo conto nel momento in cui un paio di ragazzoni ci propongono il loro aiuto per alzarci. Edward arrossisce. Io rifletto il suo stesso imbarazzo.

Vorrei che questo sogno non finisse mai. Vorrei che non venisse mai mattina.

Togliamo i pattini e torniamo sui nostri passi mano nella mano. Il tragitto verso il parcheggio di Macy’s si trasforma un percorso a tappe. Al primo bacio, appena fuori dalla pista di pattinaggio, ne segue, praticamente, uno ad ogni portone.

E’ come se ci avesse preso  una specie di frenesia. Non riusciamo più a stare staccati. E più Edward mi bacia, più a me viene voglia di baciarlo, quasi di mangiarlo.

Finalmente arriviamo alla sua auto, e solo il freddo pungente dell’abitacolo, ci frena dal consumare subito un amplesso, qui, nel parcheggio sotterraneo di Macy’s. Ma con un occhio alla strada, ed uno su me, Edward riesce, finalmente, ad arrivare sotto casa mia, sulla sponda dell’East River del quartiere dei Queens, fuori Manhattan. Lo faccio salire. L’appartamento che divido con Rose ed Alice, è al quinto piano ed ha una vista stupenda sulla città.

Lo faccio accomodare in soggiorno mentre io preparo un succo di mela bollente con cannella e chiodi di garofano. Il profumo si spande nell’ambiente creando un’atmosfera speciale.

Edward mi raggiunge al bancone che divide il soggiorno dall’angolo cottura e si siede. Gli verso la bevanda fumante nelle tazze nuove che mi ha regalato Alice. Sono mug  bianchi e rossi con un bel fiocco di neve stampato come nei maglioni tradizionali. Mi trema la mano mentre verso.

«Sono intirizzita», mi scuso. Ma credo che invece la causa sia la forte eccitazione che mi provoca la sua vicinanza.

«Sì, anch’io. Ma ci potremmo scaldare insieme, se vuoi.» Mi dice con voce profonda.

“Come faccio a resistere ad un uomo così sexy?” No, non posso. E’ presto detto.

Finisco la mia bevanda e lo invito sul divano. Le lucine a led colorate, dell’albero di Natale che le ragazze hanno sapientemente adornato prima della loro partenza, sono l’unica fonte di luce dell’ambiente. Oltre alla luna, che risplende nel cielo sereno.

«Questo è il più bel Natale della mia vita», sussurra mentre mi bacia avido il collo.

«Idem», ammetto, ansimando perdendomi sotto il tocco delle sue mani che esplorano la mia pelle sotto la maglietta.

Un attimo dopo i nostri abiti sono solo un lontano ricordo, come pure il freddo. La passione mi ribolle nelle vene ad ogni suo tocco, ad ogni suo bacio. Ma anch’io mi adopero sul suo corpo meraviglioso, e sentirlo gemere mentre lo esploro con le labbra e con la lingua, mi fa sentire felice.

Non conto quante volte facciamo l’amore. So solo che al risveglio, nel mio letto, il sole è alto nel cielo.

Una notte di Natale memorabile, questa, quanto inaspettata.

Al mio fianco Edward si muove e si sveglia con un sommesso brontolio. Stirandosi allunga un braccio e mi attira con forza a sé.

«Buona mattina di Natale, dolcezza.» Mi dice sornione.

«Buon Natale anche a te, tigre.» Gli rispondo con un gridolino, mentre gli salto addosso.

Il sorriso enorme  che gli splende sul volto, si spegne all’improvviso.

«Devi proprio partire?» mi chiede con un tono di supplica.

«Purtroppo sì, ho già il biglietto. Devo essere in aeroporto alle diciassette.» Rispondo con un sospiro mesto.

Gli accarezzo i capelli, setosi, senza sapere più cosa dire.

Lui tace. Io, dispiaciuta, gli copro la schiena di baci leggeri.

«Non riesco a lasciarti andare… Posso venire con te?» Chiede con un filo di voce.

 Alza, quindi, il viso e mi guarda con due occhi da cucciolo smarrito.

«Verresti?»

 Annuisce.

«A casa dai miei?»

Un sorriso timido gli compare sulle labbra, mentre fa ancora di sì con la testa.

«E riesci ad essere pronto con la valigia fatta, diciamo fra tre ore?»

Lui annuisce ancora.

«Allora è deciso.» Rispondo raggiante.

Gli scocco un ultimo bacio sulle labbra prima di scendere con energia dal letto per prepararmi alla partenza. Rido al pensiero della faccia sorpresa che farà mia madre quando mi vedrà arrivare con Edward, ma scuoto la testa, perché sono io la prima che ancora non si rende conto di quello che è successo stanotte.

Un Natale straordinario, davvero. Cosa posso dire di più?

 

Fine

Ed ora un'ultima chicca, per ricordarvi di non porre un freno ai desideri: la realtà  ci riporta coi piedi per terra  senza che nemmeno ce ne accorgiamo.  Buone feste a tutte ,

Teresa


  
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