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Autore: mentaverde    20/12/2013    1 recensioni
Dawn pensa di essere una ragazza normale che vive in un paese normale.
Ma non sa che in realtà lei è l'odiata e amata Davina, la donna che ha fatto impazzire l'unico uomo che non ha mai provato nulla per nessuno tranne che per lei.
Per un patto tra Leon e Anastasya, a Dawn viene cancellata la memoria e inizia a vivere quella che è una vita banale.
Ben presto però i suoi nemici arrivano, arrivano e la vogliono morta così da ferire Leon. Dawn, ignara, non sa nulla, non capisce ma l'unica cosa di cui è certa è che quando ha visto Leon per la prima volta ha provato qualcosa di nuovo e magico. Amore.
Perchè Annie le avrà pure cancellato la memoria, ma non sa che i sentimenti come l'amore, sono più potenti di qualsiasi magia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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 Always and Forever
 
 
 
 
È disposto a morire per proteggerla.
Entrambi lo sono.
(Vampire Diaries)

 
 
 
 
 
“Esco con Dave”, esordì Annie facendo quasi soffocare Dawn.
“Non mi ricordo di averti dato il permesso”, commentò pulendosi la bocca col tovagliolo.
“Domani sera passa a prendermi”, continuò senza ascoltarla, “Mi porta da Harries”.
“Uh. Immagino che la prospettiva di passare il primo appuntamento in un ritrovo di adolescenti in preda agli ormoni ti faccia capire quanto Somerhalder sia un’idiota”, aggiunse velocemente.
Annie le scoccò un’occhiata fulminante, “Avrei preferito andare al Ma’ Clare”.
“È già tanto se non ti ha portato a mangiare un hamburger”.
“Non sei d’aiuto”.
“Non mi sembrava che me l’avessi chiesto”, rispose sorridendo amorevole.
“Si può sapere cosa ti ha fatto?”, domandò sbuffando.
“Beh, cominciamo col dire che mi infastidisce il fatto che esista, poi non vorrei mai farti dimenticare che ha fatto esplodere il gatto di Lindsay”, Dawn guardò il piatto, “Probabilmente assomigliava a questo spezzatino”.
“È successo tre anni fa, Dawn. Non hai mai fatto uno sbaglio te?”, chiese Annie.
“Beh, di certo non ho mai fatto esplodere un gatto…”.
“Dawn!”, disse Annie senza riuscire a non ridere.
Dawn ed Annie anche se sorelle erano molto diverse.
La prima che era la minore, era diretta e schietta, poco incline a farsi degli amici, Annie invece era solare, un vulcano di energie.
La maggiore delle due sorelle guardò i piatti intatti, “È meglio se la prossima volta andiamo da Harries a prenderci qualcosa da mangiare”.
“Oh, grazie, non sapevo come dirtelo… il tuo cibo uccide!”, disse e scoppiarono a ridere.
“Ho sentito delle voci giù in città”, disse alzando gli occhi e guardando Dawn che cominciò a diventare verde di rabbia.
Le puntò il dito contro, “Prova solo a nominare quell’idiota e potrei farti del male!”, la minacciò.
“Kennith Cumming”, sussurrò Annie prima di fare un balzo di lato per scappare dall’attacco della sorella.
Kennith andava a dire in giro a chiunque trovasse che preso lui e Dawn si sarebbero fidanzati e che cercava l’anello perfetto per lei.
Dawn era venuta a conoscenza di questi voci un paio di giorni fa ma non aveva ancora avuto la fortuna di trovarselo davanti per sistemare la questione.
“È un bel ragazzo”, disse Annie dopo essere scappata dall’attacco di Dawn.
“È abbastanza insignificante”, commentò Dawn.
“Insignificante? Oh, andiamo! Quella tartaruga non può essere insignificante!”.
“Infatti parlavo del suo cervello. Non sono come te… a proposito: non puoi uscire con Somerhalder!”.
“Da quando mi serve la tua approvazione?”.
“Sai, visto che siamo sorelle è mio dovere difenderti da idioti patologici”, commentò chiudendo a chiave la porta di casa.
Annie la guardò senza capire.
Nessuno a RedLake chiudeva a  chiave le porte. Era una cittadina sicura, non succedeva mai nulla di strano, mai.
“Ho una brutta sensazione”, sussurrò Dawn scuotendo la testa, “Embeth dice che sono ossessiva compulsiva, ma…”.
“Non preoccuparti”, la interruppe Annie velocemente, “Terremo la porta chiusa, così Embeth domani non disturberà il mio sonno di bellezza, ancora”.
Dawn rise, “Pensi che una porta chiusa a chiave fermi Embeth?”.
“No, ma è già qualcosa”, rispose sovrappensiero.
Una porta chiusa può fermare molto più di quel che credi, pensò Annie.
Annie guardò fuori dalla finestra, sperando di non vedere qualcosa muoversi in mezzo al bosco.
Quando Dawn aveva una brutta sensazione aveva sempre ragione, ma questa volta non riuscì a non sperare che non accadesse nulla, che rimanesse tutto com’era: tranquillo.
Erano passati due anni da quando erano lì a RedLake, due anni che vivevano le loro vite tranquillamente. Annie aveva aperto un negozio di frutta e verdura, Dawn lavorava per il giornale locale e le loro vite proseguivano normalmente, o quasi. Quasi perché nessuna ragazza di RedLake avrebbe mai rifiutato Kennith Cumming, il bel figlio dello sceriffo con occhi blu più profondi del mare, nessuna tranne Dawn che da quando erano a RedLake si era fatta pochi amici, tra cui Embeth.
Annie non poteva non ammettere che Embeth non avesse aiutato Dawn a trovare la sua strada in quella città. Era una ragazza frizzante, iperattiva e senza peli sulla lingua, un po’ come Dawn che non voleva saperne di rimanersene tranquilla senza combinare disastri.
Era sempre stata una ribelle, fuori dalle righe, incapace di rispettare quelle che erano le regole.
Se le si diceva ti tornare a mezzanotte, Dawn avrebbe varcato la soglia di casa almeno due ore dopo. Le regole le stavano strette, la facevano soffocare.
Ma c’era una cosa che Dawn rispettava: le persone. Le scherniva, le prendeva in giro, diceva loro la verità, ma era sempre stata la prima a mettersi al fianco di chi ne aveva più bisogno.
Il suo sogno era di scrivere per il Times, ma non di gossip o di economia.
Voleva parlare della verità, quella che andava contro le regole, proprio come lei, quella che i potenti tenevano nascosto. Voleva mettersi dalla parte dei più deboli e scoprire tutti i segreti che finora erano tali.
Annie aveva sempre pensato a Dawn come una forza della natura, come qualcuno che non si ferma facilmente. Ed era sempre stato così.
Non si era mai tirata indietro nel far a botte con qualcuno anche se più grande di lei, nel dire le cose come stavano.
Non aveva paura.
Tranne quella sera con quella brutta sensazione che le faceva venire la pelle d’oca.
Annie sapeva che se Dawn aveva paura, allora doveva cominciare ad averne anche lei.
Sapeva anche che non avrebbe mai permesso a nulla di far del male a quella che considerava come una sorella.
Nessuno avrebbe mai torto un capello a Dawn, perché prima avrebbe dovuto vedersela con lei e poi con persone molto molto più potenti.
 
“Dawn! Devi dire ad Embeth che c’è gente che dorme qui!”, urlò Annie sulle scale mentre Dawn ancora in pigiama apriva la porta e il rumore del clacson della vecchia macchina di Embeth entrava ancora più forte.
“Io l’ammazzo!”, urlò Annie per l’ennesima volta e andò in camera sua.
Dawn guardò l’amica scendere dall’auto con i capelli lunghi legati in una treccia laterale e il viso coperto dai grossi occhiali da vista, “Si è arrabbiata?”, domandò riferendosi ad Annie.
“Come ogni mattina”, rispose Dawn facendosi da parte per farla entrare, “Dovevi per forza suonare il clacson?”.
“Ehi, siete state voi a chiudere la porta a chiave!”, rispose Embeth prendendo il cartone del latte dal frigo.
“Fai come se fossi a casa tua”, sussurrò infastidita Annie entrando in cucina in pigiama, “Non potevi trovarti un’amica più educata?”, domandò alla sorella.
“Educata?”, chiese Embeth masticando una mela. Annie in risposta alzò gli occhi al cielo.
“Si può sapere perché avete chiuso la porta a chiave?”, domandò di nuovo Embeth.
Nessuna delle due sorelle Gladstone rispose ma la curiosità dell’amica non si  spense minimamente.
“Volevo andare su in montagna oggi. Ho già chiesto in giro e solo Kennith, Carlos e Patty mi hanno detto di sì. Ti va?”.
Annie vide chiaramente Dawn irrigidirsi, ed era sicura che non si trattava di Kennith o della gita in montagna, ma di quella brutta sensazione.
“No, Dawn deve aiutarmi oggi”, intervenne Annie ricevendo una maledizione bisbigliata da Embeth.
“Rompe le palle tua sorella, Dawn”, aggiunse ad alta voce poco dopo.
Dawn alzò le spalle, “Sei andata a farti il tatuaggio?”, le chiese e l’attenzione di Embeth si concentrò tutta nel mostrare il nuovo tribale che si era tatuata sulla spalla.
“Mi è costato duecento verdoni, ma ne è valsa la pena”, disse mostrandolo e cominciando a spiegare il significato che gli aveva dato.
Embeth era un vulcano in eruzione e per un po’ fece dimenticare a Dawn tutte le sue brutte sensazioni, ma quando se ne andò per la sua gita in montagna – dopo aver maledetto nuovamente Annie – Dawn ritornò sovrappensiero e chiuse di nuovo la porta a chiave.
“Da quando va i giro con Patty?”.
“Da quando lo sceriffo l’ha beccata con uno spinello…”, Dawn si accorse dell’occhiata della sorella, “Non mi drogo, Ann. Ha beccato lei, non me. Comunque vuole ingraziarsi lo sceriffo uscendo con quella stupida di Patty”.
“È solo un po’ svampita”.
“Forse”.
“Dai, vai a mettere a posto il cortile”.
Dawn, borbottando, si alzò e andò fuori a sistemare il groviglio di sedie e tavolini che erano rimasti lì per tutto l’autunno dopo la festa di compleanno che avevano fatto ad Annie.
Dopo aver controllato velocemente la situazione, vedendo che la sorella anche se con i suoi modi bruschi, stava comunque sistemando, decise di andare in soffitta, luogo off-limits per chiunque non fosse lei. Ci aveva impiegato un mese a far perdere interesse a Dawn nel curiosare… con tutti gli incantesimi che aveva fatto a quella ragazza si stupiva ancora che avesse una personalità. Aveva dovuto reprimere molto oltre che alla sua memoria.
Se lo venisse a sapere…, pensò Annie e subito scosse la testa.
Voleva pensare a dell’altro, non alla sua morte.
Entrò nella piccola porticina nascosta da uno specchio della sua camera da letto e salì le piccole e strette scale fino ad arrivare alla soffitta.
Assaporò ogni istante di quel profumo che le ricordava tanto la sua casa, il suo negozio e tutto quello che aveva a che fare con il passato.
Quanto tempo è passato?, si domandò sgranchendosi le braccia.
Doveva essere passato molto tempo, forse un anno da quand’era salita in quella soffitta.
Andò dritta verso un piccolo cumolo, coperto anche quello da un telo giallognolo, e senza toccarlo questo si sollevò senza far cadere neanche un granello di polvere sul baule che copriva. Era un baule di quelli antichi, di legno e ferro, con un grosso lucchetto che teneva il contenuto al sicuro.
Annie evidentemente emozionata frustò l’aria con la mano destra e il lucchetto si aprì. Mosse di nuovo il braccio e questa volta il grimorio dei Molcanov venne alla luce.
Era un libro ancor più antico di RedLake stessa, che di storia ne aveva molto, ricco di formule, incantesimi e pozioni, tramandati alle streghe della famiglia Molcanov.
Prima ancora che Annie potesse toccarlo, un attimo prima che le sue dita potessero toccare la copertina d’orata e spessa, un urlo soffocato malamente attirò la sua attenzione.
Scese le scale agitando la mano e il grimorio ritornò coperto.
“Dawn! Dawn!”, urlava, “Oh merda, merda!”.
Corse con tutte le sue energie e non appena uscii dalla porta che dava sul retro, si bloccò immobile.
Davanti a lei c’era l’ultima persona che si sarebbe mai aspettata di vedere.
“Anastasya”, la salutò la donna con i capelli rossi selvaggi.
Annie vide Dawn stretta nella morsa di un vecchio che senza il minimo sforzo tratteneva la ragazza che cercava di svicolarsi da lui.
“Sei sicura di quello che stai facendo?”, domandò semplicemente Annie mantenendo lo sguardo fisso sulla donna.
Nel frattempo Dawn urlava, scalciava e si dimenava.
“Pensi che io abbia paura di lui?”.
“Penso che ne dovresti avere”, commentò Annie mostrando una sicurezza tale da stupire anche Dawn.
“Io non ho paura. Diglielo. Fai in modo che mi venga contro. Fallo venire da me, Anastasya”.
“Ti ucciderà, lo sai?”.
“Non prima di aver ucciso te”, rispose l’altra con un sorriso maligno in volto.
Questo è vero, pensò.
“Ti troverà”.
“È quello che voglio”.
“Perché? Non puoi semplicemente…”.
“Chiamarlo? Presentarmi nel suo appariscente castello?”, domandò la donna, “Pensi che io non l’abbia già fatto? Oh, piccola Anastasya, sei sempre stata la sua preferita – dopo di lei ovviamente – ma solo per la tua ingenuità. Tutte lo cercano. Tutte. E io mi sono stancata. Voglio che me lo dica, voglio che mi liberi da questo”, si indicò il cuore, “Fa male sai, amare e non essere ricambiati”. La donna guardò Anastasya e scoppiò a ridere, “Ma tu lo sai, lo sai! Oh, tu sei leggenda tra quelle come noi! La strega che ama il peggior essere vivente della storia, costretta a fare la balia al suo nuovo amore. Sei ridicola”.
Annie si sentì colpita nel profondo.
Aveva aspettato quell’uomo per tutta la sua vita, e ancora lo aspettava.
Sperava che un giorno, dopo Dawn, forse l’avrebbe ricambiata, o almeno preferita rispetto alle altre.
Sapeva perfettamente di essere un’illusa, di vivere per speranze che probabilmente non si sarebbero mai avverate, perché lui avrebbe dato anche la sua vita per seguire Dawn ovunque, tanto che aveva deciso di cancellare la sua memoria per amore. E lei era stata così stupida ad accettare, a legarsi a quella ragazza per il resto della sua vita, solo per amore.
In fondo si muoveva tutto attorno all’amore, persino i grandi gesti di grandi uomini erano legati all’amore. Cambiava il soggetto di questo, ma il sentimento era lo stesso.
“Da quant’è che non ci vediamo, Arabella?”, domandò Annie stringendo le mani in pugni.
Ma quello che Arabella non sapeva perché troppo accecata dall’esser stata tradita, era che l’amore fa crescere le persone.
“Un decennio sicuro”, rispose.
E Annie non era più quella dolce e piccola, indifesa e prevedibile ragazza che avevano salvato da una vita di sofferenze.
Dalle sue mani uscirono due scariche elettriche che colpirono prima Arabella, poi il vecchietto che teneva Dawn.
Poi tutto successe ancora più velocemente. Arabella si rialzò, era sempre stato difficile abbattere qualcuno che non prova altro che rabbia e disperazione perché non ha nulla da perdere. Iniziarono a correre entrambe verso Dawn, stesa a terra per la scarica che l’aveva colpita, ma la donna con i capelli rossi riuscì con una mossa rapida e prenderla e trascinarla con sé nel bosco non prima di aver steso a terra Annie con un calcio dritto sui reni che la lasciò accasciata per un tempo indeterminabile.
 
Quando Annie si rialzò, l’unica cosa che riusciva a pensare era che Dawn era sparita.
Come aveva potuto allontanarsi da lei?
D’altronde, si ripeteva, come poteva immaginare che le innamorate si sarebbero rifatte vedere?
Una cosa era certa: non poteva farcela da sola. Era sempre stata più debole, un po’ per il suo carattere, un po’ perché Arabella e le altre erano molto più vecchie di loro.
Doveva chiamarlo, doveva dirglielo.
Salì le scale che portavano alla soffitta, e ogni scalino era una sofferenza per il colpo ricevuto al rene. Senza lo gioia di prima prese il grimorio, lo sfogliò e trovò l’incantesimo che cercava. Mandò un messaggio a Moises, il suo stregone personale e iniziò ad aspettare.
Sapeva che sarebbe passato poco tempo prima che di ricevere la chiamata.
Sapeva anche che presto la sua vita sarebbe finita. Aveva perso Dawn e questo le avrebbe garantito sicuramente un posto di privilegio sulla lista delle persone che doveva uccidere. Proprio come aveva detto Arabella.
Il suo compito era proteggerla da chiunque fosse un pericolo.
E aveva fallito.
Il cellulare squillò.
“Cosa hai fatto, Ann?”, domandò Moises prima che le urla di Leon ricoprissero qualsiasi altro rumore.
“Dimmi dove sei”, tuonò Leon.
“RedLake, Archer Avenue”.
“Chi è stato?”.
“Arabella”.
“È una donna morta”.
“E io?”.
“Oh, tu sarai la prima e niente e nessuno mi convincerà a risparmiarti questa volta, Anastasya”.
Così si concluse la conversazione con l’unico uomo che Anastasya Molcanova avesse mai amato.






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Siete in tantissime a leggere questa storia....
So che all'inizio i ruoli dei personaggi non sono molto chiari, ma ogni cosa ha il suo tempo e penso che in questo capitolo alcune cose siano state spiegate meglio? NO?
Nel prossimo capirete meglio :) 
Promesso!

A presto,
Blue  
  
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