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Autore: ki_ra    21/12/2013    3 recensioni
Dal I capitolo :
Non aveva mai amato, particolarmente il cioccolato, mai fino a quando non l’ aveva visto fondersi nei suoi occhi puri e profondi, sinceri come la sua anima.
Ogni volta che ne addentava un pezzo, gli pareva di baciarla. Non che l’ avesse mai baciata prima, ma si figurava così il sapore dei suoi baci: intenso e forte.
Così tratteneva il pezzo di cioccolato in bocca, lasciava che il calore del palato e della lingua lo sciogliesse lentamente, permetteva all’aroma di diffondersi, scendendo, attraverso la gola, fino in fondo allo stomaco, esattamente al centro del corpo, e manteneva quel retrogusto intenso e impercettibilmente amaro, per alcuni minuti, fino a che si dissolveva, costringendolo ad addentarne un altro.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Eccoci giunti al decimo capitolo, con il quale ritorniamo al presente della storia.
Come sempre ringrazio tutti quelli che passano da qui, Spero che, anche questa volta, abbiate voglia di farmi sapere cosa pensate della storia.
Colgo l’occasione per augurare a  tutti un Buon Natale!
Alla prossima!


X

L’aria era fresca e dolce e si riscaldava impercettibilmente col passare dei minuti. Il cielo era già terso e schiarito dal giorno prominente. Il sole, non ancora sorto, inviava la sua luce d’arancio, delineando i picchi frastagliati dei monti olimpici. I rumori del bosco, con i suoi animali in movimento, le fronde mosse dal vento leggero ed il canto degli uccelli, scandivano la fine improrogabile di quella notte d’incanto.
Erano distesi l’uno sull’altra: Renesmee riversa bocconi sull’erba bagnata e impregnata del suo profumo, e Jacob su di lei, il viso rilassato che le si poggiava delicatamente sulla schiena nuda, il corpo forte che la custodiva dolcemente, riscaldandola, in un abbraccio deciso e protettivo. Il braccio destro le cingeva la vita sottile e la coscia, dalla pelle d’ambra, le copriva i glutei e parte delle gambe affusolate.
Le ore trascorse l’uno dentro l’altra erano state come acqua sorgiva nella sabbia del deserto: necessarie ai corpi, che, da quando si erano toccati, in quella illuminata notte artica, avevano sperato di estinguere la distanza che li struggeva. Necessarie, ancor più alle anime, che avevano cercato, invano, in sé stesse il riflesso dell’altra.
Toccarsi, essere vicini, riempirsi fino a sentirsi sazi erano stati, per entrambi, segni rivelatori di una verità già intuita, ma paventata e nascosta: essi si appartenevano, senza possedersi; le anime si completavano pur rimanendo distinte; i corpi si incastravano alla perfezione, come tessere colorate e sfrangiate di un antico mosaico.
La ragazza aprì piano gli occhi, sollevando le palpebre di lavanda e, lasciandosi ferire dolcemente dalla luce del mattino, inspirò profondamente i profumi mescolati della loro pelle, smuovendo quella calma molle dei loro corpi legati.
Anche Jacob si svegliò, stringendo forte la presa della mano sul fianco niveo.
- Buongiorno … - gli sussurrò, modulando la voce, ancora impastata di sonno, con gli occhi che tornavano a chiudersi.
- Sì, direi che è proprio un buon giorno … - rispose, baciandole la schiena e percorrendo, con la bocca, la distanza tra le scapole.
- Hai dormito? – mugolò poi, lasciandosi accarezzare la pelle dalle labbra di lui.
- No … – le rispose vago, mentre continuava, meticoloso, l’opera che aveva iniziato.
- Bugiardo! – lo apostrofò. – Hai dormito, eccome! – sorrise, voltandosi, per poterlo guardare negli occhi di pece.
La pelle delicata dei seni, ancora bagnati di brina, sfregò sul petto glabro e lucente del ragazzo, lasciandole correre, sul resto del corpo, un brivido sottilissimo e deciso, che la costrinse a chiudere, per un attimo gli occhi, nel tentativo di domarlo.
- L’ho fatto per te … - si giustificò sorridendo. – … per farti riprendere fiato! – continuò.
- Oh, certo! Perché tu non eri stanco, vero? – lo punzecchiò, mentre seguiva, precisa, con le dita, le sopracciglia nere e folte sugli occhi di pece.
- Io? – si finse offeso. – Ce ne vorrebbero almeno una decina di fila di notti così, per farmi stancare … - si pavoneggiò.
- Sarebbero troppe per chiunque, sbruffone! – lo canzonò. - Anche per te … -
- Per me, con te … mai! – sussurrò deciso, baciandola, ed inseguendo il desiderio di ricominciare.
L’aveva immaginato, quel corpo di sirena, muoversi sotto di lui. Solo, nelle notti sulla rupe, l’aveva sognato, quel turgore delicato e sensuale delle sue forme seducenti di femmina. Mille volte aveva chiuso gli occhi, lì, su quella stessa terra erbosa, che aveva fatto da letto senza lenzuola, ed aveva puntato pensieri e sensi sull’immagine di lei distesa, inerme nelle sue mani e dentro la sua bocca. Eppure, nonostante quei sogni fossero diventati via via sempre più vividi, ornati di suoni indecenti e profumi impuri, nessuno era mai stato ricco, penetrante, affilato e arroventato come le ore da poco trascorse.
Le mani, con un ritmo cadenzato, le scivolarono lungo tutta la schiena, irriverenti e, ormai, pellegrini esperti di quei sentieri, che, pur avendo esplorato solo una volta, erano già terra conosciuta e domata. Quelle carezze delicate eppure insistenti catturarono Renesmee, riaccendendo, nel centro esatto del corpo, il desiderio che aveva conosciuto quella notte,  del quale già non poteva più fare a meno.
- Jake? – lo chiamò, soffiandogli sulle labbra tra un bacio e l’altro.
- Mhm? – mugolò, continuando a far scorrere la punta della lingua lungo il contorno della bocca di lei.
- Sarà … sarà sempre così? – chiese, nonostante sentisse mente e corpo completamente disorientati, alla mercé di quelle vive attenzioni.
- Sì … - rispose la sua voce calda e dolce come miele vischioso. -  Con qualche variazione sul tema … - precisò, pregustando, sfacciato, ogni possibilità.
- Sì? – chiese al suo orecchio, con una nota, quasi impercettibile, d’imbarazzo nella voce cristallina.
- Sì! – confermò più che deciso, lasciando scorrere la punta delle dita lungo l’inguine, come acqua corrente nel letto di un fiume, seguendone il percorso, alla ricerca della foce. – Perciò … rassegnati, piccola, e lascia fare  a me … -  concluse, intrappolandole il labbro inferiore tra i denti, in un morso delicato e seducente insieme.

  
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