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Autore: exitwounds    21/12/2013    4 recensioni
[fuenciado; tony x nuovo personaggio]
«Fuentes...» sputai, vedendo che un ragazzo aveva avuto la mia stessa idea. A quanto pare, non sono l'unica a cui dia fastidio quella sottospecie di musica - se si può chiamare tale - che mandano in discoteca.
«Smith...» rispose, senza neanche alzare lo sguardo dalla sigaretta, ormai quasi finita, che teneva tra le dita.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(3)


Mi correggo, era ancora più bello di prima, se possibile. Indossava un paio di jeans neri e una semplice maglia bianca, ma ai miei occhi sembravano i vestiti più belli al mondo.
Reggeva il mio sguardo, anche lui sorpreso, gli si leggeva negli occhi che non sapeva come comportarsi.
Mi voltai di scatto e tornai a dedicarmi al mio pancake, in silenzio, mentre Mike si era alzato a salutare i suoi due amici battendo loro il pugno.
Vic era corso ad abbracciare Jaime e l'aveva alzato in aria, nonostante fosse più basso di lui di un bel po'. Comportamento inusuale, dato che presumibilmente si erano visti a malapena due minuti prima.
Scrollai le spalle. In fin dei conti, fatti loro.
Jaime si staccò da Vic e rivolse il suo sguardo su di me.
Cominciavo a sentirmi a disagio, con quattro paia di occhi che mi guardavano. Tony era stato il primo a distogliere lo sguardo ed era tornato a fissarsi i piedi, subito dopo Mike era tornato ai fornelli. Jaime si sedette accanto a me, mettendomi un braccio sulle spalle.
«Smith, e così la nuova preda del piccolo Fuentes sei tu, eh?»
Alzai gli occhi al cielo. «Dio santo, no!» esclamai, spostando il braccio del ragazzo delicatamente. «Mike ti prego, spiegaglielo tu, qua sembra che nessuno voglia darmi retta.»
«Ragazzi, davvero, tra me e Becks - posso chiamarti così, no? - insomma, non è successo niente. Ieri sera ci siamo incontrati per caso, ci siamo bevuti qualcosa e abbiamo esagerato, è rimasta a dormire da me e basta.» spiegò calmo, mettendo in tavola altri tre pancakes.
I tre ragazzi si sedettero, Vic e Jaime vicini - anzi, appiccicati - e Tony capitò di fronte a me. Mi morsi l'interno della guancia, prendendo un respiro profondo e cercando di non far trasparire emozioni. Non doveva scoprirlo, assolutamente no.
Mike disse che sarebbe andato a farsi una doccia, quindi rimasi sola con i suoi tre amici.
«Immagino che tu abbia continuato con diritto per tutti gli anni, no?» Jaime si rivolse a me. Wow, non immaginavo si ricordasse di me.
Vic pendeva letteralmente dalle sue labbra, sembrava che la sua vita dipendesse dalle parole del ragazzo, anche se non erano rivolte a lui. Tony invece giocherellava con la forchetta nel piatto, sembrava non aver fame. «Avresti fatto meglio a scambiarlo con educazione fisica doppia, quello sì che è stato divertente!» scossi la testa, con un sorriso. «Diritto mi piaceva, per un po' ho addirittura pensato di fare legge al college.»
«Ew, legge. Doppio ew, college!» fece una faccia schifata. Vic rise, gli brillavano gli occhi. C'era qualcosa tra quei due, ne ero sicura, e la mia indole impicciona mi stava dicendo di scoprirlo al più presto.
«Becks, ti squilla il telefono!» la voce di Mike mi riportò sulla terra. Mi alzai, sistemandomi la felpa in modo da coprirmi, e mi diressi in camera di Mike, dove avevo visto il telefono per l'ultima volta. Sentivo i loro sguardi addosso, tentavo di ignorarli ma non vi riuscii, voltai leggermente la testa e con la coda dell'occhio vidi Tony guardarmi. Mi girai di scatto, dannazione, forse se ne era accorto. Girai l'angolo del corridoio e sentii il rumore di qualcosa che cadeva, delle risate e una voce, che mi sembrava quella di Vic, esclamare «Cristo, Perry, contieniti!» e giù altre risate.

Quando lo trovai, il telefono aveva smesso di squillare. Controllai l'orario, era quasi mezzogiorno, e avevo tre chiamate perse di Sam, meglio richiamarla e farle sapere che ero ancora viva.
«Si può sapere dove diavolo sei?!» rispose al primo squillo, con un tono visibilmente arrabbiato e preoccupato.
«Scusa Sam, davvero... Sto da Fuentes, poi ti spiego.»
Il suo tono si addolcì, anzi, si tramutò nella voce di una tipica fangirl urlante. «Oddio, Mike? Non ci posso credere! Ci sei andata a letto, eh? E brava la mia amica! E dimmi, è davvero così bravo come si dice?»
Mi scappò una risata. «No, ti giuro! Però c'è un problema...» la mia voce si incupì.
«Che succede?»
«Tu sai chi... È qui!»
«Cosa? Colui Che Non Deve Essere Nominato? Voldemort?»
«Dio, no!» scoppiai a ridere. La mia migliore amica era una potterhead sfegatata e citava film e libri ogni volta che poteva, ormai più che essermene abituata mi ero rassegnata e me ne ero fatta una ragione. «Seriamente, chi potrebbe essere, genia? È ancora più bello di prima, e non mi è ancora passata... Ora non posso parlare, non voglio che mi sentano siccome stanno tutti qui, torno a casa e ti spiego tutto...»
Dall'altra parte Sam sospirò. Se fossi stata con lei, in questo momento mi avrebbe abbracciata e stretta forte a sé. Quella ragazza non è mai stata brava con le parole, ma cavolo, i suoi abbracci erano la soluzione a qualsiasi cosa che andava storta.
«Oddio, mi dispiace un casino ma oggi non sto a casa, mia madre mi ha praticamente obbligata a passare una giornata con lei e che palle, mi ha appena urlato di andare ad aiutarla. Torno stasera, e mi raccomando, voglio ogni dettaglio. Ti voglio bene!»
«Anche io.» chiusi la telefonata e mi gettai di peso sul letto. E ora, che si fa?
Rimasi per un po' a guardare il soffitto, poi il rumore di qualcuno che bussava alla porta mi distolse dai miei pensieri. La testa di Mike fece capolino, poi entrò e si sedette vicino a me, aveva ancora i capelli un po' bagnati.
«Non ti è passata, vero?» mi chiese all'improvviso. Mi alzai di scatto, allarmata, e rimasi un attimo in silenzio. Non mi usciva la voce, quindi mi limitai ad annuire.
«Vieni, dai.» sussurrò e mi feci stringere dalle sue braccia forti. Mi scompigliò i capelli con una mano, sorridendo.
«Voi due mi mangiate con gli occhi, non può che finire bene.» mi rassicurò.
Sospirai. Magari era la volta buona.

Avevo rimesso il vestito e tenevo le scarpe in mano, pronta per tornarmene a casa.
«Vieni a vederci provare?» mi chiese Mike «Abbiamo prenotato la sala per le tre, cioè - controllò l'orologio - fra un'ora e mezza. Che dici?»
Cercai uno sguardo di approvazione dagli altri tre. Vic e Jaime mi sorrisero, Tony continuava a stare in un mondo tutto suo.
«Volentieri, ma volevo passare prima a casa per cambiarmi.» accettai con un sorriso e mi rimisi le scarpe.
«Ti accompagna Tony con la sua macchina, dai» propose Jaime, beccandosi uno sguardo di fuoco dal diretto interessato, che fu bellamente ignorato. «I due fratellini guidano come dei disgraziati, non so quanto ti convenga andare con loro, io invece la patente non l'ho proprio presa. Ah, viva la pigrizia!» Mike mi fece l'occhiolino e lanciò le chiavi a Tony, che le prese al volo, salutò tutti con un cenno della mano e mi fece strada in silenzio verso la macchina.
Rimase zitto, senza neanche guardarmi in faccia, per quasi tutto il tragitto di dieci minuti fino a casa mia. Stringeva talmente forte il volante che mi sorpresi non gli fosse ancora rimasto in mano. Posai il mio sguardo sulle sue mani, le nocche erano bianche per lo sforzo.
Mosse la mano destra per cambiare marcia e passare dalla seconda alla terza, ma spostò troppo il cambio ed ingranò la quarta. Il motore fece un rombo strano e la macchina cominciò a scattare in avanti, ma lui non mosse un dito. «Tony, hai messo la quarta, cambia marcia o ci lasci il motore.» gli dissi, all'inizio calma, ma dopo qualche secondo che mi aveva ignorata lo scossi per un braccio, finalmente mi diede retta e scalò in terza. Mugugnò un qualcosa che forse somigliava a un "grazie", poi tornò in silenzio.
Incrociai le braccia al petto. Chiaramente non era interessato a me, altrimenti non mi avrebbe ignorata in quella maniera. Sbuffai tra me e me e scossi la testa. Non gli piacevo, al contrario mio a lui la cotta era passata ed io dovevo farmene una ragione, smetterla di comportarmi come una bambina testarda o una stupida adolescente in cerca del principe azzurro.
Non mi aveva ancora rivolto la parola da quella mattina, e volevo cercare a tutti i costi di fargli aprire la bocca. «Posso accendere la radio?» gli chiesi, e lui annuì. Feci zapping qualche secondo, poi mi sintonizzai su una stazione che di solito passava musica carina.
«Oh, questa canzone mi piace» si girò un attimo verso di me e mi sorrise, poi tornò subito a guardare la strada e cominciò a canticchiarla. Makes me wonder dei Maroon 5. Era tenero quando cercava di imitare il falsetto di Adam Levine picchiettando con le dita sul volante, ma non riuscivo a concentrarmi su quello, la mia mente era ancora bloccata al suo sorriso. Era troppo bello ed io ero troppo partita per la tangente per mettere insieme qualche frase di senso compiuto. Mi limitai a restare in silenzio.
Finita la canzone, spense la radio, accostò di scatto al lato della strada, e prima che potessi chiedergli che diavolo stesse facendo, mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Rimasi sorprese per un attimo, poi chiusi gli occhi e risposi. Lo baciai avidamente, non volevo lasciarlo neanche un secondo, nemmeno per respirare. Lo volevo, cazzo se lo volevo, e non mi sembrava vero. Misi una mano dietro al suo collo e lo avvicinai di più a me. Volevo sentirlo il più vicino possibile, volevo avere la conferma che fosse la realtà e non un sogno. Lui mi mise le mani sui fianchi e, senza staccarsi dalle mie labbra, mi trascinò ancora più vicino a lui. Ormai ero in ginocchio sul bordo del sedile, la sua gamba toccava quasi il cambio. Si sporse leggermente di più verso di me, e poi un rumore secco. Con il ginocchio aveva toccato il cambio, ed evidentemente si era ingranata la prima.
Mi allontanai di scatto. «Tony, la prima! Frena!» esclamai, ed istintivamente gli strinsi la mano destra. Lui tornò velocemente in una posizione adatta alla giuda, pigiò il freno e la macchina si fermò.
Sospiro di sollievo. «Dio, che colpo!» mi rivolse un bellissimo sorriso e notai che stava ancora stringendo la mia mano. Tirai il freno a mano e lo baciai di nuovo. Volevo sentirlo il più possibile accanto a me, volevo sentire le sue mani sui miei fianchi, le sue labbra sulle mie, non avrei mai voluto lasciarlo andare.
Fu lui ad allontanarsi e a scusarsi per il suo comportamento brusco.
«Non sapevo che fare, mi sembravo un adolescente alla prima cotta e... Okay, la verità è che non ho mai smesso di pensare a te dalla prima volta che ci siamo visti e avevo paura che non mi avresti mai considerato e che avrei fatto la figura del cretino e» «Ti preferivo quando parlavi di meno!» lo interruppi, attaccando le mie labbra di nuovo alle sue.

Mi ero fatta una doccia veloce, mi ero messa un paio di jeans, una canotta colorata e mi stavo infilando le converse seduta sul divano accanto a Tony, che strimpellava la mia chitarra acustica. Il mio sguardo era fisso sulle sue dita, che precise cambiavano accordo, da barrè a accordi normali e viceversa.
«Mi piace vederti suonare» ammisi con un sorriso, mentre lui arrossì. Non lo facevo così schivo, mi ero fatta un'immagine davvero diversa dalla realtà di quei quattro ragazzi. Adesso avevo capito perché stavano simpatici a tutta la scuola: potevano pure fare i cazzoni tutto il tempo, ma in fin dei conti sapevano farsi voler bene.
Era stato un po' imbarazzante, ma alla fine entrambi avevamo ammesso della cotta per l'altro, e che il rivedersi, anche se improvviso, a quanto pare aveva svegliato quei sentimenti.
Mancava qualche minuto alle tre e Tony mi stava accompagnando alla loro sala prove, poco fuori San Diego. Mi aveva raccontato la gioia di aver ottenuto un contratto discografico, tutti gli sforzi e gli impegni per scrivere e registrare le canzoni, le fatiche per ottenere qualche serata in giro per la California per farsi conoscere un po' in giro.
Era davvero bello sentirlo parlare della musica, gli brillavano gli occhi e traspariva tutta la sua passione. Gli accarezzai la mano destra, ferma sul cambio. «Sono davvero contenta per voi, e sono curiosissima di sentire qualche canzone!» esclamai tutta contenta, mentre lui accostava all'entrata della sala. Mi prese per mano e mi stampò un bacio leggero sulle labbra, che mi strappò un sorriso. «Entriamo dai, che ci stanno aspettando.»



myspace.
Eccomi di nuovo!
Ah, finalmente la scuola è finita, non ne potevo più.
Comunque ecco qua il capitolo tre, spero che vi piaccia e se beccate tutti e due gli indizi a qualcosa che avverrà nel futuro vi regalo una caramella.
Sarà tutto rose e fiori tra Tony e Rebecca? Oppure spunterà qualche problema improvviso? Lo scoprirete nel prossimo capitolo! MUAHAHAHAHAH stai zitta non fai ridere
Buh, non so più che dire, lol
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Un bacio, fab.

ps: ho appena finito di scrivere una cosa super-mega-iper triste che non so se postare o no ma whatever, ho bisogno di tanti fazzoletti perché piango
  
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