Narnia's
Rebirth
45th Chapter
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La freccia dalle piume smeraldine
affondò nella gola dell’ennesimo telmarino, troppo
lento per scansarla; Talia
si abbandonò ad un sorriso freddo, quasi crudele, vedendo
agonizzare la sua
vittima nel tentativo di strapparsi il dardo dal collo.
Incoccò rapidamente
un’altra asticella,
balzando contemporaneamente di lato per evitare il fendente di spada
che uno
dei pochi cavalieri rimasti menò in sua direzione: la lama
tagliò lo spazio che
lei aveva occupato sino ad un attimo prima, prima che venisse scalzata
dalla
mano del proprietario da un colpo preciso
dell’estremità d’acciaio
dell’arco di
Talia.
-Andate a morire impiccati,
carogne!-
strillò la mezz’elfa, lasciando fluidamente andare
la corda e assottigliando le
palpebre per schermarsi dal riflesso del Sole: vide il suo attaccante
cadere,
ucciso, ma quell’attimo di distrazione permise ai tre rimasti
di afferrare le
balestre e puntarle contro di lei.
Rapida, Talia saltò in
alto e
s’arrampicò agilmente sull’albero
più vicino, scartando più volte quando i
dardi le sibilarono attorno. Infilò l’arco nella
sua custodia, sapendo che non
sarebbe più riuscita a trovare il tempo necessario per
utilizzarlo; sguainò
quindi la propria spada, un’arma sottile ed elegante che le
aveva donato
Galador prima di lasciare la Tana di Aslan, accucciandosi
nell’incavo di due
grossi rami per calcolare quanto tempo e quanti movimenti le sarebbero
serviti
per falciare i telmarini rimasti senza rischiare la vita.
Lanciò loro
un’occhiata malevola mentre
quelli ricaricavano le balestre in fretta e furia: li odiava, li odiava
e
nessuno avrebbe potuto biasimarla per averli trucidati…
erano umani, ciechi e
dannati esseri umani che avevano portato solamente sofferenza e
solitudine agli
abitanti di Narnia come lei e come le sue sorelle.
Se solo avesse avuto i suoi poteri
non
avrebbe nemmeno avuto bisogno di pensare: le sarebbe bastato aprire il
proprio
cuore alla Terra per far sì che Narnia stessa si rivoltasse
verso quei
maledetti invasori…
Al solo pensiero, tuttavia, la
rabbia bruciò
con una forza tale da farla quasi cadere dall’albero.
Sgranò gli occhi,
stupefatta
dall’intensità quasi fisica di
quell’emozione: non le era mai capitato di
essere talmente sopraffatta da una sensazione da perdere il controllo
del
proprio corpo, quasi fosse__
-ARGH!-
Il ruggito spaventato dei telmarini
la
strappò dai propri pensieri; lanciò loro
un’occhiata, chiedendosi perché
stessero strillando come dei maiali sgozzati… e vide grossi
tralci bruni e
verdi scagliarsi su di loro, strappandoli dalle selle dei cavalli e
strangolandoli senza la minima esitazione.
Sconvolta, Talia li
guardò agonizzare
nelle spire di quelle piante assassine. -Quando si dice
“prendere un ordine
alla lettera”…- mormorò, distogliendo
lo sguardo e cercando di capire cosa
fosse successo: forse Lucy era riuscita a trovare Aslan, ma__
Qualcosa, in
quell’attimo, esplose
dentro di lei.
Scoppiò a ridere, Talia,
quando avvertì
una sensazione familiare – insperata
– farsi largo nella sua rabbia,
incenerendo tutto quanto e lasciando dietro di sé solamente
una dirompente
felicità che, in sette anni, la mezz’elfa non era
mai riuscita ad avvertire.
Sorridendo, con la pelle che
formicolava e s’accendeva di riflessi dorati, la Custode
s’arrampicò fino alle
fronde più alte dell’albero su cui si trovava,
trovando nel cielo azzurro di
Narnia la traccia di qualcosa che, al proprio
passaggio, aveva
incendiato l’aria intorno a sé e formato vaporose
nuvolette che già si stavano
diradando.
-Bentornata, sciagurata che non sei
altro.- sussurrò, con gli occhi pieni di lacrime, mentre
– intorno, dentro
di lei – la natura di Narnia si riappropriava di
una vita che per tredici
secoli le era stata negata.
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§
Caspian lanciò il
pugnale lungo,
colpendo in pieno petto il soldato che stava per uccidere Trumpkin.
-Raggiungi Susan!- gli
urlò,
superandolo di corsa e recuperando il coltello al volo, affiancandosi
ad Aaron
e a Caleb che, in quel momento, erano ingaggiati da una vera e propria
folla di
telmarini armati fino ai denti.
-Fuori dai piedi!- ruggì
il gigante biondo,
mulinando lo spadone con tanta veemenza da far arretrare i nemici,
intimoriti
dalla sua furia; Caspian ed Aaron, approfittando della loro incertezza,
vi si
scagliarono come rapaci sulla preda e ne trucidarono la
metà, mentre Edmund
galoppava alle loro spalle finendo gli altri con precisi tiri di
balestra.
I due giovani tirarono fiato, ma la
pausa durò pochissimo: quasi immediatamente altri soldati
emersero dalla
voragine che gli stessi narniani avevano aperto per dividere
l’esercito di
Telmar, assaltandoli e costringendoli ad arretrare verso la Tana di
Aslan.
-Sono troppi!- abbaiò
Aaron, lanciando
un’occhiata disperata ai nuovi arrivati: quei dannati
sembravano non finire
mai, li avrebbero soverchiati con la sola forza del proprio
numero…
-Beh, se proprio devo morire,
almeno me
ne porterò dietro un po’!- fu la risposta
sarcastica che ottenne dal biondo,
che si lanciò in avanti proprio in mezzo alla massa di
guerrieri che li stava
attaccando mentre Caspian si scagliava contro un altro gruppo di
avversari.
-CALEB! NO!- gli gridò
dietro ma, per
quanto fu utile, avrebbe potuto urlare al vento: vide l’amico
sparire fra le
armature e gli scudi telmarini e, imprecando, gli corse dietro per
evitare che
si facesse ammazzare anzitempo.
-Fatevi sotto, maledetti!-
ruggì il
gigante, ruotando su se stesso e colpendo tre soldati uno dopo
l’altro; altri
però balzarono in avanti, ansiosi di far fuori quel
guerriero formidabile che
stava decimando tutti i drappelli che gli venivano mandati contro.
Caleb digrignò i denti,
affondando nel
ventre del più vicino la punta dello spadone e ritraendola
subito per rotearla
sopra la testa, parando un’attacco di lancia venuto
dall’alto: quei bastardi
non finivano mai, constatò, e lui cominciava ad
accusare la stanchezza di
quella battaglia che gli sembrava stesse durando già da ore.
Lo avrebbero ucciso, quella era una
verità che non poteva ignorare: ma, almeno, ne avrebbe
potuti trascinare con sé
un numero considerevole.
-Pagherete cara la mia pelle!-
abbaiò,
afferrando il guerriero più vicino e sollevandolo di peso,
scagliandolo addosso
a tre dei suoi compari: quelli ruzzolarono a terra, momentaneamente
innocui, ma
subito altri li calpestarono per assalirlo nuovamente.
Cal avvertì il bruciore
delle ferite
acuirsi, moltiplicarsi, ma non gli diede peso: sarebbe morto in
battaglia con
coraggio e senza tirarsi indietro, avrebbe reso onore alle Figlie di
Aslan che
stavano disperatamente cercando di sistemare i danni causati dalla
Strega
Bianca… sentì il cuore gonfiarsi di commozione
quando il suo pensiero corse a
Talia, nello stesso attimo in cui una lama telmarina gli feriva la mano
destra
facendogli perdere la presa sull’elsa della spada.
Talia.
Lei sarebbe sopravvissuta, avrebbe
salvato Tara e sarebbero rimaste insieme: era l’unica cosa
importante, adesso,
l’unica cosa che lo spingeva a combattere ancora.
Talia.
Un infido colpo fra le costole lo
fece
stramazzare a terra, stordito, ma lui rotolò su se stesso ed
evitò il primo
affondo di spada; qualcuno però gli piantò una
lancia nella spalla, facendolo
ruggire di dolore ed inchiodandolo lì dov’era.
-Muori!- strillò un
telmarino, alzando
l’arma che impugnava che, crudele come la scure del boia,
scintillò di letale
bellezza nella luce vivida del Sole.
Talia.
Chiuse gli occhi, Caleb,
preparandosi
al colpo ma cercando di non lasciarsi sopraffare dalla paura: Talia
sarebbe
stata forte, ce l’avrebbe fatta a superare la sua morte, lei
era sempre stata
la più coraggiosa fra loro due…
Il dolore, però, non
venne.
Allibito, il biondo schiuse le
palpebre
e si guardò intorno, sentendo il giubilo e la meraviglia
soppiantare alla
svelta il terrore che lo aveva quasi paralizzato: lunghi rami e nodose
radici
erano esplose tutt’attorno a lui, afferrando i soldati
telmarini e scagliandoli
lontano con una delicatezza tale da farlo
sogghignare quando li vide
atterrare malamente a diverse iarde di distanza.
Si alzò in piedi,
dolorante ma affatto
sconfitto, e rise quando si ritrovò davanti una foresta in
piena regola che,
contro ogni logica, avanzava ruggendo verso l’esercito di
Telmar.
Lanciò
un’occhiata divertita verso
l’alto giusto in tempo per essere travolto da un qualcosa
– molto simile
ad un giunco flessuoso, rilucente d’energia dorata
– che gli si buttò addosso e
lo strinse forte fra sottili braccia che lui ben conosceva.
La trasse a sé per
baciare quella
meravigliosa creatura fatata che, ridendo, ricambiò con
egual passione il suo
gesto d’amore, prima di dividersi da lui e guardarlo con
quell’aria maliziosa
che era tutto un programma.
-Non oggi, ragazzone. Mi servi
vivo.-
sussurrò Talia, facendogli l’occhiolino prima di
dargli le spalle per gettarsi
nella mischia con rinnovata energia.
L’arrivo degli alberi e
di Talia parve
capovolgere momentaneamente l’andamento dello scontro: i
telmarini, sconvolti
da quelle enormi creature mugghianti, scappavano di fronte ai rami
frustanti e
alle furiose driadi che ne accompagnavano i proprietari, ma presto
– incitati
da Sopespian, il traditore – accesero enormi fuochi
nei cestini dei
trabucchi, trascinati fin lì da Beruna dai cavalli da soma,
per usarli come
arma contro quelle nuove venute.
Siria, che stava osservando la
battaglia da alcuni minuti, sentì qualcosa incrinarsi quando
il suo sguardo
corse sul campo di battaglia.
Susan e Tara, armate
d’arco e di
frecce, lottavano fianco a fianco contro i soldati che continuavano ad
incalzarle; Caleb ruggiva come un orso, assestando fendenti mortali a
tutti i
telmarini che capitavano a tiro del suo micidiale spadone; Cornell
combatteva
al fianco di suo fratello Aaron, ma non avrebbe saputo dire quale dei
due fosse
più pericoloso; Peter invece era vicino ad Edmund, ed
entrambi non
risparmiavano affatto il maestoso canto delle proprie spade.
E poi, là,
c’era Caspian.
No.
Caspian era a terra: Glozelle, il
più
fido generale di Miraz, puntava una lancia contro il suo petto.
Il principe era immobile, sapeva
che
non sarebbe servito provare a scappare… al collo portava il
medaglione che
aveva donato a Siria tempo prima, che brillava come un faro agli occhi
della
raminga.
-Mia
madre mi fece giurare di darlo
soltanto ad una persona.
È
tuo, Sir. È tuo come il mio cuore.-
-No.- quelle due semplici lettere
rimbombarono con forza nel suo petto, nel suo cuore.
Non lo avrebbe permesso, non
avrebbe
lasciato che lo uccidessero. Non avrebbe lasciato che le fosse portato
via, non
prima di aver tentato – non prima di avergli detto tutto
quello che provava per
lui.
Non finché ci sono io.
Sentì la magia ardere
dentro di lei a
quel pensiero, ma dovette trattenersi dal lanciarsi in mezzo alla
battaglia:
non era sicura di cavarsela, non sapeva controllare la sua magia a
sufficienza
per rendersi davvero utile… non aveva nemmeno una spada,
santo cielo!
Esitò, ma vide Glozelle
avanzare di un
passo verso il principe: doveva fare presto…
-Questo può servirti,
Sir?-
La strega sobbalzò,
colta di sorpresa
dalla voce cristallina e divertita che risuonò alle sue
spalle; si voltò di
scatto, incredula… e ritrovò dinanzi a
sé due iridi dorate che non l’avevano
mai abbandonata per davvero.
-Mirime!- esclamò,
sentendo gli occhi riempirsi
di lacrime nel vedere la pleiade a pochi metri da lei.
Mirime sorrideva, felice ed
emozionata
almeno quanto la rossa, ma il suo sguardo antico si spostò
verso il basso…
verso l’oggetto che due invisibili refoli d’aria
tenevano sospeso a pochi centimetri
dai suoi palmi aperti.
Siria trasalì,
impallidendo
visibilmente. -Lo scettro di Jadis…?- mormorò,
sentendo un vuoto sgradevole
spalancarsi a livello dello stomaco.
Perché Mirime le aveva
portato
quell’arma dannata?
-Gli scettri canalizzano la magia e
aiutano una strega a controllarla, soprattutto se non è
ancora molto esperta.-
le spiegò la ninfa dei venti, comprendendo il suo timore ma
sorridendole con
fare incoraggiante. -Questo è tarato sul ghiaccio e non ti
appartiene, ma…
credo che per stavolta potrà andar bene, non trovi?-
aggiunse, facendole cenno
di avvicinarsi quando Siria fece l’atto di incrociare le
braccia sul ventre in
segno di protezione.
Caspian era in pericolo.
Siria prese un lungo respiro,
tutt’altro che rassicurata. -Credo di sì.-
mormorò; tese una mano, guardinga –
ma, quando il metallo intarsiato sfiorò le sue dita tese,
semplicemente lei seppe.
Seppe cosa fare, come combattere e
come
sfruttare appieno la propria magia, lei… lei, che era
l’ultima strega di
Narnia.
La pleiade sorrise, ritirando
l’aria
che aveva sostenuto quel ricettacolo di magia che lei non avrebbe mai
potuto
impugnare, posando una mano sulla spalla dell’amica: era
cresciuta così tanto…
-Mirime, io… grazie.-
mormorò la rossa,
serrando la presa su quell’antichissima arma che apparteneva
a lei di diritto.
-Di niente.- ridacchiò
l’altra,
scuotendo appena la testa. -È bello rivederti sana e salva,
Siryn.- aggiunse in
tono dolce, sorridendo all’amica ed arruffandole teneramente
la frangia
spettinata; Siria rise, sentendosi di nuovo bambina per qualche attimo,
arrossendo appena e salutando Mirime con un cenno affettuoso prima che
la
pleiade sparisse così com’era arrivata.
Prese fiato, la raminga, scrutando
lo
scettro che teneva in mano: i cristalli che lo componevano,
più resistenti e
brillanti di qualsiasi diamante, scintillavano di rosso nel riflesso
dei suoi
capelli… quanto male aveva fatto
quell’oggetto?
Non aveva tempo per pensarci,
Caspian
era in pericolo: con forza, roteando appena l’asta sottile
fra le dita, lo
impugnò più saldamente e lo piantò con
rabbia nel terreno.
Glozelle alzò lo sguardo
dagli occhi
furenti di Caspian, allibito, quando il suono di
un’esplosione echeggiò in
tutto il campo di battaglia.
-Ma che diamine…-
mormorò, incapace di
credere a ciò che stava vedendo nascere davanti ai propri
occhi sbalorditi:
qualcosa di simile ad un mostro infuocato era appena sbucato dal folto
della
foresta narniana, circondato da lingue scarlatte che si allargavano a
raggiera
tutt’attorno alla sua figura indefinita; era uno spettacolo
affascinante e
terribile e, non per la prima volta, Glozelle si ritrovò ad
ammirare la
bellezza selvaggia che quella terra misteriosa aveva dovuto celare da
quando
Telmar l’aveva invasa.
Un attimo dopo, però, la
sua sorpresa
mutò in terrore quando comprese che i tentacoli di fuoco si
stavano scagliando,
ruggendo, proprio contro di lui.
Il telmarino balzò
indietro, lasciando
cadere la lancia ed evitando per pochissimo la lingua di fuoco che rese
bollente gli anelli della cotta di maglia che indossava: la propaggine
rossastra si contrasse attorno a Caspian, allontanando il generale dal
ragazzo
– stupefatto e allibito quanto lui, oltretutto.
Il principe alzò lo
sguardo verso la
collina, incredulo, seguendo il percorso che le fiamme avevano
tracciato
sull’erba oramai ridotta in cenere: là, in mezzo
al fuoco, lei stessa nulla più
che una creatura forgiata dalle fiamme…
…c’era lei.
-Siria…-
esalò, pronunciando il nome
della sua amata con incredulità e terrore, incapace di
credere a ciò che stava
vedendo: Siria era là, viva e vegeta, ed era semplicemente
più bella che mai.
Il fuoco danzava intorno a lei,
dentro
di lei; lei stessa ormai non era altro che un incendio di carne e di
ossa, i
capelli guizzavano allegramente, fondendosi con le fiamme che ballavano
sulla
sua pelle e nel suo pugno chiuso intorno ad una lancia intarsiata di
cristalli che riverberavano
del carminio delle fiamme; quello che le
solcava il volto era un sorriso vivido, quasi estatico: la sua era
l’espressione
indomita di una fiera finalmente libera, e i suoi occhi… i
suoi occhi erano vivi,
due zaffiri intensi che brillavano in mezzo a quell’oceano di
lava.
Era libera.
Caspian sentì il cuore
accelerare
bruscamente, riprendere a battere dopo tante ore di silenzio e di
sofferenza,
nel riconoscere quei tratti tanto amati nel crepitio del fuoco.
Era libera.
Si ritrovò a sorridere
quando la
giovane divampò di gioia e di esaltazione, buttandosi in una
folle corsa
dall’interno della foresta al pieno della battaglia e
sciogliendo la propria
magia in altre lingue rossastre che andarono ad affiancare i guerrieri
di
Narnia.
Era finalmente libera.
Libera dal dolore, libera dalla
paura e
dal terrore che aveva sempre scorto in fondo ai suoi occhi. Era libera,
danzava
nel suo elemento con la grazia e la bellezza di un’odalisca,
con lo scettro
nella mano destra e i capelli che ballavano intorno a lei.
Era libera, ed era lì.
-Caspian, sei in mezzo ad una
battaglia!-
La voce soave di Aaron lo riscosse
da
quell’attimo di trance, riportandolo bruscamente alla
realtà.
Siria.
Doveva combattere, si disse, ma non
era
fisicamente in grado di distogliere lo sguardo dalla meravigliosa
realtà che
Siria aveva appena concretizzato con la sua sola esistenza: lei era viva,
lei era tornata…
Battaglia.
La vide riprendere il suo aspetto
umano, mentre il fuoco combatteva fianco a fianco con i narniani; vide
i
soldati voltarsi istintivamente verso di lei, alla ricerca di quella
guida che
lei era diventata e che li aveva addestrati e motivati negli ultimi
mesi; la
vide sorridere mentre scagliava il pugno verso il cielo, e
sentì il ruggito dei
soldati accoglierla in mezzo a loro quando si gettò in mezzo
alla battaglia.
…una battaglia che, per
una volta,
avrebbe aspettato.
Caspian balzò in piedi,
parando un
infido colpo alle spalle che stava per essere inferto al giovane
centauro che
combatteva poco distante da lui, animato da un nuova forza e da un
nuovo
coraggio.
La guerra avrebbe aspettato,
adesso:
c’era qualcosa, prima, che doveva fare.
Doveva andare da lei.
Talia sorrise, impugnando arco e
frecce
e balzando sull’albero più vicino; il volto
impresso nella chioma
lussureggiante le sorrise, voltando poi l’immenso capo verso
il cuore della
battaglia.
-Avanti, amico mio, andiamo a fare
un
po’ di danni!- lo esortò la mezz’elfa,
sentendo i rami più sottili avvolgerle i
polpacci per sostenerla quando, con un rombo assordante, la creatura
della
foresta sollevò le radici dal profondo della terra e
s’incamminò in direzione
della voragine in cui vedeva ardere il fuoco della Paladina.
Pochi erano i telmarini in grado di
contrastare l’avanzata dei suoi alberi, ma – Talia
doveva proprio ammetterlo –
furono molti i coraggiosi che tentarono di rallentarne il passo,
cercando di
mutilarne le radici o i rami più bassi; non avevano
però messo in conto
l’abilità di arciere della Custode che
l’albero portava con sé, e nessuno di
quegli stolti aggressori fu in grado di sfuggire ai quei dardi dalle
piume di
smeraldo.
Nessuno avrebbe potuto impedirle di
raggiungere la sua amica.
-Tallie!-
Sentì il cuore
scoppiarle nel petto,
Talia, quando quella voce familiare le echeggiò nelle
sensibilissime orecchie
appuntite.
Vide la strega dai capelli rossi
annientare metà dei guerrieri che cercavano di tagliarle la
strada,
incenerendoli o pugnalandoli con l’estremità
acuminata dello scettro; rideva,
Siria, ma la vista acuta della mezz’elfa distinse anche le
sottili lacrime di
commozione che le rigavano il volto.
Balzò a terra,
sguainando la spada
elfica e tranciando di netto la testa del primo sventurato che ebbe
l’ardire di
pararsi davanti a lei; Siria si mosse allo stesso modo, schivando un
colpo e
mozzando il braccio dell’aggressore di turno, prima di
mettersi a correre per
raggiungere il punto in cui Talia si stava battendo.
-Siria!- esclamò la
bruna, sgomitando
fra due minotauri per spingerli da parte – ed eccola
là, la sua amica, avvolta
nella familiare cascata di capelli rossi e con lo sguardo acceso di chi
ha
appena ritrovato la forza di combattere.
Ed il mondo riprese finalmente a
funzionare nel verso giusto, quando Talia riuscì finalmente
a stringere la sua
amica fra le braccia.
Si abbracciarono di slancio,
serrandosi
l’un l’altra in una stretta piena di paura e di
sollievo; Talia affondò il viso
in quel mare rosso, ridendo e piangendo allo stesso tempo, ancora
incapace di
credere alla fortuna sfacciata che Siria aveva dimostrato, per
l’ennesima
volta, di possedere.
Era viva.
Siria, che era da sempre la
metà di
quell’anima solitaria, era viva e vegeta e rideva con lei,
abbracciandola con
la medesima forza e riempiendola di gioia quando le trasmise un calore
e una
meraviglia tali da farla gioire ancor di più.
Siria era fuoco, adesso, un
falò
scoppiettante di vita che non aveva mai potuto ardere davvero.
-Non farlo mai più. Sono
quasi morta di
paura.- Talia ansimò sulla sua spalla, rendendosi conto
soltanto in quel
momento di avere il fiato corto ed il volto inondato di lacrime:
perdere lei,
perdere Siria, aveva minato alla base tutte le sicurezze che
l’avevano tenuta
in piedi in quei sette anni da che l’aveva incontrata.
Era tornata.
Siria ridacchiò,
arruffando con un
gesto affettuoso la corta chioma lucente dell’amica e
socchiudendo gli occhi in
quel profumo selvatico e rassicurante che lei conosceva così
bene.
-Sissignora.- mormorò, ironica, sussultando però
quando Talia le rifilò un
pizzicotto tutt’altro che delicato in risposta al suo scherno
giocoso.
Rimasero strette per una manciata
d’istanti, protette dalla furia del grande albero che
combatteva alle loro
spalle, prima di separarsi e guardarsi in volto con rinnovato vigore:
erano di
nuovo insieme, adesso, e nessun nemico era mai riuscito ad annientarle
quando
si trovavano l’una con l’altra.
Senza nemmeno parlare balzarono
indietro, piroettando con un aggraziato movimento speculare e brandendo
ognuna
la propria arma per ingaggiare i telmarini che avevano appena tentato
di
prenderle di sorpresa: i soldati caddero senza possibilità
di scampo ma, con
quel gesto, Siria ebbe la possibilità di abbracciare con lo
sguardo l’interezza
del campo di battaglia che si dipanava attorno a lei.
Sgranò gli occhi,
sorpresa, quando un
particolare combattente attirò la sua attenzione.
La familiare chioma bionda
dell’Alto Re
riverberò nel Sole di Narnia, lanciando bagliori dorati
nell’erba carnosa che
accolse il regal capino quando il suo fiero proprietario cadde a terra,
colpito
alle spalle da uno dei lancieri di Telmar.
Peter.
La rossa sospirò,
lanciando un’occhiata
in tralice a Talia: la mezz’elfa, cogliendo
l’espressione dell’amica, alzò gli
occhi al cielo e si lasciò sfuggire un versaccio esasperato.
-Vuoi ancora andare a salvargli la
pelle!?- sbottò, incredula – e Siria comprese, dai
pensieri che le sfiorarono
la mente in quell’stante, che Talia avrebbe volentieri
permesso all’esercito di
Telmar di ridurre Peter Pevensie ad una poltiglia sanguinolenta ed
uggiolante,
liberando così Narnia dalla sua seccante ed inutile presenza.
Ridacchiò, Siria,
avvicinandosi
all’amica per stringerle una spalla in un breve gesto
d’affetto. -Beh, l’unica
che ha il diritto di farlo fuori sono io, non ti pare?- si
limitò a farle
notare, sorridendo, prima di voltarsi – in uno svolazzo di
crini scarlatti – e
buttarsi nuovamente nella mischia in direzione di uno sventurato Re
Supremo
che, nonostante tutto, continuava a rimanere nelle grazie di Siria in
un modo
che Talia non sarebbe mai riuscita a comprendere.
-È una logica che non fa
una grinza.-
si limitò a commentare, esasperata, prima di abbandonarsi ad
una risata
entusiasta e lanciarsi all’inseguimento dell’amica
nel folto dell’esercito di
Telmar.
Peter imprecò, vedendo
Rhindon
sfuggirgli dalle dita e atterrare a poche, vitali iarde dalla sua
portata;
crollò a terra, stordito dall’infido attacco del
telmarino, sentendo il fiato
mozzarsi a causa della caduta.
Vide la lancia del nemico calare
–
inesorabile e scintillante – verso di lui, sentì
la scure della Morte scendere
al fianco dell’arma telmarina per tranciare quella vita
vissuta due volte…
-PETER!-
Un sibilo, il suono familiare di
una
lama che trapassava un petto umano, una zazzera immensa
d’infuocati capelli rossi.
Il guerriero
telmarino crollò a terra, trafitto in pieno torace da una
spada che Peter
riconobbe all’istante come la propria; l’elsa
dorata di Rhindon brillò di
riflessi scarlatti quando, con un brusco strattone, la giovane donna
che
l’aveva impugnata la estrasse dal corpo agonizzante del
soldato, chinandosi a
passarla nell’erba per eliminare il sangue che ne aveva
lordato la letale
bellezza.
Il biondo alzò lo sguardo,
distogliendolo a fatica dalla lama, quasi
incapace di credere a ciò che aveva dinanzi: lì,
splendente e fiera come la più
nobile delle regine guerriere, c’era Siria.
Siria.
Rimase immobile, Peter, senza
trovare
la forza di allontanare gli occhi dal volto tanto familiare della
giovane
strega: Siria era lì, era viva, Siria gli aveva appena
salvato la vita per
l’ennesima volta…
Per un istante provò il
fortissimo
impulso di abbracciarla, di toccarla, di sapere per certo che non si
trattava
di un’illusione; aveva creduto di averla costretta a
sacrificarsi, aveva
creduto di averla condannata a morte… aveva creduto di
averla perduta – non
una, ma ben due volte.
-Credi che sia il momento di vincerla,
questa battaglia?- gli chiese lei, spezzando il filo dei suoi confusi
pensieri
e tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Peter, esitando
solamente per
un istante, accettò l’offerta e si
lasciò sostenere, impugnando nuovamente la
fidata Rhindon quando lei gliela porse.
-Direi proprio di sì.-
rispose, e non
riuscì a non rivolgerle un vago sorriso d’intesa
prima di ributtarsi, con
rinnovato vigore, nel cuore della battaglia.
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Il terrore si propagò
fra i telmarini
con la stessa velocità delle fiamme che ardevano fra loro;
il fuoco ruggiva,
aggredendoli, assumendo le sembianze
di creature
infernali che proteggevano i combattenti di Narnia e che rinvigorivano
le loro
forze con la prepotenza della lava incandescente.
I soldati
incespicavano,
arretrando dinanzi a quei mostri: la paura era nei loro occhi scuri,
nei colpi
che perdevano vigore, nelle grida di coloro che si ritrovavano accerchiati da
quell’inferno salito in terra.
-Una strega! Hanno una strega!- fu
uno
dei lord fedeli a Miraz che urlò quelle parole, terrorizzato
dalla bestia di
fuoco che combatteva al fianco di un minotauro contro due dei suoi
soldati: le
streghe, da sempre, brillavano nell’immaginario collettivo di
Telmar per la
loro perfidia e per la loro temibile capacità di annientare
intere nazioni
senza nemmeno combattere.
Cercò di colpire quel
mostro con la
lancia, mentre il cavallo nitriva, terrorizzato, sotto di lui. La
creatura di
fuoco non avrebbe visto, era impegnata contro gli altri due e
annientarla
avrebbe forse rinfrancato il morale dei suoi uomini…
Ma una mano bianca si chiuse sul
legno
scuro dell’arma, sfruttandone la lunghezza per disarcionarlo
e strappandola poi
dalla sua stretta – una mano di donna, della donna dai
capelli rossi che lo
sovrastò quando lui ruzzolò a terra.
Due vividi occhi blu sostennero il
suo
sguardo atterrito, ricambiandolo con il sorriso sardonico del
vittorioso.
-La strega!- sbottò lui,
più stupito
che spaventato, vedendo il fuoco ballarle nelle iridi e nei cristalli
dello
scettro che teneva nella mano destra.
-Esatto. E, pensa un po’?
Ora la strega
fa il culo a tutti quanti.- fu la risposta sarcastica che Siria gli
rivolse,
voltandosi di scatto e scagliando con precisione la lancia –
colpendo in pieno
petto uno dei soldati che stava attaccando senza pietà il
minotauro.
Il lord telmarino, però,
approfittò di quell’istante
di distrazione e balzò in piedi, sguainando
con rabbia la propria spada: la strega era voltata, il collo bianco era
esposto
e fragile… quel gesto di altruismo le sarebbe costato la
vita.
Brandì
l’arma, alzandola
nel cielo limpido, pronto a calarla sulla gola di quella maledetta:
avrebbe
mondato il regno di Telmar da quella sudicia creatura partorita dai
mostri, e
la sua morte avrebbe annientato il ritrovato entusiasmo
dell’esercito narniano…
Il sibilo della lama
quasi
non si udì, nel frastuono della battaglia:
di certo Siria non lo avrebbe mai potuto sentire, concentrata
com’era su altro,
e non sarebbe stata in grado di avvertire la morte calare come una
scure su di
lei – ma sentì, chiaramente, il clangore di due
lame che si scontravano a pochi
millimetri dalla sua gola.
Piroettò su se stessa e
balzò a
distanza di sicurezza, allarmata, distinguendo soltanto un brusco
ingaggio di
spade e il lord telmarino che veniva sbalzato indietro con un coltello
piantato
nel cuore, ucciso senza pietà dal guerriero che si era
frapposto per
proteggerla da quel vile attacco alle spalle.
Un guerriero dai riccioli scuri e
dalle
spalle larghe, che Siria riconobbe all’istante.
-…Caspian.-
Per la prima volta
dall’inizio di
quello scontro Siria esitò, sentendo il cuore incrinarsi
quando comprese di
ritrovarsi davanti al principe di Narnia.
La battaglia intorno a lei perse
ogni
significato in pochi attimi; la
giovane strega
abbassò gli occhi: non poteva affrontarlo,
si disse, mentre le lacrime le bruciavano di muta frustrazione le
palpebre
socchiuse.
Con quale coraggio
avrebbe
potuto alzare lo sguardo in
quelle iridi nere che lei tanto amava, dopo ciò che gli
aveva fatto? Non poteva
dimenticare l’occhiata che il principe le aveva rivolto in
mezzo alla foresta,
non riusciva a schiodarsi dalla mente quegli occhi pieni di dolore, di
tristezza, di rancore…
Si ritrasse appena, inconsciamente,
quando avvertì i passi rapidi e determinati del giovane;
Caspian se ne accorse,
sarebbe stato impossibile non vedere il fremito di paura che
l’aveva
attraversata – ma Siria non lo sentì rallentare
né fermarsi, fino a che non si
sentì avvolgere da qualcosa di caldo e meravigliosamente
familiare.
Sgranò gli occhi,
allibita.
Riconobbe le braccia di Caspian,
riconobbe la stretta salda in cui l’aveva appena racchiusa:
si ritrovò –
piccola e tremante – contro al suo petto, con le dita del
principe immerse fra i propri
capelli ed il suo volto che cercava,
terrorizzato, l’incavo di quella gola bianca che tanto ben conosceva.
E, improvvisamente, si
sentì bene.
Avvertì le lacrime
rigarle le guance e
i singhiozzi salirle in gola, ma non le importava; era fra le braccia
di
Caspian e questo valeva tutte le lacrime del mondo, valeva tutto il
dolore che
aveva provato nelle ultime ore – improvvisamente
insignificante di fronte alla
gioia che quell’abbraccio, adesso, le trasmetteva.
Furono tremanti le dita che
sfiorarono
il petto del giovane, le sue spalle; non le era mai parso
più concreto,
Caspian, più vero di quanto non fosse in quel momento,
mentre le sue braccia la
serravano a sé con una forza che sfociava quasi nel terrore.
Un attimo più tardi,
finalmente, le
candide mani sussultanti salirono a cingergli il collo, stringendosi a
lui con
forza ed incredulità, immensamente felice di ritrovarsi
nell’unico luogo dove
si fosse mai sentita davvero al sicuro.
Lì.
Nell’abbraccio di Caspian.
Avvertì il torace del
giovane
sussultare e la stretta delle sue mani farsi più forte,
quasi spasmodica;
stupita, alzò lo sguardo su di lui, ignorando le lacrime
liberatorie che le
ruscellavano lungo le guance.
Niente, niente avrebbe mai potuto
sconvolgerla in quel momento come vedere quelle stesse lacrime rigare
il volto
del suo principe.
Avvertì i propri occhi
sgranare, Siria:
nulla avrebbe mai potuto causare quel turbinio di violente emozioni nel
suo
cuore quanto vedere gli occhioni di Caspian pieni di pianto e di
tormento, colmi
un senso di colpa immenso che non si sarebbe mai aspettata.
-Perdonami.- le
sussurrò, piano,
accarezzandole una guancia, sentendo le dita bagnarsi di quelle perle
salate
che parevano non volersi fermare.
Siria non disse nulla,
perché qualcosa
di doloroso le ostruiva la gola e le impediva di parlare; soltanto i
suoi occhi
si stavano allargando per la
sorpresa – una
sorpresa insperata, una sorpresa meravigliosa.
Era bella, bella più di
quanto non
fosse mai stata.
Qualcosa, dentro Caspian, si ruppe.
Dovette stringere i denti ed accostarsi a lei, cercando disperatamente
il
calore corporeo che Siria emanava e che riusciva a dargli la sicurezza
di
averla davvero lì, di non essere preda della più
dolce e crudele delle
allucinazioni; premette la fronte contro la sua, passando le mani sulla
schiena
della ragazza e serrandola contro di sé.
-Perdonami, Sir… ti
prego, perdonami,
sono stato un idiota, a me non cambia nulla, strega o meno non
fa
differenza, io__-
-Ti amo.-
La voce morì sulle
labbra di Caspian
quando quelle due semplici parole riuscirono a fermare quel fiume di
scuse, di
preghiere e di lacrime che lo stava sconvolgendo.
Mise a fuoco gli occhi lucidi di
Siria,
si rese conto delle mani candide premute sulla propria gola, distinse
il suo
volto appena sorridente, luminoso, candido.
Mise a fuoco quelle due parole, che
penetrarono con forza nel suo cuore senza più
l’intenzione di schiodarsi da lì.
Ti amo.
Non c’era alcuna
battaglia, in quel
momento. Non c’era nulla se non un silenzio ovattato che
apparteneva soltanto a
loro, a quelle iridi tanto diverse che si erano ritrovate, a quei
sorrisi umidi
di lacrime che imperlavano sui loro volti.
Sorrise, Siria, spostando con
delicatezza una mano e posandola sulla guancia del
suo principe – prima una e poi anche l’altra, ed
accarezzò la sua pelle per
portare via con sé quelle gocce salate che non le piacevano,
che non avrebbe
mai voluto vedere nei suoi occhi.
E il suo sorriso si riflesse sulle
labbra di Caspian, sul suo volto, nei suoi occhi arrossati.
Bloccò dolcemente
le sue dita sul proprio viso, voltandosi appena per posare un bacio su
quel
palmo temprato dalle battaglie, socchiudendo gli occhi e beandosi del
gradevole
odore della pelle di lei.
-Ti amo anch’io. Sempre e
comunque.
Potrai perdonarmi?- la sua voce tradì un fremito sulle
ultime due parole,
mentre un’ombra scura riempiva nuovamente i suoi occhi; ma la
raminga – la
strega – scosse la testa, sorridendo divertita e
dandogli un buffetto sul
naso.
-L’ho già
fatto.- rispose, con una
serenità nella voce che lui non vi aveva mai udito,
alzandosi in punta di piedi
per sfiorare, con un bacio, quella bocca familiare di cui non si
sarebbe mai
potuta saziare. Rise, felice, nell’avvertire le labbra di lui
schiudersi in un
sorriso – quel sorriso che lei tanto amava
– quando Caspian le cinse il
volto e la baciò con una furia tale da cancellare qualsiasi
altro pensiero
dalla sua mente.
Si baciarono lì,
suggellando il proprio
amore nel fragore della battaglia, mentre l’esercito ruggiva
la propria
approvazione tutt’attorno a loro.
-Scusatemi, abbiamo una battaglia
da
vincere, permesso!-
Qualcosa di molto simile ad una
montagna semovente, coronata non da neve ma da folti riccioli biondi,
sollevò
Siria di peso e la separò dal principe, stringendola in un
breve abbraccio da
orso che, nonostante l’irruenza, la fece sorridere.
-Devo dire a Talia di tenerti a
bada,
gorilla. Un po’ di astinenza magari ti farebbe
bene…- commentò, schioccando un
bacio sulla guancia di Caleb prima che il gigante, ridendo, le
permettesse di
sgusciare via dalla propria stretta entusiasta.
-Ma anche no!- sentì
strillare, poco
lontano, l’amica mezz’elfa, e scoppiò a
ridere assieme a Caspian nel vedere
l’espressione sconvolta e supplichevole appena apparsa sul
viso di Caleb.
Quell’attimo di pausa,
però, costò caro
a tutti loro: Talia, impegnata a dirigere gli alberi contro quei
trabocchi che
i venti di Mirime non avevano ancora distrutto, cacciò uno
strillo di rabbia
quando uno dei massi delle catapulte telmarine cozzò contro
l’albero che
l’aveva seguita sino a lì, rovesciandolo a terra
in un marasma di ruggiti, rami
spezzati e foglie che si disperdevano ovunque.
Siria balzò sul tronco
del caduto,
sentendo l’angoscia ed il dolore della pianta riverberarsi
nelle emozioni di
Talia e, di riflesso, anche nelle sue: concentrandosi per incanalare la
propria
energia nel braccio destro – quello che reggeva lo scettro
–, puntò il
manufatto verso la grossa roccia levigata per liberare la creatura di
Narnia
dal peso che stava minacciando di spezzarne l’ampio fusto.
I cristalli brillarono di una
vivace
luminescenza scarlatta quando la magia corse lungo la lunghezza
dell’asta e si
scagliò, in un tripudio di innocue scintille, sulla pietra:
quella rotolò via,
innocua, liberando l’albero dalla sua morsa e accendendo un
forte sentimento di
gratitudine e sollievo nei pensieri delle due Figlie di Aslan.
Caleb e Caspian, rapidi come
frecce,
erano tornati a combattere singolarmente contro i soldati di Telmar;
soltanto
Peter, però, che non era troppo lontano, vide il secondo
proietto di catapulta
descrivere un ampio raggio nel cielo prima di cominciare la sua
parabola
discendente proprio verso il punto in cui Siria era appena balzata a
terra.
-SIRIA!- chiamò,
atterrito, ma la
giovane ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo: riuscì
soltanto a scambiare
un’occhiata disperata con Peter, sconvolta
dall’ombra mortale che si stava
repentinamente allargando intorno a lei, prima che l’enorme
pietra si
abbattesse al suolo, scuotendo la terra e scavando una terribile
voragine
tutt’attorno a sé: le scintille rosse scomparvero
e Siria… Siria svanì con loro
nel polverone alzato dallo schianto.
-NO!-
Peter, incapace di credere a
ciò che
aveva appena visto, raggiunse di corsa Caspian e Caleb appena in tempo
per
vedere il biondo lasciar andare il ragazzo che si agitava come un
ossesso, ma
insieme dovettero agguantarlo di nuovo per impedirgli di lanciarsi in
avanti.
Caspian rivolse al Re Supremo uno
sguardo disperato, ma Peter scosse la testa: Siria non poteva essere
morta in
un modo così stupido, andiamo! Nemmeno Jadis era riuscita ad
ucciderla –
nemmeno lui…
-Uh!-
Sobbalzarono tutti quanti, colti di
sorpresa, quando una voce divertita risuonò alle loro
spalle. Si voltarono,
increduli, trovandosi davanti una divertita ed esilarata Siria, con gli
occhi che
ancora crepitavano di magia.
-Non ero sicura di saperlo fare,
questo…- mormorò a mo’ di scusa,
vedendo le espressioni allibite del principe e
del Re scrutarla come se non riuscissero a credere ai propri occhi
– e come se
avessero improvvisamente una gran voglia di strangolarla, soprattutto.
-Io non ho parole,
davvero… sei una
strega pivella e provi a fare cose che son fuori dalla tua portata.-
sospirò
Caleb, ridacchiando, avvicinandosi a lei con un largo sorriso dipinto
sul volto
abbronzato.
-Ehi! Però ci sono
riuscita!- protestò
Siria, ridendo a sua volta, accettando con gratitudine la spada che
Caleb le
porse un istante più tardi.
Un brivido di gioia ed eccitazione
la
pervase, quando finalmente le sue dita si chiusero su
quell’elsa che aveva
agognato sin da quando aveva raggiunto il campo di battaglia
– quell’elsa che
il suo tocco aveva modellato giorno dopo giorno, anno dopo anno, guerra
dopo
guerra.
Kain. Bentornato, amico mio.
-Sì, ma hai fatto
prendere un colpo al
tuo principino!- ribatté Cal, ruggendo una risata che
riuscì a scaldarle il
cuore mentre i suoi occhi cercavano l’espressione
terrorizzata ancora scolpita
sul volto di Caspian.
-Non ho fatto tutti questi casini
per
farmi ammazzare da un grosso sasso.- gli fece notare, con un sorriso
spigliato
e divertito a riempirle il volto.
-La detesto quando fa
così.- mormorò
Peter, accanto al principe, scuotendo appena la testa e dando una
debole pacca
sulla spalla dell’amico; Caspian annuì,
sconfortato quando lui, non riuscendo
però a non ridere quando vide Siria volgersi nuovamente
verso i guerrieri di
Telmar.
-Concordo.-
Dal canto suo, Siria si
limitò a
ridacchiare nell’udire il breve scambio di battute fra
principe e Re: la sua
attenzione però fu subito attirata da Talia e da Mirime che,
vendicative, avevano
scatenato ognuna le proprie forze ed avevano appena ridotto in macerie
l’ultimo
trabucco ancora in piedi.
L’esercito avversario
sembrò contrarsi,
a quel punto, mentre la ninfa dei venti volteggiava minacciosamente fra
i
soldati mulinando quella che – Siria dovette scuotere la
testa, incapace di
credere a ciò che vedeva – assomigliava terribilmente
ad una falce a
doppia lama.
Talia apparve al suo fianco,
divertita
quanto lei, comunicandole mentalmente le posizioni di ognuno dei
comandanti:
Aaron ed Edmund li stavano raggiungendo a piedi, Cornell stava
disimpegnandosi
da uno scontro ed Aysell e Susan erano ancora sui bastioni della Tana
assieme
agli arcieri.
“Mirime, porta qui Sue ed
Aysell.
Tallie, scorta Cornell da noi”
ordinò mentalmente la strega, studiando la posizione in cui
si trovavano – a
poche iarde di distanza dall’entrata della cripta –
e prendendo subito la
decisione di radunare lì i loro condottieri.
-Peter!- chiamò, ma non
ebbe bisogno di
aggiungere altro: Peter e Caspian avevano già recuperato due
cavalli, portati
loro dagli scudieri fauni, e lei balzò in sella dietro al
principe prima che i
due cavalieri si lanciassero al lungo galoppo per richiamare i loro
soldati.
-Ripiegare sulla Tana!-
ordinò lei, e
subito vide i narniani obbedire al suo richiamo ed abbandonare i duelli
che li
tenevano impegnati.
-Indietro tutti, proteggete i feriti!- aggiunse Peter nel medesimo
tono stentoreo,
sentendosi bizzarramente orgoglioso del portamento fiero e determinato
che
Siria aveva assunto assieme al ruolo ufficioso di comandante in seconda.
Una volta lontani
dalla
Tana, Siria balzò a terra e fece cenno ai due giovani di
tornare indietro: i
narniani stavano ripiegando sul piazzale della cripta esattamente come
i
telmarini si stavano ritirando verso Beruna, schiacciati dal terrore
che vento,
fiamme ed alberi avevano seminato fra i loro ranghi. Molti soldati
però erano
troppo vicini alla Tana per sperare di poter tornare indietro vivi, e
si
scagliarono quindi sui guerrieri di Narnia; ma la ragazza si era
aspettata
quella mossa disperata e non si fece trovare impreparata.
D’istinto tese la mano
destra, gioendo
nel vedere le lingue di fuoco tornare ad avvolgere la sua pelle ed il
metallo
liscio dello scettro. Era una bella sensazione, quella: si sentiva un
tutt’uno
con le sue fiamme, potente e forte come non credeva di poter essere, si
sentiva… se stessa – una sé che non si
era mai permessa di essere: il suo vero
io, la sua reale essenza.
E le fiamme, al suo ordine,
crebbero.
Si snodarono sul terreno, senza
bruciare
l’erba che era loro
sorella, attraversando il
campo di battaglia e separando definitivamente i due schieramenti,
allontanando
i soldati di Miraz dai narniani senza, se possibile, uccidere quei
disgraziati
che non erano riusciti a ritirarsi verso Beruna.
-Questi ve li restituisco, manica
d’imbecilli!- sentì strillare sopra di
sé, e non poté fare a meno di scoppiare
a ridere quando vide due proietti di catapulta lanciati a tutta
velocità verso
i telmarini più lontani.
“Sempre diplomatica,
vero?”
sussurrò mentalmente, rivolgendosi alla pleiade che
svolazzava con aria minacciosa a diversi piedi d’altezza
sopra di lei.
“Sempre!” fu la risposta allegra che le
risuonò nella testa, mentre
la raminga si concentrava per ripetere l’incantesimo che le
aveva permesso di
spostarsi attraverso lo spazio in meno di un battito di ciglia.
Riapparve in una fiammata al fianco
di
Caspian, che sussultò per la sorpresa ma sorrise
immediatamente nel
riconoscerla; a poche iarde da sé, udì Edmund
commentare, in direzione di
Peter, lo spirito battagliero di Mirime col naso
rivolto verso l’ultimo punto in cui avevano visto sparire la
pleiade.
-E quella sarebbe la più
tranquilla fra
tutt’e quattro?-
Peter annuì, sconsolato,
lanciando uno
sguardo abbacchiato in direzione di Talia – che sfrecciava da
un albero
all’altro per verificarne la salute – e, in
seguito, di Siria.
-Già.-
mormorò, sentendo il cuore
stringersi nel guardare colei che era stata la sua amica sorridere a
Caspian
coi capelli ancora intrisi di fiammelle.
Strega.
-E tu sei riuscito ad inimicartene
la
metà. Bel colpo, Pete.- ridacchiò Edmund, dando
un pugno amichevole al biondo e
scoccando un’occhiata divertita alla rossa. -Per fortuna
Siria ti adora,
altrimenti saresti già ridotto ad un regale arrosto di
tacchino.-
Peter, con le orecchie
più rosse del
normale, si limitò ad ignorare ostinatamente il commento del
fratello.
A poca distanza da loro Siria e
Talia sorrisero, emozionate,
quando le loro sorelle apparvero a
pochi metri da loro in uno sbuffo biancastro; Aysell si
buttò senza
ritegno addosso alla rossa, piangendo, tempestandola di pugni ma
stringendosela
convulsamente addosso.
-Stai buona, piccoletta.- le
sussurrò
la rossa per cercare di tranquillizzarla, ma Aysell esplose in una
sequela di
insulti ed imprecazioni talmente coloriti da far arrossire di pudicizia
persino
le orecchie, un poco a sventola, di Caspian.
-Fammi un’altra volta uno
scherzo del
genere e giuro che morire ti sembrerà uno scherzo in
confronto a quello che ti
farò io!- concluse la naiade, furibonda, prima di buttarsi
un’altra volta
addosso all’amica e appallottolarsi con fare molto felino
addosso a lei.
Mirime, alle sue spalle, rise.
-Abbiamo avuto paura di perderti,
Siryn.- mormorò, avvicinandosi per stringere le spalle
dell’amica in un
abbraccio e tirando nella
stretta anche Talia, che
non esitò a lanciarsi addosso a tutt’e tre
rischiando di farle rovinare a
terra.
Casa.
La dolcezza ed il sollievo
pervasero le
menti delle quattro ragazze, quando finalmente riuscirono a comprendere
di
essere di nuovo tutte insieme. Siria chiuse gli occhi, costringendosi a
non
piangere, abbassando appena il capo per inspirare a fondo i profumi
mescolati
dei capelli delle sue compagne: Mirime sapeva di fresco e di neve,
Aysell aveva
l’odore frizzante delle sorgenti montane, Talia profumava di
corteccia e di
foresta.
Assieme, quelli diventavano il
profumo
che probabilmente aveva una famiglia.
Si separarono a malincuore,
perché la
battaglia non era ancora finita e Siria doveva tornare dai suoi
soldati; la
raminga affiancò quindi Peter e Caspian davanti alla
formazione scomposta ed
eterogenea dei narniani, mentre Cornell li raggiungeva e rivolgeva un
rispettoso cenno di saluto alla giovane donna.
-Ritirate i feriti nella Tana, chi
è in
grado di stare in piedi si presenti subito qui!- ordinò la
strega, indicando
imperiosamente un gruppo di giovani fauni che, al suo ordine,
scattarono sulle
forti zampe equine e sfrecciarono fra le fila narniane, aiutando i
più malconci
a raggiungere la sicurezza della cripta.
Caspian, distogliendo a fatica lo
sguardo orgoglioso dalla propria donna, si rivolse a Cornell. -Dobbiamo
incalzarli adesso, prima che possano organizzarsi su Beruna e
contrattaccare.-
affermò, ed il centauro annuì, concorde.
-Susan! Tieni con te gli arcieri e
seguiteci dalle retrovie!- chiamò invece Peter, alzando lo
sguardo per
sincerarsi di essere stato sentito; la sorella annuì,
facendo cenno a Trumpkin,
che l’affiancava, di discendere dai bastioni
d’entrata. -Fauni ed animali con
me, sulla destra!- chiamò quindi, brandendo Rhindon ed
invitando i guerrieri
che aveva chiamato a seguirlo sul lato più a nord dello
schieramento.
-Minotauri e giganti, al centro!-
incalzò Siria, balzando sul cavallo che Peter non aveva
portato con sé e
scagliando il pugno armato verso il cielo, ottenendo un ruggito
entusiasta in
risposta da parte delle truppe. Si rivolse quindi alle amiche, che la
osservavano in silenzio e con degli strani sorrisi dipinti in faccia.
-Faremo
da cuneo. Talia, prendi Aysell su un albero e spianaci la strada.-
ordinò lei,
ignorando l’imbarazzo che quegli sguardi vibranti
d’orgoglio le causavano.
La mezz’elfa rise,
passando un braccio
intorno alla vita di Aysell e sollevandola senza alcuno sforzo.
-Con molto piacere!-
affermò, ignorando
le proteste della naiade – tutt’altro che contenta
di sentirsi sballottare come
una bambola di pezza – e
raggiungendo la postazione assegnatale in
pochi, lunghi balzi.
-Cornell, i centauri staranno sulla
sinistra, li chiuderemo in una morsa sul lato sud del guado.-
affermò quindi
Caspian, pacato e rassicurante al confronto con quei due esagitati dei
loro
generali: Cornell sorrise, afferrando il proprio corno d’osso
e lanciando un
lungo richiamo in direzione dei propri compagni.
Caspian salì quindi sul secondo cavallo, un bel baio giovane
ed impaziente,
affiancandolo al destriero di Siria. -Non devo dirti di
stare attenta,
vero?- le chiese, distogliendo l’attenzione della ragazza
dalla disposizione
delle proprie truppe – avevano architettato quella
tattica molto tempo prima, ma
si sentiva soddisfatta nel vedere quanto i guerrieri si fossero tenuti
pronti
ad attuarla.
La giovane si volse verso il moro,
sorridendo: aveva in volto quell’espressione dura e
splendente che Caspian
sapeva appartenerle in battaglia,
quando – ora lo
capiva – il fuoco che le scorreva nelle vene accendeva
l’ardore che Siria già
possedeva, riempiendola di una forza luminosa e cangiante in grado di
scaldare
l’animo di chi aveva intorno a sé.
Era nata per essere una guerriera,
Siria.
-Assolutamente.- annuì
lei, impaziente,
tirandolo però verso di sé e coinvolgendolo in un
bacio irruente che fece
ruggire d’entusiasmo l’intero esercito.
Mirime scosse la testa, divertita,
alzandosi in aria per guadagnare un’altitudine tale da poter
scorgere
l’interezza del loro schieramento, ora ordinato e pronto per
combattere.
Impugnò quindi la propria falce con più
sicurezza, scagliando il braccio armato
verso il cielo che pareva risplendere della rivalsa e della vendetta
che tutta
Narnia reclamava a gran voce.
-Forza! Andiamo a riprenderci la
nostra
terra!- strillò, e la risposta che venne dai guerrieri si
mischiò all’estatico
urlo di guerra che serpeggiò come un canto dai comandanti a
tutte le truppe:
-PER NARNIA!-
..
..
..
.
.
.My Space:
.
Io non mi sono strafogata nienteniente con questo capitolo, nonnò!
Non avete idea di quanto mi sia divertita: tornare finalmente alle mie adorate battaglie e alla mia gente fuori di testa che strilla lanciando grossi sassi ai telmarini o scatena foreste contro quei malcapitati... xD
.
Ho un sacco di cose da dire per questo capitolo! Innanzitutto:
Proietto: corpo che è stato lanciato nello spazio; grosso proiettile (es. di catapulta, trabucco)
(http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/P/proietto.shtml)
.
Edmund è stato un personaggio che ha preso vita repentinamente negli ultimi capitoli pubblicati, poiché prima non lo avevo quasi mai tirato in causa se non per i pezzi in cui era presente insieme a Tara. Che dire, s'è conquistato uno spazio tutto suo e devo dire che il suo commento sul "regal arrosto di tacchino" mi ha fatta sputtanare xD
.
Siria e Caspian si sono finalmente riuniti! Che ne pensate? Trovo che questi due siano talmente adorabili da riuscire a sciogliere persino una vecchiaccia acida come la sottoscritta U_U il loro climax è finalmente finito e ora Caspian sa tutto, sa della strega e della donna e ha accettato, finalmente, entrambe. Siamo a meno 5 capitoli dalla fine della storia, signori e signore! E a me ne mancano sempre 3 da scrivere ^^''' li finirò, promesso!
.
Siria e Peter, invece, sono ancora tutti da studiare. Peter è felice di rivederla viva, ma non per questo ha dimenticato: le streghe, per lui, non sono proprio un argomento discutibile... diciamo che meno ne vede meglio sta, e questo causerà non pochi problemi alla nostra raminga nei prossimi capitoli e nella prossima storia!
.
Mirime invece s'è guadagnata il suo spazio, che ne dite? Io l'avevo detto che era fantastica xD gira con una falce! *-*
.
Ora siamo proprio vicinissimi alla fine: abbiamo visto la foresta ripigliarsi (e Talia e Caleb sono sempre un amore di coppia), i venti lanciare proietti di catapulta, il fuoco arrostire telmarini; chi manca? Ma manca la nostra Aysell, naturalmente!
...oh, e anche Aslan. Va beh, lui è inutile. U_U
.
05/01 - Capitolo 46
19/01 - Capitolo 47
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Nota dell'Autrice:
Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U
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Ne approfitto per augurarvi, con qualche giorno d'anticipo, un felice e sereno Natale da parte mia e di tutti i miei personaggi, neuroni e gentaglia varia! Tantissimi auguri!
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Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.