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Autore: ranyare    22/12/2013    1 recensioni
Aslan ha abbandonato Narnia da molti secoli e solo pochi, strenui abitanti di Narnia credono nel suo ritorno: fra loro, inaspettatamente, c'è anche il giovane condottiero che ha tradito Telmar per guidare i narniani alla rivolta.
La guerra si profila all'orizzonte ma Caspian, assieme agli Antichi Re ritornati dal passato, potrebbe non essere in grado di far fronte a questo scontro che promette di stroncare fin troppe vite.
Ma un potere antico, quasi dimenticato, è pronto a giungere in loro soccorso, col volto di quattro fanciulle nate dallo stesso sangue di Narnia.
[CORREZIONE CAPITOLI: 05/35]
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Miraz, Peter Pevensie, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Narnia's ~R~'
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34 chap

Narnia's Rebirth
45th Chapter

Our Destiny - Epica

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La freccia dalle piume smeraldine affondò nella gola dell’ennesimo telmarino, troppo lento per scansarla; Talia si abbandonò ad un sorriso freddo, quasi crudele, vedendo agonizzare la sua vittima nel tentativo di strapparsi il dardo dal collo.

Incoccò rapidamente un’altra asticella, balzando contemporaneamente di lato per evitare il fendente di spada che uno dei pochi cavalieri rimasti menò in sua direzione: la lama tagliò lo spazio che lei aveva occupato sino ad un attimo prima, prima che venisse scalzata dalla mano del proprietario da un colpo preciso dell’estremità d’acciaio dell’arco di Talia.

-Andate a morire impiccati, carogne!- strillò la mezz’elfa, lasciando fluidamente andare la corda e assottigliando le palpebre per schermarsi dal riflesso del Sole: vide il suo attaccante cadere, ucciso, ma quell’attimo di distrazione permise ai tre rimasti di afferrare le balestre e puntarle contro di lei.

Rapida, Talia saltò in alto e s’arrampicò agilmente sull’albero più vicino, scartando più volte quando i dardi le sibilarono attorno. Infilò l’arco nella sua custodia, sapendo che non sarebbe più riuscita a trovare il tempo necessario per utilizzarlo; sguainò quindi la propria spada, un’arma sottile ed elegante che le aveva donato Galador prima di lasciare la Tana di Aslan, accucciandosi nell’incavo di due grossi rami per calcolare quanto tempo e quanti movimenti le sarebbero serviti per falciare i telmarini rimasti senza rischiare la vita.

Lanciò loro un’occhiata malevola mentre quelli ricaricavano le balestre in fretta e furia: li odiava, li odiava e nessuno avrebbe potuto biasimarla per averli trucidati… erano umani, ciechi e dannati esseri umani che avevano portato solamente sofferenza e solitudine agli abitanti di Narnia come lei e come le sue sorelle.

Se solo avesse avuto i suoi poteri non avrebbe nemmeno avuto bisogno di pensare: le sarebbe bastato aprire il proprio cuore alla Terra per far sì che Narnia stessa si rivoltasse verso quei maledetti invasori…

Al solo pensiero, tuttavia, la rabbia bruciò con una forza tale da farla quasi cadere dall’albero.

Sgranò gli occhi, stupefatta dall’intensità quasi fisica di quell’emozione: non le era mai capitato di essere talmente sopraffatta da una sensazione da perdere il controllo del proprio corpo, quasi fosse__

-ARGH!-

Il ruggito spaventato dei telmarini la strappò dai propri pensieri; lanciò loro un’occhiata, chiedendosi perché stessero strillando come dei maiali sgozzati… e vide grossi tralci bruni e verdi scagliarsi su di loro, strappandoli dalle selle dei cavalli e strangolandoli senza la minima esitazione.

Sconvolta, Talia li guardò agonizzare nelle spire di quelle piante assassine. -Quando si dice “prendere un ordine alla lettera”…- mormorò, distogliendo lo sguardo e cercando di capire cosa fosse successo: forse Lucy era riuscita a trovare Aslan, ma__

Qualcosa, in quell’attimo, esplose dentro di lei.

Scoppiò a ridere, Talia, quando avvertì una sensazione familiare – insperata – farsi largo nella sua rabbia, incenerendo tutto quanto e lasciando dietro di sé solamente una dirompente felicità che, in sette anni, la mezz’elfa non era mai riuscita ad avvertire.

Sorridendo, con la pelle che formicolava e s’accendeva di riflessi dorati, la Custode s’arrampicò fino alle fronde più alte dell’albero su cui si trovava, trovando nel cielo azzurro di Narnia la traccia di qualcosa che, al proprio passaggio, aveva incendiato l’aria intorno a sé e formato vaporose nuvolette che già si stavano diradando.

-Bentornata, sciagurata che non sei altro.- sussurrò, con gli occhi pieni di lacrime, mentre – intorno, dentro di lei – la natura di Narnia si riappropriava di una vita che per tredici secoli le era stata negata.

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Caspian lanciò il pugnale lungo, colpendo in pieno petto il soldato che stava per uccidere Trumpkin.

-Raggiungi Susan!- gli urlò, superandolo di corsa e recuperando il coltello al volo, affiancandosi ad Aaron e a Caleb che, in quel momento, erano ingaggiati da una vera e propria folla di telmarini armati fino ai denti.

-Fuori dai piedi!- ruggì il gigante biondo, mulinando lo spadone con tanta veemenza da far arretrare i nemici, intimoriti dalla sua furia; Caspian ed Aaron, approfittando della loro incertezza, vi si scagliarono come rapaci sulla preda e ne trucidarono la metà, mentre Edmund galoppava alle loro spalle finendo gli altri con precisi tiri di balestra.

I due giovani tirarono fiato, ma la pausa durò pochissimo: quasi immediatamente altri soldati emersero dalla voragine che gli stessi narniani avevano aperto per dividere l’esercito di Telmar, assaltandoli e costringendoli ad arretrare verso la Tana di Aslan.

-Sono troppi!- abbaiò Aaron, lanciando un’occhiata disperata ai nuovi arrivati: quei dannati sembravano non finire mai, li avrebbero soverchiati con la sola forza del proprio numero…

-Beh, se proprio devo morire, almeno me ne porterò dietro un po’!- fu la risposta sarcastica che ottenne dal biondo, che si lanciò in avanti proprio in mezzo alla massa di guerrieri che li stava attaccando mentre Caspian si scagliava contro un altro gruppo di avversari.

-CALEB! NO!- gli gridò dietro ma, per quanto fu utile, avrebbe potuto urlare al vento: vide l’amico sparire fra le armature e gli scudi telmarini e, imprecando, gli corse dietro per evitare che si facesse ammazzare anzitempo.

-Fatevi sotto, maledetti!- ruggì il gigante, ruotando su se stesso e colpendo tre soldati uno dopo l’altro; altri però balzarono in avanti, ansiosi di far fuori quel guerriero formidabile che stava decimando tutti i drappelli che gli venivano mandati contro.

Caleb digrignò i denti, affondando nel ventre del più vicino la punta dello spadone e ritraendola subito per rotearla sopra la testa, parando un’attacco di lancia venuto dall’alto: quei bastardi non finivano mai, constatò, e lui cominciava ad accusare la stanchezza di quella battaglia che gli sembrava stesse durando già da ore.

Lo avrebbero ucciso, quella era una verità che non poteva ignorare: ma, almeno, ne avrebbe potuti trascinare con sé un numero considerevole.

-Pagherete cara la mia pelle!- abbaiò, afferrando il guerriero più vicino e sollevandolo di peso, scagliandolo addosso a tre dei suoi compari: quelli ruzzolarono a terra, momentaneamente innocui, ma subito altri li calpestarono per assalirlo nuovamente.

Cal avvertì il bruciore delle ferite acuirsi, moltiplicarsi, ma non gli diede peso: sarebbe morto in battaglia con coraggio e senza tirarsi indietro, avrebbe reso onore alle Figlie di Aslan che stavano disperatamente cercando di sistemare i danni causati dalla Strega Bianca… sentì il cuore gonfiarsi di commozione quando il suo pensiero corse a Talia, nello stesso attimo in cui una lama telmarina gli feriva la mano destra facendogli perdere la presa sull’elsa della spada.

Talia.

Lei sarebbe sopravvissuta, avrebbe salvato Tara e sarebbero rimaste insieme: era l’unica cosa importante, adesso, l’unica cosa che lo spingeva a combattere ancora.

Talia.

Un infido colpo fra le costole lo fece stramazzare a terra, stordito, ma lui rotolò su se stesso ed evitò il primo affondo di spada; qualcuno però gli piantò una lancia nella spalla, facendolo ruggire di dolore ed inchiodandolo lì dov’era.

-Muori!- strillò un telmarino, alzando l’arma che impugnava che, crudele come la scure del boia, scintillò di letale bellezza nella luce vivida del Sole.

Talia.

Chiuse gli occhi, Caleb, preparandosi al colpo ma cercando di non lasciarsi sopraffare dalla paura: Talia sarebbe stata forte, ce l’avrebbe fatta a superare la sua morte, lei era sempre stata la più coraggiosa fra loro due…

Il dolore, però, non venne.

Allibito, il biondo schiuse le palpebre e si guardò intorno, sentendo il giubilo e la meraviglia soppiantare alla svelta il terrore che lo aveva quasi paralizzato: lunghi rami e nodose radici erano esplose tutt’attorno a lui, afferrando i soldati telmarini e scagliandoli lontano con una delicatezza tale da farlo sogghignare quando li vide atterrare malamente a diverse iarde di distanza.

Si alzò in piedi, dolorante ma affatto sconfitto, e rise quando si ritrovò davanti una foresta in piena regola che, contro ogni logica, avanzava ruggendo verso l’esercito di Telmar.

Lanciò un’occhiata divertita verso l’alto giusto in tempo per essere travolto da un qualcosa – molto simile ad un giunco flessuoso, rilucente d’energia dorata – che gli si buttò addosso e lo strinse forte fra sottili braccia che lui ben conosceva.

La trasse a sé per baciare quella meravigliosa creatura fatata che, ridendo, ricambiò con egual passione il suo gesto d’amore, prima di dividersi da lui e guardarlo con quell’aria maliziosa che era tutto un programma.

-Non oggi, ragazzone. Mi servi vivo.- sussurrò Talia, facendogli l’occhiolino prima di dargli le spalle per gettarsi nella mischia con rinnovata energia.

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L’arrivo degli alberi e di Talia parve capovolgere momentaneamente l’andamento dello scontro: i telmarini, sconvolti da quelle enormi creature mugghianti, scappavano di fronte ai rami frustanti e alle furiose driadi che ne accompagnavano i proprietari, ma presto – incitati da Sopespian, il traditore – accesero enormi fuochi nei cestini dei trabucchi, trascinati fin lì da Beruna dai cavalli da soma, per usarli come arma contro quelle nuove venute.

Siria, che stava osservando la battaglia da alcuni minuti, sentì qualcosa incrinarsi quando il suo sguardo corse sul campo di battaglia.

Susan e Tara, armate d’arco e di frecce, lottavano fianco a fianco contro i soldati che continuavano ad incalzarle; Caleb ruggiva come un orso, assestando fendenti mortali a tutti i telmarini che capitavano a tiro del suo micidiale spadone; Cornell combatteva al fianco di suo fratello Aaron, ma non avrebbe saputo dire quale dei due fosse più pericoloso; Peter invece era vicino ad Edmund, ed entrambi non risparmiavano affatto il maestoso canto delle proprie spade.

E poi, là, c’era Caspian.

No.

Caspian era a terra: Glozelle, il più fido generale di Miraz, puntava una lancia contro il suo petto.

Il principe era immobile, sapeva che non sarebbe servito provare a scappare… al collo portava il medaglione che aveva donato a Siria tempo prima, che brillava come un faro agli occhi della raminga.

-Mia madre mi fece giurare di darlo soltanto ad una persona.

È tuo, Sir. È tuo come il mio cuore.-

-No.- quelle due semplici lettere rimbombarono con forza nel suo petto, nel suo cuore.

Non lo avrebbe permesso, non avrebbe lasciato che lo uccidessero. Non avrebbe lasciato che le fosse portato via, non prima di aver tentato – non prima di avergli detto tutto quello che provava per lui.

Non finché ci sono io.

Sentì la magia ardere dentro di lei a quel pensiero, ma dovette trattenersi dal lanciarsi in mezzo alla battaglia: non era sicura di cavarsela, non sapeva controllare la sua magia a sufficienza per rendersi davvero utile… non aveva nemmeno una spada, santo cielo!

Esitò, ma vide Glozelle avanzare di un passo verso il principe: doveva fare presto…

-Questo può servirti, Sir?-

La strega sobbalzò, colta di sorpresa dalla voce cristallina e divertita che risuonò alle sue spalle; si voltò di scatto, incredula… e ritrovò dinanzi a sé due iridi dorate che non l’avevano mai abbandonata per davvero.

-Mirime!- esclamò, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime nel vedere la pleiade a pochi metri da lei.

Mirime sorrideva, felice ed emozionata almeno quanto la rossa, ma il suo sguardo antico si spostò verso il basso… verso l’oggetto che due invisibili refoli d’aria tenevano sospeso a pochi centimetri dai suoi palmi aperti.

Siria trasalì, impallidendo visibilmente. -Lo scettro di Jadis…?- mormorò, sentendo un vuoto sgradevole spalancarsi a livello dello stomaco.

Perché Mirime le aveva portato quell’arma dannata?

-Gli scettri canalizzano la magia e aiutano una strega a controllarla, soprattutto se non è ancora molto esperta.- le spiegò la ninfa dei venti, comprendendo il suo timore ma sorridendole con fare incoraggiante. -Questo è tarato sul ghiaccio e non ti appartiene, ma… credo che per stavolta potrà andar bene, non trovi?- aggiunse, facendole cenno di avvicinarsi quando Siria fece l’atto di incrociare le braccia sul ventre in segno di protezione.

Caspian era in pericolo.

Siria prese un lungo respiro, tutt’altro che rassicurata. -Credo di sì.- mormorò; tese una mano, guardinga – ma, quando il metallo intarsiato sfiorò le sue dita tese, semplicemente lei seppe.

Seppe cosa fare, come combattere e come sfruttare appieno la propria magia, lei… lei, che era l’ultima strega di Narnia.

La pleiade sorrise, ritirando l’aria che aveva sostenuto quel ricettacolo di magia che lei non avrebbe mai potuto impugnare, posando una mano sulla spalla dell’amica: era cresciuta così tanto…

-Mirime, io… grazie.- mormorò la rossa, serrando la presa su quell’antichissima arma che apparteneva a lei di diritto.

-Di niente.- ridacchiò l’altra, scuotendo appena la testa. -È bello rivederti sana e salva, Siryn.- aggiunse in tono dolce, sorridendo all’amica ed arruffandole teneramente la frangia spettinata; Siria rise, sentendosi di nuovo bambina per qualche attimo, arrossendo appena e salutando Mirime con un cenno affettuoso prima che la pleiade sparisse così com’era arrivata.

Prese fiato, la raminga, scrutando lo scettro che teneva in mano: i cristalli che lo componevano, più resistenti e brillanti di qualsiasi diamante, scintillavano di rosso nel riflesso dei suoi capelli… quanto male aveva fatto quell’oggetto?

Non aveva tempo per pensarci, Caspian era in pericolo: con forza, roteando appena l’asta sottile fra le dita, lo impugnò più saldamente e lo piantò con rabbia nel terreno.

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Glozelle alzò lo sguardo dagli occhi furenti di Caspian, allibito, quando il suono di un’esplosione echeggiò in tutto il campo di battaglia.

-Ma che diamine…- mormorò, incapace di credere a ciò che stava vedendo nascere davanti ai propri occhi sbalorditi: qualcosa di simile ad un mostro infuocato era appena sbucato dal folto della foresta narniana, circondato da lingue scarlatte che si allargavano a raggiera tutt’attorno alla sua figura indefinita; era uno spettacolo affascinante e terribile e, non per la prima volta, Glozelle si ritrovò ad ammirare la bellezza selvaggia che quella terra misteriosa aveva dovuto celare da quando Telmar l’aveva invasa.

Un attimo dopo, però, la sua sorpresa mutò in terrore quando comprese che i tentacoli di fuoco si stavano scagliando, ruggendo, proprio contro di lui.

Il telmarino balzò indietro, lasciando cadere la lancia ed evitando per pochissimo la lingua di fuoco che rese bollente gli anelli della cotta di maglia che indossava: la propaggine rossastra si contrasse attorno a Caspian, allontanando il generale dal ragazzo – stupefatto e allibito quanto lui, oltretutto.

Il principe alzò lo sguardo verso la collina, incredulo, seguendo il percorso che le fiamme avevano tracciato sull’erba oramai ridotta in cenere: là, in mezzo al fuoco, lei stessa nulla più che una creatura forgiata dalle fiamme…

…c’era lei.

-Siria…- esalò, pronunciando il nome della sua amata con incredulità e terrore, incapace di credere a ciò che stava vedendo: Siria era là, viva e vegeta, ed era semplicemente più bella che mai.

Il fuoco danzava intorno a lei, dentro di lei; lei stessa ormai non era altro che un incendio di carne e di ossa, i capelli guizzavano allegramente, fondendosi con le fiamme che ballavano sulla sua pelle e nel suo pugno chiuso intorno ad una lancia intarsiata di cristalli che riverberavano del carminio delle fiamme; quello che le solcava il volto era un sorriso vivido, quasi estatico: la sua era l’espressione indomita di una fiera finalmente libera, e i suoi occhi… i suoi occhi erano vivi, due zaffiri intensi che brillavano in mezzo a quell’oceano di lava.

Era libera.

Caspian sentì il cuore accelerare bruscamente, riprendere a battere dopo tante ore di silenzio e di sofferenza, nel riconoscere quei tratti tanto amati nel crepitio del fuoco.

Era libera.

Si ritrovò a sorridere quando la giovane divampò di gioia e di esaltazione, buttandosi in una folle corsa dall’interno della foresta al pieno della battaglia e sciogliendo la propria magia in altre lingue rossastre che andarono ad affiancare i guerrieri di Narnia.

Era finalmente libera.

Libera dal dolore, libera dalla paura e dal terrore che aveva sempre scorto in fondo ai suoi occhi. Era libera, danzava nel suo elemento con la grazia e la bellezza di un’odalisca, con lo scettro nella mano destra e i capelli che ballavano intorno a lei.

Era libera, ed era lì.

-Caspian, sei in mezzo ad una battaglia!-

La voce soave di Aaron lo riscosse da quell’attimo di trance, riportandolo bruscamente alla realtà.

Siria.

Doveva combattere, si disse, ma non era fisicamente in grado di distogliere lo sguardo dalla meravigliosa realtà che Siria aveva appena concretizzato con la sua sola esistenza: lei era viva, lei era tornata

Battaglia.

La vide riprendere il suo aspetto umano, mentre il fuoco combatteva fianco a fianco con i narniani; vide i soldati voltarsi istintivamente verso di lei, alla ricerca di quella guida che lei era diventata e che li aveva addestrati e motivati negli ultimi mesi; la vide sorridere mentre scagliava il pugno verso il cielo, e sentì il ruggito dei soldati accoglierla in mezzo a loro quando si gettò in mezzo alla battaglia.

…una battaglia che, per una volta, avrebbe aspettato.

Caspian balzò in piedi, parando un infido colpo alle spalle che stava per essere inferto al giovane centauro che combatteva poco distante da lui, animato da un nuova forza e da un nuovo coraggio.

La guerra avrebbe aspettato, adesso: c’era qualcosa, prima, che doveva fare.

Doveva andare da lei.

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Talia sorrise, impugnando arco e frecce e balzando sull’albero più vicino; il volto impresso nella chioma lussureggiante le sorrise, voltando poi l’immenso capo verso il cuore della battaglia.

-Avanti, amico mio, andiamo a fare un po’ di danni!- lo esortò la mezz’elfa, sentendo i rami più sottili avvolgerle i polpacci per sostenerla quando, con un rombo assordante, la creatura della foresta sollevò le radici dal profondo della terra e s’incamminò in direzione della voragine in cui vedeva ardere il fuoco della Paladina.

Pochi erano i telmarini in grado di contrastare l’avanzata dei suoi alberi, ma – Talia doveva proprio ammetterlo – furono molti i coraggiosi che tentarono di rallentarne il passo, cercando di mutilarne le radici o i rami più bassi; non avevano però messo in conto l’abilità di arciere della Custode che l’albero portava con sé, e nessuno di quegli stolti aggressori fu in grado di sfuggire ai quei dardi dalle piume di smeraldo.

Nessuno avrebbe potuto impedirle di raggiungere la sua amica.

-Tallie!-

Sentì il cuore scoppiarle nel petto, Talia, quando quella voce familiare le echeggiò nelle sensibilissime orecchie appuntite.

Vide la strega dai capelli rossi annientare metà dei guerrieri che cercavano di tagliarle la strada, incenerendoli o pugnalandoli con l’estremità acuminata dello scettro; rideva, Siria, ma la vista acuta della mezz’elfa distinse anche le sottili lacrime di commozione che le rigavano il volto.

Balzò a terra, sguainando la spada elfica e tranciando di netto la testa del primo sventurato che ebbe l’ardire di pararsi davanti a lei; Siria si mosse allo stesso modo, schivando un colpo e mozzando il braccio dell’aggressore di turno, prima di mettersi a correre per raggiungere il punto in cui Talia si stava battendo.

-Siria!- esclamò la bruna, sgomitando fra due minotauri per spingerli da parte – ed eccola là, la sua amica, avvolta nella familiare cascata di capelli rossi e con lo sguardo acceso di chi ha appena ritrovato la forza di combattere.

Ed il mondo riprese finalmente a funzionare nel verso giusto, quando Talia riuscì finalmente a stringere la sua amica fra le braccia.

Si abbracciarono di slancio, serrandosi l’un l’altra in una stretta piena di paura e di sollievo; Talia affondò il viso in quel mare rosso, ridendo e piangendo allo stesso tempo, ancora incapace di credere alla fortuna sfacciata che Siria aveva dimostrato, per l’ennesima volta, di possedere.

Era viva.

Siria, che era da sempre la metà di quell’anima solitaria, era viva e vegeta e rideva con lei, abbracciandola con la medesima forza e riempiendola di gioia quando le trasmise un calore e una meraviglia tali da farla gioire ancor di più.

Siria era fuoco, adesso, un falò scoppiettante di vita che non aveva mai potuto ardere davvero.

-Non farlo mai più. Sono quasi morta di paura.- Talia ansimò sulla sua spalla, rendendosi conto soltanto in quel momento di avere il fiato corto ed il volto inondato di lacrime: perdere lei, perdere Siria, aveva minato alla base tutte le sicurezze che l’avevano tenuta in piedi in quei sette anni da che l’aveva incontrata.

Era tornata.

Siria ridacchiò, arruffando con un gesto affettuoso la corta chioma lucente dell’amica e socchiudendo gli occhi in quel profumo selvatico e rassicurante che lei conosceva così bene. -Sissignora.- mormorò, ironica, sussultando però quando Talia le rifilò un pizzicotto tutt’altro che delicato in risposta al suo scherno giocoso.

Rimasero strette per una manciata d’istanti, protette dalla furia del grande albero che combatteva alle loro spalle, prima di separarsi e guardarsi in volto con rinnovato vigore: erano di nuovo insieme, adesso, e nessun nemico era mai riuscito ad annientarle quando si trovavano l’una con l’altra.

Senza nemmeno parlare balzarono indietro, piroettando con un aggraziato movimento speculare e brandendo ognuna la propria arma per ingaggiare i telmarini che avevano appena tentato di prenderle di sorpresa: i soldati caddero senza possibilità di scampo ma, con quel gesto, Siria ebbe la possibilità di abbracciare con lo sguardo l’interezza del campo di battaglia che si dipanava attorno a lei.

Sgranò gli occhi, sorpresa, quando un particolare combattente attirò la sua attenzione.

La familiare chioma bionda dell’Alto Re riverberò nel Sole di Narnia, lanciando bagliori dorati nell’erba carnosa che accolse il regal capino quando il suo fiero proprietario cadde a terra, colpito alle spalle da uno dei lancieri di Telmar.

Peter.

La rossa sospirò, lanciando un’occhiata in tralice a Talia: la mezz’elfa, cogliendo l’espressione dell’amica, alzò gli occhi al cielo e si lasciò sfuggire un versaccio esasperato.

-Vuoi ancora andare a salvargli la pelle!?- sbottò, incredula – e Siria comprese, dai pensieri che le sfiorarono la mente in quell’stante, che Talia avrebbe volentieri permesso all’esercito di Telmar di ridurre Peter Pevensie ad una poltiglia sanguinolenta ed uggiolante, liberando così Narnia dalla sua seccante ed inutile presenza.

Ridacchiò, Siria, avvicinandosi all’amica per stringerle una spalla in un breve gesto d’affetto. -Beh, l’unica che ha il diritto di farlo fuori sono io, non ti pare?- si limitò a farle notare, sorridendo, prima di voltarsi – in uno svolazzo di crini scarlatti – e buttarsi nuovamente nella mischia in direzione di uno sventurato Re Supremo che, nonostante tutto, continuava a rimanere nelle grazie di Siria in un modo che Talia non sarebbe mai riuscita a comprendere.

-È una logica che non fa una grinza.- si limitò a commentare, esasperata, prima di abbandonarsi ad una risata entusiasta e lanciarsi all’inseguimento dell’amica nel folto dell’esercito di Telmar.

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Peter imprecò, vedendo Rhindon sfuggirgli dalle dita e atterrare a poche, vitali iarde dalla sua portata; crollò a terra, stordito dall’infido attacco del telmarino, sentendo il fiato mozzarsi a causa della caduta.

Vide la lancia del nemico calare – inesorabile e scintillante – verso di lui, sentì la scure della Morte scendere al fianco dell’arma telmarina per tranciare quella vita vissuta due volte…

-PETER!-

Un sibilo, il suono familiare di una lama che trapassava un petto umano, una zazzera immensa d’infuocati capelli rossi.

Il guerriero telmarino crollò a terra, trafitto in pieno torace da una spada che Peter riconobbe all’istante come la propria; l’elsa dorata di Rhindon brillò di riflessi scarlatti quando, con un brusco strattone, la giovane donna che l’aveva impugnata la estrasse dal corpo agonizzante del soldato, chinandosi a passarla nell’erba per eliminare il sangue che ne aveva lordato la letale bellezza.

Il biondo alzò lo sguardo, distogliendolo a fatica dalla lama, quasi incapace di credere a ciò che aveva dinanzi: lì, splendente e fiera come la più nobile delle regine guerriere, c’era Siria.

Siria.

Rimase immobile, Peter, senza trovare la forza di allontanare gli occhi dal volto tanto familiare della giovane strega: Siria era lì, era viva, Siria gli aveva appena salvato la vita per l’ennesima volta

Per un istante provò il fortissimo impulso di abbracciarla, di toccarla, di sapere per certo che non si trattava di un’illusione; aveva creduto di averla costretta a sacrificarsi, aveva creduto di averla condannata a morte… aveva creduto di averla perduta – non una, ma ben due volte.

-Credi che sia il momento di vincerla, questa battaglia?- gli chiese lei, spezzando il filo dei suoi confusi pensieri e tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Peter, esitando solamente per un istante, accettò l’offerta e si lasciò sostenere, impugnando nuovamente la fidata Rhindon quando lei gliela porse.

-Direi proprio di sì.- rispose, e non riuscì a non rivolgerle un vago sorriso d’intesa prima di ributtarsi, con rinnovato vigore, nel cuore della battaglia.

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Il terrore si propagò fra i telmarini con la stessa velocità delle fiamme che ardevano fra loro; il fuoco ruggiva, aggredendoli, assumendo le sembianze di creature infernali che proteggevano i combattenti di Narnia e che rinvigorivano le loro forze con la prepotenza della lava incandescente.

I soldati incespicavano, arretrando dinanzi a quei mostri: la paura era nei loro occhi scuri, nei colpi che perdevano vigore, nelle grida di coloro che si ritrovavano accerchiati da quell’inferno salito in terra.

-Una strega! Hanno una strega!- fu uno dei lord fedeli a Miraz che urlò quelle parole, terrorizzato dalla bestia di fuoco che combatteva al fianco di un minotauro contro due dei suoi soldati: le streghe, da sempre, brillavano nell’immaginario collettivo di Telmar per la loro perfidia e per la loro temibile capacità di annientare intere nazioni senza nemmeno combattere.

Cercò di colpire quel mostro con la lancia, mentre il cavallo nitriva, terrorizzato, sotto di lui. La creatura di fuoco non avrebbe visto, era impegnata contro gli altri due e annientarla avrebbe forse rinfrancato il morale dei suoi uomini…

Ma una mano bianca si chiuse sul legno scuro dell’arma, sfruttandone la lunghezza per disarcionarlo e strappandola poi dalla sua stretta – una mano di donna, della donna dai capelli rossi che lo sovrastò quando lui ruzzolò a terra.

Due vividi occhi blu sostennero il suo sguardo atterrito, ricambiandolo con il sorriso sardonico del vittorioso.

-La strega!- sbottò lui, più stupito che spaventato, vedendo il fuoco ballarle nelle iridi e nei cristalli dello scettro che teneva nella mano destra.

-Esatto. E, pensa un po’? Ora la strega fa il culo a tutti quanti.- fu la risposta sarcastica che Siria gli rivolse, voltandosi di scatto e scagliando con precisione la lancia – colpendo in pieno petto uno dei soldati che stava attaccando senza pietà il minotauro.

Il lord telmarino, però, approfittò di quell’istante di distrazione e balzò in piedi, sguainando con rabbia la propria spada: la strega era voltata, il collo bianco era esposto e fragile… quel gesto di altruismo le sarebbe costato la vita.

Brandì l’arma, alzandola nel cielo limpido, pronto a calarla sulla gola di quella maledetta: avrebbe mondato il regno di Telmar da quella sudicia creatura partorita dai mostri, e la sua morte avrebbe annientato il ritrovato entusiasmo dell’esercito narniano…

Il sibilo della lama quasi non si udì, nel frastuono della battaglia: di certo Siria non lo avrebbe mai potuto sentire, concentrata com’era su altro, e non sarebbe stata in grado di avvertire la morte calare come una scure su di lei – ma sentì, chiaramente, il clangore di due lame che si scontravano a pochi millimetri dalla sua gola.

Piroettò su se stessa e balzò a distanza di sicurezza, allarmata, distinguendo soltanto un brusco ingaggio di spade e il lord telmarino che veniva sbalzato indietro con un coltello piantato nel cuore, ucciso senza pietà dal guerriero che si era frapposto per proteggerla da quel vile attacco alle spalle.

Un guerriero dai riccioli scuri e dalle spalle larghe, che Siria riconobbe all’istante.

-…Caspian.-

Per la prima volta dall’inizio di quello scontro Siria esitò, sentendo il cuore incrinarsi quando comprese di ritrovarsi davanti al principe di Narnia.

La battaglia intorno a lei perse ogni significato in pochi attimi; la giovane strega abbassò gli occhi: non poteva affrontarlo, si disse, mentre le lacrime le bruciavano di muta frustrazione le palpebre socchiuse.

Con quale coraggio avrebbe potuto alzare lo sguardo in quelle iridi nere che lei tanto amava, dopo ciò che gli aveva fatto? Non poteva dimenticare l’occhiata che il principe le aveva rivolto in mezzo alla foresta, non riusciva a schiodarsi dalla mente quegli occhi pieni di dolore, di tristezza, di rancore…

Si ritrasse appena, inconsciamente, quando avvertì i passi rapidi e determinati del giovane; Caspian se ne accorse, sarebbe stato impossibile non vedere il fremito di paura che l’aveva attraversata – ma Siria non lo sentì rallentare né fermarsi, fino a che non si sentì avvolgere da qualcosa di caldo e meravigliosamente familiare.

Sgranò gli occhi, allibita.

Riconobbe le braccia di Caspian, riconobbe la stretta salda in cui l’aveva appena racchiusa: si ritrovò – piccola e tremante – contro al suo petto, con le dita del principe immerse fra i propri capelli ed il suo volto che cercava, terrorizzato, l’incavo di quella gola bianca che tanto ben conosceva.

E, improvvisamente, si sentì bene.

Avvertì le lacrime rigarle le guance e i singhiozzi salirle in gola, ma non le importava; era fra le braccia di Caspian e questo valeva tutte le lacrime del mondo, valeva tutto il dolore che aveva provato nelle ultime ore – improvvisamente insignificante di fronte alla gioia che quell’abbraccio, adesso, le trasmetteva.

Furono tremanti le dita che sfiorarono il petto del giovane, le sue spalle; non le era mai parso più concreto, Caspian, più vero di quanto non fosse in quel momento, mentre le sue braccia la serravano a sé con una forza che sfociava quasi nel terrore.

Un attimo più tardi, finalmente, le candide mani sussultanti salirono a cingergli il collo, stringendosi a lui con forza ed incredulità, immensamente felice di ritrovarsi nell’unico luogo dove si fosse mai sentita davvero al sicuro.

Lì. Nell’abbraccio di Caspian.

Avvertì il torace del giovane sussultare e la stretta delle sue mani farsi più forte, quasi spasmodica; stupita, alzò lo sguardo su di lui, ignorando le lacrime liberatorie che le ruscellavano lungo le guance.

Niente, niente avrebbe mai potuto sconvolgerla in quel momento come vedere quelle stesse lacrime rigare il volto del suo principe.

Avvertì i propri occhi sgranare, Siria: nulla avrebbe mai potuto causare quel turbinio di violente emozioni nel suo cuore quanto vedere gli occhioni di Caspian pieni di pianto e di tormento, colmi un senso di colpa immenso che non si sarebbe mai aspettata.

-Perdonami.- le sussurrò, piano, accarezzandole una guancia, sentendo le dita bagnarsi di quelle perle salate che parevano non volersi fermare.

Siria non disse nulla, perché qualcosa di doloroso le ostruiva la gola e le impediva di parlare; soltanto i suoi occhi si stavano allargando per la sorpresa – una sorpresa insperata, una sorpresa meravigliosa.

Era bella, bella più di quanto non fosse mai stata.

Qualcosa, dentro Caspian, si ruppe. Dovette stringere i denti ed accostarsi a lei, cercando disperatamente il calore corporeo che Siria emanava e che riusciva a dargli la sicurezza di averla davvero lì, di non essere preda della più dolce e crudele delle allucinazioni; premette la fronte contro la sua, passando le mani sulla schiena della ragazza e serrandola contro di sé.

-Perdonami, Sir… ti prego, perdonami, sono stato un idiota, a me non cambia nulla, strega o meno non fa differenza, io__-

-Ti amo.-

La voce morì sulle labbra di Caspian quando quelle due semplici parole riuscirono a fermare quel fiume di scuse, di preghiere e di lacrime che lo stava sconvolgendo.

Mise a fuoco gli occhi lucidi di Siria, si rese conto delle mani candide premute sulla propria gola, distinse il suo volto appena sorridente, luminoso, candido.

Mise a fuoco quelle due parole, che penetrarono con forza nel suo cuore senza più l’intenzione di schiodarsi da lì.

Ti amo.

Non c’era alcuna battaglia, in quel momento. Non c’era nulla se non un silenzio ovattato che apparteneva soltanto a loro, a quelle iridi tanto diverse che si erano ritrovate, a quei sorrisi umidi di lacrime che imperlavano sui loro volti.

Sorrise, Siria, spostando con delicatezza una mano e posandola sulla guancia del suo principe – prima una e poi anche l’altra, ed accarezzò la sua pelle per portare via con sé quelle gocce salate che non le piacevano, che non avrebbe mai voluto vedere nei suoi occhi.

E il suo sorriso si riflesse sulle labbra di Caspian, sul suo volto, nei suoi occhi arrossati. Bloccò dolcemente le sue dita sul proprio viso, voltandosi appena per posare un bacio su quel palmo temprato dalle battaglie, socchiudendo gli occhi e beandosi del gradevole odore della pelle di lei.

-Ti amo anch’io. Sempre e comunque. Potrai perdonarmi?- la sua voce tradì un fremito sulle ultime due parole, mentre un’ombra scura riempiva nuovamente i suoi occhi; ma la raminga – la strega – scosse la testa, sorridendo divertita e dandogli un buffetto sul naso.

-L’ho già fatto.- rispose, con una serenità nella voce che lui non vi aveva mai udito, alzandosi in punta di piedi per sfiorare, con un bacio, quella bocca familiare di cui non si sarebbe mai potuta saziare. Rise, felice, nell’avvertire le labbra di lui schiudersi in un sorriso – quel sorriso che lei tanto amava – quando Caspian le cinse il volto e la baciò con una furia tale da cancellare qualsiasi altro pensiero dalla sua mente.

Si baciarono lì, suggellando il proprio amore nel fragore della battaglia, mentre l’esercito ruggiva la propria approvazione tutt’attorno a loro.

-Scusatemi, abbiamo una battaglia da vincere, permesso!-

Qualcosa di molto simile ad una montagna semovente, coronata non da neve ma da folti riccioli biondi, sollevò Siria di peso e la separò dal principe, stringendola in un breve abbraccio da orso che, nonostante l’irruenza, la fece sorridere.

-Devo dire a Talia di tenerti a bada, gorilla. Un po’ di astinenza magari ti farebbe bene…- commentò, schioccando un bacio sulla guancia di Caleb prima che il gigante, ridendo, le permettesse di sgusciare via dalla propria stretta entusiasta.

-Ma anche no!- sentì strillare, poco lontano, l’amica mezz’elfa, e scoppiò a ridere assieme a Caspian nel vedere l’espressione sconvolta e supplichevole appena apparsa sul viso di Caleb.

Quell’attimo di pausa, però, costò caro a tutti loro: Talia, impegnata a dirigere gli alberi contro quei trabocchi che i venti di Mirime non avevano ancora distrutto, cacciò uno strillo di rabbia quando uno dei massi delle catapulte telmarine cozzò contro l’albero che l’aveva seguita sino a lì, rovesciandolo a terra in un marasma di ruggiti, rami spezzati e foglie che si disperdevano ovunque.

Siria balzò sul tronco del caduto, sentendo l’angoscia ed il dolore della pianta riverberarsi nelle emozioni di Talia e, di riflesso, anche nelle sue: concentrandosi per incanalare la propria energia nel braccio destro – quello che reggeva lo scettro –, puntò il manufatto verso la grossa roccia levigata per liberare la creatura di Narnia dal peso che stava minacciando di spezzarne l’ampio fusto.

I cristalli brillarono di una vivace luminescenza scarlatta quando la magia corse lungo la lunghezza dell’asta e si scagliò, in un tripudio di innocue scintille, sulla pietra: quella rotolò via, innocua, liberando l’albero dalla sua morsa e accendendo un forte sentimento di gratitudine e sollievo nei pensieri delle due Figlie di Aslan.

Caleb e Caspian, rapidi come frecce, erano tornati a combattere singolarmente contro i soldati di Telmar; soltanto Peter, però, che non era troppo lontano, vide il secondo proietto di catapulta descrivere un ampio raggio nel cielo prima di cominciare la sua parabola discendente proprio verso il punto in cui Siria era appena balzata a terra.

-SIRIA!- chiamò, atterrito, ma la giovane ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo: riuscì soltanto a scambiare un’occhiata disperata con Peter, sconvolta dall’ombra mortale che si stava repentinamente allargando intorno a lei, prima che l’enorme pietra si abbattesse al suolo, scuotendo la terra e scavando una terribile voragine tutt’attorno a sé: le scintille rosse scomparvero e Siria… Siria svanì con loro nel polverone alzato dallo schianto.

-NO!-

Peter, incapace di credere a ciò che aveva appena visto, raggiunse di corsa Caspian e Caleb appena in tempo per vedere il biondo lasciar andare il ragazzo che si agitava come un ossesso, ma insieme dovettero agguantarlo di nuovo per impedirgli di lanciarsi in avanti.

Caspian rivolse al Re Supremo uno sguardo disperato, ma Peter scosse la testa: Siria non poteva essere morta in un modo così stupido, andiamo! Nemmeno Jadis era riuscita ad ucciderla – nemmeno lui

-Uh!-

Sobbalzarono tutti quanti, colti di sorpresa, quando una voce divertita risuonò alle loro spalle. Si voltarono, increduli, trovandosi davanti una divertita ed esilarata Siria, con gli occhi che ancora crepitavano di magia.

-Non ero sicura di saperlo fare, questo…- mormorò a mo’ di scusa, vedendo le espressioni allibite del principe e del Re scrutarla come se non riuscissero a credere ai propri occhi – e come se avessero improvvisamente una gran voglia di strangolarla, soprattutto.

-Io non ho parole, davvero… sei una strega pivella e provi a fare cose che son fuori dalla tua portata.- sospirò Caleb, ridacchiando, avvicinandosi a lei con un largo sorriso dipinto sul volto abbronzato.

-Ehi! Però ci sono riuscita!- protestò Siria, ridendo a sua volta, accettando con gratitudine la spada che Caleb le porse un istante più tardi.

Un brivido di gioia ed eccitazione la pervase, quando finalmente le sue dita si chiusero su quell’elsa che aveva agognato sin da quando aveva raggiunto il campo di battaglia – quell’elsa che il suo tocco aveva modellato giorno dopo giorno, anno dopo anno, guerra dopo guerra.

Kain. Bentornato, amico mio.

-Sì, ma hai fatto prendere un colpo al tuo principino!- ribatté Cal, ruggendo una risata che riuscì a scaldarle il cuore mentre i suoi occhi cercavano l’espressione terrorizzata ancora scolpita sul volto di Caspian.

-Non ho fatto tutti questi casini per farmi ammazzare da un grosso sasso.- gli fece notare, con un sorriso spigliato e divertito a riempirle il volto.

-La detesto quando fa così.- mormorò Peter, accanto al principe, scuotendo appena la testa e dando una debole pacca sulla spalla dell’amico; Caspian annuì, sconfortato quando lui, non riuscendo però a non ridere quando vide Siria volgersi nuovamente verso i guerrieri di Telmar.

-Concordo.-

Dal canto suo, Siria si limitò a ridacchiare nell’udire il breve scambio di battute fra principe e Re: la sua attenzione però fu subito attirata da Talia e da Mirime che, vendicative, avevano scatenato ognuna le proprie forze ed avevano appena ridotto in macerie l’ultimo trabucco ancora in piedi.

L’esercito avversario sembrò contrarsi, a quel punto, mentre la ninfa dei venti volteggiava minacciosamente fra i soldati mulinando quella che – Siria dovette scuotere la testa, incapace di credere a ciò che vedeva – assomigliava terribilmente ad una falce a doppia lama.

Talia apparve al suo fianco, divertita quanto lei, comunicandole mentalmente le posizioni di ognuno dei comandanti: Aaron ed Edmund li stavano raggiungendo a piedi, Cornell stava disimpegnandosi da uno scontro ed Aysell e Susan erano ancora sui bastioni della Tana assieme agli arcieri.

“Mirime, porta qui Sue ed Aysell. Tallie, scorta Cornell da noi” ordinò mentalmente la strega, studiando la posizione in cui si trovavano – a poche iarde di distanza dall’entrata della cripta – e prendendo subito la decisione di radunare lì i loro condottieri.

-Peter!- chiamò, ma non ebbe bisogno di aggiungere altro: Peter e Caspian avevano già recuperato due cavalli, portati loro dagli scudieri fauni, e lei balzò in sella dietro al principe prima che i due cavalieri si lanciassero al lungo galoppo per richiamare i loro soldati.

-Ripiegare sulla Tana!- ordinò lei, e subito vide i narniani obbedire al suo richiamo ed abbandonare i duelli che li tenevano impegnati.

-Indietro tutti, proteggete i feriti!- aggiunse Peter nel medesimo tono stentoreo, sentendosi bizzarramente orgoglioso del portamento fiero e determinato che Siria aveva assunto assieme al ruolo ufficioso di comandante in seconda.

Una volta lontani dalla Tana, Siria balzò a terra e fece cenno ai due giovani di tornare indietro: i narniani stavano ripiegando sul piazzale della cripta esattamente come i telmarini si stavano ritirando verso Beruna, schiacciati dal terrore che vento, fiamme ed alberi avevano seminato fra i loro ranghi. Molti soldati però erano troppo vicini alla Tana per sperare di poter tornare indietro vivi, e si scagliarono quindi sui guerrieri di Narnia; ma la ragazza si era aspettata quella mossa disperata e non si fece trovare impreparata.

D’istinto tese la mano destra, gioendo nel vedere le lingue di fuoco tornare ad avvolgere la sua pelle ed il metallo liscio dello scettro. Era una bella sensazione, quella: si sentiva un tutt’uno con le sue fiamme, potente e forte come non credeva di poter essere, si sentiva… se stessa – una sé che non si era mai permessa di essere: il suo vero io, la sua reale essenza.

E le fiamme, al suo ordine, crebbero.

Si snodarono sul terreno, senza bruciare l’erba che era loro sorella, attraversando il campo di battaglia e separando definitivamente i due schieramenti, allontanando i soldati di Miraz dai narniani senza, se possibile, uccidere quei disgraziati che non erano riusciti a ritirarsi verso Beruna.

-Questi ve li restituisco, manica d’imbecilli!- sentì strillare sopra di sé, e non poté fare a meno di scoppiare a ridere quando vide due proietti di catapulta lanciati a tutta velocità verso i telmarini più lontani.

“Sempre diplomatica, vero?” sussurrò mentalmente, rivolgendosi alla pleiade che svolazzava con aria minacciosa a diversi piedi d’altezza sopra di lei.

“Sempre!” fu la risposta allegra che le risuonò nella testa, mentre la raminga si concentrava per ripetere l’incantesimo che le aveva permesso di spostarsi attraverso lo spazio in meno di un battito di ciglia.

Riapparve in una fiammata al fianco di Caspian, che sussultò per la sorpresa ma sorrise immediatamente nel riconoscerla; a poche iarde da sé, udì Edmund commentare, in direzione di Peter, lo spirito battagliero di Mirime col naso rivolto verso l’ultimo punto in cui avevano visto sparire la pleiade.

-E quella sarebbe la più tranquilla fra tutt’e quattro?-

Peter annuì, sconsolato, lanciando uno sguardo abbacchiato in direzione di Talia – che sfrecciava da un albero all’altro per verificarne la salute – e, in seguito, di Siria.

-Già.- mormorò, sentendo il cuore stringersi nel guardare colei che era stata la sua amica sorridere a Caspian coi capelli ancora intrisi di fiammelle.

Strega.

-E tu sei riuscito ad inimicartene la metà. Bel colpo, Pete.- ridacchiò Edmund, dando un pugno amichevole al biondo e scoccando un’occhiata divertita alla rossa. -Per fortuna Siria ti adora, altrimenti saresti già ridotto ad un regale arrosto di tacchino.-

Peter, con le orecchie più rosse del normale, si limitò ad ignorare ostinatamente il commento del fratello.

A poca distanza da loro Siria e Talia sorrisero, emozionate, quando le loro sorelle apparvero a pochi metri da loro in uno sbuffo biancastro; Aysell si buttò senza ritegno addosso alla rossa, piangendo, tempestandola di pugni ma stringendosela convulsamente addosso.

-Stai buona, piccoletta.- le sussurrò la rossa per cercare di tranquillizzarla, ma Aysell esplose in una sequela di insulti ed imprecazioni talmente coloriti da far arrossire di pudicizia persino le orecchie, un poco a sventola, di Caspian.

-Fammi un’altra volta uno scherzo del genere e giuro che morire ti sembrerà uno scherzo in confronto a quello che ti farò io!- concluse la naiade, furibonda, prima di buttarsi un’altra volta addosso all’amica e appallottolarsi con fare molto felino addosso a lei.

Mirime, alle sue spalle, rise.

-Abbiamo avuto paura di perderti, Siryn.- mormorò, avvicinandosi per stringere le spalle dell’amica in un abbraccio e tirando nella stretta anche Talia, che non esitò a lanciarsi addosso a tutt’e tre rischiando di farle rovinare a terra.

Casa.

La dolcezza ed il sollievo pervasero le menti delle quattro ragazze, quando finalmente riuscirono a comprendere di essere di nuovo tutte insieme. Siria chiuse gli occhi, costringendosi a non piangere, abbassando appena il capo per inspirare a fondo i profumi mescolati dei capelli delle sue compagne: Mirime sapeva di fresco e di neve, Aysell aveva l’odore frizzante delle sorgenti montane, Talia profumava di corteccia e di foresta.

Assieme, quelli diventavano il profumo che probabilmente aveva una famiglia.

Si separarono a malincuore, perché la battaglia non era ancora finita e Siria doveva tornare dai suoi soldati; la raminga affiancò quindi Peter e Caspian davanti alla formazione scomposta ed eterogenea dei narniani, mentre Cornell li raggiungeva e rivolgeva un rispettoso cenno di saluto alla giovane donna.

-Ritirate i feriti nella Tana, chi è in grado di stare in piedi si presenti subito qui!- ordinò la strega, indicando imperiosamente un gruppo di giovani fauni che, al suo ordine, scattarono sulle forti zampe equine e sfrecciarono fra le fila narniane, aiutando i più malconci a raggiungere la sicurezza della cripta.

Caspian, distogliendo a fatica lo sguardo orgoglioso dalla propria donna, si rivolse a Cornell. -Dobbiamo incalzarli adesso, prima che possano organizzarsi su Beruna e contrattaccare.- affermò, ed il centauro annuì, concorde.

-Susan! Tieni con te gli arcieri e seguiteci dalle retrovie!- chiamò invece Peter, alzando lo sguardo per sincerarsi di essere stato sentito; la sorella annuì, facendo cenno a Trumpkin, che l’affiancava, di discendere dai bastioni d’entrata. -Fauni ed animali con me, sulla destra!- chiamò quindi, brandendo Rhindon ed invitando i guerrieri che aveva chiamato a seguirlo sul lato più a nord dello schieramento.

-Minotauri e giganti, al centro!- incalzò Siria, balzando sul cavallo che Peter non aveva portato con sé e scagliando il pugno armato verso il cielo, ottenendo un ruggito entusiasta in risposta da parte delle truppe. Si rivolse quindi alle amiche, che la osservavano in silenzio e con degli strani sorrisi dipinti in faccia. -Faremo da cuneo. Talia, prendi Aysell su un albero e spianaci la strada.- ordinò lei, ignorando l’imbarazzo che quegli sguardi vibranti d’orgoglio le causavano.

La mezz’elfa rise, passando un braccio intorno alla vita di Aysell e sollevandola senza alcuno sforzo.

-Con molto piacere!- affermò, ignorando le proteste della naiade – tutt’altro che contenta di sentirsi sballottare come una bambola di pezza – e raggiungendo la postazione assegnatale in pochi, lunghi balzi.

-Cornell, i centauri staranno sulla sinistra, li chiuderemo in una morsa sul lato sud del guado.- affermò quindi Caspian, pacato e rassicurante al confronto con quei due esagitati dei loro generali: Cornell sorrise, afferrando il proprio corno d’osso e lanciando un lungo richiamo in direzione dei propri compagni.

Caspian salì quindi sul secondo cavallo, un bel baio giovane ed impaziente, affiancandolo al destriero di Siria. -Non devo dirti di stare attenta, vero?- le chiese, distogliendo l’attenzione della ragazza dalla disposizione delle proprie truppe  avevano architettato quella tattica molto tempo prima, ma si sentiva soddisfatta nel vedere quanto i guerrieri si fossero tenuti pronti ad attuarla.

La giovane si volse verso il moro, sorridendo: aveva in volto quell’espressione dura e splendente che Caspian sapeva appartenerle in battaglia, quando – ora lo capiva – il fuoco che le scorreva nelle vene accendeva l’ardore che Siria già possedeva, riempiendola di una forza luminosa e cangiante in grado di scaldare l’animo di chi aveva intorno a sé.

Era nata per essere una guerriera, Siria.

-Assolutamente.- annuì lei, impaziente, tirandolo però verso di sé e coinvolgendolo in un bacio irruente che fece ruggire d’entusiasmo l’intero esercito.

Mirime scosse la testa, divertita, alzandosi in aria per guadagnare un’altitudine tale da poter scorgere l’interezza del loro schieramento, ora ordinato e pronto per combattere. Impugnò quindi la propria falce con più sicurezza, scagliando il braccio armato verso il cielo che pareva risplendere della rivalsa e della vendetta che tutta Narnia reclamava a gran voce.

-Forza! Andiamo a riprenderci la nostra terra!- strillò, e la risposta che venne dai guerrieri si mischiò all’estatico urlo di guerra che serpeggiò come un canto dai comandanti a tutte le truppe:

-PER NARNIA!-

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My Space:
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Io non mi sono strafogata nienteniente con questo capitolo, nonnò!
Non avete idea di quanto mi sia divertita: tornare finalmente alle mie adorate battaglie e alla mia gente fuori di testa che strilla lanciando grossi sassi ai telmarini o scatena foreste contro quei malcapitati... xD
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Ho un sacco di cose da dire per questo capitolo! Innanzitutto:
Proietto: corpo che è stato lanciato nello spazio; grosso proiettile (es. di catapulta, trabucco)
(http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/P/proietto.shtml)
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Edmund è stato un personaggio che ha preso vita repentinamente negli ultimi capitoli pubblicati, poiché prima non lo avevo quasi mai tirato in causa se non per i pezzi in cui era presente insieme a Tara. Che dire, s'è conquistato uno spazio tutto suo e devo dire che il suo commento sul "regal arrosto di tacchino" mi ha fatta sputtanare xD
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Siria e Caspian si sono finalmente riuniti! Che ne pensate? Trovo che questi due siano talmente adorabili da riuscire a sciogliere persino una vecchiaccia acida come la sottoscritta U_U il loro climax è finalmente finito e ora Caspian sa tutto, sa della strega e della donna e ha accettato, finalmente, entrambe. Siamo a meno 5 capitoli dalla fine della storia, signori e signore! E a me ne mancano sempre 3 da scrivere ^^''' li finirò, promesso!
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Siria e Peter, invece, sono ancora tutti da studiare. Peter è felice di rivederla viva, ma non per questo ha dimenticato: le streghe, per lui, non sono proprio un argomento discutibile... diciamo che meno ne vede meglio sta, e questo causerà non pochi problemi alla nostra raminga nei prossimi capitoli e nella prossima storia!
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Mirime invece s'è guadagnata il suo spazio, che ne dite? Io l'avevo detto che era fantastica xD gira con una falce! *-*
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Ora siamo proprio vicinissimi alla fine: abbiamo visto la foresta ripigliarsi (e Talia e Caleb sono sempre un amore di coppia), i venti lanciare proietti di catapulta, il fuoco arrostire telmarini; chi manca? Ma manca la nostra Aysell, naturalmente!
...oh, e anche Aslan. Va beh, lui è inutile. U_U
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05/01 - Capitolo 46
19/01 - Capitolo 47
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Nota dell'Autrice:
Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U

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Ne approfitto per augurarvi, con qualche giorno d'anticipo, un felice e sereno Natale da parte mia e di tutti i miei personaggi, neuroni e gentaglia varia! Tantissimi auguri!
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Vi ringrazio per aver letto e seguito Narnia's Rebirth sino a qui: ci risentiamo al prossimo capitolo!
Big hugs,
B.
   
 
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