Capitolo 2
Tre anni Prima. 29 Settembre.
Pioveva. E faceva freddo. Come tutte le mattine di Londra d'autunno. Mi sfregai le mani tra loro per provare a scaldarle. Dannata sveglia che mi faceva svegliare in ritardo. Dannati guanti finiti chissà-dove ma non nelle mie mani. Sbuffo e mi stringo nel cappotto. Mi guardavo intorno. C'erano altri ragazzi in divisa, come me, che aspettavano la metro, un signore elegante, una nonnina vestita di viola e poi c'era Lui. Lo vedevo ogni mattina stava seduto in disparte appoggiato alla colonna grigia e sporca con le cuffie nelle orecchie, il cappuccio nero sulla testa e le mani nella tuta. Guardava in basso, non voleva essere notato e nessuno lo faceva. Eccetto me. Non so cosa mi spingeva a guardarlo. Sembrava così solo, così indifeso...
Il giorno che incominciò tutto, la scuola era iniziata da poco, e come al solito ero alla fermata della metropolitana che maledicevo tutti per il ritardo di quell'aggeggio e di conseguenza il mio. Sbuffai per l'ennesima volta e mi guardai intorno. Non c'era nessuno. Lui non c'era. Chissà che faceva. Chissà con chi era.
-Cerchi qualcuno?- domando una voce alle mie spalle. Mi spaventai, non conoscevo quella voce, ma mi era sembrata così bella. Mi voltai. Era lui. Era bello come la sua voce.
-Chi sei?- domandai stranita, sarà pure bello, ma non lo conosco, pensai.
-Dovrei chiedertelo io, mi fissi. Ogni giorno.- mi dice, ghignando. Arrossisco.
-Io non...mi dispiace, non volevo infastidirti.- gli dissi chinando la testa. Rise.
-Non importa. Vieni.- mi disse. Alzai la testa confusa.
-Non ti conosco e devo andare a scuola.- risposi osservandolo scioccata. Non lo conoscevo neppure, non mi conosceva e mi chiedeva di andare con lui. Questo ragazzo non aveva capito proprio nulla.
-Oggi non passa la metro, non qui, almeno. C'è stato un problema nel tunnel e lo devono riparare.- mi disse vittorioso. Sbuffai.
-Merda.- sussurrai.
-Le ragazze non dicono parolacce.- disse arrogante.
-E i ragazzi non dovrebbero importunarci.- risposi a tono.
-Non ti sto importunando. Ti ho solo dato un indicazione.- risponde sorridendomi.
-Sei uno sconosciuto e io non ti ho chiesto nulla, di conseguenza mi stai importunando.- rispondo incrociando le braccia sotto il seno e dirigendomi verso le scale d'uscita.
-Se non ti avessi parlato saresti ancora li ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai arrivata.- mi risponde seguendomi. Sospiro e mi fermo sull'uscita e lui di fronte a me. Gli altri passanti continuano a camminare spediti verso le proprie direzioni senza curarsi minimamente di noi.
-Ora che cosa vuoi, sconosciuto?- gli domando, sono in un mostruoso ritardo, farei meglio a tornare a casa.
-Sono Chris. E vorrei offrirti la colazione.- mi risponde sorridente porgendomi la mano. Spalanco gli occhi scioccata. Scoppio a ridere.
-Non ci penso neanche a venire con te, Chris.- gli rispondo iniziando a camminare verso casa. Lo sento alle mie spalle.
-Ehi. Mi sono presentato.- mi dice confuso e ...oltraggiato.
-Oh e con questo?- gli domando seria.
-Dovresti dirmi il tuo nome.- dice imbronciato. Sospiro, i ragazzi non crescono più dopo i tre anni di vita, al massimo solo di altezza.
-Mi chiamo Beatrice, e non voglio venire a fare colazione con te.- gli risposi riniziando a camminare più velocemente. Lui mi corse dietro, ancora.
-Eddai, andiamo dove vuoi tu, promesso.- mi dice facendo gli occhi dolci e alzando le mani in alto. Sorrido.
-E va bene.- rispondo annuendo. Lui esalta alzando un pugno in aria.
-Grande!- esclama seguendomi sorridente. -E' stato facile...- dice poi gongolando.
-Se non la smetti torna ad essere un No.- gli dico seria. Lui scoppia a ridere.
-Non vale, ormai hai detto si.- mi dice tutto contento, sbuffo scuotendo la testa esasperata.
Andammo in un parco minuscolo vicino a delle case diroccate, disse che abitava li vicino, lo capi quando chiunque ci vedesse lo guardava e lo salutava con un pugno-pugno.
Non sapevo come comportarmi mi guardavo intorno senza sapere cosa fare poi mi lui mi spintono leggermente e scoppio a ridere.
-Dai vieni, ti faccio vedere una cosa.- disse sorridendomi malizioso.
-Non ci vengo in posti strani con te.- gli dissi sulla difensiva, imbronciandomi e con la voglia di scappare di nuovo a casa.
-Oh andiamo, non ti faccio nulla, non m’interessano le ragazzine!- esclamo prendendomi in giro.
-Ragazzina? Di sicuro non sarai tu l’uomo, anzi.- lo schernii offesa e incrociando le braccia sotto il seno. Lui sorrise in modo strano e si avvicino fino a sfiorarmi con il suo petto, non riuscivo neanche a respirare da quanto mi ero irrigidita. Lui lo notò e sorrise vittorioso e si porto alle mie spalle avvicinando la bocca al mio orecchio; il suo respiro mi fece venire la pelle d’oca e mi sentii come se fossi nuda davanti ai suoi occhi e… in un certo senso lo ero, lui mi aveva vista, mi aveva vista come nessuno era mai riuscito a fare.
-Dimenticali, dimenticali tutti, vieni con me dove non dovrai mai, mai più pensare alle cose dei grandi..- lo disse con la voce più dolce che avessi mai sentito, era una frase famosa, una frase che prometteva tante cose che imparai ad amare per lui. Risi e mi voltai verso di lui senza smettere e poi lui si unì a me prendendomi per mano, lo seguì e non mi importava che
-Dove mi porti?- era bastato così poco a convincermi, i suoi occhi e la sua voce, dio non lo conoscevo neanche e mi ero già innamorata di lui
-Su una stella.- rispose e avrei dovuto capirlo che mi avrebbe ucciso l’anima, perché quando ami una persona la ami con tutto te stesso; con il corpo, con il cuore, con gli occhi e con l’anima e quando tutto di questa persona scompare tu scompari con lui.
Lui è stato come un terremoto, è arrivato all’improvviso e ha distrutto tutto ciò che conoscevo senza lasciarmi scelta, poi mi ha aiutato a ricostruire partendo dalle macerie ma non hanno retto molto, giusto il tempo per tirare un sospiro di sollievo e tutta ha ricominciato a tremare cadendomi addosso e soffocandomi.
Buon Natale a tutti :) Fatemi sapere per favore :(