2. La tavola calda di Mary
Gabriel
Novak stava camminando in centro, tra le mani una grossa e deliziosa
ciambella
al cioccolato, quando si accorse del radicale cambiamento.
Il
vecchio locale dei Campbell, una tavola calda che da quando aveva
memoria era
sempre stata chiusa, aveva dei fogli di giornale a coprire le ampie
vetrate e,
a giudicare dai rumori provenienti dall’interno, sembrava
proprio che qualcuno
stesse facendo dei lavori di ristrutturazione.
Non fu
difficile per lui collegare questo evento al camion dei traslochi che
aveva
visto sfrecciare davanti al proprio posto di lavoro il giorno
precedente. Ciò
che avrebbe dovuto fare, ora, era solo trovare qualcuno in
città disposto a
spifferargli succosi pettegolezzi su chi fossero i nuovi arrivati e
quali fossero
le loro intenzioni.
Gli
bastò recarsi alla Roadhouse, il pub-ristorante che gestiva
insieme alla
proprietaria, Ellen Harvelle, per incontrare la persona giusta a cui
porre le
proprie domande.
“Buongiorno,
Becky!” trillò, riconoscendo immediatamente la sua
giovane vicina di casa
seduta a uno dei grandi tavoli in legno del locale. Se c’era
una cosa che tutti
sapevano in città, era che Becky Rosen era a conoscenza di
tutto ciò che
accadeva all’interno dei suoi confini, a partire dal nuovo
taglio di capelli
della giovane e problematica Ruby, fino all’ennesimo cambio
della trama del
nuovo libro su cui stava lavorando Chuck Shurley, il solitario e timido
scrittore che abitava da solo in un appartamento sopra il piccolo
cinema
cittadino.
La
ragazza si aprì in un grande sorriso, voltandosi dalla
vetrata che si apriva
sulla piazza, e dalla quale si poteva scorgere chiaramente il locale
dei
Campbell, su cui aveva avuto il naso incollato fino a poco prima
“Oh, ciao
Gabriel.”
Gabriel
fece un cenno del capo in quella stessa direzione “Chi sono
gli stranieri?”
“La
famiglia di Mary Campbell.” Spiegò immediatamente
la giovane, come se lui
potesse capire tutto solo dall’udire quel nome.
Il
ragazzo si passo una mano sotto il mento “Chi è
Mary Campbell?”
“Oh, tu
e Castiel non potete saperlo.- sembrò ricordarsi
immediatamente Becky- Mary
abitava qui prima del vostro arrivo. Se ne è andata quando
si è sposata con
John Winchester.”
Si
accostò di più a Gabriel prima di continuare a
spifferare le informazioni in
proprio possesso “A quanto pare si è voluta fare
seppellire qui, vicino ai suoi
genitori, e John ha deciso di acquistare il vecchio locale dei
Campbell.”
“Non
l’ha acquistato.- li informò una voce alle loro
spalle- È sempre stato della
famiglia di Mary, John lo ha avuto in eredità da
lei.”
I due
si voltarono per guardare Ellen, che si trovava in piedi a pochi passi
da loro,
le braccia incrociate al petto e sul volto la tipica espressione di una
madre
che ha appena colto sul fatto i propri figli mentre compiono una
marachella.
Gabriel,
che aveva ormai acquistato parecchia confidenza con la propria datrice
di
lavoro, le rivolse un sorriso a metà fra lo spavaldo e il
colpevole, mentre la
ragazza, decisamente meno sprezzante, si ritrasse inconsciamente
“Beh, fatto
sta che adesso è suo.- dichiarò, voltandosi di
nuovo verso il proprio
interlocutore- Dite che lo trasformerà in
qualcos’altro o cercherà di far
ritornare al vecchio splendore la tavola calda?”
“Non ne
ho idea, ma non credo che John voglia cambiare del tutto il locale.-
ammise
Ellen con una scrollata di spalle- Spero solo che, se lo
farà, le sue crostate
di mele siano buone almeno la metà di quelle che faceva
Deanna Campbell. Quella
donna sì che sapeva cucinare.”
Gabriel
la fissò sorpreso “Tu conosci il nuovo
arrivato?”
“Non
molto.- ammise la donna- John era un amico di mio marito. So che lui e
Mary
hanno avuto due figli, però. Il maggiore, Dean, dovrebbe
avere diciannove anni
e il più piccolo, Sam, è di quattro anni
più giovane.”
“Oh,
quasi l’età di Cassie!”
trillò Gabriel contento.
Ellen
si aprì in un sorriso “Vuoi ancora forzarlo a fare
amicizia con i suoi
coetanei?”
Il
giovane scrollò le spalle “Non è che
Castiel non abbia amici. Ci sono
Samandriel e Inias, e quella spaventosa Meg. Credo soltanto che debba
provare
ad allargare un po’ la propria cerchia, tutto qui.”
La
ristoratrice scosse piano la testa, sulle labbra un sorriso soave
“Castiel è un
ragazzo dolcissimo e sta più che bene così
com’è. È un angelo, e in
città tutti
gli vogliamo bene.”
“Sta
per compiere diciassette anni, Ellen.- continuò a spiegare
il ragazzo- È il
periodo in cui dovrebbe crogiolarsi
nell’instabilità emotiva, frequentare gente
discutibile e farmi domandare perché mai io abbia deciso di
prenderlo a vivere
con me.”
“Lo hai
fatto perché adori quel ragazzo sopra ogni cosa.- gli
ricordò la donna con un
sorriso indulgente sulle labbra- Forse anche più dei
dolci.”
Gli
occhi nocciola di Gabriel si addolcirono per un attimo, prima che sul
suo volto
si dipingesse di nuovo la sua caratteristica espressione sprezzante
“Nah,
impossibile.”
Nonostante
le parole di Ellen, Gabriel non aveva abbandonato l’idea che
fare conoscenza
con i nuovi arrivati potesse essere un’ottima occasione per
il suo fratellino di
conoscere gente nuova, cosa che, all’interno di una
città piccola come Heaven,
risultava spesso difficile.
Fu per
questo che, una settimana più tardi, nel giorno
dell’inaugurazione della tavola
calda, battezzata Mary’s
dai nuovi
proprietari, Gabriel aveva deciso di mandare suo fratello in
perlustrazione del
locale, dichiarando di dovere assolutamente provare il loro frappuccino
al
caramello. Quando Castiel gli aveva domandato perché non
potesse andarselo a
prendere da solo, lui aveva addotto una scusa inverosimile
sull’inventario
della dispensa della Roadhouse, che Ellen gli avrebbe chiesto di
completare al
più presto.
Castiel
non aveva creduto alle parole del fratello, ma se c’era una
cosa che aveva
imparato in tutti quegli anni che avevano passato insieme, era che
quando
Gabriel si metteva in testa una cosa era praticamente impossibile
convincerlo a
fare altrimenti.
Ed era
per quel motivo, quindi, che un venerdì mattina si era
ritrovato in coda in una
tavola calda affollata, spintonato a destra e a manca dai suoi
concittadini
curiosi di fare conoscenza con i nuovi arrivati. Durante la sua lunga
attesa
Castiel ebbe modo di osservare i tre Winchester in
tranquillità.
Il
padre, John, era un uomo alto, dalle spalle larghe e l’aria
di essere in grado
di fare ogni tipo di lavoro pesante senza il minimo sforzo, aveva il
volto
provato di qualcuno che era stato costretto ad affrontare in una sola
volta
tutte le sofferenze della vita, gli occhi verdi in qualche modo spenti,
anche
se da essi trapelava una certa determinazione e passione. Era un uomo
stanco,
aveva deciso Castiel, e non lo aveva capito solo dai cerchi scuri sotto
i suoi
occhi ed il velo di barba sfatta spruzzato sulle sue guance. Il ragazzo
sapeva
che quell’uomo aveva perso la propria moglie ed era stato
costretto a cambiare
repentinamente casa, tutti in città erano a conoscenza di
quel fatto, e anche
se lui stesso non aveva mai dovuto provare dei dolori così
grandi nella vita,
di certo aveva abbastanza compassione per essere triste per lui.
“Permesso!”
gli domandò con tono urgente un ragazzo alto e allampanato,
prima di
sfrecciargli accanto con un vassoio rosso carico di piatti dal profumo
invitante.
Castiel
aveva già visto Sam Winchester quando aveva iniziato a
frequentare la Heaven
High School. Anche se era di due anni più giovane di lui,
era impossibile non
notare quel giovane così alto e dai capelli lunghi e
scompigliati. Non aveva
avuto ancora occasione di parlargli, ma aveva intuito che il
più giovane
Winchester doveva amare la scuola, a differenza di molti suoi coetanei,
e si
aggirava spesso tra i corridoi dell’istituto con braccia e
zaino carichi di
libri, quaderni e fogli volanti.
Proprio
mentre stava per cercare con lo sguardo l’ultimo membro della
famiglia che non
aveva ancora avuto occasione di studiare, una voce profonda
attirò la sua
attenzione.
“Il
prossimo!”
Castiel
alzò gli occhi verso il proprio interlocutore e si
ritrovò improvvisamente
faccia a faccia con Dean Winchester.
Il
giovane gli sorrise da dietro il bancone “Che cosa ti porto,
amico?”
“Un
frappuccino al caramello, possibilmente con doppio caramello e una
spruzzata di
panna ed un caffè con latte di soia alla vaniglia. Da portar
via, per favore.” ordinò
quasi meccanicamente, mentre i suoi occhi attenti scrutavano il ragazzo
che gli
si trovava di fronte con la curiosità di uno scienziato di
fronte ad una nuova
specie.
Dean
annuì “Sono subito da te.”
Il maggiore
dei fratelli Winchester era alto e, come si poteva notare da
ciò che trapelava
dalla consumata maglietta dei Led Zeppelin che indossava, muscoloso.
Aveva un
volto dai tratti regolari e insolitamente armoniosi, il naso e le
guance
spruzzate di lentiggini e i capelli castano chiaro sapientemente
sistemati con
del gel. Ma ciò che più di tutto attirava
l’attenzione su quel volto
indubbiamente bello, erano gli occhi. Gli occhi di Dean erano verdi,
come
quelli degli altri Winchester, del resto, ma erano in qualche modo
unici. Se
quelli di John erano cupi come la parte più segreta di un
bosco, e quelli di
Sam erano spruzzati di pagliuzze dorate, quelli di Dean erano chiari,
brillanti
e facevano pensare alle passeggiate a piedi nudi sui prati pieni di
rugiada
durante una fresca domenica estiva e Castiel ne era talmente calamitato
che non
riusciva a distogliere lo sguardo.
“Ecco
fatto.” dichiarò Dean, interrompendo bruscamente i
suoi pensieri e facendolo
sobbalzare, mentre posava davanti a lui un vassoio di cartone con le
sue
ordinazioni.
Castiel
si riscosse, offrendogli un sorriso timido a fior di labbra
“Grazie. Potresti portarmi
anche del dolcificante?”
Il
giovane annuì, prendendogli dalle mani la banconota che gli
era stata offerta,
prima di voltarsi per recuperare ciò che gli era stato
chiesto. Ed in quel
momento, Castiel, che pur essendo un ragazzo immensamente timido e di
poche
parole, si ritrovò pervaso dall’irresistibile
desiderio di parlare, di farsi
notare da quel ragazzo così bello e dagli occhi
così sinceri.
“Ti
piace lavorare con le macchine?”
Le
parole gli uscirono dalle labbra a velocità elevata e, una
volta resosi conto
di ciò che aveva appena detto, il minore dei fratelli Novak
si ritrovò ad
arrossire vistosamente.
Dean si
voltò di nuovo verso di lui, le sopracciglia aggrottate
“E tu come lo sai?”
“Hai i
pantaloni sporchi di grasso.- gli fece quindi notare Castiel, per poi
inclinare
la testa come per osservarlo meglio- E hai le gambe ad arco.”
“Sei un
acuto osservatore, Sherlock.” borbottò il giovane,
scuotendo piano la testa. Non
era il primo degli abitanti di quella ridicola cittadina ad offrirgli
un commento
del tutto assurdo ed inaspettato, eppure non poteva fare altro che
rimanere
stupito ogni volta. Oppure era a causa del blu così
brillante degli occhi del
suo nuovo interlocutore.
“Dovresti
chiedere a Bobby Singer di farti vedere le sue auto.- gli
suggerì quindi il
giovane, lo sguardo basso e le guance color ciliegia- È
scorbutico ma di sicuro
apprezzerà qualcuno che possa amare le macchine come lui,
non sono molti a
farlo, qui in città.”
Dean
aggrottò la fronte, mentre sistemava nuovamente
l’ordinazione “Grazie per
questo consiglio che non ti avevo assolutamente chiesto.”
“Mi
dispiace per tua madre.” mormorò quindi Castiel.
Questa
volta l’altro alzò gli occhi, fumante di rabbia
“Cosa?”
Castiel
sbatté le palpebre più volte “Ho detto
che…”
“Ho
sentito quello che hai detto.- sbottò Dean- Tu non mi
conosci e nemmeno
conoscevi lei quindi evita di parlarne.”
“Volevo
solo porgerti le mie condoglianze, non volevo farti arrabbiare.- si
scusò il
ragazzo, senza però abbassare di nuovo lo sguardo- Mi
dispiace.”
Dean
sbuffò “Senti, lo vuoi questi caffè o
no?”
“Sì,
grazie.- disse, per poi allontanarsi di qualche passo. Prima di essere
troppo
lontano, però, si voltò verso il giovane,
rivolgendogli un sorriso disarmante-
Spero che ti troverai bene qui ad Heaven. Benvenuto a casa,
Dean.”
Il
giovane dietro al bancone si ritrovò a fissare la schiena di
quello strano
individuo mentre usciva dal locale, ed era talmente preso da
quell’azione che
nemmeno si accorse di suo padre, che gli si era avvicinato e gli aveva
posato
una mano sulla spalla.
“Chi
era quello?” domandò John, facendo un cenno in
direzione della porta da cui era
uscito Castiel.
Dean si
riscosse “Uno dei pazzi abitanti di questa
città.”
Suo
padre sghignazzò sottovoce “Già, gli
abitanti di Heaven possono
risultare…pittoreschi.”
“Papà,
non c’è bisogno che cerchi di indorare la pillola
con me.- gli ricordò il
maggiore dei suoi figli, voltandosi verso di lui e rivolgendogli un
mezzo
sorriso- Non sono Sammy.”
“Non ti
sto indorando un bel niente, Dean.- disse John, scuotendo la testa- Tua
madre
adorava questo posto, non comportarti come se vi avessi trascinato
all’inferno.
Ci pensa già tuo fratello a ricordarmi costantemente quanto
detesti essere
qui.”
Dean
sospirò, stringendosi nelle spalle “Lo so,
papà. È solo che stavamo bene a
Lawrence.”
“Beh,
laggiù non c’era più niente per
noi.”
Ed era
vero. La loro casa era stata rasa al suolo da un incendio, lo stesso
che aveva
ucciso Mary Winchester. E anche se avevano amici e conoscenti, rimanere
in
quella città sarebbe stato troppo per ciò che
restava della loro piccola
famiglia, il vuoto lasciato da Mary troppo grande, e le macerie della
loro vita
precedente troppo disastrate per poter essere rimesse a posto.
Così John Winchester
aveva fatto ciò Mary avrebbe voluto. Aveva raccolto
ciò gli era rimasto, aveva
fatto fare i bagagli ai ragazzi e si era trasferito a Heaven, dove
sapeva Mary
avrebbe desiderato tornare.
Ora
stava soltanto a loro dare un’occasione a questa nuova vita.