Capitolo 2
Erano passate
un paio di settimane da quell’intervista finita male e ben
presto i Maestri
della Luce si erano resi conto che quello non era stato un episodio
isolato. I
dubbi sollevati nei loro confronti da quell’intervista non
erano stati dimenticati.
Anzi, sempre più persone avevano cominciato a crederci e, di
conseguenza,
avevano cominciato a dubitare di loro. I sei ragazzi non se ne erano
accorti
subito. I primi giorni dopo quell’episodio tutto era rimasto
come prima, con i
compagni di classe che continuavano a chiedere di duellare con loro o
di essere
loro amici. Le insinuazioni di quei giornalisti non sembravano aver
sortito
alcun effetto. Ma era stata un’illusione. E i Maestri della
Luce capirono
troppo tardi di aver sottovalutato quello che era successo.
Il campanello
d’allarme arrivò dai mezzi di comunicazioni.
Lentamente ma in modo
inarrestabile, cominciarono ad essere pubblicati articoli in cui si
metteva in
dubbio l’“eroismo” dei Maestri della
Luce. Che subito vennero seguiti dai servizi
televisivi, dove persone di tutti i generi (da personaggi famosi a
persone
fermate per le strade) venivano interrogate su cosa pensavano dei loro.
Inutile
dire che, sempre più persone in tutto il mondo cominciavano
a dubitare dei sei
ragazzi. E attecchiva sempre più l’idea che i
Maestri della Luce avessero
combattuto solo per tornaconto personale, solo per la fama e il
successo. E
che, per ottenerlo, avessero di proposito impedito alla Terra di
ottenere il
Sistema dei Nuclei, promesso dal Re del Mondo Altrove. Addirittura,
qualcuno
insinuava che fossero stati gli stessi Maestri della Luce a far
sembrare il
Sovrano del Mondo Altrove un nemico, solo perché altrimenti
non sarebbero
potuti essere acclamati come eroi.
Dan, Mai,
Yuuki, Clarky, Hideto e Kenzo erano rimasti, inizialmente, scioccati da
tutto
quello. Rapidamente erano stati trasformati in star, altrettanto
rapidamente
ora stavano venendo dipinti come nemici della Terra. Le loro voci,
alzate nel
momento in cui avevano preso piena coscienza di quello che stava
succedendo,
non servirono a nulla. Pian piano, tutti coloro che si erano professati
“amici”
o “fan” presero di nuovo le distanze.
C’era chi, addirittura, li guardava con
disprezzo, ignorandoli quando camminavano tra i corridoi della scuola.
Questo,
però, non aveva indebolito i Maestri della Luce che aveva
ripreso a combattere.
Era una nuova battaglia, ma erano più che determinati a
vincerla. Per far
trionfare la verità, per tutti i loro amici di Gran RoRo e
per tutti i
sacrifici che avevano fatto.
Ma non erano a
Gran RoRo, erano sulla Terra. La battaglia che stavano affrontando non
si
sarebbe decisa a Battle Spirits. E loro non potevano sapere quanto
inesperti
fossero per un simile scontro. Lo avevano già visto con il
Re del Mondo
Altrove: era riuscito a convincere l’opinione pubblica
sfruttando l’inganno e
loro non avevano potuto fare nulla. La loro vittoria era dipesa solo da
Battle
Spirits.
E lo capirono
in quei giorni, in quelle settimane di fine maggio e inizio giugno. Fu
allora
che si resero conto del potere che potevano avere i mass media e
l’opinione
pubblica: potere che si estendeva su tutto, anche su quei legami che i
sei
giovani ragazzi avevano dato per scontati e che avevano creduto
così solidi da
poter resistere a tutto quello. Sbagliando anche in questo,
perché, se anche
erano nate delle discussioni tra i Maestri della Luce e i loro
familiari, mai
avrebbero creduto di poter essere lasciati soli.
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Mai era di
cattivo umore. Continuava a pensare alla sera prima e alla discussione
che
aveva avuto con i propri genitori. Volevano che lei la smettesse.
Volevano che
non continuasse insieme agli altri Maestri della Luce a far sentire la
loro
voce, a combattere. Avevano paura che le potesse succedere qualcosa.
Mai si
fermò e fissò il via vai di persone sul
marciapiede, dirette a lavoro o a
scuola come lei. Con rabbia strinse il manico della borsa in cui teneva
il suo
inseparabile computer. Come potevano tutte quelle persone credere a
quelle
insinuazioni? Non avevano visto quello che era successo in agosto? Non
avevano
visto il cielo nero, la distruzione imminente della Terra? Come
potevano
pensare che fossero loro i cattivi? La ragazza sbuffò e
colpì con un piede un
sasso che si trovava davanti a lei che, dopo un piccolo volo,
finì contro un
cassonetto dei rifiuti. A quel punto Mai, di umore nero come prima,
riprese a
camminare. Anche sul suo blog. La maggioranza dei contatti erano
sfumati e la
maggior parte di chi ancora inseriva discussioni lo faceva solo per
deridere
lei e i Maestri della Luce… o peggio offenderli.
Perché? Che cosa era successo?
Mai si morse un labbro per non far uscire le lacrime che le pungevano
gli
occhi. Un attimo dopo scosse la testa: non poteva arrendersi. Non
doveva
cedere. Altrimenti faceva solo il loro gioco.
Mentre
camminava verso la scuola, Mai tornò a pensare ai suoi
genitori. Li capiva.
L’anno prima avevano creduto che le fosse successo qualcosa
o, ancora peggio,
di averla persa. Era logico e normale che si preoccupassero. Ma
perché non
capivano che era la cosa giusta continuare a lottare per far trionfare
la
verità? Anche Kaoru aveva provato a presentare la cosa sotto
quella luce, ma
non era servito. Ma Mai non accusava la sorella di non aver parteggiato
per
lei. Kaoru aveva fatto fin troppo. Sapeva benissimo che anche lei
cominciava ad
avere problemi all’università: c’era
anche lì chi se la prendeva con lei solo
perché era sorella di Mai Viole, il Guerriero Viola.
L’unico lato positivo era
che Kaoru non era certo una che si faceva mettere i piedi in testa
tanto
facilmente. Ma cosa sarebbe successo in futuro? Se dopo la loro
vittoria aveva
avuto dubbi su quello che l’avrebbe aspettata nei mesi
successivi, ora ne aveva
quasi paura. Non voleva che chi le stava vicino soffrisse per causa
sua… o
meglio per la stupidità dilagante.
Finalmente era
arrivata. La ragazza ignorò le occhiate dei compagni di
scuola. Era da giorni
che aveva imparato a convivere con quell’indifferenza e con
il tono derisorio
con cui qualcuno l’apostrofava (o come la pensava lei, aveva
imparato
perfettamente ad ignorare quegli stupidi che abboccavano a quelle
idiozie). Fu
per questo che cercò subito con lo sguardo i suoi amici. Non
appena li vide,
Mai sorrise e accelerò il passo per raggiungerli: quel
week-end non si erano
sentiti e non vedeva l’ora di parlare con qualcuno che era
rimasto accanto a
lei nonostante tutto e che sapeva pensare con la sua testa. Daichi,
Ayako e gli
altri stavano entrando nell’edificio insieme alla maggior
parte degli studenti,
dato che mancavano una decina di minuti all’inizio delle
lezioni.
Rendendosi
conto che i cinque ragazzi non si erano accorti di lei, Mai
alzò il braccio
muovendo la mano per farsi notare.
“Daichi,
Ayako…
ragazzi!”
Quello che
successe dopo, fu per Mai come una pugnalata alle spalle. Daichi, Ayako
e gli
altri si voltarono appena verso di lei. I loro occhi si incrociarono e
Mai vide
nei loro sguardi una grande incertezza. Per un istante i cinque si
scambiarono
delle occhiate con cui muti si interrogavano. Poi, alla fine, la
guardarono
ancora un istante e Mai ebbe l’impressione che in qualche
modo cercassero di
chiederle scusa. E si voltarono entrando nell’edificio.
Il sorriso morì
sulle labbra di Mai, che per un istante ebbe l’impressione
che il pavimento le
venisse a mancare sotto i piedi. L’avevano ignorata.
L’avevano vista e si erano
voltati dall’altra parte, come se non la conoscessero. Per
lunghi istanti Mai
fissò con gli occhi sgranati il portone della scuola. E in
quegli istanti capì
che cosa era successo: l’avevano abbandonata. Forse credevano
ai mass media,
forse avevano paura delle conseguenze… ma qualunque fosse la
ragione, era
bastata quella per cancellare la loro amicizia: un’amicizia
che era nata fin da
quando erano bambini. Fu in quel momento che sentì una
lacrima scivolarle lungo
la guancia.
Con rabbia, Mai
asciugò le lacrime con il dorso della mano. Non
l’avrebbero vista piangere. Non
meritavano le sue lacrime. Se quella era la loro scelta, lei non
avrebbe fatto
nulla per farla cambiare. Lei era Mai Viole… poteva farcela
benissimo da sola e
insieme a quelli che erano i suoi veri amici. Se loro non volevano
più avere
nulla a che fare con lei, tanto meglio. Almeno ora sapeva chi erano
veramente
le persone di cui potersi fidare.
Mai entrò
nell’aula a testa alta e non guardò neanche una
volta i cinque ragazzi, che
invece tenevano lo sguardo basso, forse vergognandosi di quello che
avevano
fatto. Una volta calmata, Mai decise di dar loro ancora una
possibilità.
Durante la prima pausa, aspettò speranzosa che loro
venissero da lei per
scusarsi o per lo meno parlare con lei come ogni giorno. Ma non
successe. La
delusione fu fortissima, ma Mai era decisa a non farlo vedere. Durante
le pause
successive, la ragazza finse di essere sempre impegnatissima al
computer e fece
di tutto per stare alla larga dai cinque ragazzi. Alla fine delle
lezioni, Mai
prese rapidamente le sue cose e uscì con passo deciso. Non
aveva alcuna
intenzione di parlare con loro. Ma Daichi, Ayako e gli altri le corsero
dietro
e riuscirono a raggiungerla fuori dal cancello.
Mai, sentendoli
arrivare e sentendo che la chiamavano, fece finta di niente continuando
imperterrita a camminare. Quando la mano di Daichi le
afferrò un braccio, Mai
si voltò liberandosi bruscamente dalla presa.
“Che cosa
volete?”
Mai non cercò
neanche di diminuire il tono brusco con cui parlò e lo
sguardo ametista che
lanciò ai cinque ragazzi rivelava tutta la sua furia e la
sua delusione. Daichi
la guardava imbarazzato e sia da lui, sia dagli altri traspariva la
loro
vergogna.
“Mai,
permettici di spiegarti…”
Mai incrociò le
braccia fissandoli indignata e sorrise sarcastica.
“Che cosa? Che
siete stati anche voi così stupidi da credere a tutte quelle
idiozie? Che
questo è bastato per distruggere la nostra amicizia? Che
cosa dovrei lasciarvi
spiegare, Daichi?”
Ayako fece un
passo avanti con gli occhi lucidi, sul punto di scoppiare a piangere.
“Mai
scusaci…
per favore… noi… noi siamo stati
stupidi… credevamo che…”
La ragazza non
poté continuare perché scoppiò a
piangere. La bionda la abbracciò voltandosi
verso Mai.
“Mai, per
favore.”
Mai scosse la
testa con decisione. “Non posso scusarvi. Non voglio
scusarvi. Ma vi ringrazio…
almeno ora so chi sono veramente miei amici.”
Daichi la
guardò sconsolato. “Mai, ti prego
ascoltaci…”
Mai gli impedì
di proseguire. “L’amicizia è esserci
sempre… soprattutto quando uno ne ha
bisogno. E voi questo non lo avete fatto. Quando sono diventata famosa
c’eravate.
Ma questa mattina mi avete ignorata, come se non mi conosceste. Per un
po’ ho
sperato che voi cambiaste idea… ma anche dopo avete
continuato ad ignorarmi:
probabilmente vi vergognate di farvi vedere con una dei Maestri della
Luce. Non
preoccupatevi: È finita.”
La mora cercò
di avvicinarsi a lei. Ma lo sguardo di Mai la fece fermare.
“Credevo di
avere degli amici in voi, ma mi sbagliavo. Mi avete deluso.”
Mai non
aggiunse altro e si voltò allontanandosi velocemente,
impedendo loro di dirle
qualcos’altro. Era arrabbiata, ferita, ma non piangeva. Non
aveva nessuna
intenzione di piangere. Avrebbe continuato a combattere, alla faccia di
tutti
quelli che li volevano far cadere. Arrivò a casa senza quasi
accorgersene. Non
appena entrò nell’atrio, sentì
provenire dal salotto il rumore della
televisione. Toltasi le scarpe, Mai si avvicinò per sentire
meglio e capì
subito di che cosa si trattava.
“Ed è per
questo che io sono qui, a correre per essere eletto Presidente. Per
riparare
agli errori di chi, investito di un ruolo fondamentale da tutto il
mondo,
investito dalla fiducia di tutti, ha lasciato invece decidere ad un
gruppo di
ragazzi…”
Mai non aspettò
oltre ed entrò nella stanza, raggiungendo il televisore e
spegnendolo. La voce
di sua madre, ferma sul vano della cucina, fu la prima a farsi sentire.
“Mai!”
La ragazza si
voltò lanciando uno sguardo combattivo verso i genitori e la
sorella.
“Mi sembrava
che le stupidaggini dette da quel tipo le avessimo già
sentite ieri sera.”
Suo padre la
guardò con rimprovero. “Mai, non è un
delitto guardare il telegiornale.”
La ragazza
incrociò le braccia. “No. Ma è un
delitto contro l’intelligenza credere a tutto
questo!”
Kaoru,
prevedendo guai in arrivo, si alzò cercando di calmare la
sorella.
“Mai, lascia
stare… lo sai che le persone parlano senza
pensare.”
Mai scosse la
testa con decisione. “No, non lascio stare. E non
m’importa nulla di quello che
dicono le persone, m’importa delle persone che, senza
pensare, ascoltano!”
La madre entrò
nella stanza sgridandola. “Mai, penso che non meritiamo
questo trattamento da
te.”
Il padre si
alzò dal divano e annuì. “Sono
d’accordo. Tu ci accusi, ma non possiamo fare
niente noi!”
Mai li fissò.
“Potreste credermi.”
La madre
sospirò rassegnata. “Noi ti
crediamo…”
La ragazza
scosse la testa. “No, non mi credete. Altrimenti non
cerchereste di impedirmi
di combattere insieme ai miei amici!”
Il padre la
guardò, parlando con tono duro. “Mai, noi vogliamo
solo proteggerti. Dove
credete di poter arrivare continuando così, me lo dici?
Pensi che saremo
contenti se qualcuno ti facesse del male per la tua
ostinazione?”
Mai fissò i
genitori con astio. “Non è ostinazione. I nostri
non sono capricci. Noi faremo
trionfare la verità, che voi lo vogliate o no!”
L’uomo alzò
una
mano pe zittirla. “Basta, Mai. Non ti permetteremo di mettere
in gioco la tua
vita e il tuo futuro. Ti vieto di incontrare ancora gli altri Maestri
della
Luce!”
Mai lo fissò
con gli occhi sgranati per qualche istante. Kaoru si voltò
verso i genitori,
cercando di calmarli. La voce del Guerriero Viola, però, la
fece di nuovo
voltare. Quando Kaoru si voltò vide Mai immobile: sembrava
calma mentre
parlava.
“Io
continuerò
a combattere.”
Mai non disse
altro e impedì ai genitori di negarglielo di nuovo. Non
diede loro il tempo di
dire nulla, si voltò, afferrò la borsa del
computer e corse verso la porta
d’entrata. Mentre indossava di nuovo le scarpe, Mai
ignorò le voci dei genitori
e di Kaoru che la chiamavano. Uscì dalla casa di corsa e si
fiondò giù per le
scale. Le lacrime, che tutta la giornata avevano minacciato di uscire,
le
bagnarono le guance mentre correva giù per le scale. Ai
piani superiori, sentì
i genitori chiamarla. Voleva andarsene lontano, lontano da tutti quelli
che non
credevano veramente in lei e nei suoi amici. Raggiunse la strada e
continuò a
correre lasciandosi dietro la propria casa. Lei voleva combattere.
Voleva far
trionfare la verità. Doveva farlo. Per tutte le persone che
contavano su di
loro, per Gran RoRo.
Mai continuava
a correre e solo dopo vari minuti riuscì a calmarsi a
sufficienza per pensare
con lucidità. Non sarebbe tornata a casa, non per il momento
almeno. I suoi
genitori non volevano appoggiarla, le avevano voltato le spalle: anche
loro
erano riusciti a deluderla. Ma allora dove andare? Ferma ad un
semaforo, Mai si
asciugò le lacrime con il dorso della mano. Poteva andare
soltanto dai suoi
amici. Dai suoi veri amici: i Maestri della Luce.
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Hideto non ne
poteva più. Prima c’era stata la fama. Era stato
divertente, gli era sembrato
di essere una star, era stato piacevole essere ammirato da tutti. Poi
era
tornato tutto come l’anno prima. Il ragazzo, mentre camminava
nel corridoio
della scuola, venne improvvisamente spintonato. Hideto
sbattè contro il muro e
per poco tutti i libri che teneva in mano non gli caddero per terra.
Quando
alzò lo sguardo, vide i tre soliti bulli superarlo ridendo.
“Guarda dove
vai… idiota.”
Altre risate
risuonarono nel corridoio. Hideto li ignorò, tanto reagire
in qualche modo non
serviva a niente. E poi, presto l’anno scolastico sarebbe
finito. Il ragazzo
fece vagare lo sguardo sui compagni di scuola, riconoscendo molti di
quelli che
lo avevano riempito di elogi fino a qualche settimana prima.
Già, fino a quando
i giornalisti, le televisione e pian piano l’opinione
pubblica avevano
cominciato a presentarli come coloro che avevano impedito alla Terra di
risolvere i suoi problemi. Hideto sospirò e riprese a
camminare, ignorando le
occhiate dei compagni di scuola. Non che propriamente gli mancasse
tutto quello
che era venuto con la fama. Era già da mesi che non gli
sembrava più di essere
sé stesso. Avrebbe voluto più di una volta
parlarne con gli altri, ma non
voleva sembrare il solito ragazzino incapace che ha bisogno degli altri
per
cavarsi dai guai. E poi non era neanche certo che per loro fosse
così. Anche se
era certo che qualcosa era cambiato veramente da qualche settimana a
quella
parte: non c’era più quell’armonia,
quella serenità che aveva contraddistinto
le loro riunioni. Di fondo aveva percepito una tensione,
un’inquietudine che
velava ciascuno di loro. Tranne forse Dan e Yuuki. Sì, loro
sembravano riuscire
a farsi scivolare addosso tutto quello: avevano un obbiettivo e non si
sarebbero arresi. Non si era mai dimenticato di ciò che
aveva pensato duellando
con Dan dopo aver duellato con Yuuki: c’era una luce simile
nei loro occhi. E
anche adesso lo stavano dimostrando.
Hideto uscì
dall’edificio, come la maggior parte degli studenti. Il sole
splendeva alto nel
cielo e faceva caldo. Si vedeva che l’estate stava per
arrivare. Ma Hideto non
riusciva a gioirne. La “vacanza dei Maestri della
Luce” era andata in fumo. Con
il clima generale, nessuno di loro aveva più voglia di
andarsi a divertire. Per
fare cosa, poi? Andare in un posto dove tutti li avrebbero derisi?
Piuttosto
era meglio rimanere e combattere… ma anche quello era
difficile.
Hideto
continuava a pensare agli scarsi risultati raggiunti in quelle
settimane.
Nessuno li stava ad ascoltare. Nessuno credeva loro. I primi ad
abbandonarli
erano stati tutti quei falsi amici che erano arrivati dopo la loro
vittoria.
Come i tre bulli, che avevano rapidamente dimenticato di averlo
chiamato “amico”
da mesi a quella parte. Non che gli cambiasse qualcosa averli amici o
no… ma il
fatto era che anche le persone che erano più vicine loro,
cominciavano a
faticare a credere loro. Hideto sospirò ripensando alle
discussioni che erano
nate a casa sua.
Suo padre,
quando aveva visto quello che era successo in
quell’intervista, si era
arrabbiato con lui, gridando che i suoi nuovi amici erano dei violenti
che lo
avrebbero traviato. Hideto aveva provato in tutti i modi a fargli
capire che
era stato il giornalista ad istigare, che Yuuki non avrebbe potuto
trattenersi
sentendo qualcuno parlare male dell’amata sorella. Ma era
stata una causa
persa. Anche sua madre aveva cercato di calmarlo, dicendo che poteva
essere
stato un caso isolato. Dopotutto li avevano conosciuti anche loro gli
altri
Maestri della Luce ed erano sembrati tutti dei bravi ragazzi. La donna
insieme
al nonno era riuscita a calmare l’uomo. Ma la cosa non era
finita.
Discussioni
sempre più frequenti erano nate, successivamente agli
articoli, ai servizi e
alle interviste pubblicate e trasmesse ai telegiornali. E pian piano,
anche la
madre di Hideto aveva cominciato a preoccuparsi di quello che gli
sarebbe
potuto succedere continuando a frequentare i Maestri della Luce. Hideto
sentiva
che un giorno gli avrebbero imposto di non incontrarli più.
Come facevano a non
capire che era grazie a Dan e agli altri se era diventato un ragazzo
migliore?
Come facevano a credere a quello che dicevano nei telegiornali? Quello
che più
lo faceva soffrire era che non credevano neanche a quello che lui mesi
prima
aveva loro raccontato. L’unico che ancora stava dalla sua
parte era suo nonno,
ma poteva fare ben poco. Suo padre non avrebbe certo dato retta al
suocero se
si sarebbe convinto che per Hideto era più sicuro non
rivedere più i Maestri
della Luce.
Quella vita
stava diventando soffocante. Tokyo stava diventando soffocante.
Sembrava che
non ci fosse più nessuno disposto a stare dalla loro parte.
Come avrebbero
fatto in modo che Magisa aprisse di nuovo i portali?
Hideto vide
davanti a sé il cancelletto di casa. Prese le chiavi ed
entrò. Quando arrivò
alla porta, sentì subito la voce di suo padre. Il ragazzo
sospirò: stavano di
nuovo discutendo. Hideto entrò e, attraverso la porta che
dava sul soggiorno,
vide la scena che ormai da giorni gli si presentava davanti: suo padre
e suo
nonno che discutevano e sua madre che cercava di calmarli, senza
prendere le
parti di nessuno dei due.
“Sono io suo
padre non tu! Avrò il diritto di proteggere mio
figlio!”
Il nonno lo
guardò infastidito. “Non lo proteggi, portandolo
via dai suoi amici.”
L’uomo, in
piedi, si voltò esasperato verso il suocero. “Non
è questo il punto!
Maledizione, ma non l’hai visto anche tu il
telegiornale?”
Il nonno
sbuffò, scuotendo la testa. “Se crederei a tutte
le cose che dice quella
scatola…”
Il padre di
Hideto si passò una mano tra i capelli, guardando la moglie.
“Tesoro, fa
ragionare tuo padre! Hai sentito cosa dicono tutti, anche uno dei due
candidati
alla presidenza americana… non possiamo far rischiare nostro
figlio per
lasciarlo andare in giro con quelli là!”
La donna
sospirò. “Lo so… neanche io non voglio
che gli succeda niente. Ma sono pur
sempre i suoi amici.”
Hideto
ascoltava tutto, da dietro il muro. I tre adulti non si erano accorti
di lui,
troppo impegnati a discutere. Se solo anche sulla Terra tutto avesse
funzionato
con Battle Spirits… tutto si sarebbe risolto molto
più facilmente. La voce di
suo padre tornò ad attirare la sua attenzione.
“Amici o non
amici, se la situazione rimane questa, sai benissimo che la cosa
migliore è…”
Hideto si
staccò dal muro entrando di corsa dentro al soggiorno.
“No!”
I due uomini e
la donna si voltarono sorpresi, accorgendosi solo in quel momento della
presenza del figlio. La madre di Hideto lo guardò, cercando
di sorridere.
“Hideto, non ti
avevamo sentito entrare. Fra poco pranzeremo…
perché non vai a sistemare le tue
cose in camera tua?”
Hideto inspirò
e scosse la testa con decisione. “No… non potete
impedirmi di vedere i miei
amici!”
Il nonno lo
guardò comprensivo, ma non poté dire niente
perché il genero iniziò a parlare
prima di lui.
“Hideto,
capisco che può essere difficile per te,
ma…”
Hideto guardò
il padre con espressione determinata. “Niente ma,
papà. Tu non riesci a capire.
Qualcuno si è mai preoccupato di qualcosa, quando a scuola
dei bulli
continuavano a prendermi in giro o a rubarmi le mie carte?”
Il padre e il
nonno di Hideto sgranarono gli occhi e anche la madre, che
portò una mano al
viso.
“Tesoro,
perché
non ci hai mai detto niente?”
Hideto alzò le
spalle. “Perché non volevo preoccuparvi, anche se
avevo paura di andare a
scuola… perché credevo che così mi
sarei mostrato debole e loro mi avrebbero
preso di mira ancora di più. Ma adesso non mi importa.
Possono esserci tutti i
bulli che vogliono a scuola, ma io non ho più paura.
Perché so di avere degli
amici su cui contare… amici veri che sono sempre dalla mia
parte!”
Il nonno,
seduto sulla poltrona, sorrise. Il padre invece sospirò.
“L’amicizia
è
una bellissima cosa… ma non possiamo lasciarti fare, con il
rischio che ti
succeda qualcosa!”
Hideto deglutì:
non sapeva neanche lui da dove gli veniva tutto quel coraggio.
“Io invece sono
pronta a qualsiasi cosa, finché sentirò che
combattere con i miei amici è
giusto… e finché mi sentirò in grado
di farlo. A Gran RoRo sono cambiato, sono
cresciuto… ed è anche per questo che voglio
combattere.”
Il nonno si
voltò verso il genero. “Se il ragazzo è
convinto, perché non gli lasciamo
seguire la sua strada? È abbastanza grande per prendersi le
responsabilità
delle sue scelte.”
Il padre di
Hideto si voltò verso di lui, scuotendo la testa.
“Hideto ha solo quattrodici
anni. E qui non stiamo parlando dello sport o
dell’università che un giorno
vorrà frequentare! Qui la questione è diversa.
Non lascio che mio figlio vada
là fuori per essere schernito dai giornalisti se non
peggio!”
Hideto strinse
le mani attorno alle cinghie dello zaino.
“Ma noi stiamo
difendendo la verità!”
Il padre si
voltò verso di lui esasperato. “Hideto, ora basta.
Tu e i tuoi amici siete solo
dei ragazzi. La realtà non è un gioco! Quello che
a voi sembra la verità,
potrebbe non esserlo!”
Hideto lo
guardò ad occhi sgranati per qualche secondi, poi i suoi
occhi vennero
attraversati da un velo di delusione.
“Questa non ci
sembra la verità… è la
verità. Ci vogliono solo togliere dalla circolazione. Io
continuerò a combattere con i miei amici!”
L’espressione
del padre di Hideto si fece dura. “No che non lo farai. E
adesso fila in camera
tua. Ne riparleremo più tardi… e forse allora ti
convincerai anche tu che è la
scelta migliore.”
Hideto non
rispose e fece dietro front correndo su per le scale. Neanche i suoi
genitori
gli credevano, neanche loro. Ma c’era qualcuno sulla faccia
di quel pianeta che
era disposto a credere loro? Il ragazzo entrò nella sua
stanze e si chiuse
dentro, cominciando a sfogliare i suoi album di carte seduto sul letto.
Era
l’unica cosa che lo rilassava. Quando sua madre lo venne a
chiamare, Hideto le
disse che non aveva fame. La donna cercò di convincerlo per
lunghi minuti, ma
alla fine si arrese e scese dicendogli che, non appena avesse avuto
fame,
poteva venire a chiederle qualcosa da mangiare. Hideto si morse un
labbro:
voleva bene ai suoi genitori e loro ne volevano a lui. Ma allora
perché non gli
credevano? Perché il mondo degli adulti doveva essere
così difficile?
Hideto posò la
testa al muro e fissò il soffitto. Lui non voleva
arrendersi. Si era arreso
troppo volte nella vita. E finché ci credeva, voleva
continuare a lottare.
Quasi non credette a quello che faceva, quando si alzò e
prese da sopra
l’armadio il borsone che usava quando andavano in vacanza. E
neanche quando
cominciò a riempirlo con il minimo indispensabile. Chiusa la
zip, Hideto prese
un foglio dalla scrivania per lasciare un messaggio ai suoi genitori.
Poi, lentamente
aprì la porta e scese. Sua madre stava lavando i piatti e
suo padre doveva
essere nello studio perché lo sentiva parlare al telefono.
Non era felice di
fare quella scelta, ma era l’unica possibilità:
voleva restare con i suoi
amici. Quel pomeriggio dovevano incontrarsi, avrebbe potuto chiedere
ospitalità
a qualcuno di loro. Forse così avrebbero capito che i suoi
non erano capricci.
Mentre apriva
la porta, la voce di suo nonno lo bloccò. “Che
fai?”
Hideto si voltò
deglutendo. “Vado dai miei amici… nonno, non
chiamare mamma e papà.”
L’uomo lo
fissò
e alla fine annuì sospirando. “Fai
attenzione…”
Hideto sorrise
e allungò una busta al nonno. “Gliela puoi dare?
Dì loro che non si
preoccupino.”
L’anziano
annuì
prendendo la busta. Hideto lo abbracciò e uscì,
correndo verso la fermata del
bus. Era arrivato il momento, per lui, di trovare la sua
strada. I suoi
genitori avrebbero capito.
Salve
a tutti! ^-^ Scusate il ritardo, ma i preparativi natalizi mi hanno
portato via
più tempo di quanto credessi! Ma ora sono qui… e
come annunciato i nostri
Maestri della Luce hanno avuto a che fare con le proprie famiglie.
Anche sta
volta ho diviso il capitolo… scusate, non so
perché ma ogni volta che faccio le
scene con i Maestri della Luce e le loro famiglie mi vengono capitolo
lunghissimi.
^-^’ Spero, però, che sia i due pezzi di oggi sia
i pezzi del prossimo capitolo
non risultino troppo monotoni o simili: ho cercato di far venir fuori i
diversi
caratteri dei Guerrieri, aspetto i vostri commenti per sapere se ci
sono
riuscita. Piccolo commento sulla parte di Hideto: ho cercato di far
venire
fuori i suoi dubbi, quelli che poi (come lui racconta in Brave) lo
hanno
portato a decidere di partire lasciando tutti senza una parola. Spero
di essere
riuscita a rendere, in queste parti e nelle prossime, il tutto
più realistico
possibile (impresa non facile secondo me: per quanto in disaccordo,
come è
possibile che delle famiglie se ne freghino dei figli minorenni?) E per
quanto
riguarda Mai… spero di non aver reso troppo
“cattiva” la sua famiglia o troppo
“aggressiva” Mai. Però, secondo me, il
nostro Guerriero Viola si trova in una
fase molto delicata della sua crescita: dopotutto molte cose sono
cambiate
nella sua vita e anche il “vuoto” che la fine delle
loro avventure a Gran RoRo
le ha lasciato ha contribuito. Senza contare che ora tutte le sue
certezze
stanno sfumando… e poi ammettiamolo Mai è
un’adolescente con un bel
caratterino. U.U Beh… Ditemi che ne pensate, mi raccomando.
^-^
Ora, però passiamo ai ringraziamenti:
Per
le preferite: Lacus
Clyne e ShawnSpenstar
Per
le seguite: Osaki
Kitsune e Reb e Ju
Per
le recensioni del capitolo 1: Lacus
Clyne, martinacaboni,
Osaki Kitsune e ShawnSpenstar
E
siamo arrivati alle anticipazioni sul PROSSIMO CAPITOLO:
vedremo come
invece va la situazione con Dan, Clarky e Kenzo (ah, per
chiarezza… chi dovesse
essere in questo capitolo e chi nel prossimo, lo scelto estraendo a
sorte XD).
Anche loro dovranno confrontarsi con le loro famiglie (chiedo ancora
scusa se
con questo gruppo di episodi Prequel sto andando un po’ a
rilento… però voglio
spiegare le cose per bene).
Beh, penso di avervi detto tutto. Grazie ancora a tutti (anche a chi
solo
legge).
Tra
oggi 24 e domani 25 cercherò in tutti i modi di mettere la
OS natalizia che
avevo ipotizzato… il clima natalizio ha colpito. ^-^ Spero
che vi faccia
piacere… è una specie di regalino da parte mia e
un modo per farvi gli auguri.
;)
Nell’eventualità
che metta domani la OS, io e mio fratello vi auguriamo un lieto e
felice Natale
insieme alle vostre famiglie o a chi volete bene. Tanti auguri di BUON
NATALE!
^-^
A presto, Hikari
P.S.
vi avviso già da ora che i prossimi aggiornamenti (escluso
quello di questo
sabato) potrebbero subire delle variazioni. Alcuni di voi probabilmente
avranno
intuito il motivo: si sta avvicinando il periodo degli esami
universitari e
quindi, con lo studio, non so se riuscirò a trovare
sufficiente tempo per
scrivere con regolarità. Questo, però, non
significa che mi dimentico di questa
serie… dovrete avere solo un po’ di pazienza. ^-^