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Autore: Phra96    25/12/2013    2 recensioni
Forse la morte è più forte dell'amore? Questo Enea non lo sa... sa solo che ama Arci e che lo vuole tutto per se. Niente li separerà, niente si frapporrà tra di loro... o forse si?
-Un ultimo sorriso affiorò sulle sue labbra e due parole uscirono dalla sua bocca. Ti amo.-
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Morto. Ecco come si sentiva; ed ecco com’era. Il dolore che percepiva fino a pochi attimi prima era
svanito. Tutto era così limpido e vuoto. Vuoto come lui, cos’era diventato adesso? Che cos’era
prima? Perché era lì? Queste erano le domande che Enea si poneva. Era come in un vortice magico
pieno di luce, il suo corpo era nudo, accanto a se non c’era niente. Né una persona, né una cosa.
C’era solo lui in quel luogo che pareva contenere l’infinito.
Ateo, sì, si definiva così Enea, non credeva che ci fosse un Dio o qualche divinità dopo la morte che
avrebbe deciso che fare di lui. Credeva fosse una cosa stupida pensare che ci fosse una persona più
potente che ci controlla e che decide se siamo stati bravi oppure no; “la morte è morte.” pensava
Enea. Lui aveva sempre accostato la ad morte una situazione di buio totale in cui non si vede nulla,
come in un lungo ed eterno sonno. Invece era lì, nudo in mezzo alla luce, tutta quella luminosità gli
iniziava a far lacrimare gli occhi. D’un tratto, appena la prima lacrima cadde dal suo volto la luce
diminuì d’intensità e Enea potè riaprire gli occhi. Che strana sensazione era, sembrava potesse
comandare la luce in quel posto. “Vuoi vedere che adesso che son morto comando io?” disse
ridendo. Chiuse gli occhi e si addormentò.
Grida, urli, sirene. Si potrebbe pensare che Enea abbia sognato questo, e invece no, il silenzio, tante
ombre ed un colore, il rosso, lo stesso della sciarpa che indossava Arci. Gli mancava tantissimo,
voleva sentire ancora una volta la sua voce, voleva sentire ancora una volta il battere del suo cuore,
voleva un ultimo e appassionato bacio. Tutti questi pensieri fecero tornare nella mente di Enea
anche l’immagine dell’autista. “Perchè?” -Si chiedeva Enea- “perché l’ha fatto?”. Nessuna
motivazione riusciva a prendere forma nella sua testa che iniziava a provare un odio profondo verso
quella persona. D’un tratto il cuore di Enea si fece di un nero corvino che anche la notte al suo
cospetto scappava per paura di esser coperta. Tutto il paesaggio attorno a lui diventò scuro, solo una
luce vi era rimasta in quell’enorme oceano nero, Enea fece come per prenderla ma una sensazione
di vuoto gli toccò l’anima; stava cadendo, ma come era possibile se fino ad un attimo prima levitava
nel nulla? Eppure la sensazione era reale, una lunga caduta in quel vuoto dove il cuore ti arriva in
gola e non riesci a respirare. La luce si allontanava sempre di più, per la seconda volta in poco
tempo Enea credeva di non aver via di scampo e di esser giunto alla conclusione, senza nessuna
possibilità, destinato al niente, a non raggiungere nessuna meta. Il suo cuore diventò di un blu scuro
come l’oceano più profondo; anche la sua caduta sembrò fermarsi, quella piccola fermata gli fece
vedere una cosa però, una figura, non nitida, quasi… un’ombra; “Enea!”, da lontano una voce
aveva chiamato il suo nome, quel suono sembrava così lontano ma al contempo vicino, sembrava
una voce che faceva già parte della sua vita. “Enea!” ripeté ancora una volta la voce e d’un tratto
una mano afferrò il suo braccio; “non voltarti!” gli intimò la voce, ma ormai era troppo tardi, il loro
sguardo si era incrociato. Bello, fu l’unico pensiero che si delineò nella mente di Enea; in effetti
quella voce era davvero bella e anche il corpo in cui era rinchiusa esprimeva questa grande bellezza.
Il viso era dolce, quello di un ragazzo giovane, più giovane di Enea; i lineamenti erano ben definiti
ed erano armoniosi tra di loro, la pelle era candida, ma non bianca, aveva quel colore caratteristico
che si ritrovava nei nobili del 1700. Ma erano gli occhi la parte più bella e al tempo stesso più
destabilizzante, erano come pieni di ghiaccio, no, non erano azzurri ma color del ghiaccio, essi
entravano in un evidente contrasto armonioso con i capelli, di un castano scuro, più sul mogano
come tonalità. Anche Enea poteva vantarsi di essere una di quelle poche persone che hanno gli
occhi chiari e i capelli scuri ma quel colore, quel senso gelido che gli era entrato nelle vene e che lo
aveva reso un corpo inanimato, aveva qualcosa di diverso. L’unico flusso di calore partiva dal petto
e arrivava fino alla mano sinistra, quella mano così strettamente ancorata tra le dita del ragazzo che
aveva arrestato la sua caduta verso l'oblio.
D’un tratto la presa si staccò ed Enea riprese quel viaggio nel vuoto che aveva interrotto poco prima
a causa di quel ragazzo, ma furono proprio le sue parole a fargli ritornare le forze e a riuscire ad
acquisire tutti i sensi: ”NO! Non ancora!!” aveva gridato quel ragazzo che si era subito lanciato
verso di lui, percorrendo una specie di scala immaginaria che si pronunciava in verticale. Di nuovo
le loro mani si unirono, di nuovo Enea guardò quegli occhi e di nuovo ne fu rapito ma le sue gambe
iniziarono a correre, correvano entrambi ma i loro sguardi erano molto diversi: lo sguardo di Enea
era come perso nel vuoto, non riusciva a spiegarsi quella situazione, ma non era poi così tanto
turbato poiché non poteva di certo dire che quello fosse stato un periodo di assoluta tranquillità; lo
sguardo del giovane era invece carico d’ansia, lo si vedeva perfino da lontano, aveva la fronte
aggrottata di chi sta pensando a qualcosa di molto importante.
La corsa iniziò a prendere un ritmo più leggero. Quanta strada avevano fatto? Quanto si erano
allontanati dal luogo di prima? Tutte queste domande rimanevano solo interrogativi nella mente di
Enea, non vi erano punti di riferimento in quello spazio così uguale. I passi del giovane sconosciuto
si fermarono, Enea gli sbattè contro, non l’aveva fatto apposta, ma si stava guardando attorno e non
aveva notato che si era fermato. “s-scusa” -chiese Enea con un filo di voce- “ah! E… grazie per
prima…”. Non ricevette nessuna risposta dal ragazzo, le loro mani erano ancora unite e la sua
stretta non accennava segni di voler mollare la presa. D’un tratto si girò, le mani erano ancora legate
le une alle altre, finalmente, per la prima volta, erano allo stesso piano, la loro altezza era simile,
riuscivano a guardarsi negli occhi. “Abbracciami” disse il ragazzo “Abbracciami, fidati di me...”.
Quelle parole infusero così tanto calore nell’animo di Enea che aprì le braccia e gliele strinse al
collo, non un’altra parola, solo lacrime scesero dal volto di Enea, scendevano sulle sue guance, sul
suo collo, e poi finivano sul petto del ragazzo. Non aveva ancora un nome per Enea quel ragazzo,
era uno sconosciuto che lo aveva preso con se e che adesso era con lui. Un ricordo affiorò alla sua
mente e alcune parole vennero pronunciate da Enea “la coperta, il caminetto. Mi manchi...” e le
lacrime si fecero più fitte, Enea stringeva sempre di più quel ragazzo, ma lui non faceva una piega,
lo lasciava fare, come se sapesse che doveva sfogarsi con qualcuno; gli accarezzava solo i capelli e
premeva la schiena, affinchè i loro due corpi non si staccassero.


- Phra's Corner -
Ciao a tutti! Allora... spero che i primi due capitoletti di questa storia vi siano piaciuti çAç ci ho messo davvero tanto a scriverli èwè è una storia che ormai è ferma da 4-5 mesi... l'ho pubblicata perchè mi sono ripromesso di andare avanti e di portarla alla conclusione...mi piacerebbe sentire anche le vostre opinioni a riguardo perchè nonostante le 7 riscritture qualcosa può ancora non funzionare ewe
Grazie mille per aver letto fino a questo punto!
Arigatou Gozaimasu!!!
                                       Phra <3
  
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