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Autore: Manny_chan    25/12/2013    2 recensioni
Amastra, città oscura colma di magia e di creature misteriose.
Ci sono persone che sognano di abitarci, persone che desiderano scappare da essa e persone che vorrebbero solamente poterla visitare per una volta.
Raven è uno di loro. Quando l'occasione di coronare il suo sogno è a portata di mano la coglie al volo.
Ciò che non sa però è che non tutte le creature che popolano Amastra sono degne di fiducia e quello che sembra un sogno potrebbe presto assumere tinte ben più cupe...
Tra fate, naga e un grosso inganno, l'avventura di Raven rischia di trasformarsi in un incubo... o forse no?
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Gareth diede un calcio ad una sedia, frustrato.
La sala d’attesa dell’edificio della sede diplomatica era snervante. Completamente bianca e circolare, arredamento spartano, sedie scomode. Nulla che distraesse la mente dal motivo per cui erano lì; non un rumore che coprisse il nervoso battere delle unghie di Aramis sopra alla superficie liscia di un tavolino.
Era stata sua l’idea di venire lì. 
Non sapeva come era riuscito  fuggire. Era stato come un lungo incubo. Sapeva solo che quando aveva trovato Aramis, furioso per essere stato piantato in asso, la sua espressione rabbiosa gli era sembrata la cosa più bella del mondo. Era crollato in ginocchio e gli aveva abbracciato la vita sottile ed era rimasto lì, tremando, con la guancia premuta contro lo stomaco del fulvo come se non fosse più in grado di fare altro.
Solo quando aveva sentito le braccia di Aramis circondargli il capo e stringerlo a sé, era riuscito a calmarsi abbastanza da riuscire a raccontargli quello che era successo. 
Una volta terminato il resoconto però, era scoppiato il finimondo. Non pensava che il piccoletto fosse capace si una tale collera…
Lo osservò mordicchiarsi nervosamente un unghia mentre lanciava occhiate ansiose alla porta della sala. Sentiva il bisogno quasi doloroso di andare ad abbracciarlo per rassicurarlo, ma era certo che  se solo ci avesse provato, Aramis gli avrebbe cavato un occhio. Erano ore che non gli parlava, se si escludevano gli insulti a mezza voce.
Quando alla fine la porta si aprì si alzarono entrambi. L’ambasciatore, un uomo secco e allampanato, sembrava soddisfatto. Il viso di Aramis si illuminò di speranza. “Allora?” chiese, andandogli incontro.”
“Abbiamo raggiunto un accordo ragionevole.”, rispose l’uomo. “I naga non uccideranno il vostro amico, ma lo terranno recluso finché non riterranno ripagata l’offesa loro recata.”
La speranza sfumò in un attimo dall’espressione del fulvo. “Cosa…?”, mormorò. “Cosa…cosa dovremmo fare quindi?”
“Tornarvene a casa e sperate che non decidano di tenerlo recluso a vita.”
Aramis serrò i pugni, tremando di rabbia. “Aveva detto che l’avrebbe riportato a casa!”
L’uomo scrollò le spalle. “Ho detto che avrei fatto il possibile. Il mio lavoro consiste nel mediare e soprattutto nel mantenere saldi i trattati, non nel fare da balia a giovani scriteriati che decidono di andare ad importunare i naga che tra tutte le creature sono verso la cima della classifica delle più intrattabili”, sospirò, scuotendo la testa “Il vostro amico è già stato fortunato a salvare la pelle. Detto tra noi, è una fortuna che l’attuale principe dei naga sia una creatura ragionevole e che lui stesso abbia aperto la trattativa con l’idea di graziare il vostro irresponsabile amico. Se avesse preteso la messa a morte minacciando, in caso contrario, di far saltare i trattati, avrei dovuto concederglielo.”
Aramis impallidì più del solito, al punto che Gareth, temendo di vederselo svenire, si avvicinò, mettendogli un braccio attorno alla vita. 
il fulvo però si scostò bruscamente, voltandogli le spalle ed allontanandosi.
Gareth lo lasciò andare, tornando a guardare l’ambasciatore. “Grazie tante…”, sospirò sarcastico, prima di correre dietro ad Aramis, che per tutto il tragitto fino all’albergo rimase due passi avanti a lui, senza voltarsi mai indietro.
Oltre alla sofferenza e al senso di colpa stava iniziando a montargli dentro una gran rabbia per il modo in cui lo stava trattando.
Quando alla fine  gli sbatté la porta della camera in faccia, gli ribollì il sangue. Entrò come una furia, sbattendola a sua volta. “Adesso basta, Aramis, falla finita con questo atteggiamento!”, ringhiò.
Il fulvo si voltò, il viso arrossato e gli occhi lucidi per l’irritazione. “Il mio atteggiamento?” esclamò, incredulo. “Il mio atteggiamento?! Parliamo del tuo atteggiamento, razza di stupido bestione irresponsabile. Credevo che un briciolo d’intelligenza l’avessi. Ma a quanto pare persino arrivare a capire che non parlo a vanvera quando dico di non fidarsi delle fate, è troppo per te!”
“Ti fa stare meglio aggredirmi?”, gridò Gareth, di rimando. “Bene, fa pure, continua! Fregatene di come mi sento io!”, esclamò, allargando le braccia. Forza colpisci, sembrava dire.
Aramis si avvicinò, dandogli una spinta, che non lo spostò di un millimetro. “Ah, e come ti senti?” Chiese sarcastico. “Non mi sembra tu sia così affranto! Il mio migliore amico ha rischiato di morire ed ora è prigioniero dei naga per colpa tua! Sei grande e grosso, ma hai il cervello di una gallina a quanto pare!” 
Gareth serrò le labbra furente. Se a parlargli fosse stato qualcun altro non ci avrebbe pensato due volte a chiudergli la bocca con un ceffone, Ma per quanto arrabbiato, mai avrebbe alzato un dito sul piccoletto. Si limitò a restituirgli lo spintone. “No”, disse rabbioso. “Non è tutta colpa mia. Raven è adulto e senziente. Non l’ho obbligato, era d’accordo tanto quanto me. Forse potresti mostrare un po’ di sollievo contando che io, il tuo ragazzo, sia qui e non prigioniero chissà dove, assieme a Raven!” esclamò, ansioso di restituirgli tutti i colpi incassati fino a quel momento. “O forse saresti stato più felice se fosse accaduto il contrario. Io sperduto chissà dove e Raven qui a confortarti. Ma non ti preoccupare, non è una tragedia per me, dato che sei solo un ripiego per quando le ragazze mi mandano in bianco…”
Aramis  sgranò gli occhi. “Ma cosa… Che diavolo stai dicendo?”, mormorò esterrefatto. “Stai vaneggiando?”
“Forse”,  ribatté Gareth. Non sapeva nemmeno lui in realtà quello che  stava dicendo, voleva solo colpire e ferire a sua volta. “Ma sei ancora in tempo, puoi sempre raggiungerlo e buttarti tra le sue braccia. Da solo, perché io me ne torno a casa”, concluse, uscendo e sbattendo la porta. 
L’attimo dopo si diede dell’idiota. Era uscito senza bagagli ed il denaro lo teneva Aramis, perché era il più responsabile. Rientrare subito avrebbe rovinato l’effetto della sua sfuriata…
Percorse il corridoio aventi ed indietro un paio di volte prima di decidersi a rientrare.
Aramis si era avvicinato alla finestra e gli dava le spalle, ma nel riflesso sul vetro poteva scorgere il modo con cui si stava mordendo il labbro inferiore quasi a sangue per non crollare.
Gareth fece del suo meglio per ignorarlo,rimestando nelle borse, finché un singhiozzo soffocato non gli andò a trafiggere il cuore, facendolo sentire un mostro.
Si raddrizzò con un sospiro Raggiungendolo.
“Aramis…”
“Idiota..:”
Gareth si accigliò, ricominciava? “Stammi a sentire”
Il fulvo si voltò di scatto, fronteggiandolo. “Perché credi che sia così arrabbiato, eh?”, tirò su col naso, strofinandosi un occhio. “Mi sento morire al pensiero del rischio che hai corso. Non… oh, Dea, se non fossi riuscito a tornare…”, si morse di nuovo il labbro, abbassando la testa ed allungando una mano per afferrargli la camicia. “Non so cosa avrei fatto..”
Gareth sospirò, circondandogli le spalle con un braccio. “Ehi…tranquillo. Hai ragione, sono stato imprudente” ammise. “Ma sono qui...”
Si guardò intorno. Forse l’ambasciatore aveva ragione. Non avevano nulla da fare lì, forse era meglio tornarsene a casa sul serio…

   
 
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